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INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi ha riguardato lo studio delle problematiche e delle possibili soluzioni progettuali per la
realizzazione di un sistema di gestione integrato dei rifiuti prodotti nell’area del Parco Nazionale del Circeo. Lo studio è
stato articolato in alcune fasi successive, sinteticamente riportate in quanto segue.
In primo luogo sono stati analizzati i quantitativi, e le relative caratteristiche qualitative, dei rifiuti prodotti nei Comuni
ricadenti nell’area Parco, ovverosia Latina, Sabaudia e San Felice Circeo, ad esclusione dell’isola di Zannone che,
poiché disabitata, non è rilevante ai fini dello studio. Le informazioni acquisite sono state elaborate ed interpretate
anche in relazione alla situazione nazionale e dell’intera Provincia di Latina. È stata successivamente effettuata una
ricognizione dei servizi di igiene urbana in essere allo scopo di evidenziare le principali criticità e i possibili interventi
migliorativi. Sulla base di tale ricognizioni e delle successive analisi, è stato infine elaborato un progetto di massima
per la riorganizzazione dei servizi di raccolta di rifiuti nell’area in esame. Inoltre, per rendere visibilmente chiari questi
sistemi di raccolta adottati dai singoli Comuni, l’attuale distribuzione della popolazione sul territorio e delle strutture
ricettive, nonché il progetto di massima, sono state realizzate delle Carte attraverso l’utilizzo del programma ArcGis.
CAPITOLO PRIMO
QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO IN MATERIA DI RIFIUTI
1 - INTRODUZIONE
Attualmente, quando si parla di “tutela dell’ambiente”, e soprattutto in materia di gestione dei rifiuti, si incorre in una
serie di interventi normativi a vari livelli: internazionale, comunitario, nazionale, regionale, locale.
L’Unione Europea, con l’emanazione della Direttiva Quadro sui rifiuti (2008/98/CE) del 19 novembre 2008, stabilisce
nuove misure per la protezione dell’ambiente e della salute umana attraverso la prevenzione o la riduzione di tutti gli
impatti negativi dovuti alla produzione ed alla gestione dei rifiuti. La principale novità che questa Direttiva apporta è il
fatto di considerare i rifiuti come una risorsa proprio perché possono essere recuperati, riciclati e reinseriti nel ciclo
produttivo, riducendo così la richiesta e l’utilizzo delle materie prime. Con questo nuovo modo di porsi nei confronti
della gestione dei rifiuti, l’Unione Europea, dunque, mira ad avvicinarsi a quella che viene così definita “società del
riciclaggio”.
In materia di rifiuti, la normativa italiana ha riadattato, sulla base del suo ordinamento giuridico interno, tutti gli atti di
legislazione comunitaria, soprattutto le direttive ed è così, che nel corso degli anni, si è assistito all’emanazione di una
serie di leggi, tra le quali, le più significative sono state: il Decreto legislativo n. 22 del 1997, anche noto come Decreto
Ronchi ed il Decreto legislativo n. 152/2006 con la successiva modifica n. 4/2008 sulla base della direttiva 2008/98/CE.
Si può dedurre, dunque, che ci si trova di fronte ad uno scenario del contesto legislativo abbastanza complesso e non
sempre ben organizzato, la cui comprensione ed attuazione non risulta spesso chiara e realizzabile.
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1.1 - L A DIRETTIVA EUROPEA 2008/98/CE
La politica dell’Unione Europea sui rifiuti si basa su quattro pilastri principali:
o Prevenzione
o Riciclaggio e recupero
o Incenerimento
o Smaltimento in discarica delle frazioni non ulteriormente valorizzabili
Le Direttive comunitarie di riferimento sono essenzialmente le seguenti:
o Direttiva 75/442/CEE del Consiglio sui rifiuti (e sue modifiche e integrazioni)
o Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti “Direttiva quadro sui rifiuti”
o Nuova “Direttiva quadro sui rifiuti” 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in vigore dal 12
Dicembre 2008, ma abroga le precedenti solo dal 12 Dicembre 2010 e moltissime altre direttive ad hoc.
All’interno della corposa normativa emanata dalla Comunità Europea in materia di rifiuti (tuttora in evoluzione), si
riporta di seguito l’ultima Direttiva Europea.
Il 19 Novembre 2008 è stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, la Direttiva Europea sui rifiuti 2008/98/CE. La
presente direttiva stabilisce un quadro giuridico per il trattamento e la gestione dei rifiuti all'interno della Comunità e
reca nuovi principi che vanno anche ad incidere sui meccanismi di responsabilità soggettiva e sanzionatori, abrogando
le precedenti direttive 75/439/CEE sugli oli usati, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 2006/12/CE sui rifiuti.
Essa mira a proteggere l’ambiente e la salute umana attraverso la prevenzione degli effetti negativi della produzione e
della gestione dei rifiuti. Per questo è fondamentale precisare i concetti basilari, come le nozioni di recupero e
smaltimento, in modo da inquadrare meglio le attività di gestione dei rifiuti.
