6
INTRODUZIONE
L’obiettivo della dissertazione è quello di analizzare un particolare luogo della
memoria, da sempre meta, seppur di nicchia, del turismo culturale. Stiamo
parlando dei Cimiteri Monumentali, definiti ormai all’unanimità “musei a cielo
aperto”, per la quantità e qualità di beni artistici e architettonici contenuti al loro
interno. Nonostante una progressiva presa di coscienza da parte degli enti locali,
delle istituzioni nazionali e degli organismi europei del loro valore culturale, essi
appaiono ancora scarsamente valorizzati.
Partendo dall’analisi del comparto turistico culturale, dalla sua nascita alle ultime
evoluzioni, prima in generale e poi soffermandosi in particolare sul panorama
italiano, si approfondirà in seguito il tema della memoria all’interno del contesto
turistico. In particolare si affronterà il modo in cui essa viene gestita, o forse
sarebbe piø appropriato dire venduta, dagli operatori turistici e come viene invece
salvaguardata da numerose iniziative promosse dai governi e da organismi
sovranazionali come l’Unione Europea. Si cercherà inoltre di sottolineare come
essa sia in grado di incidere sulla formazione identitaria dei diversi gruppi etnici,
la quale si concretizza nel luogo in cui sono stanziati che diviene bene di
interesse culturale, inteso come punto di incontro tra spazio e tempo denso di
significati.
Nel secondo capitolo si entra nel vivo dell’argomentazione, addentrandosi nei
meandri del turismo cimiteriale. Ripercorrendo la storia dei cimiteri europei, dai
sepolcri Greci del IV secolo a.C. passando per il punto di svolta rappresentato
dall’editto napoleonico di Saint Cloud, si portano alla luce le motivazioni che
spingono i turisti ad inserire questi luoghi come tappe all’interno dei loro viaggi. Si
passano in rassegna le associazioni attive in questo settore ed il ruolo assunto
da internet, con particolare riferimento agli strumenti del Web 2.0, nell’ambito
della loro promozione.
Il terzo capitolo si concentra essenzialmente sui concetti di valore e
valorizzazione, con l’analisi della legislatura competente in materia di beni
culturali e sulle fonti di finanziamento cui possono aspirare i cimiteri
monumentali; e si conclude con la presentazione di un modello gestionale di
stampo imprenditoriale elaborato dall’ASCE (association of significant
cemeteries) per la gestione dei cimiteri significativi.
Sulla base della teoria esposta nei primi tre capitoli, si propone nel quarto ed
ultimo capitolo l’analisi di due casi studio, quello inerente al Cimitero
Monumentale di Milano e quello della Certosa di Bologna. In seguito alla
7
descrizione delle bellezze storiche ed architettoniche dei due luoghi e del loro
intrinseco valore culturale, si procederà con un confronto delle due esperienze
scaturite dalle visite guidate che sono state effettuate, in relazione alla teoria
dell’interpretazione ed ai principi elaborati da Tilden. Verranno analizzate le
peculiarità della domanda e dell’offerta turistica inerenti ai due siti, verrà proposto
il profilo del visitatore “tipico” emerso dalla somministrazione di un questionario
durante le due visite, ed i risultati di un’indagine telefonica rivolta ad un campione
stratificato sulla capacità attrattiva dei due luoghi nei confronti di potenziali
escursionisti.
