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Introduzione
Questo lavoro è stato realizzato grazie ad una borsa di studio finanziata dalla Fondazione Cariplo e
l’Università degli studi di Milano Bicocca, dal nome Extra-Plus, che mi ha permesso di trascorrere
un periodo di ricerca presso l’Università Waseda di Tokyo, in Giappone, sotto la supervisione del
Prof. Junji Tsuchiya, nel ruolo di correlatore della tesi, e che ringrazio nuovamente per la
disponibilità dimostrata.
La ricerca tratta il tema della sostenibilità turistica in Giappone, affrontando lo studio soprattutto da
una prospettiva antropologica, e mettendo in parallelo l’antica cultura del viaggio in Giappone, con
le nuove pratiche e tendenze del turismo giapponese odierno, con una breve rassegna delle
potenzialità che il nuovo turista giapponese può offrire all’Italia. In particolare, lo studio è stato
concepito per permettere di capire, come la Regione Lombardia possa offrire al turista giapponese
le sue risorse, sfruttandole nell’ottica di uno sviluppo sostenibile del territorio e per la sua
promozione.
Gli obiettivi generali del lavoro sono:
1- Gettare luce sugli studi italiani dell’antropologia del turismo giapponese;
2- Comprendere come oggigiorno l’antropologia possa esser impiegata come strumento per
apportare miglioramenti economici anche in campo turistico. Antropologia ed economia, o sviluppo
economico possono andare di pari passo. In particolare l’antropologia viene qui impiegata come
strumento imprescindibile di miglioramento economico a livello locale. Nel caso specifico le
tecniche di ricerca antropologica vengono impiegate per raggiungere uno sviluppo sostenibile
dell’incoming giapponese in Italia.
3- Dimostrare che esiste un perché e delle spiegazioni storico-antropologiche che si celano dietro al
comportamento dei turisti giapponesi, che per le loro qualità (organizzazione, rispetto ed
ubbidienza), possono invece dimostare di essere quel nuovo target al quale aspirare: turisti di massa
sostenibili. Quindi imparare da loro e sfruttare anche queste caratteristiche.
Il capitolo 1 tratta il tema dei precetti del turismo sostenibile, così come viene inteso in Occidente e
in Giappone. L’argomento si snoda tra quelli che vengono considerati quali le linee guida da seguire
per una pianificazione sostenibile del turismo, e come queste siano state assorbite e fatte proprie
dalla cultura giapponese odierna. Il capitolo si conclude poi con la demarcazione di uno specifico
target di turista responsabile, al quale aspirare e da perseguire, e che segna un nuovo modello di
sviluppo turistico, e che viene fatto coincidere con il turista giapponese dei nostri tempi.
Il capitolo 2 invece è stato scritto con l’intento di poter aprire uno spiraglio di luce sullo stato degli
studi di tipo antropologico sul turismo giapponese, purtroppo ancora troppo in ombra nello scenario
della ricerca italiana. Può effettivamente risultare un po’ pedante se non addirittura noioso, ma la
mia stessa necessità, di conoscere i retroscena, mi ha spinto ad approfondire questo tema, rivelatosi
effettivamente di fondamentale importanza. È pensato per coloro, che come me, non avendo mai
affrontato il tema del turismo giapponese da un punto di vista antropologico, sappiano invece da
subito su quale bibliografia basarsi, quando sono nati gli interessi antropologici sul tema trattato, e
la storia che gira attorno a essi. Mi piacerebbe dunque che fossero utili anche per chi volesse adesso
decidere di affrontare uno studio sul tema. Nello specifico si parla dei maggiori esponenti a livello
mondiale sull’antropologia del turismo in Giappone, con dei focus su due argomenti fondamentali
sui quali ruota la letteratura riguardante il tema, ovvero il concetto di furusato e quello di nostalgia
come patrimonio nazionale.
Nel capitolo 3 si entrerà nel vivo della ricerca, in quanto viene affrontato il tema storico
antropologico sulla cultura del viaggio in Giappone, definita da molti studiosi quale tabi no bunka.