È necessario inoltre rafforzare le misure in materia di prevenzione e di riduzione degli impatti ambientali della
produzione e della gestione dei rifiuti. Il recupero dei rifiuti deve infine essere incoraggiato, al fine di preservare le
risorse naturali.
Nell’ambito della gestione dei rifiuti, gli Stati membri devono adottare delle misure volte a consentirne, in ordine di
priorità:
o la prevenzione della produzione;
o il riutilizzo;
o il riciclaggio;
o il recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
o lo smaltimento.
Inoltre, possono attuare misure legislative per rafforzare tale gerarchia ma sempre nel rispetto del fatto che la
gestione dei rifiuti non metta a rischio la salute umana e non comprometta l’ambiente.
In particolare sul tema "riduzione e prevenzione" si possono individuare due principali novità nelle scelte dell'Unione
Europea:
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o tra il 2011 e il 2014 la Commissione Europea deve presentare una serie di relazioni sulla gestione del ciclo dei
rifiuti che introducano, fra l'altro, obiettivi di riduzione (art.9);
o l'obbligo per i Paesi membri di dotarsi di Piani nazionali di prevenzione entro il 2013 e tali Piani dovranno
individuare le azioni da intraprendere per ridurre l'impatto quantitativo e qualitativo dei rifiuti. Si sottolinea
che la Direttiva non introduce subito target di riduzione "numerici", ma una serie di misure atte a perseguire
le politiche di riduzione e prevenzione. I Piani nazionali, quindi, potranno essere un utile e concreto
strumento per incentivare i produttori di rifiuti alla fonte a ridurre la quantità e a migliorare la qualità delle
rispettive produzioni.
La Direttiva Europea, dunque, individua un "obiettivo quantitativo di riciclaggio": 50% in peso di riciclaggio dei rifiuti
domestici e simili, con una particolare attenzione ad alcune frazioni merceologiche come la carta, il vetro, i metalli e la
plastica. Infatti, non parla di raccolta differenziata, ma di riciclaggio e di preparazione al riutilizzo. In altri termini, la
Direttiva individua nel fine (il riciclaggio) e non nel mezzo (le forme di raccolta) il punto centrale della propria politica
di minimizzazione dei rifiuti da trattare in maniera indifferenziata. Il nostro Paese, quindi, dovrà passare da una
impostazione basata esclusivamente sulla quantità di RD a forme di incentivo che prendano in considerazione il
"risultato finale" delle raccolte differenziate o del recupero di materia nelle diverse fasi di trattamento. L'Italia, nella
sua pianificazione nazionale, aveva fissato al 65% il proprio obiettivo (irrealistico...) di raccolta differenziata entro il
2012. L'individuazione del 50% da parte dell'Unione Europea appare più realistico e in linea con l'andamento di quei
Paesi europei giudicati più virtuosi in materia di rifiuti.
Si sottolinea che la Direttiva Europea conferma la scala delle priorità attualmente in vigore e considera quindi
residuale il "recupero della componente energetica" dai rifiuti. Questo è solo a titolo indicativo perché se si
considerano gli obiettivi di riciclaggio e l'esclusione del ricorso alla discarica, un teorico 50% dei rifiuti urbani dovrebbe
essere trattato proprio attraverso il recupero energetico. Tale concetto, però non va confuso, ovvero bisogna evitare
che il rifiuto diventi “materia prima” fondamentale dal punto di vista energetico ed evitare, quindi, di incentivare solo
un meccanismo di gestione dei rifiuti che abbia come fine ultimo esclusivamente il recupero di energia, bensì, va
assunto come virtuoso il meccanismo del riciclaggio poiché permette il recupero di materia all’interno di un ciclo
chiuso, attraverso il rifiuto stesso. Questa stessa osservazione è fondamentale perché altrimenti si tenderebbe a
produrre sempre più rifiuti al fini di ottenere vantaggi energetici trovandosi dunque, all’interno di un circolo “vizioso”.
In conclusione, si può parlare di una Direttiva più realista, poiché gli obiettivi di raccolta sono più raggiungibili, e poi
perché preferisce un approccio basato sul vero senso di recupero e sul riciclo interno alle caratteristiche del rifiuto ed
allo stesso tempo cerca di uniformare le strategie, gli obiettivi e le politiche comuni a tutti gli Stati membri.
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1.2 - LA NORMATIVA NEL CONTESTO ITALIANO:
Il Decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 ed il Decreto legislativo 152/2006
1.2.1 - Decreto Legislativo n. 22 del 5 Febbraio 1997
Il Decreto Legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, meglio noto come Decreto Ronchi, “Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio” che,
abrogando la legislazione precedente, introduce una serie di principi, finalità e disposizioni che innovavano
completamente l’intero settore in sintonia con le direttive europee.
