6
È in questo clima di ampliamento del contesto competitivo che i paesi in via di
sviluppo sono entrati nel mercato, sicuramente con molte speranze, ma non privi
di problemi ed incertezze.
Il 20% più ricco di tutti gli Stati controlla l’84,7% del PNL di tutto il mondo.
Il 20% più ricco di tutto il pianeta utilizza l’85% del legname disponibile e il
70% dell’energia elettrica prodotta, tutto questo nonostante i crescenti flussi
commerciali e la riduzione delle barriere tariffarie.
Il gap tra Nord e Sud del mondo (dove per Nord e Sud si intende paesi
industrializzati e in via di sviluppo) è aumentato dieci volte dagli anni ’60.
In base a queste premesse, com’è possibile attuare un’equa distribuzione della
ricchezza nei paesi del Terzo Mondo?
Può essere il turismo la chiave per attuare questa redistribuzione nei paesi in via
di sviluppo?
7
CAPITOLO 1
IL TURISMO E I PAESI IN VIA DI SVILUPPO
INTRODUZIONE
Paesi in via di sviluppo e turismo. A volte si pensa a questo binomio come ad una
panacea in grado di risolvere tutti i problemi nei paesi del Sud del mondo.
Ora, è però doveroso chiedersi se le attività turistiche siano in grado di migliorare
la condizione dei paesi del Terzo Mondo o, se invece il loro sviluppo possa
arrecare danni a questi fragili sistemi economici; è necessario capire, quindi, in
quali circostanze il turismo possa contribuire ad uno sviluppo sostenibile
1
di
questi territori.
E’ quasi istintivo obiettare che il turismo è un settore di sviluppo essenziale, che
per questi paesi può essere una chance di ripresa economica importantissima. Si
conoscono, infatti, le potenzialità economiche del turismo; la sua influenza sul
PIL, la capacità di sviluppare scambi con l’estero e di aumentare reddito ed
occupazione in certi segmenti della popolazione.
Si, ma a quale prezzo?
1
Nella letteratura corrente, il concetto di “sostenibile” è stato usato soprattutto per indicare dei processi di
degrado ambientale, o crescita economica insostenibile (WCED, 1987; UNCED, 1992). Spesso però, i
concetti di equità, dignità umana e diversità culturali sono rimasti secondari (Redclift, 1992; Barraclough,
Ghimire e Meliczeck, 1997).
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Quali sono i costi sociali e culturali che i paesi del Terzo mondo devono, e
soprattutto, possono sopportare prima che questi benefici rischino di tradursi in
perdite?
Forse, un modo per riuscire ad avere un migliore e più efficace sviluppo del
turismo nelle aree del Sud del mondo è rappresentato dall’incremento e dalla
corretta gestione dei fenomeni noti come turismo interno e turismo regionale.
La considerazione appena espressa parte dalla constatazione, come si vedrà in
seguito, che diversi paesi in via di sviluppo hanno comunque un P.I.L.
relativamente elevato; quindi, oltre alla povertà diffusa, esistono anche crescenti
strati della popolazione che vanno ad aumentare la consistenza della classe media
e di quella alta (segmenti con una maggiore propensione a consumi elevati come
per l’appunto i consumi turistici).
Per poter avviare un qualsiasi processo che abbia come fine la crescita del settore
sono necessari disegni strategici adeguati.
Una coscienza di questo genere è in fase di crescita in alcuni paesi che puntano
molto sullo sviluppo del settore (Cina, Sud Africa), ma è assente in altri governi
che limitano la loro attività, evidentemente, solo cercando di ospitare visitatori
con un reddito elevato: questo è il caso di Brasile, India, Messico.
Queste parole non vogliono essere una presa di posizione, bensì uno spunto per
introdurre una riflessione e cercare di analizzare nel modo più obiettivo possibile
i punti della questione. Scopo di questa introduzione è quello di sottolineare la
complessità del fenomeno turistico legato ai paesi del Terzo mondo.
9
Senza voler entrare in contrasto con alcuna teoria, ma solo cercando di
comprendere in quale modo il turismo possa contribuire allo sviluppo dei paesi
nel Sud del mondo, oggetto di questa tesi sarà quello di analizzare l’evoluzione
del turismo nei paesi in via di sviluppo, considerarne l’impatto economico per
poi analizzarne i relativi costi sociali.
Entrando nel dettaglio, questo capitolo introdurrà in primis le definizioni di
alcuni concetti essenziali al proseguimento della tesi, si approfondirà
successivamente la crescita dei movimenti turistici nel mondo e nelle aree del
Sud per poi concludere descrivendo un quadro generale del turismo nei paesi in
via di sviluppo.
