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INTRODUZIONE
La protezione e l’amministrazione dei patrimoni sta vivendo una stagione
senza precedenti in termini di attenzione da parte del Legislatore, italiano ed estero,
evidente sintomo dell’accresciuta sensibilità verso il problema della ricerca di
strumenti che si evolvano con il mutare delle esigenze.
Partendo dall’assunto che in Italia lo sforzo di una dottrina e di una
giurisprudenza pioneristica ha portato ormai da tempo all’ammissione del trust nel
nostro ordinamento - istituto che com’è noto deriva dalla cultura di common law - e
quindi solo sfiorando il discorso del cammino che ha portato all’accettazione del
trust interno, il presente lavoro si prefigge lo scopo di scrutare le potenzialità di tale
istituto nei vari momenti della vita familiare, sia che questa derivi da un nucleo
“legittimo” che “di fatto”, e soprattutto mostrare dove questo trovi la sua vera
vocazione e come possa essere utilmente impiegato per la salvaguardia degli interessi
delle parti più deboli e in quali ambiti sia uno strumento veramente efficace.
La caratteristica della segregazione del patrimonio che connota il trust fa sì che
spesso tale istituto sia accostato ad altri che sono caratterizzati da questo medesimo
elemento. E’ così ad esempio per il fondo patrimoniale, a proposito del quale si parla
di patrimonio separato inteso quale distinta entità unitaria avente una specifica
destinazione per una determinata finalità che fa sì che esso non possa essere
utilizzato per fini diversi dalla destinazione unitaria stessa.
La separazione patrimoniale che realizza il trust presuppone
un’amministrazione separata, da un soggetto normalmente estraneo al nucleo
familiare, con conseguente limitazione di responsabilità dei beni che fanno parte del
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patrimonio separato, i quali sono destinati esclusivamente alla soddisfazione di
obbligazioni strettamente collegate alla specifica destinazione con l’inevitabile
conseguenza della limitazione della responsabilità. In altre parole il bene ceduto in
trust non è di nessuno, è un bene che "galleggia senza essere attraccato in nessun
porto”.
In ambito familiare si cerca dunque un istituto che consenta
contemporaneamente: la conservazione dell’integrità del patrimonio della famiglia, il
mantenimento del legame tra il nome della famiglia ed i beni più significativi, la
permanenza del patrimonio nel possesso della famiglia, la pianificazione del
passaggio generazionale dei diritti sui beni, evitando controversie tra gli eredi.
L’istituto in oggetto si presenta, appunto, come uno strumento creato per
regolamentare in un unico momento - anche se non necessariamente - vari aspetti,
presenti e futuri, relativi alla gestione ed attribuzione del patrimonio.
Per queste sue caratteristiche il trust è stato paragonato ad “un vestito di alta
sartoria, dove non ce né uno uguale all'altro, ognuno deve essere fatto (e può essere
fatto) su misura a seconda delle occasioni per cui s'intende sfruttarlo”
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, questo perché
l’istituto non solo si presta per la sua duttilità ai più differenti impieghi, ma perché
all’interno dello stesso ambito - in questo caso, quello familiare - può essere
modellato per uno specifico scopo.
Quanto sopra spiega chiaramente i motivi sottesi al crescente interesse per
l’istituto in questione, che hanno determinato la presentazione nel corso della XVI°
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SCIPIONE, Un istituto poco conosciuto: il Trust, articolo dell’agosto 1999, in
http://www.diritto.it/materiali/civile/iltrust.html#
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Legislatura di ben tre disegni di legge
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nel tentativo di colmare le lacune legislative
sul tema nel nostro ordinamento.
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Di cui si avrà modo di approfondire nel corso del presente lavoro.
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CAPITOLO I
IL CONFRONTO TRA GLI STRUMENTI DI PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
FAMILIARE
1. Premessa: I problemi di adattamento del trust nell’ordinamento italiano tra
omissioni legislative ed incertezze della dottrina - 2. L’idoneità del trust alla
realizzazione di interessi meritevoli di tutela nell’ambito dei rapporti familiari - 3. Il
trust come convenzione matrimoniale atipica ex art. 161 c.c. - 4. Il venir meno del
principio enunciato dall’art. 1322 secondo comma c.c. - 5. Il trust e la disciplina del
fondo patrimoniale - 5.1 Vantaggi del trust rispetto al fondo patrimoniale - 6.
L’ambito applicativo del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e il trust
1. Premessa: I problemi di adattamento del trust nell’ordinamento italiano tra
omissioni legislative ed incertezze della dottrina
Di trust, com'è noto, si inizia a parlare in Italia a seguito della ratifica della
Convenzione dell'Aja del 1985 sulla legge applicabile ai trusts e al loro
riconoscimento, avvenuto con legge 16 ottobre 1989 n. 364 entrata in vigore il 1°
gennaio 1992.
