5
Nel prossimo futuro il consumo globale di gas naturale, in termini energetici supererà
quello relativo al petrolio, e già si parla di una eventuale OGEC che sostituirebbe l’OPEC a
partire dal 2020; tuttavia il metano è anche una risorsa maggiormente distribuita, più
“democratica” e questo dovrebbe impedire il formarsi di un nuovo “cartello” dei prezzi.
Riguardo l’idrogeno, esistono già navi idrogeniere, in grado di trasportare l’idrogeno
liquido, anche se attualmente la maggior parte dell’idrogeno viene estratto dal gas naturale
mediante “reforming” a 900°C.
Un incremento delle navi idrogeniere è però pensabile solo in corrispondenza dello
sviluppo della cosiddetta “economia dell’idrogeno”, basata su un ipotetico sempre
maggiore utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico.
In tale ottica, nell’ambito di una logistica del trasporto e della distribuzione dell’idrogeno,
questo potrebbe essere prodotto mediante reforming del metano vicino ai luoghi di
estrazione, liquefatto e trasportato fino ai paesi di destinazione, dove verrebbe distribuito
mediante autobotti criogeniche.
Tale scenario però diventa maggiormente credibile solo con un deciso incremento della
produzione di idrogeno da fonti rinnovabili, cioè da energia idroelettrica (potrebbe essere
così esportata dal Canada e giustificare la realizzazione di grandi dighe in corrispondenza
delle grandi cascate al confine tra Brasile, Uruguay e Paraguay o in Centro Africa), da
energia eolica e da future grandi centrali basate sul solare termico.
Recentemente, sia presso il CNR di Roma, sia presso la residenza dell’Ambasciatore
Inglese a Roma si sono svolte due conferenze alle quali ho partecipato, sulla mobilità
sostenibile basata sull’utilizzo dell’idrogeno e sull’obiettivo comune tra Italia ed Inghilterra
di contribuire a realizzare la cosiddetta “economia dell’idrogeno”. Rif. Bibl. [11], [12]
6
1.2 Motivazioni tecniche
Riguardo la produzione di energia elettrica, questi “combustibili ecologici” garantiscono un
notevole aumento dei rendimenti di conversione dell’energia termica in energia elettrica; si
passa così da un rendimento medio del 35% delle centrali a carbone o a gasolio basate
delle turbine a vapore ad un rendimento che arriva al 55% - 60% delle centrali a metano
basate sul ciclo combinato turbine a gas – turbina a vapore.
Inoltre i notevoli progressi nel campo delle celle a combustibile rendono possibile sia un
ulteriore miglioramento di tali rendimenti, sia la progressiva realizzazione di una
generazione distribuita dell’energia, rendendo possibile un ulteriore risparmio energetico (il
trasporto di energia mediante grandi elettrodotti assorbe mediamente l’1% dell’energia
ogni 100 Km oltre alla necessaria trasformazione da bassa ad alta tensione e
ritrasformazione da alta a bassa tensione, mentre il trasporto del metano in metanodotti
circa l’1% ogni 1000 Km). Rif. Bibl. [39], [40]
Le celle a combustibile si distinguono in base al tipo di elettrolita; le PEMFC (proton
exchange membrane fuel cells) , ad elettrolita polimerico funzionano già a partire dalla
temperatura ambiente (fino ad un massimo di 80°C - 120°C) e sono particolarmente adatte
per gli autoveicoli; le PAFC (phosphoric acid fuel cells) funzionanti a 200°C, caratterizzate
da elevati rendimenti e durata di funzionamento, le MCFC (molten carbonate fuel cells o
celle a carbonati fusi) e le SOFC (solid oxide fuel cells, celle ad elettrolita ad ossidi solidi).
Gli ultimi due tipi non hanno bisogno di costosi catalizzatori come il platino per funzionare,
e realizzano senza problemi il reforming diretto del metano durante il loro funzionamento;
le MCFC hanno però qualche problema inerente la corrosione degli elettrodi a base di
nichel poroso.
Le più robuste e caratterizzate dalla maggior durata sono le SOFC, che, oltre a realizzare
il reforming diretto del metano, arrivano a superare le 40.000 ore di funzionamento.
Hanno però bisogno di alcune ore per l’avviamento.
Dal punto di vista del ciclo combinato con una turbina a gas che utilizzi il calore emesso
dalle SOFC durante il funzionamento, ad alta temperatura, queste ultime sono le più
interessate, potendo realizzare rendimenti di conversione complessivi uguali o superiori
all’80%.
Attualmente le PEMFC per autoveicoli hanno un rendimento intorno al 35%-40% ed un
peso intorno ai 2Kg/Kw; l’obiettivo raggiungibile è un rendimento intorno al 50% ed un
peso intorno ad 1Kg/Kw Rif. Bibl. [2].