I principi di questo decreto legge sono radicalmente innovativi rispetto ai precedenti in quanto impongono:
o la limitazione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti
o il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero di materia prima dai rifiuti
o lo smaltimento solo del residuale della gestione dei rifiuti da realizzare nelle stesse Regioni di produzione in
un sistema integrato ed adeguato di impianti, con le migliori tecnologie esistenti,
i quali si fondano su altri due principi di ordine generale:
o considerare il rifiuto come risorsa da utilizzare,
o gestire i rifiuti secondo una scala di priorità .
Inoltre, il Decreto Ronchi fissa anche gli obiettivi minimi per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani:
o 15% dei rifiuti prodotti entro due anni;
o 25% dei rifiuti entro quattro anni;
o 35% a partire del sesto anno.
che implicano necessariamente la riorganizzazione strutturale e funzionale dei servizi di raccolta. Inoltre, il mancato
raggiungimento delle percentuali minime previste comporta l'applicazione di una soprattassa per il deposito in
discarica dei rifiuti, prevista dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549.
Lo stesso Decreto stabilisce altresì che:
o gli oneri per la raccolta, la valorizzazione e l’eliminazione siano a carico degli utilizzatori e dei produttori
o l’istituzione dei Consorzi Nazionali che hanno il compito di raccogliere e riciclare le diverse tipologie di rifiuti
e di contribuire in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi quantitativi fissati dal decreto stesso.
o l’organizzazione da parte della Pubblica Amministrazione della pianificazione dell’integrazione dei diversi
sistemi di gestione e di trattamento finale dei rifiuti (tra i quali la raccolta differenziata, il riciclaggio, il
compostaggio e la termovalorizzazione).
L’importanza di tale Decreto è quindi legata al riordino della legislazione e delle varie funzioni amministrative in
materia di rifiuti a livello statale, regionale, provinciale e comunale. Più precisamente, si riassumono le competenze
relative:
Allo Stato
o Le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione del decreto;
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o la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti;
o l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare la produzione dei rifiuti;
o l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del
riciclaggio dei rifiuti.
Alle Regioni
o La predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento di piani regionali di gestione dei rifiuti;
o la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, compresa la raccolta differenziata di rifiuti
urbani, anche pericolosi;
o la delimitazione degli ambiti ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
o la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa come il complesso delle attività volte ad
ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti;
o l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi.
Alle Province
o Le funzioni amministrative concernenti la programmazione e l'organizzazione dello smaltimento dei
rifiuti a livello provinciale
o il controllo periodico su tutte le attività di gestione dei rifiuti;
o l'organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti
territoriali ottimali;
o l'individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei
rifiuti urbani.
Ai Comuni
o Effettuare la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di
privativa nelle forme previste dalla legge 08 giugno 1990, n.142.
Stabilendo, dunque:
o le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
o le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;
o le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di
garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
o le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da
esumazione ed estumulazione;
o l'assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta
e dello smaltimento.
In conclusione, si può affermare che la strategia individuata dal Decreto Ronchi è quella della minimizzazione dei
rifiuti, detta anche strategia delle “4 R”:
o riduzione all’origine dei rifiuti;
o riuso;
o riciclo
o recupero, sia in termini di materia che di energia.
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Lo smaltimento diventa una fase residuale del ciclo di gestione dei rifiuti, l’ultima soluzione dopo aver messo in pratica
le “4 R”.
Tra le numerose innovazioni di tale Decreto le principali sono:
o Classificazione dei rifiuti: coerentemente con le direttive europee (Catalogo CER) definisce una classificazione
dei rifiuti rispetto alla provenienza ed alla pericolosità, distinguendo i rifiuti urbani da quelli speciali e i rifiuti
pericolosi da quelli non pericolosi.
o Sistema di gestione integrata dei rifiuti: complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il
recupero e lo smaltimento dei rifiuti. In particolare è posto in risalto il fatto che la gestione dei rifiuti è
un’attività di pubblico interesse e in quanto tale deve essere svolta in un’ottica di profonda sinergia
(responsabilizzazione e cooperazione) tra tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione,
nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui si originano i rifiuti.
o Registri di carico/scarico, formulario di trasporto, discariche.
o Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD): obbligo da parte dei soggetti a comunicare annualmente,
alle Camere di Commercio i quantitativi e tipologie di rifiuti prodotti e/o gestiti.
1.2.2 - Decreto legislativo 152/2006
Il “Testo Unico Ambientale” è stato approvato con Decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale il 14 aprile 2006, emanato in attuazione della Legge 308/2004 “delega ambientale”.
L'entrata in vigore del Decreto legislativo dà il via ad una radicale trasformazione della normativa nazionale sulla tutela
dell'ambiente. Di fatto, tale Decreto riscrive le regole su valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo, tutela
delle acque, gestione dei rifiuti, inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali, abrogando la maggior
parte dei precedenti provvedimenti a tutela dell’ambiente.
La finalità della disciplina così introdotta, ispirata ai principi di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti
coinvolti, è quella di ridurre la produzione di rifiuti e di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un elevato
grado di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente.
Tale Decreto dedica la parte IV alle “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” composta
da 89 articoli (numerati dal 177 al 266) e da 9 allegati, abrogando una serie di provvedimenti precedenti tra cui il
Decreto Ronchi, che rappresentava la legge quadro di riferimento in materia di rifiuti.
Una novità è senz'altro rappresentata dall'introduzione di criteri di priorità nella gestione dei rifiuti: infatti viene
stabilito più chiaramente il rapporto gerarchico che antepone il riutilizzo ed il riciclo rispetto l’uso dei rifiuti come
fonte di energia.
Tale gerarchia di gestione dei rifiuti è disciplinata dall’art. 179 “Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti” che
stabilisce quali misure prioritarie la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti seguite da
misure dirette quali il recupero dei rifiuti mediante riciclo, il reimpiego, il riutilizzo o ogni altra azione intesa a ottenere
materie prime secondarie, nonché all’uso di rifiuti come fonte di energia.
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Il Decreto quindi persegue la linea già definita dal Decreto “Ronchi”, ovvero la priorità della prevenzione e della
riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti, a cui seguono solo successivamente il recupero (di materia e
di energia) e quindi, come fase residuale dell’intera gestione, lo smaltimento (messa in discarica ed incenerimento).
In materia di rifiuti sono state introdotte alcune importanti novità soprattutto riguardo le definizioni di sottoprodotto
e materia prime secondarie che non sono più considerate rifiuti.
- Sottoprodotti: sono i prodotti dell'impresa che, pur non costituendone l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono
in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o consumo sia
direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa
stessa, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo.
- Materia prima secondaria: sono le sostanze o materie avente le caratteristiche di materia prima secondaria di cui al
D.M. 5/2/98 e dal D.M. 161/03 ed i prodotti derivanti da specifiche operazioni di recupero espressamente autorizzate
dalla regione nonché i prodotti individuati negli accordi di programma definiti con il Ministero dell'Ambiente.
Sono state chiarite definitivamente le condizioni del deposito temporaneo, per cui i rifiuti pericolosi e non pericolosi
devono essere raccolti e avviati a recupero o smaltimento secondo le seguenti modalità alternative a scelta del
produttore:
1. Con cadenza almeno bimestrale nel caso di rifiuti pericolosi, trimestrale se non pericolosi,
indipendentemente dalle quantità in deposito;
2. Quando il quantitativo in deposito non supera i 10/20 m3 il deposito temporaneo non può avere durata
superiore a un anno.
Sono stati aumentati i tempi di registrazione per le attività di carico e scarico dei rifiuti e quindi il produttore ha tempo
10 giorni lavorativi per registrare le operazioni di carico e altrettanti per lo scarico. I registri possono essere compilati
su fogli in formato A4 (non più fogli a modulo continuo) regolarmente vidimati.
Inoltre, la nuova norma quadro apporta delle novità in riferimento agli obiettivi di raccolta differenziata da
raggiungere in ambito territoriale ottimale (ATO), infatti nell’articolo 205 vengono definite le misure per incrementare
la raccolta differenziata e per ogni ambito territoriale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei RU pari alle
percentuali minime dei rifiuti prodotti:
o ≥ 35% entro il 31/12/2006
o ≥ 45% entro il 31/12/2008
o ≥ 65% entro il 31/12/2012
successivamente integrati dall’art. 1, comma 1108 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007) in cui i
nuovi obiettivi di raccolta differenziata da conseguire in ciascun Ambito Territoriale Ottimale (ATO) sono:
40% entro il 31 dicembre 2007
50% entro il 31 dicembre 2009
60% entro il 31 dicembre 2011.
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L’obiettivo di fondo della nuova disciplina in materia di rifiuti, in accordo con gli orientamenti europei, permane quello
di assicurare “una elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci ”, con particolare riferimento ai rifiuti
pericolosi. A tal fine, il Decreto disciplina tutte le diverse operazioni e attività connesse con la gestione dei rifiuti nel
suo complesso, vale a dire operazioni e attività di:
- raccolta (ovvero le tre fasi di prelievo, cernita e raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto”),
- trasporto,
- recupero,
- smaltimento dei rifiuti,
- gestione presso il produttore prima delle attività sopraelencate,
nonché
- il controllo di tutte queste operazioni, delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura, da
parte di chi le attua e degli enti istituzionalmente preposti al controllo.
Il Decreto legislativo n. 152/2006 è stato recentemente “corretto ed integrato” dal nuovo Decreto Legislativo n. 4 del
16 gennaio 2008: “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante
norme in materia ambientale”.
Con il D. Lgs. n. 4/2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 gennaio 2008, vengono introdotte una serie di
sostanziali modifiche e integrazioni al Testo Unico Ambientale: tutta la parte seconda relativa alla Valutazione impatto
ambientale (Via) e alla Valutazione ambientale strategica (VAS) sono completamente sostituite dal cosiddetto
"correttivo unificato" al precedente DLgs 152/2006; inoltre apporta modifiche in materia di Aia (Autorizzazione
integrata ambientale), ma modifica anche la parte terza dedicata alle acque e la quarta parte per i rifiuti e le bonifiche.
