2
e nella deontologia professionale, ha l’importante compito,
come in ogni campo, di stabilire principi e sanzioni per una
disciplina, la più accurata possibile, di trapiantabilità di organi
e tessuti, pure dalla prospettiva familiare, non meno rilevante.
§ 1.1 - Gli atti di disposizione sul proprio corpo
e sul cadavere e l’accertamento della
morte.
Punto di partenza di questa analisi non può che essere il
cosiddetto diritto all’integrità fisica, altrimenti definito, dalla
dottrina più risalente, diritto sul proprio corpo.
Esso, inquadrandosi, da un lato, come potere assoluto
del soggetto sul proprio corpo e, dall’altro, come obbligo di
non ingerenza da parte di terzi, veniva tutelato, specie in
epoca fascista, anzitutto in ragione di esigenze prettamente
pubblicistiche e trascendenti, infatti, la persona stessa del
titolare, in quanto non considerato suo elemento costitutivo;
un’integrità fisica, dunque, non bene della persona, ma
strumento necessario all’adempimento dei compiti del
soggetto, sia Padre, sia Lavoratore, sia Soldato, all’interno
3
della famiglia e della società, per il raggiungimento di obiettivi
superiori ed attività essenziali allo Stato, alla volta di un diritto
modellato, al tempo, sullo schema formale della proprietà,
nonostante la palese contraddizione insita nell’impossibilità
per l’individuo di essere, insieme, soggetto ed oggetto di tale
diritto
2
.
Superata in parte quest’ultima concezione, con
l’affermarsi del diritto all’integrità fisica nell’autonoma
categoria dei diritti della personalità, e suo sviluppo, sul
presupposto crescente di unicità ed inscindibilità dell’essere
umano, prevalse il mero interesse della persona all’integrità
del proprio corpo e la questione fu posta esclusivamente in
termini di disponibilità del medesimo
3
.
Così, il suddetto principio o interesse alla disposizione
fu disciplinato, per la prima volta, dall’Art. 5 del Codice Civile
4
2
Cfr. Dogliotti, Le persone fisiche, in Trattato Rescigno 2, I, Torino,
1984, pgg. 74 e ss.; e Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti
di disposizione del proprio corpo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-
Roma, 1988, pgg. 247 e ss.
3
Cfr. Dogliotti, Le persone fisiche, in Trattato Rescigno 2, I, Torino,
1984, pgg. 74 e ss.; ed idem, Organo, in Digesto delle discipline
privatistiche, Torino, 1995, pgg. 181 e ss.
4
Art. 5: “Atti di disposizione del proprio corpo.- Gli atti di disposizione del
proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente
della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
4
del 1942, che ammette la liceità degli atti, appunto, di
disposizione del proprio corpo, a meno che non causa di
diminuzione permanente dell’integrità tutelata (malattia,
menomazione irreversibile o modifica del modo di essere
incisiva sulla vita di relazione) o contrari a legge (offesa),
ordine pubblico (principi generali) o buon costume (precetti
morali), ferme, ancora, limitazioni di valore generale a
salvaguardia ideologica della stirpe per una maggiore potenza
dello Stato, ed indirettamente sostenuto, inoltre, dall’art. 2087
c.c.
5
, il quale obbliga l’imprenditore all’adozione di misure
protettive di integrità fisica e personalità morale dei rispettivi
prestatori d’opera, benché tale vincolo sia tradotto, di solito, in
un semplice dovere di correttezza e probità.
Da qui, la liceità della disponibilità del proprio corpo,
stante la capacità di agire o, almeno, la sola capacità di
all’ordine pubblico o al buon costume.” Cod.Civ., ed. giuridiche Simone,
gruppo editoriale esse libri- Simone, Napoli, 2007.
5
Art. 2087: “Tutela delle condizioni di lavoro.- L’imprenditore è tenuto ad
adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità
del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a l’integrità fisica e
la personalità morale dei prestatori di lavoro.” Cod.Civ., ed. giuridiche
Simone, gruppo editoriale esse libri- Simone, Napoli, 2007.
5
intendere e di volere
6
, in una prospettiva ormai liberistica a
garanzia e sviluppo della personalità, maggioritaria
quest’ultima a fronte di una lesione che si esaurisce nella
sfera del soggetto agente, mentre con prevalente rispetto
dell’integrità fisica avanti ad effetti ricadenti anche nella sfera
giuridica di terzi
7
, sebbene entro le citate limitazioni
codicistiche di carattere generale e speciale, oggi, comunque,
da rileggersi, esse, alla stregua dei principi costituzionali circa
diritti fondamentali ed obblighi di solidarietà, sempre in
evoluzione.
Emerge, infatti, dal testo della Costituzione italiana il
diritto alla salute
8
ex Art. 32
9
, che, dopo un’angusta
interpretazione quale norma programmatica inerente una
6
Cfr. Dogliotti, Organo, in Digesto delle discipline privatistiche, Torino,
1995, pgg. 181 e ss.; e pure, con riguardo alla maggiore autonomia
decisionale dei minori, Trabucchi, Obbligo e diritto di educare, in Rivista
di diritto civile, 1988, pgg. 729 e ss., e Bucciante, Istituti familiari ed
evoluzione della società e Potestà dei genitori, in Trattato Rescigno 4, III,
Torino, 1997, pgg. 473 e ss. e 490 e ss.
7
Cfr. Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti di disposizione
del proprio corpo, in Comm. Scialojia-Branca, Bologna-Roma, 1988, pgg.
247 e ss.
