L’attuale disciplina è, comunque, il risultato di una serie di modifiche legislative che, a
partire dagli inizi degli anni ’90, hanno avuto di mira l’arminizzazione della disciplina
giuslavoristica interna con i principi e i dettami della normativa comunitaria. Il
riferimento, in particolare, è alle direttive del 14. febbraio. 1977, n.77/1877 CEE e del
29. giugno. 1998, n.98/50 /CE, riprodotte nella direttiva 12. marzo. 2001, n. 2001/23/CE.
La prima innovazione legislativa veniva attuata con l’art. 47 ex legge n. 428/1990 che
modificava in parte l’art. 2112 c.c. introducendo la normativa di coinvolgimento delle
organizzazioni sindacali nel processo di trasferimento di una azienda e definendo le
ipotesi di deroga alla disciplina civilistica.
Altra modifica veniva introdotta dal d.lgs. 02. febbraio, 2001, n. 18, che provvedeva a
novellare l’articolo del codice civile di riferimento e ad integrare l’art. 47 suddetto.
Terza e ultima novella è stata apportata dall’art. 32 d.lgs. n. 276/2003, c.d. Legge
Biagi, modificato dal d.lgs. 251/2004
Naturalmente queste modifica sono supportata dai risvolti giurisprudenziale che nel
tempo si sono succeduti, giurisprudenza che non ha carattere solo ed esclusivamente
interno, infatti, le pronunce della Suprema Corte spesso sono state precedute da quelle
della Corte di Giustizia; in ogni caso sia le prime che le altre hanno avuto sempre un
obiettivo unitario ossia quello di assicurare una tutela effettiva del prestatore di lavoro,
non trascurando la ricerca di una efficace linea di flessibilità aziendale.
Infine, particolare attenzione si rivolge alla disciplina del trasferimento parziale di
azienda nell’ottica di evitare tale prassi come mezzo di elusione dei licenziamenti
collettivi.
IV
Capitolo I
La normativa comunitaria e nazionale sul trasferimento di
azienda.
SOMMARIO: 1.1. L’art. 2112: confini e origini del trasferimento di azienda - 1.2. La Direttiva 14.02.1997 n.
77/187 CEE. - 1.2.1. – La riforma dell’art. 2112 c.c.: la legge 1990 n. 428 art. 47. - 1.3. - Le
Direttive n. 50 /1998 e 23/2001 CE. - 1.4. - La II novella all’art. 2112 c.c. e l’integrazione all’art.
47 l. 428/ 1990. Il d.lgs 18/2001. – 1.4.1. - La nozione autonoma del trasferimento d’azienda. -
1.5. - Il decreto legislativo 276/2003, l’attuazione della c.d. legge “Biagi”, la riforma della
riforma e il definitivo assetto dell’art. 2112.
1.1. L’art. 2112: confini e origini del trasferimento di azienda.
L’analisi della disciplina normativa applicabile al trasferimento di azienda non
può prescindere da un breve studio della nozione di azienda fornita dal nostro codice
civile.
In proposito, l’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come “il complesso dei beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Mentre, l’art. 2082 c.c.
definisce l’imprenditore come colui che “esercita professionalmente un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e di servizi” . Dal
combinato disposto della due norme emerge il rapporto giuridico esistente fra azienda e
impresa, ossia, un rapporto “di mezzo a fine”: l’azienda costituisce l’apparato strumentale
di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimento e nello svolgimento della sua attività
1
.
L’imprenditore, nell’esercizio dell’attività d’impresa, utilizza, perciò, un insieme
eterogenei di beni, collegati tra loro, al fine di conseguire gli scopi specifici.
Preme sottolineare che oltre i beni materiali ed i servizi, essenziale è il lavoro dei
prestatori d’opera che, coordinato ed organizzato dall’imprenditore, costituisce parte
integrante dell’oggetto dell’attività d’impresa.
La giurisprudenza dominante ritiene che gli elementi che compongono l’azienda
non possano essere distinti in essenziali o ausiliari, ma debbano essere coordinati in
posizione paritetica. Viceversa, ove si ravvisi un rapporto di subordinazione tra un bene
principale e beni ausiliari si dovrebbe concludere per la non esistenza dell’azienda.
