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INTRODUZIONE
Questa tesi nasce dall’esigenza concreta di sapere quanto sia sicuro il cibo
di cui ci alimentiamo, quanto nel rispetto di tutte le norme igieniche e
sanitarie attualmente in vigore e in riferimento a quelle europee e
nazionali.
La materia agroalimentare riguarda, naturalmente, la salute di tutti i
consumatori, perché il genere umano può rinunciare o ridurre altro tipo di
necessità, ma non potrà mai rinunciare ad alimentarsi.
Tutti naturalmente desiderano che il cibo oltre ad essere di gusto sia
soprattutto sano e di qualità.
La norma UNI-ISO 8402 definisce la qualità come “l’insieme delle
caratteristiche di un prodotto che conferiscono ad esso la capacità di
soddisfare le esigenze espresse od implicite dei consumatori”.
Gli elementi che caratterizzano la qualità di un prodotto agroalimentare
possono essere distinte in:
materiali: comprendono le caratteristiche sanitarie, le quali dovrebbero
essere già garantite per tutti i prodotti alimentari; le caratteristiche
organolettiche “percepite attraverso gli organi di senso (forma,
dimensione, colore, aroma e consistenza)”; le caratteristiche nutrizionali
riguardanti la presenza di nutrienti, apporto calorico, contenuto in grassi e
contenuto in vitamine;
immateriali: quelle costituite da esigenze di mercato, le quali
interpretano i bisogni di natura psico-culturale del consumatore e ne
diversificano l’offerta. Questi aspetti sono “riassunti dalla norma UNI-
ISO8402 in: sicurezza, salute, caratteristiche sensoriali e comodità
d’uso”.
1
1
CAPRA, La qualità alimentare, Roma, 2009,10ss.
http://www.petercapra.eu/Qualita_A.pdf
2
Altro punto importante della tesi è focalizzato sulla valutazione dei due
regolamenti europei 2081/92 e 2082/92 relativi alla tipicità
agroalimentare e alla loro applicazione sui prodotti caseari italiani e
francesi, sia dal punto di vista produttivo che da quello socio-economico.
I due regolamenti, emanati per tutelare le produzioni di qualità, hanno lo
scopo di proteggere le stesse da imitazioni o concorrenza sleale.
Ma, nonostante le regole in vigore, ci sono sempre produttori senza
scrupoli (ce ne sono e ce ne saranno), che presenteranno in bella vista
prodotti adulterati di destinazione ignota, da cui trarranno molto profitto.
Molte aziende per ridurre i costi, si riforniscono di materie prime da
luoghi d’incerta provenienza, ponendo il consumatore di fronte
all’incertezza di riconoscere la stagionalità dei prodotti e per questo ad
acquistare ciò che costa meno e di qualità inferiore.
Gli scandali alimentari emersi ultimamente, come i “polli alla diossina”e
la “mucca pazza”, ha avuto un solo risvolto positivo: ha portato i
consumatori ad essere più critici nei confronti della sicurezza e della
qualità dei prodotti agroalimentari, probabilmente perché si sono resi
conto di non avere sufficienti garanzie da parte dei produttori.
2
Questo mio lavoro è stato suddiviso in tre Capitoli.
Nel primo capitolo si affrontano e si analizzano le Direttive Europee in
materia di sicurezza alimentare; si prendono in esame i controlli e i
marchi di identificazione, di tracciabilità del prodotto agro-alimentare e
infine si punta sull’etichettatura dei prodotti agro-alimentari.
Nel secondo capitolo è focalizzato il settore lattiero-caseario con
particolare attenzione alla “tipicità” del prodotto, alla produzione, ai
controlli che ne derivano oltre alla localizzazione degli impianti e alle
norme igieniche.
Nel terzo capitolo si analizza il settore lattiero-caseario francese con tutti i
vincoli normativi, di sicurezza, identificazione e etichettatura già sopra
espressi.
2
ROMITELLI, Tracciabilità e certificazione della filiera vite-vino, Padova, 14.
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CAPITOLO 1°
1. Analisi della sicurezza in ambito comunitario
1.1 Le direttive Europee in materia di sicurezza alimentare
L’argomento del primo capitolo, soprattutto di questo paragrafo, pone
l’accento sulla sicurezza alimentare, che ha il compito prioritario della
salvaguardia della salute, sul percorso legislativo che la Comunità
Europea ha intrapreso per garantire ai consumatori alimenti sicuri e non
dannosi.
“Gli alimenti sono indispensabili per la vita dell’uomo in quanto
apportano il nutrimento e l’energia necessari per la vita”.