Secondo gli studi che trattano questo tema, le origini delle odierne pratiche di viaggio in Giappone,
e i comportamenti dei turisti giapponesi all’estero, risalgono al pellegrinaggio sorto in un
determinato periodo storico politico, ovvero il periodo Edo, al quale si deve la nascita della cultura
popolare giapponese. Dopo aver affrontato una comparazione tra tutti quei comportamenti e
caratteristiche del pellegrinaggio durante l’epoca Tokugawa (sinonimo di Edo), e del viaggio
odierno, che fornisce una spiegazione a molti dei comportamenti adottati dai turisti giapponesi
d’oggi, si arriverà alla fine alla discussione su due delle pratiche turistiche più in voga attualmente.
La prima in relazione al turismo domestico, rappresenta il caso dello sviluppo dell’ecoturismo in
Giappone grazie alla Società di Ecoturismo. La seconda invece riguarda una moda riguardante i
turisti giapponesi all’estero e in particolare il riferimento è il turismo enogastronomico in Italia.
L’ultimo capitolo della tesi (capitolo 4), lascia in un certo senso la prospettiva antropologica che ha
dominato invece i precedenti capitoli, per dar maggior spazio ad una prospettiva socio-economica.
Ha infatti l’intento di voler cogliere le caratteristiche generali del fenomeno del turismo outgoing
giapponese. Dopo una “presa di coscienza” sullo stato attuale degli arrivi, delle destinazioni
preferite e della spesa dei turisti giapponesi all’estero, si passerà invece ad un’analisi più specifica
sul fenomeno in Italia. L’analisi consisterà soprattutto nella delineazione dei vari profili dei turisti
giapponesi di riferimento individuati in base al sesso, all’età, alla propensione ai viaggi, mezzi di
trasporto preferiti, tipologia di alloggio e destinazione. Alla luce dunque di quanto emerso
dall’analisi su citata, l’ultima parte del capitolo si occuperà di “utilizzare” quanto suggerito
dall’analisi dei dati, al fine di delineare dei possibili sbocchi futuri del turismo giapponese in Italia.
In particolare, si cercherà di adattare le risorse turistiche della regione Lombardia alle qualità socio-
economiche dei turisti giapponesi.
1. IL CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ. TRA OCCIDENTE E GIAPPONE.
Il concetto di sostenibilità ebbe origine nel mondo occidentale, dai movimenti ambientalisti
sviluppatisi a partire dal 1970. L’idea esplicita di sviluppo sostenibile emerse per la prima volta, nel
1980, nel documento World Conservation Strategy dell’Unione Internazionale per la Conservazione
della Natura e delle Risorse Naturali
1
(IUCN) (Zhenhua, 2003).
Nel dicembre del 1983 il segretario generale dell’Onu affida alla social-democratica norvegese Gro
Harem Brundland il compito di realizzare, alla guida di una commissione indipendente, una
inchiesta sul rapporto tra i problemi globali dell’ambiente e lo sviluppo socio-economico dei popoli.
La commissione Brundland lavora quattro anni e nel 1987 presenta all’assemblea generale delle
Nazioni Unite il rapporto Our Common Future
2
ovvero “Il futuro di tutti noi”
3
(Costa, 2005).
Per salvaguardare questo futuro comune, la commissione, propone una politica mondiale basata
sullo sviluppo sostenibile sul piano ecologico e su quello sociale.
Nel rapporto si trova la definizione di sviluppo sostenibile: “l’umanità ha la possibilità di rendere
sostenibile lo sviluppo, facendo sì che i bisogni dell’attuale generazione vengano soddisfatti senza
compromettere le capacità di quelle future di realizzare i propri bisogni
4
” (UN, 1987).
Si tratta in effetti di un concetto che potremmo definire piuttosto “aperto” se non ambiguo, e
sicuramente oggetto di varie interpretazioni da parte sia di soggetti pubblici che privati. Così come
conferma anche Costa: “Il concetto è tutt’altro che univoco e stimola valutazioni di parte, quelle
che i sociologi definiscono giudizi di valori con finalità normative. Ciò ha garantito il suo successo
e la sua adozione volta a rimuovere le cattive pratiche, a proporre quelle buone, senza delineare un
modello “perfetto” che non avrebbe avuto alcun consenso” (Costa, 2003. P. 106).
