8
rispettate affinché le medesime possano essere idonee per l’uso
potabile.
Il capitolo II è dedicato alla esposizione di un quadro di
riferimento normativo che disciplina le attività di controllo, di tutela e
di salvaguardia delle acque in relazione alla loro specifica natura,
nonché le caratteristiche tecnico – strutturali degli impianti utilizzati
per l’adduzione, potabilizzazione, stoccaggio e distribuzione delle
acque destinate al consumo umano.
Il capitolo III descrive l’Acquedotto Pugliese, con particolare
riferimento alla descrizione delle diverse fonti di approvvigionamento
idrico, del processo di potabilizzazione delle acque addotte dai bacini
superficiali, nonché degli impianti acquedottistici predisposti alla
distribuzione di acqua potabile nei centri urbani della provincia di
Brindisi.
Il capitolo IV è riservato alla specifica attività ispettiva svolta
presso gli impianti di captazione sotterranea (pozzi) e presso gli
impianti di stoccaggio (serbatoi) ricadenti nel territorio brindisino, con
particolare descrizione delle inadempienze di carattere impiantistico
riscontrate durante il controllo ed i successivi provvedimenti intrapresi
da parte dell’Autorità Sanitaria territorialmente competente, atti alla
rimozione delle carenze evidenziate.
Il capitolo conclusivo è destinato alla esposizione delle procedure
attuate per lo svolgimento del monitoraggio analitico.
Particolare attenzione è dedicata ai criteri adottati per il
prelevamento del campione di acque in ordine alla tipologia di indagine
da effettuare.
Inoltre, si è ritenuto opportuno inserire delle immagini
fotografiche al fine di rendere quanto più chiari alcuni concetti,
peraltro, già descritti nel presente elaborato.
In appendice sono state inserite, altre all’allegato I Parte A – B – C
del Decreto Legislativo 2 Febbraio 2001 n. 31, delle schede
9
riepilogative riportanti i provvedimenti amministrativi adottati
dall’Autorità Sanitaria ed i risultati dei controlli analitici effettuati.
10
CAPITOLO I
L’ACQUA:
LA SUA NATURA, LE SUE CARATTERISTICHE
11
I.1 L’ACQUA
L'acqua pura è un liquido inodore e insapore, che presenta una
debole colorazione blu osservabile solo nelle acque profonde ed è
presente in natura in tre stati di aggregazione: solido, liquido e gassoso.
Allo stato solido è presente sotto forma di ghiaccio, nella neve,
nella grandine, nella brina e nelle nubi; allo stato liquido si trova sotto
forma di pioggia e rugiada, ma soprattutto ricopre i tre quarti della
superficie terrestre costituendo oceani, mari, laghi e fiumi; allo stato
gassoso, infine, è presente come nebbia e vapore ed è il principale
costituente delle nuvole.
Dal punto di vista chimico, l'acqua è un composto molto stabile
che solo a temperature superiori ai 1500ºC comincia a decomporsi
sensibilmente in idrogeno e ossigeno; la dissociazione diviene
praticamente completa solo a temperature molto più elevate, oltre i
3000ºC.
Nella molecola H
2
O i due atomi di idrogeno si trovano alla
distanza di 0,95 Å da quello di ossigeno, rispetto al quale sono disposti
in modo da formare un angolo prossimo ai 105º.
Le due coppie di elettroni che legano i due atomi di idrogeno a
quello di ossigeno risultano parzialmente spostate verso l'atomo di
ossigeno per cui esso presenta una frazione di carica negativa mentre i
due di idrogeno una frazione di carica positiva: ne deriva cioè una
struttura che si dice dipolare (Rif. figura n. 1).
Figura n. 1: Molecola dell’acqua
12
Di conseguenza, l'atomo di ossigeno di una molecola di acqua può
attrarre un atomo di idrogeno di un'altra molecola, costituendo quello
che si definisce legame di idrogeno e che si traduce in una forza
attrattiva che tende a mantenere unite tra loro le molecole dell'acqua.
Nel vapore acqueo ciascuna molecola si muove invece liberamente
nello spazio e l'evaporazione dell'acqua corrisponde quindi alla rottura
dei legami di idrogeno presenti nell'acqua liquida.
L'acqua presenta perciò una tendenza minore a quella di altri
composti di struttura analoga a passare allo stato di vapore e quindi un
punto di ebollizione relativamente elevato: ad esempio, pur essendo lo
zolfo un elemento simile in molte sue proprietà all'ossigeno, il
composto H
2
S è gassoso alla temperatura ambiente, mentre alla
pressione atmosferica l'acqua bolle a 100ºC.
Anche il calore latente di evaporazione dell'acqua è elevato:
presenta infatti il valore di 539,5 cal/g a 100ºC, che aumenta
lentamente con il diminuire della temperatura.
La struttura dipolare dell'acqua favorisce la dissociazione e la
solubilità dei sali e in generale delle sostanze a carattere ionico; la
molecola dipolare si dispone infatti a contatto o entro il reticolo ionico
salino annullando parzialmente con le sue cariche l'attrazione
elettrostatica tra gli ioni: di conseguenza l'agitazione termica prevale
sulla coesione liberando gli ioni del sale in soluzione.
Nell'acqua liquida pura un piccolo numero di molecole è dissociato
in ioni H
+
e OH
-
attraverso la reazione di equilibrio:
H
2
O ↔ H
+
+OH
-
In realtà gli ioni H
+
così formatisi non rimangono allo stato libero
ma si associano immediatamente con una molecola di acqua non
ionizzata formando gli ioni H
3
O
+
, detti ioni idronio o ioni idrossonio.
Il numero di molecole di acqua ionizzate è però, come si è
accennato, estremamente basso, pari a circa 18×10
-7
grammi per litro di
acqua alla temperatura ambiente; esso aumenta con l'aumentare della
13
temperatura, pur restando compreso entro i limiti del medesimo ordine
di grandezza.
Di conseguenza, quando è perfettamente pura, l'acqua liquida
presenta una ridotta conducibilità elettrica pari a 3,8×10
-8
µS/cm a
18ºC.
L'acqua è la sostanza più diffusa sulla terra e ricopre i 7/10
dell'intera superficie.
Il suo volume totale si aggira sui 1450 milioni di m
3
, dei quali 500
mila - 1 milione spettano alle acque dolci superficiali e sotterranee, 25
milioni al vapore acqueo atmosferico, il resto agli oceani ed ai mari.
Le riserve idriche presenti sulla Terra si mantengono costanti
attraverso una serie di fenomeni fisici e biochimici che nel loro insieme
costituiscono un ciclo naturale di fondamentale importanza.
Lo scambio continuo di acqua fra terra e atmosfera viene chiamato
ciclo idrologico (Rif. figura n. 2).
Figura n. 2: Il ciclo dell’acqua (1)
L'acqua della terra è sottoposta ad un continuo movimento: per
effetto della radiazione solare evapora dal mare e dalle acque
continentali e si raccoglie nell'atmosfera, da qui condensandosi ricade
sulla terra sotto forma di pioggia, neve, grandine.
Il vapor d'acqua diffuso nell'atmosfera dalle correnti d'aria, tende a
condensarsi per effetto di un abbassamento di temperatura in minute
14
goccioline o in cristalli di ghiaccio che si formano intorno a minuscole
particelle (nuclei di condensazione) sempre presenti nell'atmosfera.
Quando le gocce d'acqua o i cristalli di ghiaccio raggiungono un
peso tale che le correnti ascendenti non riescono più a sostenere, si ha
il fenomeno della precipitazione meteorica che chiude la parte del ciclo
dell'acqua che si svolge nell'atmosfera.
Parte dell'acqua precipitata (meteorica) scorre sulla superficie del
suolo, parte filtra nel sottosuolo e parte per evaporazione torna
nell'atmosfera completando così il suo ciclo naturale (Rif. figura n. 3).
Figura n. 3: Il ciclo dell’acqua (2)
L'acqua che cade direttamente sul mare e sui laghi o che alimenta i
ghiacciai è subito soggetta all'evaporazione così che parte di essa
ritorna nell'atmosfera con un ciclo semplice e breve.
Una certa quantità scorre in superficie (in parte evaporando
durante il percorso), partecipando ai fenomeni di modellamento
geomorfologico, fino a raggiungere il mare o i corsi d'acqua
continentali; una parte viene assorbita dai vegetali che la restituiscono
all'atmosfera mediante la traspirazione; una parte viene utilizzata dal
mondo animale e rientra in ciclo attraverso i processi escretori e
putrefattivi; una parte penetra nel sottosuolo.
Le acque che penetrano nell'interno della crosta terrestre,
attraverso porosità della rocce, fessure o voragini, si arrestano
allorquando incontrano uno strato impermeabile di terreno; si
15
comprende quindi come gli strati argillosi siano alla base della
creazione e del mantenimento della così detta circolazione sotterranea.
Le acque meteoriche sotterranee vengono definite "vadose" per
distinguerle sia da quelle acque che si formano direttamente nel
sottosuolo (origine endogena) per particolari alterazioni delle rocce
profonde e che sono chiamate "giovanili", sia dalle acque "fossili" che
sono il residuo di laghi, paludi e mari estinti in epoche geologicamente
passate ed ora colmati da sedimenti.
Le acque minerali sono sostanzialmente acque sotterranee di
origine meteorica che durante il tragitto sotterraneo si depurano e si
mineralizzano, acquisendo quei peculiari caratteri chimici, fisici ed
organolettici che ne determinano poi le proprietà "terapeutiche".