Le modifiche apportate sono così riassumibili :
o per i rifiuti viene mantenuto l'obbligo del MUD, allargando però l'esonero alle imprese che raccolgono e
trasportano i propri rifiuti non pericolosi in quantità inferiori ai 30kg o 30l al giorno, nonché, per i soli rifiuti
non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.
o viene istituito un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai fini della trasmissione e
raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti e la realizzazione in
formato elettronico del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del MUD, da
stabilirsi con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le
categorie sopra citate con obbligo di installazione e utilizzo delle apparecchiature elettroniche.
o Per i registri di carico e scarico ritorna l'obbligo di numerazione e vidimazione (da parte delle Camere di
Commercio territorialmente competenti) con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri
IVA
o Per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta
dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri
Iva di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalità fissate dall'articolo 39 del DPR 26 ottobre
1972, n. 633 e successive modificazioni ed integrazioni.
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o Riguardo al trasporto dei rifiuti l'unica modifica è la scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativo all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, la
quale è sostituita dal formulario di identificazione dal decreto lgs 152/06. Le specifiche informazioni di cui
all'allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 non previste nel modello del formulario di cui al comma
1 dell'articolo 193 del Decreto Legge 152/06 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni del
medesimo formulario.
o Ai rifiuti assimilati, entro un anno, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al
servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto
del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una
quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto
anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li
producono.
o L'esonero dall'iscrizione all'albo nazionale gestori ambientali rimane sostanzialmente invariata con una nuova
limitazione riguardante le aziende che effettuano attività di intermediazione e commercio senza detenzione
di rifiuti di imballaggio, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili che svolgano
funzioni analoghe, fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti
soggetti dalle vigenti normative.
o Entro il 30 giugno 2008, il CONAI adegua il proprio statuto ai principi contenuti nel presente decreto ed in
particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle
attività di settore.
o Ai sensi del nuovo provvedimento, il combustibile da rifiuti (CDR) e il combustibile da rifiuti di qualità elevata
(CDR-Q) sono classificati come rifiuto speciale.
1.3 - LAZIO: NORMATIVA REGIONALE
Nel Lazio la gestione dei rifiuti è disciplinata dalla Legge regionale del 9 luglio 1998, n. 27, in coerenza con il decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni.
Tale legge designa quali sono le funzioni della Regione, delle province e dei comuni e quali sono i principi da seguire
(art. 3):
1. garantire il rispetto delle esigenze igienico-sanitarie al fine di tutelare la salute della collettività ed evitare
possibili fonti di inquinamento dell'ambiente, preferibilmente mediante l'utilizzazione di tecnologie capaci di
contenere ai più bassi livelli le emissioni inquinanti provenienti dagli impianti di smaltimento o recupero dei
rifiuti;
2. tenere conto della pianificazione territoriale salvaguardando i valori naturali e paesaggistici;
3. promuovere il recupero, anche energetico, dei rifiuti al fine di ridurre lo smaltimento finale degli stessi;
4. favorire la raccolta differenziata;
5. prevenire e ridurre la produzione e la pericolosità dei rifiuti;
6. adottare modalità e criteri per la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti
urbani non pericolosi;
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7. favorire la gestione unitaria dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali, attraverso una rete
integrata di impianti di recupero e di smaltimento al fine di realizzare l'autosufficienza nello smaltimento degli
stessi;
8. favorire lo smaltimento dei rifiuti speciali negli impianti più vicini al luogo di produzione al fine di ridurre i
movimenti dei rifiuti stessi, tenuto conto delle esigenze di carattere geografico o della necessità di
smaltimento in impianti specializzati;
9. perseguire l'obiettivo della regionalizzazione dell'intera gestione del ciclo dei rifiuti, nel rispetto delle
competenze della Regione e degli enti locali;
10. garantire la messa in sicurezza, la bonifica, ed il ripristino ambientale delle aree inquinate dai rifiuti.
Inoltre stabilisce che alle Regione compete l’adozione del Piano Regionale di gestione dei rifiuti. Tale Piano Regionale
dei rifiuti è il documento programmatico degli interventi che la Regione Lazio pone in essere per la costituzione di un
sistema organico e funzionalmente integrato di gestione dei rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e
comunitaria.
Il Piano rappresenta, quindi, il primo passo del processo di adattamento degli atti di pianificazione regionali ai principi
del Decreto Legislativo n. 22/97. Questo propone una serie di possibili soluzioni per la gestione dei rifiuti fra i quali gli
enti locali potranno scegliere e dunque è uno strumento ed un supporto che i comuni e le province sono obbligati a
recepire per assolvere ai propri compiti.
