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Brevi note introduttive
Il tema della meritevolezza dell’istituto anglosassone del Trust e
dell’eventuale suo pieno accoglimento sul piano del diritto positivo
nel nostro ordinamento, oltre ad essere di estrema attualità, è dal
punto di vista giuridico, ad un tempo delicato e complesso. Se infatti
è vero che l’ordinamento non può ignorare le istanze di tutela che
ampiamente si sviluppano sul piano sociale e a cui il trust potrebbe
fornire risposta, ad esse non necessariamente è chiamato a dare
attuazione attraverso disposizioni normative. L’autonomia negoziale,
infatti, ben consente alle parti di servirsi di fattispecie che non
appartengono a tipi aventi una disciplina particolare purché siano
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, secondo
l’ordinamento giuridico. Ecco allora che i contraenti possono
realizzare funzioni differenti da quelle tipizzate dal legislatore
opportunamente filtrate da un preventivo giudizio di meritevolezza
degli interessi perseguiti. In tali casi è la giurisprudenza a dover
vagliare l’idoneità della causa negoziale e, a tal fine, a dover tracciare
i limiti di meritevolezza della ragione giustificatrice del negozio,
sotto il profilo della funzione economico-individuale ossia degli
interessi in concreto realizzati dalle parti.
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Si ricordi al riguardo che il sempre vivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla
causa del contratto ha trovato una compiuta e pacifica risoluzione con la sentenza della
Suprema Corte di Cassazione n. 10490 del 2006, con la quale la Corte ha abbandonato
la tradizionale “teoria della funzione economico sociale del contratto” risalente al Betti
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Il discorso con assoluta evidenza si attaglia all’impiego del trust. La
complessità e la delicatezza del tema è agevolmente individuabile sol
che si consideri come il trust sia profondamente alieno alle
tradizionali categorie concettuali di diritto interno. L'istituto del trust
presenta indubbie peculiarità e non può non ammettersi che contrasti
con molteplici principi di ordine pubblico vigenti nel nostro sistema
normativo, nondimeno lo stesso può offrire soluzioni pratiche non
altrimenti realizzabili a numerose istanze sociali meritevoli di tutela.
Sul punto si è scritto copiosamente, tanto che potrebbe apparire sterile
disaminare nuovamente la questione, la quale anzi, a scadenze
regolari, torna ad irrompere nella riflessione dottrinaria.
Non si può, tuttavia, non riscontrare come, con la globalizzazione dei
mercati, si imponga una revisione delle categorie di diritto
tradizionali nel tentativo di pervenire ad una soluzione chiara e
proficua in linea con le nuove esigenze dalla realtà economica e
sociale. In tal senso non è superfluo ricercare profili di meritevolezza
in un istituto capace di offrire soluzioni alle più varie esigenze della
persona o dell’impresa e teorizzare per tale via la configurabilità di
un trust che non risulti in contrasto con i principi fondamentali sui
quali si regge il nostro sistema. La ragione, infatti, per cui un
per abbracciare una concezione soggettiva della causa, intesa come “funzione
economico individuale” del negozio. La Corte ha ricostruito la causa in termini di ”
interesse concretamente perseguito dalle parti nel caso di specie”, in termini cioè di
ragione pratica dell’affare ed in questo senso si muovono le più recenti sentenze
giurisprudenziali, da ultimo la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n.
4628 del 6 marzo 2015.
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professionista italiano potrebbe consigliare ad un proprio cliente di
ricorrere al trust, consiste nella tutela di interessi leciti che non
trovano una efficace difesa nel nostro ordinamento.
In effetti non avrebbe alcun senso ricorrere al trust quando l’interesse
può essere perseguito con gli strumenti offerti dal nostro
ordinamento, mentre ha certamente senso servirsi del trust quando
l’effetto segregativo consiste nell’isolare economicamente e
giuridicamente un certo bene per destinarlo alla soddisfazione di un
determinato interesse altrimenti, in tutto o in parte, non tutelato dalle
norme interne. -È il caso degli interessi variamente riconducibili
all’ambito delle relazioni tra conviventi che non vogliano o non
possano unirsi civilmente e che trovano nel trust un mezzo per
realizzare i medesimi fini che perseguirebbero i coniugi con il fondo
patrimoniale. È il caso altresì della protezione dei minori e degli
incapaci sotto un profilo prevalentemente patrimoniale, interesse che
potrebbe non trovare un’efficiente tutela nelle norme del nostro
ordinamento e che può invece essere affidato allo strumento del trust.
La recente l. 22 giugno 2016, n. 112, portante "Disposizioni in
materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive
del sostegno familiare" promuove proprio l'uso del trust a tutela degli
incapaci rimasti privi di sostegno familiare. Il trust può poi costituire
strumento di rilevante utilità in numerose operazioni commerciali per
il soddisfacimento di eterogenee esigenze non facilmente perseguibili
mediante l’impiego degli istituti presenti nel nostro ordinamento-.