Dal 1987 ad oggi si è infatti assistito ad un proliferare di definizioni sul concetto di sostenibilità
applicata ai vari settori dello sviluppo. Liu Zhenhua, nella sua critica alla letteratura sullo sviluppo
sostenibile, mette in risalto la varietà di usi e definizioni del concetto di sostenibilità, evidenziando
inoltre, attraverso un’attenta analisi dei vari studiosi, la mancanza reale di proposte o precetti
effettivamente applicabili alla realtà dei casi (Zhenhua, 2003). In particolare, emergono dal suo
1
Zhenhua, Liu. 2003. Sustainable Tourism Development: A Critique, Journal of Sustainable Tourism, 11:6, 459-475. P.
460.
2
Rapporto Brundland “Our Common Future” del 1987 http://www.un-documents.net/wced-ocf.htm.
3
Costa, Nicolò. 2005. I professionisti dello sviluppo locale. I sistemi turistici locali come opportunità di lavoro. Hoepli
editore. Milano. P. 105.
4
http://sustainablecommunityinitiative.com/index.php?option=com_content&view=article&id=66:united-nations-
report-our-common-future-1987&catid=40:policy-innovations&Itemid=68.
13
studio, sei elementi che verrebbero trascurati dalle varie definizioni esistenti sulla sostenibilità
turistica:
1. Scarsa enfasi sulla domanda turistica soprattutto a livello di destinazione turistica, a cambio
invece di un eccessiva enfasi sulla sostenibilità delle risorse del turismo;
2. L’enfasi rivolta alle risorse, si concentra o si limita quasi esclusivamente alla tutela e
conservazione di queste, senza preoccuparsi invece di considerarle come un concetto
dinamico e attivo, che si evolve nel tempo e nelle società;
3. Mentre si pone enfasi sull’equità inter-generazionale, non lo si fa su quella intra-
generazionale, che rappresenta invece l’effettiva equità di distribuzione dei costi e dei
benefici fra gli stakeholders;
4. Molti studiosi evidenziano l’importanza dei benefici economici del turismo sostenibile sulla
comunità ospitante, affermando che dovrebbero “raccogliere” i benefici lasciando intatta la
loro cultura, mentre molti altri ritengono che nessuna forma di turismo sia priva di impatti
negativi sull’aspetto socio-culturale delle comunità;
5. Molti studiosi, organizzazioni internazionali e semplici operatori del turismo, hanno cercato,
con scarsi risultati di applicare varie strategie al fine di limitare i danni negativi del turismo,
per esempio attraverso la misurazione della capacità di carico
5
, senza però riuscire a
risolvere il problema;
6. I concetti e gli strumenti utilizzati per definire o raggiungere in un certo senso il turismo
sostenibile, sono considerati spesso dall’autrice come semplicistici o naive. Molti scrittori ed
operatori infatti promuovono entusiasticamente l’ecoturismo, il turismo soft, turismo
alternativo, a basso impatto, solidale, compatibile, responsabile e così via, ma l’esperienza
insegna invece che nessuna di queste forme di turismo possa essere considerata
effettivamente come la via da seguire per raggiungere la sostenibilità nel settore. Nessuna di
queste etichette conferisce lo status effettivo di sostenibile (constatazione personale).
Nel 1989 l’Onu esprime la profonda convinzione che sia in atto un serio degrado dei sistemi globali
e fissa per il 1992 una conferenza internazionale su ambiente e sviluppo a Rio de Janeiro. In questa
circostanza viene coniata l’espressione turismo sostenibile, all’interno dell’Agenda 21, cioè di un
progetto per il ventunesimo secolo incentrato sui servizi ambientali e alla persona e sulla
promozione di un mercato del lavoro che richiede nuove professioni e tecnici ambientali anche nel
turismo. Secondo Costa, l’Agenda 21 coinvolge il turismo in due modi: innanzitutto perché grazie
5
Definita anche come carrying capacity, è la capacità che ha una determinata località di sopportare una determinata
attività umana. Nocifora, E. “Turismo, ambiente e risorse naturali” in Pieroni O., Romita, T. (a cura di), “Viaggiare,
conoscere e rispettare l’ambiente”, Rubettino, Catanzaro, 2003. P. 45.