8
Cfr. Dogliotti, Le persone fisiche, in Trattato Rescigno 2, I, Torino,
1984, pgg. 74 e ss.
9
Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
6
salute pubblica, previdenziale ed assicurativa, rivendicabile
negli unici confronti dello Stato, riveste ora finalmente il ruolo
di un diritto inviolabile dell’uomo, prima che della collettività,
di immediata operatività ed applicabilità anche nei rapporti tra
i privati, sottoforma pure di tutela lavorativa, ambientale, del
consumatore, della maternità e dell’infanzia etc; non da poco,
tra l’altro, l’importantissima istituzione del servizio sanitario
nazionale, finalizzato, in conformità anche agli Artt. 2 e 3
Cost.
10
, al mantenimento ed al recupero della salute psico-
fisica dell’intera popolazione, senza distinzione di sorta, nel
rispetto di libertà e dignità umane e con attiva partecipazione
dei cittadini stessi.
L’Art. 5 c.c., quindi, legittima atti di disposizione del
proprio corpo attraverso, talora, contratti di disposizione,
alienazione o rinuncia, passibili di risarcimento danni (tra gli
esempi più noti, la cessione del proprio sangue, contratto di
10
Art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la
sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.”; Art. 3, 2°comma, Cost.: “E’
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.”
7
baliatico o di pugilato etc..), se non accordi o atti unilaterali
sprovvisti di contenuto patrimoniale, o, più comprensibilmente,
attraverso la mera prestazione del consenso, da parte del
soggetto interessato, al compimento di attività per lui
pericolose o ad offese inflitte da terzi alla sua integrità fisica;
un consenso, questo dell’avente diritto sul bene leso o posto
in pericolo dalla condotta altrui, che diventa causa
discriminatoria o di giustificazione della fattispecie criminosa
e, pertanto, dell’impunibilità dell’agente ex Art. 50 del Codice
Penale del 1930
11
, norma in bianco ritenuta infatti integrata da
quanto previsto, ovvio, dal questionato Art. 5 c.c.
12
.
Gli atti di disposizione del proprio corpo si distinguono,
tuttora, in: quelli compibili dall’individuo manu propria ed
efficaci soltanto entro la sua sfera personale, come, ad
esempio, il molto giuridicamente dibattuto suicidio o le ipotesi
di autolesione o automenomazione, in ogni caso impassibili di
sanzione e risarcimento per ragioni logistiche, con
11
Art. 50: “Consenso dell’avente diritto- Non è punibile chi lede o pone in
pericolo un diritto, col consenso di chi può validamente disporne.” Cod.
Pen., ed. Guida al diritto, Il sole 24 ore, Milano-Roma, 2007.
12
Cfr. sempre Dogliotti, Le persone fisiche, in Trattato Rescigno 2, I,
Torino, 1984, pgg. 74 e ss.; idem, Organo, in Digesto delle discipline
privatistiche, Torino, 1995, pgg. 181 e ss.; e Giacobbe, Trapianti, in
Enciclopedia del Diritto XLIV, Milano, 1992, pgg. 892 e ss.
8
riproposizione, certo, della tematica inerente la tutela
dell’integrità e la libertà dispositiva di sé; quelli di volontaria
sottoposizione a rischio di menomazioni anche gravi e
permanenti (sperimentazione umana o sport violenti etc..);
quelli, poi, implicanti la consenziente incisione da parte di
terzi sul proprio corpo mediante interventi ritenuti vantaggiosi,
come la sottoposizione a trattamenti sanitari volontari (in
quanto, se obbligatori, contro o senza il consenso, operante è
la scriminante dello stato di necessità) o a veri interventi
chirurgici ad esclusivo scopo curativo del paziente, senza
diminuzione permanente dell’integrità fisica, se non quando a
reintegrazione dell’organismo medesimo, né violazione di
legge; e, infine, quegli atti diretti al conseguimento di un
beneficio a favore di soggetti terzi, quali le donazioni di
sangue o di seme e, tra i più rilevanti, operazioni chirurgiche a
cura appunto di terzi (se non nell’interesse della scienza),
ossia i cosiddetti trapianti da vivente (di epidermide o altro
tessuto, di rene, in primis da parte di famigliare, etc.),
sottoforma sempre di cessione a titolo gratuito, dietro le
specifiche limitazioni codicistiche e, al tempo, autorizzazione
dell’autorità giudiziaria, ed i trapianti da cadavere (di cornea
ect..), grazie a manifestazione di volontà al riguardo
9
dell’individuo in vita, o in mancanza del suo dissenso e
dell’eventuale opposizione dei prossimi congiunti, e previo
accertamento della morte secondo particolari garanzie presso
enti ospedalieri o istituti universitari, fermo il divieto di un
qualsiasi compenso
13
.
Diversa cosa sono, invece, gli atti di disposizione sul
cadavere.
Anzitutto, essendo doveroso sottolineare come
l’ordinamento non ammetta la persistenza della personalità
giuridica dopo la morte, poiché suo presupposto è proprio
l’esistenza della persona con i suoi interessi , in forza della
fusione di elemento spirituale e corporeo, che infatti viene
meno con il mutamento di sostanza e funzione provocato dal
decesso
14
, il corpo umano divenuto cadavere, cioè spoglia
inanimata, anche non integra o di un nato morto, ma mai il feto
o singoli resti conservati in gabinetti anatomici o in musei,
13
Cfr. ancora Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti di
disposizione del proprio corpo, in Comm. Sciajola-Branca, Bologna-Roma,
1988, pgg. 247 e ss.; e Dogliotti, Organo, in Digesto delle discipline
privatistiche, