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CAPITOLO UNO 
 
DAL GATT AL WTO. LA LIBERALIZZAZIONE 
 DEL MERCATO MONDIALE 
 
 
1.1 Nascita ed evoluzione dell'Accordo Gatt. 
Il Gatt (Accordo Generale sulle Tariffe doganali e il Commercio) è all'origine 
del processo di liberazione del commercio mondiale, iniziato nel dopoguerra. 
Il dilemma liberalizzazione-protezionismo si dibatte dalle origini dell'economia 
moderna, fin dall'avvento della rivoluzione industriale. Furono, infatti, i primi 
economisti "classici" a preconizzare attraverso le proprie teorie i vantaggi della 
liberalizzazione degli scambi all'economia delle nazioni.  
Se si considera l'evoluzione del commercio internazionale nel nostro secolo, si 
potrebbe quasi dedurre che dall'enunciazione della teoria dei costi comparati di David 
Ricardo ad oggi, ci sia stato un processo di crescita continuo e costante del 
liberalismo, ma in realtà, il progressivo abbandono degli ostacoli agli scambi 
commerciali internazionali è stato interpretato in vario modo dai diversi governi e 
nelle diverse epoche e, spesso, le politiche adottate in tal campo sono risultate 
funzionali alle differenze di struttura e di sviluppo delle economie dei vari paesi. 
Ultimamente si va affermando la teoria secondo la quale esistono dei veri e 
propri "cicli" nel commercio mondiale caratterizzati da un indebolimento e da un 
rafforzamento del protezionismo e dipendenti dalle condizione generali
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. Così come 
una fase di recessione tenderebbe a far aumentare le misure protezionistiche, una fase 
espansiva quelle liberalizzatrici. 
Il progetto di un governo mondiale dell'economia risale alla fine della seconda 
guerra mondiale. Le basi di tale programma sono state poste dagli accordi di Bretton 
Woods del 1944, che prevedevano la creazione di tre organismi autonomi, operanti su 
diversi versanti dell'economia mondiale: Il gruppo della Banca Mondiale, istituzione 
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creditizia volta al finanziamento dello sviluppo; il Fondo Monetario Internazionale 
(Fmi), cardine del "nuovo ordine monetario", fondato sul principio di pari dignità e 
peso di ogni valuta nazionale; l'Organizzazione internazionale per il commercio (Ito), 
organismo posto a presidio del commercio mondiale. 
Grazie all'impeto con il quale è stata riavviata la costruzione del "nuovo ordine 
mondiale" il Fmi ed il Gruppo della Banca Mondiale non incontrarono difficoltà per 
la loro costituzione, mentre l'Ito, l'organismo che avrebbe dovuto rappresentare il 
centro vitale degli scambi internazionali, non fu mai realizzato.  
Gli Stati Uniti, infatti, fin dal 1945, si erano fatti promotori di due iniziative 
parallele nell'ambito degli scambi commerciali internazionali: l'istituzione dell'Ito e la 
convocazione di una Conferenza internazionale destinata ad un Accordo sulla 
riduzione multilaterale delle barriere agli scambi commerciali. L'iter preparatorio di 
tali progetti passò attraverso una serie di conferenze e meeting nel 1946 svoltisi tra 
Londra e Ginevra. 
La Conferenza organizzata a Ginevra nel 1947, cominciò in un clima 
favorevole alla realizzazione di un ambito comune nel quale porre delle regole in 
materia di tariffe doganali e accordi particolari per la riduzione progressiva delle 
stesse, e, invece, il progetto non fu realizzato, visto che per l'Ito non si andò oltre alla 
predisposizione di uno statuto, detto Carta dell'Avana. 
Il Congresso degli Stati Uniti d'America, infatti, si rifiutò di ratificare 
l'adesione alla nuova organizzazione a causa di un impedimento di tipo puramente 
formale
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, e gli altri paesi partecipanti non spinsero oltre, dato che avevano poco 
interesse ad entrare in un organismo che non comprendesse la nazione allora 
egemone dal punto di vista economico e politico.  
Tramontato il progetto di realizzare un'istituzione che curasse gli scambi a 
livello mondiale, i delegati si concentrarono sull'adozione dell'Accordo generale, al 
quale venne data un’autonoma ed originale struttura paraistituzionale costituita da un 
                                                                                                                                           
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 Ferro A. Raeli G., La liberalizzazione del mercato mondiale, dall’Ito alla Wto, passando per il Gatt, Il Sole 24 ore, 
Milano, 1999, pagg. 22 e ss. 
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 Il Congresso, infatti, era del parere che occorresse uno specifico mandato al proprio presidente per vincolare gli Usa 
ad un trattato commerciale. 
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Segretariato permanente. Il Gatt, sottoscritto da 23 paesi il 30 ottobre 1947, nacque 
come un semplice "accordo" nel quale l'obiettivo di fondo perseguito dalle parti 
contraenti
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 si limitava a realizzare il miglioramento dei rapporti commerciali 
internazionali. 
L'applicazione delle sue regole si fondava sulla necessità di trovare un 
equilibrio tra gli impegni assunti dagli Stati a livello internazionale ed il 
mantenimento di un certo grado di autonomia nazionale. Tale compromesso di fondo 
è stato recepito in alcuni passaggi del testo dell'Accordo, e soprattutto nella clausola 
cardine del sistema la "granfather clause" con la quale si prevedeva la possibilità per 
gli Stati contraenti di mantenere le eventuali politiche già in vigore al momento della 
stipula dell'accordo, anche se si fossero rivelate incoerenti con i nuovi impegni 
sottoscritti. 
 Il Gatt nasce come un mero Accordo commerciale, teoricamente 
"provvisorio", non prevedendo al suo interno, come è di norma nei trattati 
commerciali, una data di scadenza determinata, affiancato da una struttura 
permanente essenziale atta a svolgere solo gli aspetti logistici delle negoziazioni il 
Segretariato Generale. 
Con il passare degli anni e con il perdurare del fallimento dell'Ito, tale Accordo 
andrà perdendo questa natura di precarietà trovandosi infine a svolgere un ruolo 
paragonabile a quello di una vera e propria organizzazione internazionale. 
La progressiva istituzionalizzazione, anzi, è stata favorita dall'esistenza di una 
struttura organizzativa che, seppur minima, si è rivelata sufficiente, se non 
maggiormente agile, rispetto a quella delle altre organizzazioni internazionali
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. 
Gli organi che compongono il Gatt sono, oltre al già citato Segretariato 
generale, l'Assemblea delle parti contraenti e, a partire dal 1960, il Consiglio dei 
rappresentanti. 
                                          