8
CAPITOLO PRIMO
L’ecosistema culturale
1.1 Dal turismo di massa ai neoturismi
Fino ai primi decenni del XX secolo le classi medie ed il ceto popolare non furono
in grado di accedere al fenomeno turistico, fondamentalmente a causa
dell’insufficienza delle proprie disponibilità economiche e della mancanza di
tempo libero. Il cosiddetto turismo di massa emerse dapprima negli Stati Uniti
durante gli anni Venti e successivamente, a partire dal secondo dopoguerra, si
diffuse nel vecchio continente. Questa nuova varietà di turismo
1
fonda le proprie
radici su tre fattori principali: profonde trasformazioni nella situazione economica
e politica internazionale, evoluzione del settore dei trasporti e concessione di
ferie retribuite ai lavoratori. Per quanto concerne il primo fattore, il cambiamento
fu determinato da tre ragioni. Innanzitutto vi fu una riorganizzazione delle forme
di convivenza fra gli stati nazionali europei che garantì una diffusa stabilità a
livello internazionale (da quel momento, infatti, le guerre che scoppiarono
assunsero sempre una dimensione locale). In secondo luogo le maggiori potenze
industrializzate (Stati Uniti, Giappone ed Europa) registrarono un periodo di forte
crescita economica, tanto da essere denominato “periodo d’oro”. Infine, le
performance economiche dei paesi meno sviluppati migliorarono, riuscendo a
colmare almeno in buona parte il gap rispetto ai paesi leader; la conseguenza di
questo processo di catching-up fu la creazione di un terreno fertile per lo sviluppo
del turismo
2
.
Nell’ambito dell’evoluzione dei trasporti, l’introduzione dell’automobile ha
determinato una rivoluzione non solo nella sfera sociale ed economica ma ha
1
Il fenomeno turistico ha compiuto una lunga evoluzione, ed ogni tappa di questo mutamento ha
rispecchiato le caratteristiche tipiche dell’epoca. Nel Settecento, in Europa, si sviluppò il Grand
Tour espressione di un bisogno di arricchimento culturale che caratterizzava i giovani nobili inglesi,
tedeschi e francesi. Nell’Ottocento, il mutamento dei valori causato dall’avvento del Romanticismo,
trasformò lo scopo del viaggio in una ricerca dell’esotismo e nella scoperta di antiche civiltà,
spingendo i soggetti ad allontanarsi dalle città e dai centri urbani per concedersi una vacanza in
luoghi lontani immersi nella natura. Ma non furono solo le motivazioni a trasformarsi, anche il
cambiamento dei fruitori fu emblematico. Basti pensare al turismo termale, inizialmente tratto
distintivo dell’aristocrazia, nel corso del Settecento divenne pratica comune anche nel ceto medio
borghese, portando ad un’inevitabile metamorfosi delle caratteristiche su cui si fondavano gli stili di
vita. “L’identificazione nella classe che ricopriva i posti piø alti nella scala sociale non poggiava piø
su un prestigio ideale o sulla possibilità di ostentare momenti di ozio, ma d’ora in poi sarebbe stata
rinvenibile nell’elemento piø prosaico del consumo.” (Giobbi 2010, pag. 10)
2
P. Battilani, Vacanze di pochi, vacanze di tutti L’evoluzione del turismo europeo, pag. 133.
9
cambiato il modo di trascorrere le vacanze. Grazie alla sua diffusione, lo sviluppo
turistico raggiunse anche luoghi situati lontano dal terminale ferroviario. Con
l’avvento dell’aereo lo spazio turistico si è allargato ulteriormente, fino a ricoprire
la scala mondiale. L’evoluzione va quindi intesa come ricerca di una progressiva
riduzione di: distanza-tempo e distanza-costo
3
.
Per quanto riguarda il terzo fattore, c’è da sottolineare come il fenomeno di
industrializzazione in atto avesse di fatto portato ad un incremento del benessere
economico, permettendo alla classe operaia di accantonare quantità di denaro.
La disponibilità di tempo libero retribuito e di risparmi da impiegare in un’attività
che fosse in antitesi con quella lavorativa, determinò lo sviluppo del turismo
moderno. Questa peculiarità designa la piø grande differenza rispetto
all’avanguardistico “turismo” del Grand Tour, il quale non era concepito come
attività di svago al di fuori di un tempo e di uno spazio lavorativo (chi lo
intraprendeva infatti non esercitava alcuna professione) ma piø come una fase
dell’educazione.