14
al turismo, esplicitamente menzionato, è possibile potenziare lo sviluppo sostenibile in determinate
comunità, soprattutto in quelle fragili, e secondariamente in quanto nel documento si sostiene che
gli interventi disciplinati da leggi nazionali o regionali possono aiutare gli attori a modificare gli
impatti negativi del turismo di massa, definire modelli appropriati dei flussi di gestione, favorire
attività ecocompatibili e la presa di coscienza della responsabilità dei turisti nei confronti delle
comunità visitate.
Un’altra definizione ci ciunge dalla Carta di Lanzarote del 1995, sostanzialmente ripresa nel 1999
dal codice etico dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), e che fissa le linee-guida
del turismo sostenibile, mettendo al centro le comunità locali sin dal primo articolo: “Lo sviluppo
del turismo deve essere basato sul criterio della sostenibilità, ciò significa che deve essere
ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente, eticamente e
socialmente equo nei riguardi delle comunità locali. Lo sviluppo sostenibile è un processo guidato
che prevede una gestione globale delle risorse per assicurarne la redditività, consentendo la
salvaguardia del nostro capitale naturale e culturale. Il turismo, come potente strumento di
sviluppo, può e dovrebbe partecipare attivamente alla strategia di sviluppo sostenibile. La
caratteristica di una corretta gestione del turismo è che sia garantita la sostenibilità delle risorse
dalle quali esso dipende”
6
(Carta di Lanzarote 1995).
Secondo Duccio Canestrini
7
, che reputa la Carta di Lanzarote come il documento ufficiale al quale
ispirarsi nella “costruzione” di un turismo sostenibile, e che ne ha fatto suo oggetto di studio, i punti
principali del documento sono:
Cosa fare? Valutare il contributo del turismo alla sostenibilità globale:
- Integrando nelle politiche nazionali e nelle operazioni di sviluppo turistico le considerazioni
ambientali;
- Mettendo a frutto le opportunità offerte dal turismo a favore della salvaguardia e delle
protezioni delle identità culturali;
- Valutando attentamente la domanda turistica e indirizzando la sua evoluzione verso un tipo
di turismo rispettoso dell’ambiente e delle culture;
- Migliorando e diversificando la qualità dell’offerta turistica;
- Identificando tecnologie appropriate e applicandole in tutti i settori interessati da operazioni
turistiche;
6
Dal sito della Regione Lombardia:
http://www.agenda21.regione.lombardia.it/download/turismo/Carta_di_Lanzarote_per_un_turismo_sostenibile.pdf.
7
Canestrini, D. Andare a quel Paese. Vademecum del turista responsabile. Feltrinelli, 2003. Pp.124-132.
15
- Rafforzando le basi scientifiche per una migliore comprensione dei processi di turismo
sostenibile.
Pianificare il turismo, avendo come parametro la sostenibilità:
- Promuovendo una pianificazione integrata;
- Sviluppando strategie che rinforzino le sinergie di sviluppo offerte da altri settori economici;
- Articolando piani finanziari a lungo termine che ottimizzino la convergenza verso obiettivi
di sviluppo globale;
- Definendo incentivi e organizzando campagne di sensibilizzazione;
- Creando un sistema di monitoraggio e di valutazione dei programmi e delle iniziative.
Rafforzare il ruolo dei principali protagonisti del turismo, attraverso:
- L’identitificazione di obiettivi comuni e alleanze tra i soggetti coinvolti;
- La creazione di ambiti permanenti perla concertazione;
- L’avvio di attività correttive e preventive;
- La promozione della cooperazione internazionale;
- Lo sviluppo di una partecipazione allargata;
- L’assicurazione di condizioni di viaggio sicure e sane per le categorie sociali degli anziani,
delle donne, dei giovani, di coloro che viaggiano per turismo religioso.
Promuovere il turismo a livello locale:
- Integrando lo sviluppo turistico nella programmazione economica;
- Sostenendo l’industria e le amministrazioni locali attraverso la formazione e l’offerta di
know-how;
- Rispettando i requisiti di sanità e di sicurezza;
- Promuovendo e sostenendo l’innovazione del settore turistico;
- Facilitando lo scambio di informazioni ed esperienze;
- Introducendo tra gli operatori del settore turistico guide e codici di condotta;
- Agevolando e promuovendo il coordinamento regionale, nazionale e internazionale tra le
destinazioni turistiche.