Nel secondo capitolo si approfondirà la tematica del turismo interno e del
turismo regionale, e il modo in cui queste due tipologie turistiche possano
influire sui territori e sulle economie locali del Sud del mondo.
La terza parte tratterà l’impatto economico del turismo nei paesi in via di
sviluppo, inizialmente in modo generale, poi entrando nello specifico accostando
il concetto di impatto economico alle aree del Sud.
Nella parte conclusiva si analizzeranno i costi sociali e l’impatto ambientale
provocati dal turismo, per poter infine trarre delle conclusioni.
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DEFINIZIONE DEI TERMINI PRINCIPALI
Prima di proseguire è preferibile spendere alcune parole per mettere a fuoco quei
concetti necessari ad individuare in modo univoco gli argomenti trattati.
Terzo Mondo: da molti studiosi questo termine è stato aspramente criticato, in
quanto non riesce ad essere coesivo per i paesi che ne fanno parte. Una
definizione tra le più accreditate è data da Stephen Britton,
che usa le parole “centro” e “metropolitano” per indicare il fulcro dell’ovest
democratico al quale appartengono territori come Nord America, Europa,
Giappone. I paesi rimanenti sono chiamati “periferici” o “Terzo Mondo”.
In questa definizione di Britton non rientrano i paesi governati da regimi
socialisti, notoriamente chiusi e quindi fuori dei vari mercati mondiali; se questa
limitazione ammette eccezioni già nell’era del socialismo, oggi è del tutto inutile.
Anche altre definizioni puntano la loro attenzione sull’esclusione dal potere o
sullo sfruttamento perpetrato ai danni di questi paesi dai governi del Nord.
Questo genere di definizioni pur essendo valide presentano un inconveniente:
non permettendo di capire in modo totalmente chiaro i punti sui quali si basa la
distinzione tra paesi industrializzati e del Terzo Mondo, possono produrre
un’idea vaga che si basi, ad esempio, solo su variabili geografiche.
In base alle considerazioni appena elencate, il metodo più preciso e adatto in
questo contesto per indicare i paesi del Terzo Mondo, è sicuramente quello
adottato dalla World Bank.
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In primo luogo la World Bank usa le dizioni di paesi “industrializzati” e “in via
di sviluppo”; il metodo di classificazione è quello basato su prodotto interno
lordo per abitante.
Ogni economia
2
è classificata a “ basso reddito”, “ medio reddito” (diviso in
medio basso e medio alto) e “alto reddito”. Per supportare questa classificazione
sono usati anche altri metodi basati su divisioni geografiche e indebitamento con
l’estero.
E’ giusto, però, sottolineare che il metodo basato sul PIL pro capite pur essendo
sicuramente l’indicatore più efficace per monitorare la forza economica dei
singoli Paesi, non basta da solo a rappresentare l’indice della ricchezza, del
benessere o lo stato complessivo di sviluppo raggiunto da un paese.
I gruppi sono ricostruiti a partire dai dati sul PIL pro capite del 1997; basso
reddito: 785$ o meno; reddito medio basso: da 786$ a 3.125$; reddito medio
alto: da 3.126$ a 9.655$; ed infine alto reddito: da 9.656$.
Questo metodo, come si è appena visto, è supportato da altre classificazioni come
quella basata sull’indebitamento. In questo caso i gruppi si suddividono in molto
indebitati; ossia quei paesi che superano criticamente due indici (i debiti sul PIL
raggiungono quota 80%, mentre il valore dei debiti sulle esportazioni è il 220%);
paesi moderatamente indebitati (i due indici sono maggiori del 60%, ma non
raggiungono una soglia critica). Tutti gli altri stati appartenenti ai gruppi basso
reddito e medio reddito sono definiti meno indebitati; infine si hanno quei paesi
2
Sono presi in considerazione i paesi membri della World Bank (181) e tutti gli altri stati con più di
30.000 abitanti (210 in totale).
12
detti non interessati dall’indebitamento. Per individuare geograficamente i paesi
in via di sviluppo, il globo è stato diviso in regioni o macro aree; Asia dell’est e
Pacifico (paesi in via di sviluppo: 22), Europa e Asia centrale (paesi in via di
sviluppo: 28), America latina e Caraibi (paesi in via di sviluppo: 34), Medio
oriente e Nord Africa, (paesi in via di sviluppo: 16), Asia del Sud (paesi in via di
sviluppo: 8), Africa sub sahariana (paesi in via di sviluppo: 49).
Tutti i paesi definiti in via di sviluppo appartengono alla categoria a reddito
basso, in totale 61 economie, o a quella a reddito medio composta da 96 paesi.