Il Lazio, in linea con la normativa nazionale, ha approvato nel 2002 un Piano di Gestione dei Rifiuti, all’interno del
quale vengono individuati 5 Ambiti Territoriali di Ottimizzazione, che coincidono con i limiti amministrativi di ciascuna
provincia: ATO 1 (Viterbo), ATO 2 (Roma), ATO 3 (Rieti), ATO 4 (Latina) e ATO 5 (Frosinone), e successivamente, il
Lazio si è dotato anche di un Piano degli Interventi di Emergenza per l’intero territorio laziale (Decreto del
Commissario Delegato n. 65/2003).
Tale Piano Regionale pone gli stessi obiettivi del D. Lgs 22/97, per quanto riguarda la raccolta differenziata, ovvero il
65 % entro il 2012 di rifiuto urbano raccolto in modo differenziato.
In particolare, è stato previsto:
o l’obbligo di RD nelle mense e nei punti di ristoro della frazione organiche;
o il divieto di conferimento in discarica dei rifiuti verdi;
o il divieto di conferimento in discarica di partite omogenee di frazioni riciclabili;
o l’obbligo per i Piani provinciali di adozione del compostaggio domestico specialmente in aree a bassa densità
abitativa con idoneo meccanismo di incentivazione fiscale;
o la realizzazione di un complesso di impianti la cui finalità è quella di stabilizzare la frazione organica non
intercettata dalla RD a monte e recuperare la frazione secca combustibile (o CDR degli impianti esistenti) da
avviare al recupero energetico.
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I principi ispiratori essenziali del Piano sono:
o la previsione di interventi tesi a favorire la riduzione a monte della produzione di rifiuti;
o l’attivazione di un sistema efficace di raccolte differenziate da avviare all’effettivo recupero;
o la minimizzazione dei costi e degli impatti connessi con le soluzioni tecnologiche di recupero/smaltimento e
localizzative individuate dal Piano;
o la massima valorizzazione del sistema impiantistico esistente a livello regionale;
o l’autosufficienza del Bacino regionale;
o la massimizzazione dei recuperi ivi compreso quello energetico;
o l’uso residuale della discarica nel sistema integrato di smaltimento;
o il coinvolgimento dei cittadini attraverso una campagna di sensibilizzazione.(…)
Il sistema di raccolta differenziata che il Piano di Gestione vuole avviare dovrà garantire i seguenti obiettivi immediati:
o recuperare buona parte dei materiali riciclabili;
o organizzare in modo più adeguato tutta la raccolta dei rifiuti, pensando ad una tipologia di “raccolta
integrata”;
o raggiungere con rapidità gli obiettivi di intercettazione prefissati.”
Il Piano degli Interventi di Emergenza per l'intero territorio della Regione Lazio individua il piano degli interventi
urgenti da realizzare per il superamento della situazione di emergenza nell'ambito del territorio Regionale. Secondo il
Piano d’Emergenza “rimangono confermati gli obiettivi minimi di intercettazione delle RD stabiliti nel Piano di Gestione
regionale finalizzati, peraltro, a ridurre l’incidenza impiantistica sul Sistema Integrato Regionale. Da ciò nasce l’obbligo
di perseguire elevati obiettivi di intercettazione di flussi destinati al recupero prevedendo una specifica organizzazione
dei servizi di raccolta differenziata sulla base di:
o una accentuata domiciliarizzazione del servizio di raccolta per agevolare il conferimento da parte dei cittadini
e delle utenze non domestiche;
o un servizio specifico dedicato a particolari utenze (commerciali, ristorazione, assimilabili anche da attività
produttive, ecc.);
o un servizio specifico dedicato a particolari ambiti territoriali caratterizzati da elevata presenza turistica;
o una organizzazione del servizio di raccolta specifico per tipologia di rifiuto e rapportato alla morfologia e alla
specificità del territorio;
o una marcata attività di sensibilizzazione verso i cittadini e i vari operatori per stimolarne la partecipazione agli
schemi di recupero;
o la realizzazione dell’impiantistica di supporto (ecocentri, impianti di valorizzazione,ecc.)
(…)
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CAPITOLO SECONDO
LA PRODUZIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI AL’INTERNO DEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO
2.1 - INTRODUZIONE
Dopo una breve analisi sulla produzione dei rifiuti nel contesto italiano, volta a definire il contesto di riferimento per lo
studio in oggetto, vengono presentati, elaborati e discussi i dati di produzione dei rifiuti all’interno del Parco Nazionale
del Circeo relativamente ai tre Comuni, ricadenti all’interno dei confini del Parco, quali i Comuni di Latina, Sabaudia e
San Felice Circeo, nonché i dati relativi al contesto della provincia di Latina.
2.2 – PRODUZIONE NAZIONALE DEI RIFIUTI URBANI
Secondo il Rapporto Rifiuti 2009, presentato dall’ISPRA lo scorso aprile 2010, nell’anno 2008 la produzione nazionale
dei rifiuti urbani si attesta ad un valore leggermente inferiore a 32,5 milioni di tonnellate mostrando, rispetto al 2007,
una leggera contrazione (-0,2%), che fa seguito alla sostanziale stabilità già riscontrata tra il 2006 ed il 2007 (+0,1%).
