5
lavoro
3
a strumento per l’imprenditore per “snellire” la propria struttura
organizzativa mediante dismissioni di attività o persone non più necessarie o
non più rientranti nel core business dell’azienda.
Non dobbiamo dimenticare che lo scopo della norma, nella sua iniziale
formulazione, era quello di conservare l’azienda integra nel suo più importante
elemento organizzativo costituito dal personale dipendente
4
.
Il legislatore, con la tutela apprestata dall’art. 2112 c.c., si era
preoccupato di legare il lavoratore non tanto alle sorti dell’imprenditore, quanto
dell’azienda stessa.
Tale finalità (di salvaguardia del posto di lavoro) è stata confermata dal
d.lgs. n. 18 del 2001 ma, decisamente, attenuata con il d.lgs. n. 276 del 2003, il
quale ha finito per lasciare alla mera volontà delle parti la possibilità di
confezionare, secondo le necessità, rami d’azienda, conducendo in pratica ad
una “disapplicazione” della norma codicistica.
Con il d.lgs. n. 276/2003 è stata dunque spazzata via quella parte di
giurisprudenza di legittimità e di merito, ma anche comunitaria, che, sotto la
vigenza dell’art. 2112 c.c. ante novellam, riteneva necessaria che l'entità
3
Cfr. BUONAJUTO A., “Il trasferimento dell’azienda e del lavoratore”, in Il diritto del lavoro nella
dottrina e nella giurisprudenza, collana di monografie curata da Balletti B., Cedam, Padova, 1999.
4
Cfr. RIVA SANSEVERINO L., “Dell’impresa in generale”, in Scialoja e Branca (a cura di),
commentario del codice civile, libro V, Roma e Bologna, 1943.
6
economica fosse organizzata e che soprattutto preesistesse al trasferimento, non
potendo il ramo d'azienda essere «creato artificiosamente dall'imprenditore al
fine di qualificare l'atto stesso come trasferimento d'azienda»
5
.
5
Cfr. sentenza Tribunale di Genova del 04/11/1999; per la Corte di Giustizia il trasferimento deve avere ad
oggetto un'entità organizzata in modo stabile, adeguatamente strutturata ed autonoma (vedi sentenze cit.
Corte Giustizia CE dell’11/03/1997 e del 10/12/1998, cause riunite 127/96, 229/96 e 74/97); per la
Cassazione Civile Sezione Lavoro ved. sentenza n. 14755 del 30/12/1999.
7
Cap. 1 - Evoluzione legislativa dell’istituto del
trasferimento di azienda
Premessa
Se si analizzano, da un lato, la dottrina sorta sulla disciplina italiana in
materia di trasferimento d’azienda e, dall’altro, la giurisprudenza su di essa,
appare impossibile circoscrivere gli innumerevoli interventi avutisi negli ultimi
trent’anni
6
.
Il diritto del lavoro, non a caso, si è guadagnato l’appellativo di “zona
sismica del diritto civile”
7
in quanto deve necessariamente coordinare la
legislazione nazionale con quella dell’Unione Europea e, contestualmente,
subire le scelte politiche determinate direttamente dai continui cambiamenti
economico-sociali. In particolare proprio per il trasferimento d’azienda negli
ultimi anni si è avuta “…una sorta di terremoto normativo le cui scosse di
assestamento non sembrano avere mai fine.”
8
.
Per affrontare l’evoluzione legislativa dell’istituto in esame, dopo un
breve cenno agli articoli 2082 e 2555 c.c. ed alla prima stesura dell’art. 2112
6
Cfr. ROMEI R., “Giornale del diritto del lavoro e di relazioni industriali”, n. 97, 2003, 1, pag. 49.
7
Cfr. MANNACCIO G., “Trasferimento di impresa o di azienda? – innovazione e continuità dell’articolo
2112 c.c.”, relazione al convegno del centro studi del Diritto del Lavoro D. Napoletano svoltosi a Genova
il 15/03/2002, pag. 1.