Ad una prima fase di studi e di decisioni giurisprudenziali aventi ad oggetto la
compatibilità dell'istituto con il nostro ordinamento - a sua volta preceduta peraltro
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da studi risalenti
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- è seguita, dalla fine degli anni '90, una cospicua letteratura, che
ha reso l'Italia il paese di civil law più prolifico in materia di studi sul trust, e una
fiorente giurisprudenza, costituita da oltre un centinaio di provvedimenti, al netto
delle pronunce in materia tributaria, anch'esse numerose
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.
Questo fenomeno nasce, a seguito della prospettazione della tesi secondo cui
nell'ordinamento italiano era ammissibile il trust c.d. “interno”
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, intendendosi per
tale, il trust che è fonte di un rapporto giuridico i cui “elementi significativi”
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sono
localizzati all’interno - appunto - del nostro ordinamento e i cui unici elementi di
internazionalità sono quindi costituiti, indefettibilmente, dalla legge regolatrice del
trust (essendo quest’ultima - per definizione - una legge straniera); ed eventualmente,
anche dal luogo di amministrazione del trust e da quello di residenza abituale del
trustee.
La giurisprudenza, si è poche volte pronunciata ex professo in materia di
ammissibilità del trust interno, e quando lo ha fatto ha prevalentemente dato risposta
positiva, più raramente ne ha negato l'ammissibilità, talvolta con argomentazioni
fantasiose
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. E' tuttora assente una pronuncia della Corte di Cassazione sul tema, non
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Quale quello di FRANCESCHELLI, Il trust nel diritto inglese del 1935 o LIBONATI Holding and
Investment trust del 1969
4
Si veda Quaderni della rivista Trust: La giurisprudenza italiana sui trust dal 1899 al 2009, 2009 e
nella stessa rivista Trust: opinioni a confronto: atti dei Congressi dell’Associazione “Il trust in
Italia”, 2006.
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L’espressione “Trust interno” si deve a LUPOI. BARTOLI, Trust e atto di destinazione nel diritto di
famiglia e delle persone, 2011, 369; Atti notarili. Volontaria giurisdizione. Il procedimento, a cura di
PREITE, vol. 1, 2012, 38.
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Dovendosi intendere sia - com’è ormai pacifico - il luogo in cui i beni sono ubicati e quello in cui lo
scopo del trust deve essere perseguito sia la cittadinanza e residenza dei beni di beneficiari.
7
Hanno esaminato funditus il problema dell’ammissibilità del trust interno: Trib. Bologna, 1 ottobre
2003, in Trusts, 2004, 67; Trib. Reggio Emilia, 27 agosto 2011 in Trusts, 2012, 61; Trib. Trieste, 25
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potendo essere considerate tali né quelle della Cassazione penale, in quanto chiamate
a pronunciarsi non sul trust interno, ma sulla legittimità del sequestro preventivo di
beni in trust
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, né quella della Cassazione civile del 2008
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, in quanto avente ad
oggetto una vicenda relativa ad un trust non interno.
La giurisprudenza degli ultimi anni, in definitiva, nonostante l'assenza di una
pronuncia della Suprema Corte, decide in materia di trust interno dandone ormai per
scontata la legittimità.
Le questioni che i giudici si trovano negli ultimi tempi ad affrontare sono
invece, sempre più spesso, relative al “funzionamento” e agli effetti del trust, e
intervengono con particolare rigore davanti a fattispecie del suo uso scorretto, come
testimoniano i vari provvedimenti che, di fronte a trust palesemente istituiti in danno
dei creditori, ne hanno dichiarato la nullità o l'inefficacia o hanno disposto il
sequestro conservativo dei beni trasferiti al trustee. Tale giurisprudenza è indice della
necessità di un approccio prudente e avveduto rispetto ai problemi che l’istituto può
settembre 2005 in http://www.altalex.com/index.php?idnot=10026. In senso contrario, Trib. Belluno,
25 settembre 2002, in Riviste notarili, 2002, 1538 ss, secondo il quale la Convenzione non introduce
nel nostro sistema il trust e che il trust interno contrasterebbe con i principi del nostro ordinamento
primo tra tutti il principio di responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.. BANDIERAMONTE,
L’autonomia patrimoniale dei coniugi tra fondo patrimoniale e trust, 2011, 76. Con riguardo al trust
auto-dichiarato; Trib. Napoli (decreto) 1 ottobre 2003 in Trusts 2004, 74 ss, che ne argomenta
l’inammissibilità adducendo l’esistenza (all’epoca) di una proposta di legge che, appunto, non
prevedeva tale figura. Sul trust auto-dichiarato; BARTOLI, Il trust auto dichiarato nella Convenzione
dell’Aja sui trusts in Trusts, 2005, 355 ss.
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Cass. 30 marzo 2011, n. 13276 in Riv. Giur. Trib., 2011, 686 e in
http://www.fiscoediritto.it/?page_id=3704.
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Cass. 13 giugno 2008, n. 16022 in Trusts, 522.