1
Campobasso “Diritto commerciale”; Vol. I, Utet,Torino 2005, 138
1
Altro elemento costitutivo dell’azienda è senza dubbio quello organizzativo.
Infatti, i beni per formare un’azienda devono essere coordinati e organizzati
dall’imprenditore in modo idoneo a dimostrare l’attitudine all’esercizio dell’impresa
(unità di tipo funzionale).
Non rappresenta elemento costitutivo dell’azienda l’avviamento, costituendo
quest’ultimo, infatti, un semplice indice rilevatore della stessa. In quest’ottica può aversi
un’azienda, anche nel caso di impresa inattiva, purchè essa abbia le potenzialità di
divenire produttiva (capacità di creare profitto). Significative sono in merito, quelle
pronunce che ritengono perfettamente ammissibile la cessione di un’azienda inattiva e
improduttiva.
2
Nessuna influenza viene, invece, attribuita al titolo giuridico che legittima un
determinato soggetto all’utilizzo del bene, di guisa che la titolarità dell’azienda potrà
essere disgiunta dalla titolarità dei beni che la compongono.
Per ciò che concerne il nostro interesse, oltre la norma definitoria dettata dall’art.
2555 c.c., rilevante sotto il profilo statico e strutturale, la restante normativa codicistica
considera l’azienda da un punto dinamico, regolando, in particolare, le conseguenze che
si producono ove si abbia un suo trasferimento, sia a titolo definitivo (es. vendita) che
temporaneo (es. affitto, usufrutto).
Il rilevo economico, giuridico e sociale connesso all’ipotesi del trasferimento
d’azienda emerge e trova conferma nel fatto che esso è disciplinato da una serie di
disposizioni, tra tutte naturalmente l’art. 2112 c.c., le quali sotto diversi profili si
distaccano dalla disciplina di diritto comune delle analoghe vicende di circolazione dei
beni e/o complessi di beni non destinati all’esercizio dell’attività di impresa.
L’art. 2112 c.c. si applica in caso di trasferimento di un complesso aziendale ed
in caso di concessione in godimento dello stesso a titolo di usufrutto o affitto; il concetto
di trasferimento implica un richiamo ai concetti di successione e soprattutto di acquisto,
per indicare il passaggio di titolarità di un diritto soggettivo da un soggetto ad un altro.
In ordine all’acquisto si distingue: a) un modo di acquisto a titolo originario; b)
un modo di acquisto a titolo derivativo. Il trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c.
è legato alla seconda ipotesi. Infatti il trasferimento, comunemente, comprende la
dismissione di un diritto da parte del cedente e il subingresso dell’ acquirente nella
posizione giuridica del primo.
In generale l’ acquisto a titolo derivativo si configura anche nel caso in cui il
trasferimento di complesso aziendale non sia atto di disposizione da parte del titolare ma,
viceversa, consegua in via coattiva. Al riguardo, sembra si fuoriesca dalla sfera di
2
Cass. Civ. sent. n. 897, 25.01.2002, in Cd Juiris Data, Giuffrè, II, 2006
2
applicazione dell’ art. 2112 c.c., in quanto la norma in esso contenuta riferirebbe il suo
ambito al solo trasferimento volontario.
Tuttavia, non mancano pronunce di segno opposto: la norma suddetta “deve
ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell'azienda non derivi
dall'esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un “atto
autoritativo” della p.a., con conseguente diritto dei dipendenti dell'impresa cedente alla
continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l'impresa subentrante, purché si
accerti l'esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese.
3
Con tale sentenza la Suprema Corte si adeguava ai recenti indirizzi espressi, in
merito a una più estesa applicazione della normativa sul trasferimento di azienda, dalla
Corte di Giustizia delle Comunità europee.
4
L’analisi dei confini riguardanti il concetto di trasferimento di azienda è
strettamente connesso alla nozione di azienda di cui si diceva pocanzi .Tutta la disciplina
presuppone che il trasferimento sia connesso alla continuazione da parte dell’acquirente
dell’esercizio dell’impresa e quindi l’ utilizzazione del complesso aziendale, e il
trasferimento dei rapporti di lavoro.
Inoltre, nella gran parte dei casi l’azienda assume rilevanza economica e sociale
non solo in virtù dei beni che la compongono ma, soprattutto, in virtù dei rapporti
giuridici indispensabili per l’esercizio dell’impresa e il conseguimento degli obiettivi
economici.