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La meritevolezza del trust è perciò da individuarsi nell’atteggiarsi
della esperienza sociale e nelle risposte che, alle domande da questa
poste, la giurisprudenza fornisce. Il Trust rappresenta un fenomeno
sociale prima che giuridico, trasversale a popoli e generazioni e
capace di riproporsi sempre diverso eppure sempre uguale a sé
stesso
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, ed è in questa duttilità ontologica che va individuata la sua
meritevolezza e al tempo stesso tracciati i suoi limiti.
Significativo è in tal senso quanto riportato nella presentazione della
proposta di legge C 2733 del 10 maggio 2002 On. Cima “Norme in
materia di trust a favore di soggetti portatori di handicap”: «… Il
rapido cambio di scena è il frutto non di una moda, ma della
percezione che il trust colmi lacune assai serie del nostro
ordinamento giuridico. Laddove gli strumenti civilistici non riescono
a giungere, spesso giunge il trust: esso consente sia di regolare
assetti di interessi, sia di proteggere posizioni meritorie che
altrimenti non troverebbero sbocco, se non in costruzioni artificiose,
sovente condite con simulazioni, interposizioni, contratti di dubbia
validità. Il senso del trust è tutto qui: la risposta ad interrogativi della
vita commerciale, finanziaria, sociale, familiare rispetto ai quali il
diritto italiano o rimane muto o vaga alla ricerca di esiti che alla fine
si rivelano insoddisfacenti “.
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Carlo Florio Il Trust. Origini e prospettive, https://www.avvocatoflorio.com/trust/le-
origini-storiche- del-trust, 30/03/2017, pagina 10
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Capitolo 1 -Il trust e le sue caratteristiche generali-
Premessa
Una delle più diffuse tecniche di uniformazione giuridica tra sistemi
è oggi il trapianto di modelli giuridici, strumento plasmato alle
esigenze del mercato unico e al consolidamento economico cui
mirano gli Stati. Si tratta dell’importazione di discipline, norme o
istituti da un sistema giuridico all’altro, sul presupposto che
l’ordinamento importatore generalmente si erige su categorie
concettuali interne differenti da quelle proprie dell'ordinamento di
origine. La circolazione del Trust, tipico istituto anglosassone, ed il
suo utilizzo nel nostro ordinamento ne è un manifesto esempio.
Con legge n. 364/89, in vigore dal 1 gennaio 1991, l’Italia ha recepito
la Convenzione de L’Aja del 1° Luglio del 1985 la quale, non soltanto
ammette il ricorso al Trust, ma detta regole per dare pubblicità alla
sua costituzione. L’Italia è stato il terzo paese firmatario a ratificare
con legge interna la Convenzione dopo il Regno Unito e l’Australia
ed il primo paese di civil law ad ammettere a pieno titolo l’uso di un
modello negoziale di common law. L'interesse che tale istituto ha
sollevato nei giuristi italiani risiede precipuamente nell'opportunità di
innovare tradizionali negozi giuridici offrendo ad essi addizionali e
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rinnovate funzioni. Il trust si presenta infatti come una fattispecie
giuridica largamente duttile e versatile che può essere adattata ai più
svariati scopi e così divenire “l’abito su misura”
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per vestire vicende
che altrimenti mancherebbero di una piena concettualizzazione. A
mezzo del trust è perciò reso possibile il perseguimento di plurime
finalità pratiche in tema di famiglia, successione mortis causa,
impresa, tutela dell'incapace. Il Trust, infatti, viene alla luce come
istituto di Equity e si propone perciò di rispondere ad esigenze
molteplici e differenziate. Nondimeno l’uso, talora sovrabbondante,
che di tale istituto si è fatto ha imposto alla giurisprudenza, e su di un
piano diverso ma non meno rilevante, alla dottrina, un'attenta
selezione dei casi in cui l'impiego del trust risulti meritevole di tutela,
per separarli da quelli in cui invece esso si riveli lesivo di interessi
particolari di singoli ovvero generali dell'intera collettività. È di tutta
evidenza che a tal fine vanno preliminarmente chiarite le
caratteristiche essenziali della fattispecie, segnalando le non poche
difformità con i tipici istituti di diritto interno. Secondo una storica
descrizione inglese, “quando una persona è titolare di diritti che è
tenuta ad esercitare nell’interesse di un’altra persona o per il
raggiungimento di un determinato scopo, si dice che questa persona
è titolare di detti diritti in trust per l’altra persona o per il
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BUCCHI M. Separazione consensuale e trust a garanzia del mantenimento dei figli in
Trusts e attività fiduciarie, s.l. pag. 11 IPSOA, 2012, (corsivo mio).