3
Dalle mie letture e approfondimenti risulta chiaro ed evidente che
l’obiettivo primario dell’Unione Europea è stato, forse dalla sua nascita,
quello di armonizzare la materia di sicurezza europea, con norme comuni.
La difficoltà nel creare norme comuni per assicurare in modo univoco la
qualità dei prodotti agroalimentari ha portato la Comunità Europea con la
risoluzione 85/c136/01 del 7 maggio 1985 a definire la norma quale
“nuovo approccio della politica di armonizzare i requisiti essenziali di
qualità” che i prodotti devono avere per poter essere commercializzati
“mediante regole tecniche sia orizzontali, cioè di carattere generale, che
verticali, ovvero riferite ad un singolo comparto”.
4
3
http://www.internationalpbi.it/docs/Documenti/SeminarioTIAM-Carotenuto.pdf
4
GIUCA, “Le politiche comunitarie e nazionali per la qualità”.
http://www1.inea.it/reteleader/pubblica/atti/1-2giugno/giuca1.htm
4
In pratica si puntava a un mutuo riconoscimento di regole tecniche
volontarie quali le certificazioni (UNI EN ISO), oltre poi in periodi
successivi armonizzare singoli comparti o settori di carattere generale.
Molti singoli paesi membri, in difesa dei propri interessi, inizialmente non
hanno accolto di buon grado la “sovranità” europea e pertanto la norma
non è stata coronata da grande successo.
Pur tuttavia la “macchina” per l’armonizzazione delle regole per la
sicurezza dei prodotti alimentari in tutta l’area europea era già avviata e
considerato l’importanza strategica che rappresentava, doveva continuare
per avere un’unica regia fra tutti i paesi membri.
A sciogliere la complessa matassa è stata la Corte di Giustizia che con la
celeberrima giurisprudenza Cassis de Dijon, nel 1979, ha dipanato la
situazione introducendo “il principio del mutuo riconoscimento in base al
quale un prodotto legalmente fabbricato nel paese di origine può
liberamente essere commercializzato in tutti i paesi comunitari, anche se
non conforme alle regole nazionali, a meno di imprescindibili esigenze
imperative, fra le quali rientra la tutela della salute dei consumatori non
altrimenti soddisfacente e scientificamente provata.”
5
Naturalmente a seguito della suddetta legge chiarificatrice sono rimasti in
sospeso una moltitudine di leggi nazionali a cui bisognava dare una
soluzione tale da non essere da ostacolo ai Regolamenti europei.
Della suddetta giurisprudenza, i paesi membri dell’Unione Europea non
potevano opporre il loro veto alla libera circolazione delle merci poiché
veniva riconosciuto il perseguimento degli stessi obiettivi: “l’attuale
quantità e varietà di alimenti disponibili, provenienti da altri paesi, deve
avvenire in piena sicurezza affinché possa veramente tradursi in
benessere”.
6
Bisognava, però, tradurre in pratica gli ostacoli tecnici alla
libera circolazione delle merci.
5
MANIERO “Sicurezza alimentare e qualità delle produzioni certificate”, Telese
Terme, 2002.
http://www.coniglionline.com/documenti/Relazione_Libro_Bianco.pdf
6
http://www.internationalpbi.it/docs/Documenti/SeminarioTIAM-Carotenuto.pdf
5
Per questo, la liberalizzazione degli scambi, ha portato la Comunità
Europea ad emanare norme comuni per assicurare la qualità delle merci
nel mercato comunitario.
7
Tali norme, in materia di regolamentazioni tecniche, vanno dalla lealtà
degli scambi commerciali alle modalità d’imballaggi, confezionamento e
etichettatura, per garantire al consumatore informazioni trasparenti.
Norme che coinvolgono gli enti pubblici o privati che sul territorio
nazionale si occupano del controllo degli alimenti.
La Commissione Europea tra novembre 1985 e ottobre 1989 ha delineato
il programma futuro con la “Relazione del mercato interno: legislazione
comunitaria dei prodotti alimentari” e “Comunicazione sulla libera
circolazione dei prodotti alimentari all’interno della Comunità”,
delegando alle norme volontarie dei singoli paesi membri tutte le fasi non
soggetti alla “protezione di interessi essenziali”, riservando per sé tutto
quanto concerne la disciplina delle materie che per loro natura devono
essere oggetto di norme esatte ed immediate. A tale proposito, si è preso
ad esempio l’aspetto igienico della produzione alimentare, la quale ha
trovato una miriadi di leggi e regolamenti in tutti i paesi membri, spesso
in contrasto fra loro, in assenza di una legge comunitaria che potesse
coordinare tutta la materia dell’igiene alimentare.