8
Cfr. COSIO R., “La cessione del ramo d’azienda nel patto per l’Italia”, relazione al convegno del centro
studi del Diritto del Lavoro D. Napoletano svoltosi a Catania il 20/09/2002, pag.1.
8
c.c., si opererà un veloce excursus sulle norme succedutesi negli anni: la
trattazione, infatti, parte dalla direttiva 187/77 CEE e dalla legge n. 428/1990
che si è occupata di accoglierne la disciplina nel nostro ordinamento, seppur con
ampio ritardo; quindi si passa all’esame del decreto legislativo n. 18/2001 che
ha recepito le disposizioni della direttiva n. 1998/50/CE, relativa al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di
stabilimenti o di parti di stabilimenti, riscrivendo sia l'art. 2112 c.c. che l'art. 47
della citata legge n. 428 del 1990; infine si prende in esame la direttiva n.
2001/23/CE, con cui si è giunti ad una armonizzazione del quadro normativo
comunitario di riferimento, che ha imposto al legislatore nazionale un ulteriore
intervento normativo individuabile nel decreto legislativo n. 276/2003 (c.d.
“Legge Biagi”), poi ulteriormente modificato dal decreto legislativo 6 ottobre
2004, n. 251.
Il concetto di imprenditore e di azienda (artt. 2082 e 2555 c.c.)
La disamina della disciplina predisposta dall’ordinamento in caso di
trasferimento di un complesso aziendale
9
, non può non avere inizio con le
nozioni di azienda e di imprenditore fornite dal nostro codice civile.
9
Cfr. ROMEI R., “Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda”, Giuffrè, Milano 1993, pag. 3.
9
L’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come “il complesso dei beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”; l’articolo 2082 c.c.
definisce imprenditore chi “esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”; quindi
dal combinato disposto dagli artt. 2082 e 2555 c.c. si può definire l’azienda
come un complesso di beni organizzati da un soggetto che esercita
professionalmente un’attività economica con il fine della produzione o dello
scambio di beni o di servizi
10
. L’imprenditore dunque utilizza un insieme di beni
collegati tra loro e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti
dall’impresa; senz’altro accanto ai beni materiali ed ai servizi bisogna
considerare anche il fattore lavoro che, coordinato ed organizzato
dall’imprenditore, costituisce con questi l’oggetto dell’attività d’impresa.
Si può quindi affermare che le nozioni di azienda, impresa e
imprenditore siano, nel nostro ordinamento, strettamente connesse.
Peraltro, fatta eccezione per la norma definitoria contenuta nell’art. 2555
c.c., rilevante sotto il profilo strutturale, la restante normativa contenuta nel
codice civile prende in considerazione l’azienda sempre da un punto di vista
10
http://www.impresit.com/trasfaziend.htm.
10
dinamico, disciplinando le ipotesi della sua alienazione, concessione in affitto o
in usufrutto.
L’importanza nell’economia della disciplina giuridica dell’azienda trova
conferma nel fatto stesso che il trasferimento d’azienda sia una vicenda presa in
considerazione da una serie di altre disposizioni, tra le quali rientra
naturalmente l’art. 2112 c.c., che si distaccano dalla disciplina “generale”
contenuta negli articoli del codice civile successivi all’art. 2555 c.c.
11
.
La disciplina dell’art. 2112 c.c. nella sua stesura originale
Prima delle varie riforme che hanno interessato la disciplina del
trasferimento dei rapporti di lavoro a seguito di trasferimento d’azienda, l’unica
fonte normativa poteva essere identificata nell’art. 2112 c.c. che recitava: “In
caso di trasferimento dell’azienda, se l’alienante non ha dato disdetta in tempo
utile, il contratto di lavoro continua con l’acquirente, ed il prestatore di lavoro
conserva i diritti derivanti dall’anzianità raggiunta anteriormente al
trasferimento. L’acquirente è obbligato in solido con l’alienante per tutti i
crediti che il prestatore aveva al tempo del trasferimento in dipendenza del
lavoro prestato, compresi quelli che trovano causa nella disdetta data
dall’alienante, sempre che l’acquirente ne abbia avuto conoscenza all’atto del
11
Cfr. ROMEI R., “Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda”, Giuffrè, Milano 1993, pag 4.