Dare priorità ad alcuni casi specifici:
- Le piccole isole;
- Le aree costiere;
- Le zone di alta montagna;
- Le città e i centri storici.
Sviluppare misure di sostegno, quali:
- Programmi di sensibilizzazione e di educazione al turismo sostenibile;
16
- Reti per lo scambio di informazioni;
- Creazione di database sul turismo sostenibile che comprendano gli aspetti ambientali e
culturali;
- Promozioni di marchi distintivi per progetti turistici rispettosi dell’ambiente e delle culture e
di premi annuali per i progetti migliori;
- Diffusione degli obiettivi del turismo sostenibile, a livello locale, regionale e nazionale e tra
le autorità, i professionisti del settore e il pubblico generico.
Vengono dunque recepiti per la prima volta in maniera ufficiale, gli studi sugli impatti ambientali e
socioculturali del turismo sugli ambienti più fragili, e il riconoscimento degli elementi e delle
attività tradizionali di ogni comunità locale. Il sostegno alla loro identità e ai loro interessi devono
avere un ruolo centrale nella formulazione delle strategie turistiche. Si afferma inoltre che la qualità
della destinazione e la capacità di soddisfare i turisti sono determinate dalla comunità locale in
consultazione con gli enti coinvolti e le parti interessate.
Altre definizioni più recenti, come quella dell’Organizzazione Mondiale del Turismo: “Il turismo
sostenibile è quella forma di turismo che prende in piena considerazione gli impatti economici,
ambientali e socioculturali derivanti dalla sua azione, sia nel presente che nel futuro, sottolineando
i bisogni dei visitatori, dell’industria, dell’ambiente e delle comunità ospitanti”
8
(UNWTO).
In particolare, l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), ha individuato tre caratteristiche
principali irrinunciabili del turismo sostenibile: le risorse ambientali devono essere protette, le
comunità locali devono beneficiare del turismo sia in termini di reddito sia in termini della qualità
della vita (anche se reddito e qualità della vita non sempre coincidono), e i visitatori devono vivere
un’esperienza di qualità (Canestrini, 2003. P. 66).
Un’altra importante definizione ci è fornita dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente
(UNEP), che definisce così il turismo sostenibile: “Le linee guida e le buone pratiche per uno
sviluppo sostenibile del turismo, sono apllicabili a tutte le forme di turismo e ad ogni tipo di
destinazione, incluse quelle del turismo di massa ed alcuni segmenti di nicchia. I principi di
sostenibilità si riferiscono e sono da applicare alle sfera ambientale, economica e socioculturale
del turismo, ed è necessario stabilire un giusto equilibrio tra queste tre dimensioni, al fine di
garantire un duraturo sviluppo e la sua sostenibilità a lungo termine
9
”.
Questa definizione è a mio avviso una fra le più dettagliate ed importanti, in quanto mette in risalto
una dimensione dello sviluppo sostenibile del turismo che finora non era stata menzionata, o era
8
Testo in inglese http://sdt.unwto.org/en/content/about-us-5.
9
Per maggiori informazioni: http://www.unep.fr/scp/tourism/sustain/.
17
stata addirittura trascurata, ovvero il fatto che le linee guida per uno sviluppo sostenibile del turismo,
possono essere applicate a tutti i tipi di turismo e a tutte le destinazioni, per cui si amplia in un certo
senso lo spettro di applicazione delle norme, non più solo ai paesi in via di sviluppo, o come
strumento di riduzione della povertà, ma applicabile anche a paesi già industrializzati ed
economicamente potenti, come ad esempio il Giappone , o ancora non solo turismo nelle zone rurali
ma anche turismo culturale come nelle città d’arte. Così come sostiene anche Zhenhua: “Il turismo
sostenibile è opportunamente definito come tutti i tipi di turismo (convenzionale o alternativo) e che
siano compatibili o che contribuiscano allo sviluppo sostenibile”
10
.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, il turismo sostenibile dovrebbe:
1. Garantire un uso ottimale delle risorse ambientali che costituiscono un elemento chiave
nello sviluppo turistico, mantendo i processi ecologici essenziali ed aiutando la tutela del
patrimonio naturale e della biodiversità.