Dopo un lungo periodo di crescita si assiste, dunque, ad un’inversione di tendenza nel dato di produzione (Fig. 1).
Fig. 1 - Andamento della produzione di rifiuti urbani in Italia, anni 1998 – 2008 (Fonte ISPRA – Rapporto Rifiuti 2009)
Lo smaltimento in discarica rappresenta ancora la modalità di gestione dei rifiuti urbani più diffusa, ma la quantità di
rifiuti raccolti in maniera differenziata continua ad aumentare. A livello nazionale, infatti, la raccolta differenziata
raggiunge un valori pari a 30,6% della produzione totale dei rifiuti urbani, contro il 27,5 % rilevato nel 2007.
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In valore assoluto, la crescita del settore è quantificabile in 700.000 tonnellate, grazie soprattutto al contributo del
Nord Italia (circa 447.000 t), dove la raccolta differenziata è ben sviluppata già da anni in quasi tutte le regioni.
Va rilevato che l’andamento della produzione dei rifiuti urbani può essere legato a diversi fattori; si osserva, ad
esempio, una correlazione, tra andamento della produzione degli RU e trend degli indicatori socio economici, quali
prodotto interno lordo e spese delle famiglie residenti. Un ulteriore fattore che può incidere sul dato complessivo di
produzione dei rifiuti urbani è la tendenza, più o meno marcata nei diversi contesti territoriali e a livello di singolo
comune, ad assimilare, ai rifiuti urbani stessi, diverse tipologie di rifiuti speciali derivanti dai circuiti produttivi. Questi
rifiuti, in accordo con i regolamenti comunali, vengono in diversi casi raccolti nell’ambito dei sistemi di gestione dei
rifiuti provenienti dal ciclo urbano e sono, dunque, computati tra i RU, incidendo in maniera non trascurabile sul dato
di produzione annuale di questi ultimi e sul loro andamento complessivo. Le ultime disposizioni normative, introdotte
dal D. Lgs. 152/2006, ulteriormente modificate ad inizio 2008, dal D. Lgs. 4/2008, hanno previsto una serie di
limitazioni alla possibilità di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Un ulteriore fattore che può determinare il rallentamento della crescita della produzione dei rifiuti urbani è
l’attivazione di misure di prevenzione. Al riguardo si può rilevare che diverse amministrazioni ed, in particolar modo,
quelle più avanzate in termini di organizzazione del sistema integrato dei rifiuti, da alcuni anni operano al fine di
incentivare la prevenzione e la riduzione della produzione di rifiuti. Tra queste misure un ruolo importante gioca,
senza dubbio, il diffondersi di strumenti di tariffazione puntuale dei servizi di raccolta, che incidono direttamente sui
prezzi dei servizi e dei processi di gestione dei rifiuti, nonché l’attivazione di strumenti finalizzati a minimizzare i flussi
avviati ai sistemi di raccolta attraverso la riduzione dell’immesso al consumo di prodotti. Tra questi si citano, ad
esempio, l’introduzione di sistemi di erogazione alla spina, la promozione dell’uso dei contenitori a rendere, la
diffusione dell’utilizzo di imballaggi secondari riutilizzabili, ecc. In alcuni contesti territoriali, inoltre, è ormai diffuso, da
diversi anni, il compostaggio domestico che sta andando peraltro incontro a rapida diffusione anche in altre aree del
Paese. Tale pratica consente di allontanare dai circuiti della raccolta quantità non trascurabili di frazione organica, che
si configura come una delle matrici di più difficile gestione. La minimizzazione della produzione dei rifiuti può essere,
altresì, legata alla progressiva sostituzione dei tradizionali shopper in plastica con sacchetti in plastica biodegradabile,
oppure in carta, o in tessuto riutilizzabili, nonché la diffusione dell’utilizzo delle cosiddette borse- carrello dotate di
ruote.
Tutti i fattori sopra indicati possono svolgere un ruolo più o meno determinate nella stabilizzazione del dato di
produzione. Tra il 2007 ed il 2008, in particolare, si registra un calo pari all’1% circa sia per quanto riguarda le spese
delle famiglie sul territorio economico che per quanto attiene al prodotto interno lordo (valori concatenati – anno di
riferimento 2000). Soprattutto il primo dei due indicatori può rappresentare un parametro utile per una valutazione
dell’andamento della produzione dei rifiuti urbani di natura domestica. Una maggiore o minore tendenza all’acquisto
da parte delle famiglie può, infatti, tradursi in una maggiore o minore tendenza alla produzione di rifiuti. Per quanto
riguarda la produzione pro capite, si rileva, nel 2008, una contrazione rispetto al valore del precedente anno, che fa
seguito al calo già riscontrato tra il 2006 ed il 2007. Nell'ultimo anno, infatti, il dato di produzione pro capite nazionale
si attesta a 541 kg/abitante per anno a fronte di un valore pari a 546 kg/abitante per anno rilevato nel 2007 ed a un
valore di 550 kg/abitante per anno registrato nel 2006.