11
trasferimento, o i crediti risultino dai libri dell’azienda trasferita o dal libretto
di lavoro. Con l’intervento delle associazioni professionali alle quali
appartengono l’imprenditore e il prestatore di lavoro, questi può consentire la
liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di
affitto di azienda”.
Questa è stata per quasi cinquant’anni l’unica disciplina normativa
dell’istituto. Si dovrà aspettare l’intervento della Comunità Europea, con la
direttiva n. 187 del 14/02/1977 perché la fattispecie veda arricchirsi di ulteriori
garanzie ad opera dell’art. 47 della legge del 29/12/1990 n. 428, che, oltre a
riscrivere la disposizione codicistica dell’art. 2112, introdusse una disciplina
quasi completamente rinnovata.
La direttiva n. 187/77 CEE e l’art. 47 della legge 428 del 1990
La direttiva europea del 14 febbraio 1977 n.187, rivolta
all’armonizzazione delle legislazioni nazionali sul mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimento delle aziende, unitamente ad altre quattro
direttive adottate in quel decennio (precisamente alle direttive n. 175/75 sui
licenziamenti collettivi, n. 117/75 sulla parità retributiva uomo donna, n. 206/76
sulla parità di trattamento uomo donna e n. 987/80 sull’insolvenza del datore di
12
lavoro), costituisce il nucleo “storico” più significativo del “sistema di politica
sociale europea”
12
.
La direttiva del 1977 si riferiva “ai trasferimenti di imprese, di
stabilimenti o parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a
cessione contrattuale o fusione” (art.1 comma 1) e, comunque, nel caso e nei
limiti “in cui l’impresa, lo stabilimento o parte di esso da trasferire si trovi nel
campo di applicazione territoriale del Trattato” (art.1 comma 2).
Due direttive, di poco posteriori, rispettivamente del 10 ottobre 1978, n.
855/78, e del 17 dicembre 1982, n. 891/82, estesero l’ambito di tutela dei
lavoratori all’ipotesi di fusione, anche per incorporazione (art.12), nonché di
scissione, delle società per azioni (art.10).
Il trasferimento d’azienda, come precisato dalla giurisprudenza della
Corte di Giustizia
13
, comprendeva tutte le ipotesi riguardanti entità
economicamente ancora esistenti, dotate di propria identità, ovvero di
funzionalità autonoma
14
.
12
Cfr. FOGLIA R., “Il trasferimento d’azienda nell’unione europea, la normativa comunitaria”,
Relazione al convegno di Milano, 5 novembre 2001 del Centro studi di Diritto del Lavoro "Domenico
Napoletano".
13
Sent. Corte di Giustizia 18 marzo 1986 n. C-24/85 Spijkers in http://europa.eu.int.
14
Sent. Corte di Giustizia 19 settembre 1995, n. C-48/94, Rygaard, in http://europa.eu.int.
13
Occorre attribuire grande importanza alla sostituzione “a qualsiasi titolo”
della persona, fisica o giuridica, del datore di lavoro, anche indipendentemente
dal trasferimento della proprietà dell’azienda, e quindi anche nel caso di affitto
dell’azienda, o di ritrasferimento della medesima al termine del contratto di
affitto o di leasing
15
; si può affermare che la direttiva si applicava a tutti i casi di
mutamento della titolarità delle obbligazioni assunte in qualità di datore di
lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa medesima
16
, purché l’azienda
trasferita “mantenesse la sua identità” e cioè che l’impresa proseguisse la sua
attività originaria, ovvero che il cessionario riconducesse l’azienda nella stessa
attività o in attività analoghe
17
.
La direttiva fissava, inoltre, il principio della “indifferenza delle vicende
attinenti alla proprietà o, meglio, alla titolarità dell’azienda rispetto ai rapporti di
lavoro costituiti nell’ambito di essa: a qualunque atto conseguisse, la cessione
15
Sent. Corte di Giustizia 10 febbraio 1988, n.C-324/86, Daddy’s, in http://europa.eu.int ; Sent. 5 maggio
1988, nn. C-144 e 145/87, Berg e Busschers, in http://europa.eu.int , v pure la Sent. 19 maggio 1992, n. C-
29/91, Redmond, in http://europa.eu.int.