Così negli anni ’90, con la Direttiva 93/43, sono stati emanati tutta una
serie di norme, nel settore igienico alimentare, che ha dato una svolta
epocale alla materia dell’igiene alimentare.
In cosa consisteva in pratica questa svolta epocale? Semplicemente
nell’imporre alle aziende del settore un autocontrollo di garanzia di
salubrità
8
.
7
GIUCA, “Le politiche comunitarie e nazionali per la qualità”.
http://www1.inea.it/reteleader/pubblica/atti/1-2giugno/giuca1.htm
8
http://www.internationalpbi.it/docs/Documenti/SeminarioTIAM-Carotenuto.pdf
6
Tutti i produttori di merci alimentari sono chiamati a una diretta
responsabilità dell’igienicità dei loro prodotti oltre ad avere una priorità
su altre emergenze.
Successivamente la Direttiva quadro 43/93 (14/07/1993), recepita dalla
L.155/1997, riguardante l’armonizzazione delle direttive in materie di
igiene delle derrate alimentari ha riconosciuto che i controlli sul prodotto
non costituiscono una sufficiente garanzia.
Per tale motivo è stato necessario introdurre dei sistemi di controllo
nell’intera filiera del prodotto: HACCP (Hazard Analysis Critical
Control Points – Analisi dei rischi e controllo dei punti critici) ed il
Sistema Assicurazione della qualità conforme alla normativa ISO
(International Standard Organisation) EN UNI 9000 tra gli strumenti
idonei a garantire la conformità dei prodotti agroalimentari ai requisiti di
sicurezza (art. 6 reg. CEE 43/93).
Il metodo HACCP serve per responsabilizzare direttamente l’impresa
produttrice con controlli incrociati e con interventi mirati del sistema
pubblico che interviene quale supervisore e certificatore, con potere di
forte autonomia di prescrizione per il miglioramento generale di ciò che è
stato soggetto a controllo.
Ma la Direttiva 93/43, non si è limitata a responsabilizzare la singola
impresa produttrice, è andata oltre, introducendo nella direttiva in
questione, la formazione aziendale
9
è un formidabile strumento di
prevenzione, con la quale l’impresa produttrice viene addestrata
professionalmente e secondo le rigide regole comunitarie, così che non
potrà più incorrere certamente in grossolani errori di non conoscenza in
buona o cattiva fede che sia. Quindi l’azienda quale strumento strategico
è direttamente coinvolta in una posizione anche etico - professionale, la
globalizzazione e il trasporto veloce stanno facendo il resto.
10
9
MANIERO “Sicurezza alimentare e qualità delle produzioni certificate”, Telese
Terme, 2002.
10
Ibidem
7
Oltre questo, per la Direttiva 93/43 CEE, c’è ancora un punto a suo
merito che è stato necessario rilevare e si tratta della “tipicità” di alcuni
prodotti sviluppati nell’area meridionale dell’Unione Europea, in cui sono
interessate direttamente Italia e Francia, paesi in cui prevalgono attività di
piccole imprese e quelle a carattere familiare, condotte artigianalmente.
A queste caratteristiche imprese il legislatore della Direttiva in questione
ha introdotto un Registro in cui vengono elencate tutte le imprese con
denominazione di origine protetta e quelle classificate su indicazioni
geografiche protette denominate rispettivamente con le sigle DOP e IGP.
Sotto la spinta di grandi emergenze e di rischi che il consumatore
percepisce, il legislatore comunitario con il Regolamento 2078/92 del 30
luglio 1992 ha inserito nel Registro altre sigle, per meglio salvaguardare
la salute del consumatore, gli aspetti riguardanti i rapporti del prodotto
con il territorio di origine, con l’ambiente, con le aspettative del
consumatore, sino a concepire la compatibilità del prodotto nell’ambiente
inserito e a creare incentivi per le imprese più tecnologicamente avanzate
e più rispettose dell’ambiente.
I mercati, frattanto, si sono evoluti sempre di più e la Commissione ha
creato il così detto Libro Verde, in cui si voleva portare a conoscenza le
norme per la distribuzione dei prodotti, le eventuali ed ulteriori tecniche
innovative, e i vari sistemi di controllo e autocontrollo.
Al Libro verde, dal 1977 ha fatto seguito il Libro Bianco
11
, pubblicato
dall’Unione Europea il 12/01/2000, circa tre anni dopo.