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Reddito Livello
Dei
debiti
PIL
pro capite
1997
Vita
Media
PIL Personal
Computer
Aiuti
pro capite
$ 1997 Anni nel
1997
$ Milioni
1997
Ogni 1000
persone
1997
$ 1997
Asia dell’Est e
Pacifico
Cina Medio
basso
Basso 860 70 901.981 6 2
Indonesia Medio
basso
Elevato 1.110 65 214.995 8 4
Tailandia Medio
basso
Medio 2740 69 153.909 19,8 10
Europa e
Asia Centrale
Turchia Medio alto Basso 3.130 69 189.878 20,7 0
America latina e
Caraibi
Brasile Medio alto Elevato 4.790 67 820.381 26,3 3
Cuba Medio
basso
Elevato Medio
basso
76 Non
dichiarato
0 28
Messico Medio alto Basso 3.700 72 402.963 37,3 1
Medio Oriente e
Nord Africa
Tunisia Medio
basso
Medio 2.110 70 18.937 8,6 21
Asia del Sud
India Basso Medio 370 63 381.566 2,1 2
Maldive Medio
basso
Basso 1.180 67 342 12,2 103
Africa sub sahariana
Kenya Basso Medio 340 52 10.240 2,3 16
Sud Africa Medio alto Basso 3.210 65 129.094 41,6 12
Seychelles Medio alto Basso 6910 71 539 0 194
Fonte: nostre elaborazioni su dati World Bank
Nella tabella appena esposta sono presenti dei dati che si riferiscono ad alcuni
paesi in via di sviluppo a forte richiamo turistico; spesso, ci si trova di fronte ad
economie con redditi pro capite estremamente bassi, come ad esempio l’India
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con 370$ e il Kenya con 340$. Altre economie in via di sviluppo hanno invece
livelli di PIL per abitante decisamente più vicini a quelli dei paesi
industrializzati: è il caso dell’Argentina con 8950$ di PIL pro capite e le
Seychelles con 6910$.
Questi paesi, pur avendo redditi appartenenti alla categoria medio alta, hanno PIL
pro capite su livelli ancora lontani da quelli di paesi come ad esempio l’Italia, gli
Stati Uniti e il Giappone, i quali possono contare rispettivamente, su PIL pro
capite di 20.170, 29.080, 38.160 milioni di dollari. Piuttosto, alcuni paesi del Sud
sono vicini a certi stati al limite del raggruppamento a reddito elevato, come
Grecia e Portogallo. Proseguendo, è da annoverare l’altro grande problema che
grava sulla quasi totalità dei paesi in via di sviluppo, cioè la forte presenza di
debiti verso l’estero, che per un nutrito gruppo di governi (82) raggiunge delle
soglie molto preoccupanti.
Si tratta, in alcuni casi, di livelli di debito così alti da incidere in modo pesante
sia sul PIL che sulle esportazioni. Per quanto riguarda l’analisi che tocca la
durata della vita media, si nota che questa assume un andamento differente in
base al tenore di vita, ma differisce anche in rapporto ad una distribuzione
spaziale. L’area più penalizzata da questo punto di vista è sicuramente l’Africa
sub sahariana, con paesi come lo Zambia dove l’aspettativa di vita è di 43 anni,
mentre in altre regioni la soglia della vita media sale anche a 76/77 anni.
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Un dato significativo è rappresentato dalla creazione del prodotto interno lordo:
molti paesi in via di sviluppo sono, infatti, in grado di far raggiungere al PIL
soglie davvero ragguardevoli.
Ad esempio nel 1997 varie economie in via di sviluppo hanno occupato alcune
delle prime 30 posizioni nella classifica riguardante la produzione del PIL.
Il primato spetta alla Cina che ha occupato la settima posizione dopo l’Italia con
901.981 milioni di US$. In queste prime posizioni sono presenti altri paesi come
Brasile, India, Indonesia, Tailandia, Sud Africa. Questo dato certifica come vari
Stati pur appartenendo a quei paesi definiti del Terzo Mondo, sono autentiche
potenze economiche.
Ciò non di meno il loro PIL resta insufficiente a garantire un livello di PIL per
abitante elevato.
In molti di questi Paesi inoltre, la ricchezza è mal distribuita: a una classe alta e
medio-alta comunque quantitativamente in crescita si contrappongono ampie
fasce della popolazione che vivono al di sotto delle soglie di povertà.
Dopo aver chiarito il concetto di Terzo Mondo, è bene definire quello di attività
turistica. Una particolarità di questo di questo fenomeno è sicuramente il suo
aspetto multidimensionale, la presenza di varie sfaccettature e la sua attitudine
nel coinvolgere una vasta gamma di attività non strettamente turistiche, ma
collegate in modo diretto o indotto.