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Fig. 2 - Produzione pro capite dei rifiuti urbani in Italia per regione, anni 2004 - 2008
Va evidenziato che sul dato di produzione pro capite incide in maniera sostanziale l'andamento della popolazione
residente, che cresce tra il 2006 ed il 2008 di oltre 910.000 unità, di cui oltre 550.000 attribuibili al solo Nord. In questa
macroarea geografica, infatti, l'aumento della produzione pro capite appare, tra il 2007 ed il 2008, decisamente più
contenuto (+0,4%) rispetto a quanto riscontrato per il valore di produzione assoluta; in relazione al 2006 si rileva
addirittura un calo (-0,5%, da 544 kg/abitante per anno a 541 kg/abitante per anno). Il Centro, dal canto suo, pur
facendo ancora registrare i più alti valori di produzione pro capite (619 kg/abitante per anno nel 2008), mostra una
progressiva riduzione già a partire dal dato 2006. Tale riduzione risulta particolarmente evidente nell'ultimo anno in
cui si rileva una decrescita della produzione pro capite di circa 11 kg/abitante per anno. Al Sud, infine, si riscontra, tra
il 2007 ed il 2008, un calo della produzione pro capite pari al -2,4% circa, corrispondente ad una diminuzione, in
termini assoluti, di 12 kg/abitante per anno.
2.3 – PRODUZIONE DI RSU NELLA PROVINCIA DI LATINA
Il territorio della Provincia di Latina è composto da 33 comuni, ha una popolazione di 551.217 abitanti (Istat, 31
Dicembre 2009, al 28 febbraio 2010 ne sono 551.940) e si estende per 2.250 kmq: dall'Agro Pontino fino al Garigliano
e dai monti Lepini, Ausoni e Aurunci fino alle coste tirreniche. Comprende le isole di Ponza, Ventotene e Santo
Stefano. Si tratta di un territorio con una particolare configurazione geografica estesa in lunghezza e con realtà sociali
ed umane assai diverse tra loro per tradizioni e culture.
Di seguito è riportato un quadro generale (fonti: Demo-Istat, Rapporto Rifiuti dal 2005 al 2009) che mostra i parametri
relativi alla produzione e alla raccolta di rifiuti nella provincia.
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PARAMETRI RELATIVI LA PRODUZIONE E
2005 2006 2007 2008
RACCOLTA DI RIFIUTI NELLLA PROVINCIA DI LATINA
produzione totale annua di rifiuti (t) 298.946,99 326.819 329.115,2 326.710
produzione di RSU indifferenziati (t) 277.967,42 289.361 287.614,70 276.746
% Raccolta Differenziata 6,87 10,5 11,7 14,5
Raccolta differenziata (t) 20.550,80 34.433 38.626,70 47.443
produzione pro capite annua di rifiuti (kg/ab/anno) 569,93 618,2 612,6 599,2
Popolazione ( ISTAT al 31/12) 524.533 528.663 537.213 545.217
Tabella 1- Produzione e Raccolta differenziata di rifiuti nella Provincia di Latina (su dati dei Rapporti Rifiuti 2005-2009,
Demo-Istat)
Dall’analisi dei dati si può osservare come la produzione totale dei rifiuti (figura 2) nel corso degli anni vari con
andamento pressoché simile a quello osservato a livello nazionale: nel 2005 si stimavano circa 298.947 t di rifiuti totali
prodotti; tra il 2006 e il 2007 la produzione si mantiene costante arrivando a sfiorare la quota di 329.115 t, mentre nel
2008 si registra una leggera diminuzione del dato (326.710 t di rifiuti prodotti).
Figura 2 - Produzione totale di RSU; (Elaborazione dati Rapporti Rifiuti 2005-2009)
I valori della produzione di rifiuti urbani pro capite dipendono da più fattori quali: la produzione domestica dei singoli
abitanti, i rifiuti generati dal turismo, i rifiuti generati dal commercio e parte dei rifiuti speciali assimilati. I livelli più
elevati di produzione pro capite vengono raggiunti nelle realtà in cui si raccoglie in modo congiunto il rifiuto domestico
e quello commerciale assimilato, mentre nelle realtà in cui è presente un sistema di raccolta porta a porta la
produzione pro capite è molto più bassa in quanto il rifiuto non domestico, quale quello commerciale, viene raccolto
separatamente. Per quanto riguarda la produzione pro capite di rifiuti urbani nella provincia di Latina, dal 2005 al
2008, si può notare che si passa da un minimo di 569,93 Kg/ab*anno del 2005 fino ad un massimo di 618,2
Kg/ab*anno del 2006 arrivando ad un valore di 599,2 Kg/ab*anno nel 2008. Questa variazione del dato che si è
verificata negli ultimi anni, è sicuramente influenzata dall’adozione, nei diversi Comuni della Provincia, di metodologie
di gestione dei rifiuti basate sulla raccolta differenziata.