2. Rispettare le autenticità ed identità socioculturali delle comunità ospitanti, conservare e
preservare i lori usi e le loro tradizioni insieme al patrimonio tangibile e intangibile e
contribuire alla comprensione inter-culturale e reciproca comprensione tra i popoli,
stimolando la tolleranza e la convivenza pacifica.
3. Assicurare delle operazioni economiche fattibili e a lungo-termine, provvedendo dei
benefici socioeconomici a tutti gli stakeholders giustamente distribuiti, tra i quali, impieghi
stabili, possibilità di guadagno, servizi sociali per le comunità ospitanti e la riduzione della
povertà o di situazioni economiche svantaggiose.
Riassumendo, secondo il Programma delle Nazioni Unite, fare turismo sostenibile significa
raggiungere il giusto equilibrio tra i visitatori, la località ospitante e l’ambiente, facendo in modo di
massimizzare gli impatti positivi riducendo invece il più possibile quelli negativi. Sfortunatamente
la questione non è così semplice come appare.
Molti ricercatori e studiosi riguardo al tema della sostenibilinità criticano le false promesse di un
mondo migliore grazie ai precetti del turismo sostenibile e alle false etichette attribuite ai viaggi
sostenibili, ed affermano che la maniera più sostenibile di fare turismo è quella di non farlo, ovvero
non partire. Tra questi troviamo Di Lellis (in Marco Aime
11
, 2005) che afferma: “Se con
10
Zhenhua Liu (2003): Sustainable Tourism Development: A Critique, Journal of Sustainable Tourism, 11:6, 459-475.
P. 461.
11
Aime, Marco. L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini. Bollati Boringhieri editore. 2005. P. 22.
18
l’espressione turismo sostenibile si intende un’attività che consente di lasciare alle future
generazioni le stesse risorse che abbiamo ereditato dai nostri antenati, nessun tipo di vacanza
potrebbe essere assolta”
12
. Ed ancora Zhenhua, nella sua critica agli studi sul turismo sostenibile,
non manca di opporsi anche a quella forma di turismo, percepita da molti come “la via verso la
sostenibilità”, che è l’eco-turismo. Così afferma: “L’eco-turismo è promosso non per ragioni di
conservazione e tutela ambientale, ma per motivi di marketing. È spesso un tentativo delle
destinazioni turistiche di ampliare la propria offerta ed attrarre sempre più turisti e raggiungere le
nicchie di mercato. Inoltre è promosso da destinazioni che scarseggiano in risorse quali spiagge,
mare e sole, o che hanno una posizione geografica svantaggiosa e che le rende agli occhi di un
turista convenzionale meno attraente. L’eco-turismo può addirittura essere pensato come ad un
marchingegno del marketing per camuffare i soliti viaggi come sostenibili, e renderli dunque più
appetibili per la competizione”
13
(Zhenhua, 2003).
Eco-turismo non è comunque l’unico termine utilizzato, come abbiamo già detto spesso a mò di
etichetta, per definire le pratiche di turismo sostenibile. Canestrini ci fornisce un elenco di
qualifiche più frequentemente associate a forme alternative di turismo:“accettabile, appropriato,
compatibile, consapevole, cosciente, dolce, durevole, ecologico, verde, equo, etico, integrato,
leggero, morbido, non casuale, non dannoso, responsabile, socialmente conscio, soft/soffice,
solidale, umanitario…”
14
(Canestrini, 2003).
Anche le definizioni, come si è ormai capito, sono in continua evoluzione. Per semplificare le cose,
a volte si distingue semplicemente il turismo hard (duro) e quello soft (morbido). Ma anche questi
termini possono generare degli equivoci. Il turismo hard sarebbe un turismo basato sulla quantità,
cioè il tipico turismo di massa che ha provocato urbanizzazione, congestionamento del traffico,
degrado del paesaggio e dei beni artistici e in generale un abbassamento della qualità della vita nelle
località “vocate”. Al contrario, il turismo morbido, sarebbe quello sviluppato in modo graduale e
controllato, con bassi numeri e basso impatto, che punta più alla qualità che alla quantità dei
consumi e dei servizi prestati (Canestrini, 2003. P. 66).