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 Non essendo il Gatt, in senso stretto una organizzazione internazionale, non si prevede che I Paesi firmatari 
dell’accordo siano denominati “membri”, ma sono detti semplicemente: “parti contraenti” 
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 Anania G. De Filippis F., L ’Accordo Gatt in agricoltura e l’Unione europea, FrancoAngeli, Milano, 1996, pagg. 26 e 
ss. 
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Gli Stati mantengono del tutto la propria autonomia decisionale, sebbene siano 
stati previsti diversi meccanismi decisionali a maggioranza semplice o qualificata, a 
seconda della rilevanza delle questioni trattate, nella prassi si è, infatti, consolidata la 
regola dell’unanimità. 
La ricerca del pieno accordo finisce per rallentare notevolmente, se non 
talvolta bloccare, il processo decisionale conferendo ad ogni Paese una sorta di diritto 
di veto. 
D'altra parte, tale pratica coincide con quella usata in altri contesti 
internazionali, anche se bisogna sottolineare che i rapporti di forza previsti dalla 
regola "un paese un voto", non coincidono certamente con i rapporti di forza reali fra 
paesi dal punto di vista economico, politico e militare. 
 
1.2 I principi ispiratori dell'Accordo ed il regime delle eccezioni. 
Gli scopi statutari del Gatt si trovano nel preambolo del testo dello stesso 
accordo. In esso si legge che le parti contraenti: “Riconoscendo che le loro relazioni 
nel campo dell’economia e del commercio dovrebbero essere condotte con lo scopo 
di aumentare il tenore di vita, di assicurare una piena occupazione e una larga e 
stabile crescita del volume del reddito reale e della domanda effettiva, sviluppando 
nello stesso tempo il pieno uso delle risorse ed espandendo la produzione e lo 
scambio dei beni, sono desiderose di contribuire a questi obiettivi attraverso accordi 
reciproci e mutuamente vantaggiosi, diretti alla sostanziale riduzione delle tariffe e 
delle altre barriere, e all’eliminazione dei trattamenti discriminatori nel commercio 
internazionale”. 
Gli obblighi centrali del trattato sono rappresentati dai principi enunciati nei 
primi due articoli e soprattutto quello contenuto nella clausola della nazione più 
favorita: “Tutti i vantaggi e benefici, privilegi o immunità accordati da una parte 
contraente ad un prodotto originario o destinato a qualsiasi altro Paese saranno, 
immediatamente e senza condizioni, estesi a tutti i prodotti similari originari o 
destinati al territorio di tutte le altre parti contraenti”, insieme all’elenco delle 
concessioni accordate: “Ciascuna parte contraente accorderà alle altre parti 
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contraenti, in materia commerciale, un trattamento che non sarà meno favorevole da 
quello previsto nell’elenco (lista) corrispondente a quello annesso al presente 
accordo.” 
La prima parte dell’accordo riassume efficacemente lo spirito del Gatt, la 
clausola della nazione più favorita è, infatti, applicata nella sua forma incondizionata 
e illimitata. Tale enunciazione consente di passare dalla logica del vecchio 
bilateralismo, in cui due paesi si accontentano di vantaggi reciproci continuando a 
proteggersi nei confronti di tutti gli altri, al regime del multilateralismo, nel quale 
tutte le parti contraenti beneficiano dell’abbattimento comune delle tariffe stabilite in 
precedenza, al momento dei negoziati bilaterali.
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Questi schematicamente gli altri principi fondamentali del Gatt che occorre 
richiamare: 
• Negoziazione multilaterale: politica che consente di specializzarsi nella 
produzione e nello scambio di beni in base al principio del commercio comparato 
e non ostacolato dalla presenza di dazi, contingentamenti o controlli che possano 
rendere difficile la libera circolazione dei beni e dei servizi. 
• Reciprocità: il mezzo per ridurre le restrizioni commerciali, sia in senso 
“simmetrico”, e quindi di reciproco vantaggio, che “uniforme”, ovvero di parità di 
trattamento. 
• Consolidamento: la fissazione di tariffe fisse che, salvo circostanze eccezionali, 
non possano essere aumentate. 
• Principio del trattamento nazionale: complementare a quello della clausola della 
nazione più favorita, ma operante all’interno del Paese contraente, con il quale si 
stabilisce che ai prodotti importati non possa essere riservato un trattamento 
peggiore di quello riservato ai prodotti nazionali, in materia di regolamenti interni 
inerenti al trasporto, alla trasformazione, all’utilizzazione ed alla vendita.   
• Principio dell’esclusivo ricorso allo strumento tariffario: che opera in difesa 
delle produzioni nazionali e vieta l’istituzione o il mantenimento di qualsiasi 
forma di restrizione o di vincolo diversa dai dazi doganali o da misure equivalenti.