Una prima vera e propria distinzione di status tra viaggiatori venne a crearsi nelle
città tessili del nord dell’Inghilterra tra gli anni Cinquanta e Sessanta del
Novecento, dove si svilupparono le tipiche vacanze della classe lavoratrice. La
vera svolta fu segnata dalla possibilità di scelta. Divenne infatti possibile optare
per una meta rispetto all’altra, fermo restando che alcune di esse erano off-limits
per buona parte della popolazione e di conseguenza conferivano una cospicua
importanza sociale a chi le frequentava. Si delineò così il concetto di gerarchia
dei luoghi di villeggiatura
4
. Le destinazioni scelte dagli esponenti dei ceti piø
benestanti erano automaticamente considerate rinomate, le altre, frequentate da
un turismo di massa, erano catalogate come destinazioni di minor prestigio, prive
di gusto e volgari.
Dal lato della domanda il turismo di massa si traduce:
• in un ingente numero di viaggiatori,
• nel ricorso a strutture ricettive di grandi dimensioni,
• nell’inserimento del turista in un gruppo.
Sul versante dell’offerta, invece, gli elementi che caratterizzano tale fenomeno
sono:
• una crescente standardizzazione del prodotto vacanza,
3
www.traspol.polimi.it/documenti/Scopel%202010_L03_modalita%20di%20trasporto%201.pdf.
4
L. Giobbi, Le nuove vacanze: neoturismi, marketing pubblicitario e turismo di genere, p.12.
10
• l’introduzione di pacchetti turistici
5
,
• lo sviluppo, attraverso la creazione di imprese specializzate in marketing
turistico, di una vera e propria industria di beni e servizi.
Nonostante la connotazione negativa ormai accorpata al concetto di turismo di
massa, il fenomeno presenta tuttavia degli aspetti positivi, descritti da teorici quali
Francesco Alberoni e Asterio Savelli. In primo luogo questa tipologia di turismo
ha permesso che la maggioranza della popolazione potesse accedere alla
pratica turistica, rendendo quest’ultima, di fatto, “un bene di cittadinanza degli
stati democratici”
6
; in secondo luogo ha rappresentato un “potente fattore di
identificazione nazionale e collettiva”
7
.
La sottovalutazione del fenomeno
8
deriva da un lato dalla mancanza di elementi
personali e comportamenti attivi da parte del turista. Omologazione, mancanza di
riferimenti culturali e bisogno di seguire la moda si traducono nella ricerca di
pacchetti turistici standardizzati, che rifuggano l’esperienza individuale. Dall’altro
lato ciò dipende dall’esperienza turistica in sØ, i cui limiti vengono descritti dalla
teoria del sightseeing, secondo cui il turista non è interessato alla realtà delle
cose ma semplicemente ad una loro rappresentazione. Così facendo tutto si
riduce ad una mera immagine. La destinazione viene allestita appositamente per
il turista, con ciò che egli si aspetta di trovare e vedere, facendogli così perdere
la propria veridicità. Un esempio di tale pratica è costituito dall’insieme di
esperienze inautentiche totalmente sradicate dal proprio contesto culturale e
sociale, fatte passare per cerimonie tradizionali o rituali
9
. Tali manifestazioni sono
5
La commercializzazione dei cosiddetti “package” fu inizialmente soggetta alla Legge 27 dicembre
1977 n. 1084 e al D.Lgs 17 marzo 1995 n. 111. La normativa sui pacchetti turistici è ora regolata
dal Codice del Consumo, D.Lgs 206/2005, artt. 82 – 100 del Capo II – Servizi Turistici, del Titolo IV
a norma dell’art. 7 della legge 29 luglio 2003 n. 229
(http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/05206dl.htm). Successivamente corretto ed
integrato dal D.Lgs 221/2007 (http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/07221dl.htm). L’art.