L’ antropologo italiano cita poi un dossier su studi di sostenibilità turistica, ed afferma che: “Non
esistono un turismo verde, culturale, buono, e sostenibile, e dall’altra parte un turismo di massa
“cattivo”. È sostenibile, bisogna dirlo chiaramente, solo quel turismo che tiene conto del fatto che
le risorse su cui poggia non sono illimitate. Troppo spesso invece ci si accontenta di chiamare
12
In S. Di Lellis, I turisti che salvano il mondo. Spunta la vacanza anti povertà. In La Repubblica, 30 agosto 2002.
13
Zhenhua Liu (2003): Sustainable Tourism Development: A Critique, Journal of Sustainable Tourism, 11:6, 459-475.
P. 471.
14
Canestrini, Duccio. Andare a quel paese. Vademecum del turista responsabile. Feltrinelli. Milano, 2003. P. 62
19
sostenibile un turismo dalle mete giuste che però poggia sugli stessi presupposti insostenibili del
turismo di massa”
15
.
1.1 Il turismo di massa sostenibile
“Ciò che dovremmo davvero fare, per raggiungere la sostenibilità, non è sviluppare nuove forme di
turismo nelle aree non ancora danneggiate del pianeta, ma cercare di porre rimedio ai danni
causati finora. Più specificatamente, il nostro compito è quello di sviluppare turismo di massa
convenzionale in maniera sostenibile ed integrarlo con ogni sorta di forma di turismo alternativo
dove e quando esso si consideri appropriato” (Zhenhua, 2003).
L’idea, a mio avviso geniale, di trasfromare il turismo di massa convenzionale in turismo
sostenibile, non è di esclusività di Zhenhua. Nel panorama italiano, anche Costa condivide lo stesso
pensiero, ma lo articola maggiormente nel paragrafo “Turismo di massa e comunità locali”
all’interno di I professionisti dello sviluppo turistico locale
16
. Egli afferma: “Perché escludere che
le masse possano essere protagoniste delle regole che definiscono comportamenti ecocompatibili e
limiti di accesso, programmati proprio per soddisfare il maggior numero possibile di utenti?
Perchè regolare il molto diventato troppo vuol dire demassificare, ridurre i numeri di accesso o
addirittura porre proibizioni, motivate in modo ambiguo? Anzi è più razionale pensare che soltanto
soddisfacendo le esigenze di tutti le iniziative possano avere successo, cioè essere condivise e
accettate con convinzione, con una partecipazione democratica alla trasformazione della città
turistica in città ospitale
17
con se stessa e con gli altri” (Costa, 2005. P.109).
Sempre seconda Costa, si sta formando una deontologia del saper viaggiare che coinvolge il turismo
di massa modificandone atteggiamenti e comportamenti: un nuovo ceto medio internazionale tiene
in equilibrio denaro, cultura, ambiente e turismo. Osserviamo alcune delle trasformazioni in atto nel
turismo contemporaneo o di massa (Costa, 2005. P. 110):
- Dal punto di vista della domanda, il turismo di massa si è diversificato, facendo sempre più
propri concetti quali: responsabilità ambientale, personalizzazione del servizio,
professionalizzazione, intellettualizzazione e cosmopolitismo;
- Dal punto di vista dell’offerta invece, le comunità locali si trovano sempre più a recitare il
ruolo di protagoniste dello sviluppo locale. Il turismo sostenibile è vissuto come
15
Turismo o conquista?, Dossier Turismo Sostenibile, Bollettino di Italia Nostra n. 321, settembre 1995. Citato da
Canestrini Duccio, in Andare a quel paese. Vademecum del turista responsabile. Feltrinelli. 2003. P. 67.
16
Costa, Nicolò. I professionisti dello sviluppo turistico locale. I sistemi turistici come opportunità di lavoro. Hoepli.
Milano, 2005. P. 97-148.
17
La città ospitale è definita da Nicolò Costa come una città o un’area in generale caratterizzata da una partnership fra
tutti gli stakeholders e pronta quindi ad accogliere non solo i turisti ma anche il fenomeno del turismo in sé, essendo
consapevoli degli impatti negativi e positivi che ne conseguono. La città turistica è invece per definizione il contrario di
città ospitale, o potremmo considerarla come ad un livello inferiore rispetto al modello di città ospitale.
20