Infatti, non sono rare le ipotesi in cui il trasferimento dei rapporti contrattuali
inerenti ad una attività impresa rappresenti il presupposto al trasferimento di azienda.
Rivolgendo l’attenzione alla definizione di azienda espressa dall’art. 2555 c.c. si
nota una contrapposizione dei beni ai diritti, dalla nozione di bene organizzato devono
considerarsi esclusi i rapporti di credito e debito ed in generale ogni rapporto contrattuale
diretto all’esercizio dell’ impresa .
Tutto ciò costituisce la giusta premessa per far comprendere come la trasmissione
dei rapporti contrattuali costituisce un elemento accidentale al trasferimento d’ azienda
lasciato alla volontà delle parti; “il patto contrario”, esplicitamente previsto dall’art. 2558
c.c., conferma la natura eventuale di questo carattere. Perciò, le parti dell’accordo
traslativo, possono escludere tali rapporti contrattuali senza che lo stesso perda le
caratteristiche proprie di negozio di alienazione dell’azienda.
L’ art. 2555 c.c. non indica il rapporto giuridico intercorrente tra il complesso dei
beni organizzati ed il suo titolare, di conseguenza, gli atti di disposizione di quest’ultimo
possono non essere traslativi del diritto di proprietà ma di un diritto reale di godimento; il
3
Cass. civile , sez. lav., 27 aprile 2004, n. 8054, in Cd Juris Data, Giuffrè, II, 2006.
4
Corte di Giustizia, sentenze 25 gennaio 2001, C-172/99, 26 settembre 2000, C-175/99 e
14 settembre 2000, C-343/98, in http://europa.eu.int.
3
che significa che il fenomeno del trasferimento di azienda non consiste solo nel
trasferimento della proprietà dei beni aziendali: esso comporta anche la cessione,
all’acquirente dell’azienda, dei contratti che assicuravano all’imprenditore alienante il
godimento di quei beni dei quali non era proprietario.
Un aspetto particolarmente interessante dell’art. 2112 c.c. è rappresentato dal fatto
che esso non richiede necessariamente la prosecuzione dell’attività d’impresa come
condizione imprenscindibile per la sua applicabilità.
La fattispecie normativa che dispone la responsabilità solidale dell’acquirente può,
infatti, trovare applicazione anche nel caso di trasferimento d’azienda cui segua
l’immediata cessazione dei rapporti di lavoro.
La successione dei rapporti contrattuali connessi all’esercizio dell’impresa
costituisce un fenomeno di più ampie dimensioni rispetto al mero trasferimento
d’azienda, infatti, il nostro legislatore ha regolato le due fattispecie in modo distinto e
separato.
Al di là di questa breve delimitazione in ordine all’ ambito di applicazione
dell’art. 2112 , occorre subito precisare che prima delle riforme settoriali avutesi nel
corso del tempo tale articolo originariamente disponeva: “In caso di trasferimento
dell’azienda, se l’alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro
continua con l’acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti
dall’anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento. L’acquirente è obbligato in
solido con l’alienante per tutti i crediti che il prestatore aveva al tempo del trasferimento
in dipendenza del lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data
dall’alienante, semprechè l’acquirente ne abbia dato conoscenza all’atto del
trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell’azienda trasferita o dal libretto di lavoro.
Con l’intervento delle associazioni professionali alle quali appartengono l’imprenditore
e il prestatore di lavoro, questi può consentire la liberazione dell’alienante dalle
obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Le disposizioni di questo articolo si
applicano anche in caso di usufrutto o di affitto di azienda”.
Tale disposizione ha rappresentato per quasi cinquant’anni l’unica disciplina
normativa dell’istituto. Solo con l’intervento della Comunità Europea per il tramite della
direttiva n. 187 del 14.02.1977 la fattispecie si arricchisce di opportune garanzie, in
particolare ad opera dell’art. 47 della legge 1990 n. 428, infatti, questo intervento del
nostro legislatore oltre a riscrivere la disposizione dell’art. 2112 c.c., costituisce la base
per l’introduzione nel nostro ordinamento di un nuovo sistema di tutela del lavoratore nel
caso di trasferimento d’azienda.
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