Già adesso hanno comunque un rendimento doppio rispetto a quello medio di un normale
motore a combustione interna; necessitano però di idrogeno iperpuro, soprattutto esente
da ossido di carbonio, che “avvelenerebbe” il catalizzatore a base di platino.
Tuttavia l’ipotesi della “trafila” produzione di energia elettrica in centrale a gas ad alto
rendimento (η
1
=60%), produzione dell’idrogeno iperpuro da elettrolisi (η
2
=70%),
compressione in bombole ed utilizzo in un veicolo a celle a combustibile (η
3
=35% medio
compresa la compressione, l’elettronica di potenza ed il rendimento del motore elettrico)
porta a rendimenti complessivi (η
2
= 12 - 15%), inferiori sia a quelli di un’auto a benzina
(η
medio
= 17%), sia a metano (η
medio
= 18 - 20%), sia ibrido (η
medio
= 25 - 28%), sia elettrica a
batteria (η
medio
= 36%).
Tali dati emergono dalla seguente tabella:
7
Tab. 1 Rendimenti complessivi medi in funzione delle modalità di impiego dei carburanti.
Rif.Bibl. [3]
(per “aspetto sociale” si intende l’impatto ed il grado di accettazione dei vari tipi di
autoveicoli nella società).
I rendimenti complessivi dei veicoli elettrici che utilizzano come carburante idrogeno che
alimenta le celle a combustibile si riferiscono a celle a combustibile di “prima generazione”
caratterizzate da un rendimento medio del 35%
Il futuro degli autoveicoli con celle a combustibile è quindi quello di utilizzare come
combustibile il metano (in forma liquida o compresso) dal quale estrarre idrogeno
mediante reforming e successiva purificazione dai vari inquinanti, soprattutto dall’ossido di
carbonio, oppure idrogeno prodotto per elettrolisi utilizzando energie rinnovabili.
+ - - - - + 12-15% Produzione centrale di
elettricità, ciclo
combinato, elettrolisi,
idrogeno compresso, cella
a combustibile
+ + - - - + 22-24% Produzione centrale di
idrogeno compresso
mediante “steam
reforming”, cella a
combustibile
+ + + - + + 25-28% Combustione interna con
motore a gas naturale +
batterie + motore elettrico
(macchina ibrida)
+ + + - + + 30-36% Auto elettrica, produzione
centrale di elettricità con
ciclo combinato,
elettricità dalla rete, motore
+ + + + 18-20% Combustione interna
con motore a gas naturale
aspetto
sociale
aspetto
econo-
mico
aspetto
ecologi
co
Sviluppo sostenibile Rendimento
globale
dell’autovettura
Impiego
del gas naturale
8
Fig. 2 Rendimenti dei motori endotermici in funzione della tecnologia adottata
Rif.Bibl. [4]
9
1.3 Celle a combustibile SOFC a temperatura intermedia: possibili
sinergie tra il trasporto pesante e le “autostrade del mare”.
Riguardo gli autotreni, soprattutto nell’ottica di un loro utilizzo di tipo continuativo, o
almeno superiore alla decina di ore, come nei trasporti internazionali, sarebbe interessante
l’utilizzo delle celle a combustibile SOFC, che possono realizzare rendimenti di
conversione superiori al 50%, anche se, per essere avviate, necessitano di tempi
dell’ordine di ore.
Lo sviluppo di una propulsione elettrica per gli autotreni avrebbe risvolti positivi anche per
le “autostrade del mare”
Infatti il motore diesel di una nave da trasporto spesso non viene fatto funzionare nelle
condizioni di minimo consumo energetico, ma spinto a valori di potenza vicini a quella
massima erogabile.
Installando però a bordo della nave dei motori elettrici in grado di dare una propulsione
aggiuntiva a quella fornita dal motore diesel, e quindi realizzando una propulsione diesel –
elettrica, sarebbe possibile utilizzare l’energia elettrica degli autotreni imbarcati.
In questo modo si eviterebbe di spegnere le celle a combustibile degli autotreni e,
contribuendo alla propulsione della nave, si permetterebbe al motore diesel principale di
quest’ultima di funzionare nelle condizioni di massimo risparmio energetico, aumentando
anche la durata di tale motore.
Le celle a combustibile di tipo SOFC a bordo degli autotreni non subirebbero quasi usura,
data la tipica lunga vita di funzionamento (superiore alle 40.000 ore) e funzionando a
potenza intermedia esplicherebbero un notevole rendimento, che potrebbe raggiungere
facilmente il 60%.