11
Il Libro bianco sulla sicurezza alimentare, recependo le raccomandazioni contenute
nell’art.6 della direttiva del 2000 la quale ha subito un’importante modifica per opera
della direttiva 2003/89 del 10 novembre 2003, stabilisce che “per raggiungere un elevato
livello di tutela della salute dei consumatori e garantire il loro diritto di essere informati
è necessario assicurare un’informazione adeguata” e che devono, pertanto, essere
indicati in etichetta tutti gli ingredienti di cui un alimento si compone e, comunque, a
prescindere dalla quantità, tutte le sostanze enumerate nel nuovo allegato III – bis della
direttiva perché potenzialmente allergeniche.
8
La Commissione, con la stesura del Libro bianco ha avuto l’ambizione di
perseguire nell’Unione Europea “un elevato grado di tutela della salute e
di informazione del consumatore”.
In sintesi, “le tre linee di azioni individuate” si possono riassumere in:
1) sviluppo di un sistema informativo sanitario completo;
2) valutazione e gestione dei rischi sanitari;
3) comunicazione del rischio e informazione dei consumatori, per il
ruolo svolto dai cittadini stessi nella tutela del proprio stato di salute.
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Con il Regolamento 178/2002 è prevista la nomina di un’Autorità
alimentare europea e altre nomine di Autorità Nazionali.
Queste istituzioni non hanno poteri normativi, ma solo compiti di
sorveglianza, comunicazione e aggiornamento di carattere tecnico-
scientifico. Per quanto riguarda l’aspetto normativo, il Libro bianco, ha il
preciso compito di creare una serie di norme “in materia di sicurezza
alimentare, sicurezza dei mangimi, salute e benessere degli animali, il
coordinamento organico, la semplificazione e il completamento delle
normative relative ai contaminanti e ai residui oltre che l’aggiornamento
e il completamento delle norme relative agli additivi”
13
.
La base operativa del Reg. CE 178/2002 è data dalle analisi puntuali e
scientifiche di tutti i passaggi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei
mangimi per gli animali dove, come è stato osservato precedentemente,
vengono immessi nel mercato dando piena responsabilità legale ai
produttori degli stessi mangimi, viene analizzato il concetto di rischio con
tutti i suoi risvolti di valutazione, gestione e comunicazione.
Viene definito il concetto di alimento trasformato e ingerito poi, da esseri
umani. Altro elemento di punta del Regolamento è la “rintracciabilità
alimentare” su tutta la filiera di produzione per garantire al consumatore
la massima tutela e un’immediata informazione.
12
LOSAVIO, Il consumatore di alimenti nell’Unione Europea e il suo diritto di essere
informato, Milano, 2007, 115ss.
13
MANIERO “Sicurezza alimentare e qualità delle produzioni certificate”, Telese
Terme, 2002.
9
Il Libro Bianco, quindi, persegue tutti gli obiettivi per raggiungere il
livello massimo di sicurezza sia legale che scientifica e rendere per
l’avvenire, la materia di sicurezza, magari ricorrendo a manuali di buona
pratica letti e consultati da tutti.
L’opera di emanazione dei provvedimenti applicativi è cominciata con la
pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 22
dicembre 2005 di quattro regolamenti recanti attuazione e specificazione,
nonché modifica al “Pacchetto Igiene”:
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1. Regolamento 2073/2005 sui criteri microbiologici applicabili ai
prodotti alimentari.
2. Regolamento 2074/2005 recante modalità di attuazione relativa ai
regolamenti 853/2004, 854/2004 e 882/2004, deroga al regolamento
852/2004 e modifica dei regolamenti 853/2004 e 854/2004.
3. Regolamento 2075/2005 che definisce norme specifiche applicabili ai
controlli ufficiali relativi alla presenza di Trichine nelle carni.
4. Regolamento 2076/2005 che fisse disposizioni transitorie per
l ’attuazione dei regolamenti 853/2004, 854/2004 e 882/2004 e che
modifica i regolamenti 853/2004 e 854/2004.
I Regolamenti sono stati pubblicati simultaneamente il 29 aprile 2004,
pochi giorni prima dell’allargamento dell’Unione Europea a 25 paesi.
Tuttavia il “pacchetto igiene” è in vigore solamente dal 1° gennaio 2006
su tutto il territorio dell’Unione Europea.
Le norme del “pacchetto igiene” consistono nel seguire il prodotto in tutte
le sue fasi di lavorazione, dalla produzione imballaggio, trasporto, sino al
banco di vendita, dove il consumatore può, controllando l’etichetta,
rintracciare il prodotto e conoscere la provenienza.
14
http://www.internationalpbi.it/docs/Documenti/SeminarioTIAM-Carotenuto.pdf