Uno degli aspetti di maggiore interesse in questo lavoro è rappresentato dal
turismo interno, definito dal WTO (World Tourism Organization) come il
16
«movimento generato da ogni persona residente in un dato paese che si sposta
all’interno del proprio stato, ma al di fuori dell’area dove abitualmente vive, per
un periodo non superiore ai dodici mesi, per motivi differenti dell’esercizio di
un’attività lavorativa».
Il WTO ha altresì stabilito che la durata minima di uno spostamento per poter
qualificare una persona “turista” è di ventiquattro ore.
Il turismo interno spesso è un fenomeno sottovalutato, ma è indiscutibile la sua
grande importanza. Un’ampia evidenza empirica attesta come la gran parte dei
movimenti a scopo turistico è formata da spostamenti interni. Esiste anche una
metodologia per determinare l’entità del turismo interno: purtroppo questo
metodo non è esente da difetti, sono prese in considerazione solo le presenze
alberghiere, le visite a siti d’interesse turistico, gli spostamenti interni.
Questo metodo di rilevazione incorpora varie limitazioni; non si tiene conto di
chi soggiorna in strutture extra-alberghiere; la rilevazione che prende in
considerazione le visite a siti specifici è solo frutto di una stima del volume
complessivo dei turisti in certe destinazioni; gli spostamenti interni sono
difficilmente individuabili.
I visitatori, che sostano nel luogo raggiunto meno di ventiquattro ore sono
classificati dal WTO come “same-day visitors”. Questa categoria è stata separata
da quella dei turisti, non solo per la differente lunghezza temporale del
soggiorno, ma in quanto comporta la necessità di un diverso uso delle
infrastrutture e soprattutto un diverso impatto socioeconomico.
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Definendo adesso il turismo internazionale, come il «movimento di ogni persona
che vive in un determinato paese che si sposta al di fuori del proprio stato per un
periodo non superiore ai dodici mesi, per motivi differenti dall’esercizio di
un’attività lavorativa», è importante sottolineare che il WTO racchiude in questa
categoria sia il turismo internazionale sia quello regionale. Il termine regione non
è usato per indicare un ente autonomo territoriale, bensì una vasta zona di
territorio che condivida varie caratteristiche (climatiche, etnografiche, culturali).
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DINAMICA DEL TURISMO NEL MONDO
Parlando del settore turistico è necessario partire da un’affermazione sulla quale
si registra la più ampia divergenza di opinioni, e cioè che la sua crescita
continuerà in modo inarrestabile.
Questa affermazione trova conferma nei trend delle statistiche del WTO
riguardanti gli arrivi turistici internazionali a livello mondiale.
Questi dati permettono di pensare agli arrivi come ad una curva dall’andamento
crescente, osservando la quale è chiaro l’incremento registrato. Infatti, si è
passati da 25 milioni di arrivi nel 1950 a 455 milioni nel 1990, per poi giungere
al 1995 con 567 milioni (un decimo della popolazione mondiale).
Evoluzione degli arrivi turistici internazionali
(1950-1995)
ANNO ARRIVI TURISTICI
(migliaia)
1950 25.282
1960 69.320
1965 112.863
1970 165.787
1975 222.290
1980 287.906
1985 330.471
1990 454.875
1991 448.545
1992 502.788
1993 512.992
1994 537.000
1995 567.000
Fonte: WTO, 1992, 1993a, 1994; WTO news, No. 6, dicembre 1995 e No. 1, Febbraio/Marzo 1996
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Alcune proiezioni del WTO, inoltre, indicano un aumento degli arrivi mondiali
tale da giungere a 702 milioni nell’anno 2000, ed infine al traguardo di 1.018
milioni nel 2010
3
.
Il trend storico e le previsioni appena richiamate sono in correlazione con la
dinamica del reddito, con la crescente integrazione economica tra i vari paesi,
con lo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni.
Parallelamente all’aumento dei movimenti turistici a scala mondiale, è possibile
rilevare un aumento sostanziale di arrivi nei paesi del Terzo Mondo.
La dinamica è in questo caso più sostenuta di quella osservabile relativamente
alle destinazioni turistiche “tradizionali”, tanto da determinare un incremento
della quota di questi Paesi sul totale mondiale.
Trend arrivi internazionali turistici relativi alle quote di mercato regionali
(1950-1995)
Regione 1950 (%) 1995 (%) Differenza 1950-1995 Variazione %
America 29,6 19,72 -9,88 -33,0
Europa 66,6 59,41 -7,19 -10,8
Est 0,7 14,80 14,10 +2.014,0
Asia/Pacifico
Africa 2,1 3,33 1,23 +58,6
Medio
Oriente
0,8 1,98 1,18 +147,5
Asia del Sud 0,2 0,76 0,56 +280,0
Fonte: statistiche WTO (1950 e 1995), WTO 1993a e 1996b
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WTO news, Maggio/Giugno 1996.