Ovviamente l’apporto energetico fornito sarebbe rimborsato alle imprese proprietarie degli
autotreni, contribuendo ad un proficuo ammortamento del mezzo (che nel frattempo non
subirebbe alcuna usura in termini di pneumatici, ammortizzatori freni ecc.).
Un discorso analogo potrebbe valere per i trasporti su ferrovia, in quanto la potenza
elettrica fornita dai singoli autotreni contribuirebbe a diminuire la potenza assorbita dalla
linea elettrica (e la sua usura) o a far funzionare il diesel del locomotore in condizioni di
minimo consumo (ed inquinamento) nel caso di linee ferroviarie non elettrificate,
utilizzando locomotori a propulsione mista diesel ed elettrica.
In questo caso il combustibile di tali autotreni dovrebbe essere il metano, preferibilmente in
forma liquida; sia negli Stati Uniti sia in Inghilterra un numero sempre maggiore di
autotreni utilizza questo tipo di combustibile, in appositi serbatoi criogenici senza alcun
problema, dato che la struttura di tale serbatoio è molto più robusta di quella di un
serbatoio tradizionale per gasolio.
Anche il numero delle stazioni di servizio per metano liquido è in crescita; negli Stati Uniti
supera le 50 unità e in Inghilterra ve ne sono già 6.
La logistica della distribuzione del metano liquido può essere sviluppata senza particolari
problemi, esistendo già sia le navi metaniere sia le autobotti criogeniche, che, a parità di
volume del trailer, trasporterebbero un contenuto energetico 3 volte superiore a quello
dell’idrogeno liquido.
Inoltre, per la parte di metano utilizzata in forma liquida, non sarebbe necessario il
passaggio attraverso le stazioni di “rigassificazione” ma sarebbe trasferito alle autobotti
che provvederebbero a rifornire le singole stazioni di servizio.
Discorso analogo per piattaforme su ruote multifunzione, che possano cambiare
rapidamente la scocca dell’autoveicolo in modo da funzionare in modo continuativo (di
10
giorno monterebbero la carrozzeria di un autobus o miniautobus, mentre di notte
monterebbero ad es. la carrozzeria di un veicolo per la nettezza urbana).
Presso l’Imperial College di Londra sono allo studio delle speciali celle a combustibile
SOFC a semiconduttore funzionanti a temperature intorno ai 550°C su substrato in acciaio
inossidabile che dovrebbero ugualmente realizzare il reforming del metano, avere un
basso peso specifico e tempi di avviamento più ridotti. Rif. Bibl. [31]
In definitiva una logistica del trasporto diretto dell’idrogeno ha senso solo in caso di
produzione di grandi quantità di idrogeno a partire dalle energie rinnovabili.
La logistica del trasporto del gas naturale è invece destinata ad avere una importanza
sempre crescente anche nell’immediato futuro.
1.3 Motivazioni ambientali
Vi sono poi molteplici ragioni di carattere ambientale, che individuano una notevole
aumento dei danni dovuti ai fenomeni atmosferici all'aumentare della concentrazione della
CO2 nell'atmosfera: inondazioni, uragani, aumento del livello del mare.
Dal 1990 ad oggi ad esempio la frequenza e l'intensità degli uragani nell'area dell'oceano
Pacifico intorno alle Filippine sono aumentate di 3 volte; anche in altre aree dell'oceano
Pacifico, nella zona dei Caraibi e nel Golfo del Messico sono aumentate probabilmente
nella stessa proporzione.
Recentemente (articolo apparso sul Corriere della Sera, dicembre 2004) si è scoperto che
l'aumento annuo di CO2 nell'atmosfera è passato da 1,5 parti per milione a 2,5 parti per
milione, per cui la (catastrofica) concentrazione di CO2 prevista nel 2050 sarà raggiunta
intorno al 2030.
Sempre sul Corriere della Sera, nell'inserto scientifico di Domenica 14 Settembre 2004,
Guido Visconti illustra i risultati di una ricerca condotta tra i ghiacci della Groenlandia, in un
articolo dal titolo: "Un'ondata di caldo in Europa anticipò l'ultima era glaciale".
"Per la prima volta forse sappiamo come può essere iniziata l'ultima era glaciale
nell'emisfero nord. Centoventimila anni fa il clima era quasi cinque gradi più mite rispetto
ad oggi (cioè la temperatura media era 5 gradi più elevata) e questo provocò lo
scioglimento dei ghiacci artici.
L'acqua dolce che ne derivava rallentava la Corrente del Golfo (quella che garantisce un
clima mite all'Europa del nord, compresa l'Inghilterra) per cui il clima dell'Europa del Nord
cominciava a raffreddarsi lentamente.