Dell'acqua che circola nel sottosuolo una certa quantità risale per
capillarità in superficie dove evapora, una parte rimane nei pori e nelle
fessure delle rocce come acqua pellicolare o come acqua stagnante di
fondo uscendo dal ciclo idrologico per un tempo indefinito, una parte
forma le falde d'acqua che possono scaturire in superficie attraverso le
sorgenti naturali o i pozzi scavati dall'uomo (anche l'acqua utilizzata
nelle varie attività umane rientra nel ciclo dopo un tempo più o meno
lungo) o alimentare per via sotterranea il mare o i corsi d'acqua e i
laghi.
Per quanto diverse e complicate siano le vicende dell'acqua che
partecipa al ciclo idrologico, si può ritenere che il bilancio si chiuda in
pareggio, nel senso che la quantità d'acqua che lo compie è
complessivamente costante.
Anche se un certo quantitativo d'acqua penetra nel suolo e si
combina chimicamente con alcuni minerali componenti le rocce
venendo sottratto al ciclo, si può considerare che questa perdita sia
compensata nel sottosuolo dalla cosiddetta acqua giovanile.
Quello che noi consideriamo "progresso", in virtù dell’evoluta
crescita tecnologica, determina una costante pressione sull'ambiente
16
che si ripercuote inevitabilmente, seppur per strade diverse, sul
dominio dell'acqua.
Si può senz'altro affermare che sul nostro pianeta nessun corpo
idrico è al riparo da quell'insidia denominata “inquinamento”.
Purtroppo la quantità dell'acqua "buona", quella allo stato
primitivo, si riduce progressivamente per molteplici cause naturali e
non, mentre le acque minerali da destinare all'imbottigliamento, come
quelle distribuite attraverso le reti acquedottistiche, sono sottoposte a
questo rischio.
Per difendersi da tale insidia, non c'è che un mezzo: la
“Prevenzione”.
Se fino ad un recente passato l'obiettivo principale da perseguire
per la distribuzione delle acque è stato lo sviluppo, oggi è necessario
spostare la maggior parte dell'attenzione sulla tutela del bene
disponibile.
Le scelte necessarie riguardano sia le componenti ambientali che
quelle tecnologiche.
La protezione dell'acqua inizia dalla tutela del bacino imbrifero,
comprese le risorse naturali in esso presenti.
In particolare la zona di alimentazione del corpo acquifero, il sito
in cui ricade l'opera di captazione, la presa o la sorgente dovranno
essere salvaguardate da ogni possibile fonte di potenziale
inquinamento.
Nella zona di pertinenza della captazione potranno essere applicate
le uniche norme disponibili per l'Italia a protezione della qualità dei
corpi acquiferi e cioè il D.L.vo 3 Aprile 2006 n. 152 ed il D.L.vo 2
Febbraio 2001 n. 31 che stabiliscono i criteri guida per definire le
"zone" di salvaguardia, suddivise peraltro in zone di tutela assoluta,
zone di rispetto e zone di protezione.
Per ciascun tipo di captazione dovranno essere identificate le
caratteristiche fisiche dell'ambito in cui si trova al fine di definire le
superfici da vincolare per la protezione dei corpi idrici sottostanti.
17
Su queste superfici non si potranno esercitare attività o insediare
infrastrutture che potrebbero, direttamente o indirettamente, arrecare
pregiudizio alla qualità del ciclo dell'acqua.
Nel definire le compatibilità è bene non sottovalutare il termine
temporale, in quanto ciò che attualmente è ritenuto idoneo, potrebbe
degenerare o produrre effetti indesiderati, anche a distanza di decenni.
A titolo di esempio anche la posa di condotte, cavi, tubazioni varie
potrebbero nel tempo incrementare la possibilità di scambio tra
superficie e sottosuolo, innestando dinamiche d'infiltrazione
difficilmente controllabili.
Se salvaguardare quanto più possibile la naturalità del bacino di
pertinenza può rappresentare spesso un obiettivo solo potenzialmente
perseguibile, una concreta tutela si ottiene adottando idonei criteri a
livello di interventi tecnologici.
L'opera di captazione deve possedere i requisiti di un presidio
sanitario, non lasciando alcun margine alla precarietà o al
pressappochismo fin dalla sua progettazione.
L'impiego dei materiali idonei, delle corrette modalità di prelievo
evitano il rischio di compromettere le caratteristiche quantitative e
qualitative dell’acquifero di interesse.
Dal momento in cui l'acqua esce dalle viscere della terra non
dovrebbe mai venire a contatto con l'ambiente esterno fino alla fase
finale del confezionamento.
La questione del prelievo è particolarmente delicata perchè da
questa dipende la produttività economica del giacimento ma,
comunque, in nessun modo possono essere intaccate le riserve.
Limitare le quantità di prelievo può contribuire in modo notevole a
preservare a lungo il giacimento; il conoscere quale è il reale bacino
d'alimentazione, il tempo di soggiorno, il tempo di transito che
caratterizzano il ciclo naturale che l'acqua compie prima di arrivare al
contenitore artificiale, rappresenta la base essenziale per attuare una
corretta tutela dell'acqua.