84 ne fornisce la definizione: “i pacchetti turistici hanno ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti
tutto compreso, risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi di seguito
indicati, venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario e di durata superiore alle ventiquattro
ore ovvero comprendente almeno una notte: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non
accessori al trasporto o all’alloggio di cui all’art. 86, lettere i) e o), che costituiscano parte
significativa del pacchetto turistico”.
6
Alberoni, F. (1964), Consumi e società, il Mulino, Bologna.
7
Savelli, A. (2005), Sociologia del turismo, Franco Angeli, Milano.
8
“La letteratura sociologica degli anni Sessanta formula una sostanziale e uniforme condanna del
turismo di massa, in quanto inidoneo ad arricchire la vita del’individuo.” (Gilli 2009, pag. 10).
9
Emblematico è il caso descritto da Errington F. e Gwertz D. nel loro articolo “Tourism and
anthropology in a Post-modern world” comparso sulla rivista Oceania 60 (1989, p. 49). I due autori
riportano il resoconto di un rito d’iniziazione allestito esclusivamente per i turisti a Papua Nuova
Guinea. Dopo circa venti minuti di performance, gli esponenti del gruppo etnico dei Chambri che vi
11
svolte secondo un programma e ad orari prestabiliti, con l’unico intento di
intrattenere il turista.
Sulla base di queste considerazioni si inserisce il concetto di autenticità,
argomento che si articola essenzialmente da due questioni. Da un lato vi è la
ricerca di autenticità da parte dei turisti, dall’altro l’offerta, molto frequente, di una
realtà che altro non è che una distorsione del passato. Si parte dall’assunto che
“l’idea accademica di autenticità è spesso abbastanza diversa dalla forma di
autenticità che i turisti cercano.”
10
La sensazione di appagamento dei turisti è in
buona parte determinata dalla percezione. Poco importa quindi che una
destinazione sia effettivamente autentica da un punto di vista storico, ciò che
importa è l’impressione suscitata nel turista. E su questo punto agiscono gli
operatori turistici. Essi enfatizzano in modo quasi eccessivo la realtà, l’autenticità
e la genuinità delle loro promozioni creando pseudo eventi, confezionando
prodotti artificiali e fornendo false esperienze ai clienti, i quali hanno assimilato
un senso distorto della realtà
11
. Apprezzano cioè i luoghi inautentici poichØ non
sono in grado di identificarli come tali. Ma il dibattito sulla consapevolezza del
turista riguardo l’autenticità, è tuttora aperto e presenta posizioni diverse. C’è
infatti chi sostiene
12
che i turisti siano capaci di riconoscere un prodotto
caratterizzato da una natura simulata, ma che cerchino ugualmente delle
esperienze contraffatte per soddisfare le proprie esigenze. Questi turisti,
etichettabili come post moderni, ricercano un’autenticità supplementare, migliore
della realtà. Spesso non sono interessati ad un’evidenza di stampo storico o
scientifico, ma unicamente all’esperienza che hanno bisogno di vivere e di
registrare per aumentare il proprio bagaglio culturale. “Falsi autentici” sono quindi
quei siti che, pur essendo in sostanza artefatti, sono in grado di ispirare emozioni
aveva partecipato comunicò alla guida turistica di lingua inglese le “istruzioni” da impartire ai turisti.
Essi dovevano applaudire e se ne avessero sentito il bisogno scattare fotografie agli indigeni in
posa per l’occasione. I turisti seguirono le indicazioni ma apparvero alquanto confusi ed infastiditi.
Infatti, con questo comportamento, i nativi avevano rivelato in modo esplicito il carattere di messa in
scena della loro esibizione.
10
T. J. Dullen e W. B. Stephen, Heritage e turismo, p. 188.
11
Il linguaggio del turismo contiene dei “truth markers”, facenti parte dell’ampia strategia turistica
che mira a creare un’impressione di autenticità senza che essa corrisponda poi alla verità dei fatti.