16
Cfr. FOGLIA, “Il trasferimento d’azienda nell’unione europea, la normativa comunitaria”, relazione al
convegno di Milano del 5 novembre 2001, Centro studi diritto del lavoro “Domenico Napoletano”.
17
Sent. Corte di Giustizia 15 giugno 1988, n. C-101/87, Bork international, in http://europa.eu.int ; Sent.
18 marzo 1986, n. 24/85, Spijkers, ivi.
14
doveva comunque risultare neutra per i lavoratori, i quali non potevano essere
licenziati o fatti oggetto di trattamenti meno favorevoli”
18
.
La direttiva n. 187/77 CEE, riprendendo la disciplina dei licenziamenti
collettivi trattata precedentemente dalla direttiva n. 175/75, introduceva
l’obbligo, a carico sia del cedente che del cessionario, di informare e consultare
preventivamente le rappresentanze sindacali dei propri lavoratori per:
a) verificare i motivi alla base del trasferimento, nonché le sue conseguenze
giuridiche, economiche e sociali;
b) progettare di concerto con essi le eventuali misure idonee al mantenimento
dei precedenti livelli occupazionali;
c) assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori coinvolti nel trasferimento.
Ulteriore aspetto interessante della disciplina prevista in tale direttiva si
rinveniva nella previsione che il cessionario subentrasse nei diritti ed obblighi
del cedente, derivanti da contratti o rapporti di lavoro esistenti alla data del
trasferimento stesso; la direttiva del 1977, facendo riferimento soltanto ai diritti
ed agli obblighi dei lavoratori ancora alle dipendenze del cedente al momento
del trasferimento
19
, non disciplinava il trasferimento di diritti ed obblighi di
18
Cfr. FOGLIA R., “Il trasferimento d’azienda nell’unione europea”, in “La nuova disciplina del
trasferimento d’impresa”, Ipsoa, Milano 2002, pag. 28 e ss..
19
Sent. Corte di Giustizia 7 febbraio 1985, n. C-19/83, Wendelboe, in http://europa.eu.int.
15
lavoratori, già dipendenti del cedente, che però avessero rifiutato il passaggio
alle dipendenze del cessionario
20
.
Facendo, inoltre, essa riferimento esclusivamente ai trasferimenti di
imprese “a seguito di cessione contrattuale”, sembrò subito alla Corte di
Giustizia che questa espressione escludesse dall’ambito di applicazione della
direttiva i trasferimenti intervenuti in una situazione nella quale il cedente, ad
esempio dichiarato fallito, avesse perso la disponibilità dell’azienda. La Corte
però, posta di fronte ad una procedura olandese caratterizzata da finalità
recuperatorie, ed idonea a prevenire il fallimento attraverso un accordo tra i
creditori, vi ricomprese anche la vendita dell’impresa compiuta nel corso di
quella procedura
21
; la Corte comunitaria andò oltre, con la sentenza 25 luglio
1991, n. C-362/89, D’Urso, con la quale affermò l’applicabilità della direttiva
quando, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria, sia disposto il
proseguimento dell’attività in regime commissariale
22
.
20
Sent. Corte di Giustizia 11 luglio 1985, n. C-105/84, Foreningen in http://europa.eu.int.
21
Sent., Corte di Giustizia 7 febbraio 1985, n. C-135/83, Abels, in http://europa.eu.int.
22
Nell’occasione la Corte ha precisato che, dato il carattere inderogabile della tutela fornita dalla direttiva,
resta sottratta ad ogni disponibilità - anche delle parti sociali - ogni diversa regolamentazione delle
conseguenze del trasferimento in senso sfavorevole ai lavoratori. (sent. Corte di Giustizia 10 febbraio
1988, n. C-324/86, Daddy’s cit.).