Il fenomeno proseguiva per diverse migliaia di anni fino a che, 115 mila anni fa, si ha un
episodio improvviso di elevato raffreddamento che segna l'inizio dell'era glaciale la quale
andrà avanti con oscillazioni del clima fino a circa 20 mila anni fa, quando, una volta
raggiunto il picco più freddo l'emisfero nord comincia a riscaldarsi a singhiozzo."
"I risultati di questa ricerca, pubblicati sulla rivista britannica Nature ed effettuata da un
gruppo internazionale di scienziati, sono basati sull'analisi di carotaggi effettuato nei
ghiacci della Groenlandia."
"si conferma come l'oceano sia un elemento determinante del suo innesco (dell'era
glaciale). Ad un clima più caldo corrisponde lo scioglimento dei ghiacci artici la cui acqua
11
dolce blocca le correnti oceaniche che portano il caldo dai tropici" (al nord del nostro
emisfero boreale).
Il rallentamento della Corrente del Golfo è comunque già in atto (pare che la sua portata
complessiva sia rallentata del 20%) con conseguenti inverni mediamente più rigidi nelle
città poste nel nord del nostro emisfero.
Anche durante la trasmissione televisiva "La Macchina del Tempo" andata in onda Lunedi
13 Dicembre 2004, intorno alle 23,45 e dedicata a questo argomento, sono stati riportati i
risultati sia della ricerca scientifica menzionata, sia dei rilievi sulla salinità dell'acqua di
mare effettuati in corrispondenza delle Isole Faroer, al largo della Scozia, nell'anno 2000.
Risulta che, mentre a partire dall'inizio del 1900 fino al 1970 risulta costante, dopo il 1970
il livello di concentrazione salina diminuisce costantemente, con una diminuzione
complessiva dell'1 per mille; non sembra molto, ma per fermare il "nastro trasportatore"
pare sia sufficiente una diminuzione di appena l'1% della salinità dell'acqua di mare.
Tale "nastro trasportatore" è costituito non solo dalla corrente del Golfo ma da una
corrente complessiva che, in profondità passa attorno all'Africa, attraversa gli oceani
Indiano e Pacifico, e quindi, riscaldandosi progressivamente, riemerge e corre in superficie
in senso contrario, raccogliendo enormi quantità di calore, ripassa attorno all'Africa, piega
verso Nord Ovest e ripiega poi, all'altezza dei Caraibi verso Nord - Est, diventando quella
che è nota come la Corrente del Golfo.
Grazie a tale "nastro trasportatore" la temperatura si mantiene abbastanza uniforme in
tutto il pianeta; se si arrestasse, le regioni polari diventerebbero velocemente più fredde,
aumenterebbe velocemente la superficie dei ghiacci che riflettendo molto meglio del resto
del pianeta la radiazione solare, contrasterebbe molto velocemente e molto più fortemente
l'effetto serra fino a determinare una estensione dei ghiacci talmente elevata a dare luogo
alla paventata "nuova era glaciale".
Sorprendentemente l'era dei "lumi" del settecento e la forte industrializzazione a partire
dall'800 che hanno permesso il grande sviluppo attuale della civiltà umana terminerebbero
a causa di errate scelte economiche ed ambientali.
In realtà sono proprio le conoscenze tecnologiche attuali e le esigenze di un nuovo
sviluppo economico i migliori mezzi per contrastare e riequilibrare il presente e
potenzialmente catastrofico sviluppo dell'effetto serra.
I costi di uno sviluppo dell’utilizzo di combustibili ad alto contenuto di idrogeno, come il gas
naturale e delle energie rinnovabili sono solo apparenti e legati in definitiva allo sviluppo di
un software e di una teconologia adeguati che permettano l'utilizzo di tali energie.
Così l’energia equivalente a 20.000 miliardi di tonnellate di petrolio che il sole riversa ogni
anno sulla terra possono facilmente "surclassare" i circa 7 ÷ 10 miliardi di tonnellate
equivalenti di petrolio di combustibili fossili bruciati annualmente, dei quali solo una piccola
parte (circa il 15% del solo petrolio consumato) vengono trasformati nei cosiddetti prodotti
derivati.
Basterebbe utilizzare solo l'1 per mille dell'energia annualmente riversata dal sole sulla
Terra per riequilibrare decisamente il fenomeno dell'effetto serra, trasformando una
percentuale ben maggiore di combustibili fossili in prodotti derivati dal petrolio e
garantendo uno sviluppo economico sostenuto in tutti i paesi del mondo per molte decine
di anni.
12
Fig. 3 Variazione della temperatura media del pianeta in funzione della concentrazione di
CO
2
Rif. Bibl. [5]
Fig. 4 Andamento della temperatura media del pianeta dal 1860 al 1990 Rif.Bibl. [5]