Di questi “truth markers” fanno parte le seguenti keywords: original, authentic, real, rooted, typical,
very, actual, actually, true, truly con cui vengono descritti prodotti e promozioni turistiche. Ma il
linguaggio turistico cerca di assecondare anche il bisogno di novità e cambiamento cui spesso
punta il turista. Con lo scopo di “vendere” la destinazione come una novità, come un’esperienza
capace di rompere la routine quotidiana, vengono impiegate frequentemente le seguenti parole:
different, exotic, remote, unspoilt, discovery, new.
12
Il riferimento è al sociologo John Urry, autore di The tourism gaze.
12
nostalgiche reali. Il turista che ricerca l’autenticità crede di poterla trovare
nell’incontro con la comunità locale. MacCannell,
13
partendo da questo assunto,
ha utilizzato i concetti di “front region” e “back region”
14
per spiegare come il
luogo in cui gli attori in questione (ovvero turista, popolazione ed ambiente)
interagiscono sia il primo. Lo spazio della rappresentazione, il palcoscenico,
viene abbellito e presentato in modo da avvicinarsi ai luoghi, agli individui e alle
usanze dello spazio della back region, del retroscena, caratterizzato da ciò che è
vero e autentico. Il desiderio del turista di addentrarsi nella back region non è
così facilmente concretizzabile come può sembrare, infatti le due realtà sono
spesso difficilmente distinguibili, dato che gli operatori turistici istituiscono di
proposito delle back regions artificiali volte a soddisfare superficialmente il
desiderio di autenticità del turista. In altre parole ciò che agli occhi del turista
appare autentico altro non è che una “staged authenticity” costruita e progettata
artificialmente (Nigro, 2006).
Ma l’autenticità non è l’unico elemento chiave dell’esperienza turistica. Secondo
Urry esso consiste nella discrepanza esistente tra il luogo in cui l’individuo vive
abitualmente e l’oggetto della sua osservazione turistica. Egli interpreta
l’esperienza del viaggio attraverso lo studio del vissuto del turista che è, dal suo
punto di vista, alla ricerca dell’inconsueto, del nuovo e dell’insolito da
contrapporre alla quotidianità della propria routine. Al centro della sua teoria vi è
lo sguardo del turista, descrivibile come la propensione “all’osservare
attentamente una scenografia composta da vari ambienti, paesaggi naturali o
vedute cittadine che sono fuori dall’ordinario”
15
, in altre parole un consumo visivo
dei posti visitati. Questo consumo è suddivisibile in tre categorie, ciascuna delle
quali costituita da due dimensioni tra loco dicotomiche:
• la dimensione romantica in cui il turista ricerca solitudine e intimità per
contemplare l’arte e la natura locali, e la dimensione collettiva in cui invece sono
richieste la presenza della folla e di infrastrutture turistiche.
13
Si veda Giobbi 2009, pag. 22.
14
Termini originariamente elaborati da Erving Goffman nel suo libro The presentation of self in
everyday life, pubblicato nel 1959 e tradotto in italiano dieci anni dopo con il titolo La vita quotidiana
come rappresentazione. In questo saggio l’autore utilizza la metafora del teatro per illustrare come
gli individui mettano in scena immagini (di se stessi) cercando di offrirle alle persone che li
circondano; l’insieme di questi atteggiamenti viene indicato con il termine “drammaturgia”.
Sostanzialmente l’idea di Goffman è che i gruppi sociali si dividono in due categorie: i gruppi di
“performance” ed i gruppi di “audience”, e che la vita sociale altro non sia che una
rappresentazione che gli uni mettono in scena di fronte agli altri. Lo spazio della rappresentazione è
il palcoscenico, quello nascosto al pubblico invece è il retroscena. Si veda:
http://www.filosofico.net/goffman.htm.
15
J. Urry, Lo sguardo del turista. Il tempo libero e il viaggio nelle società contemporanee, pag. 15.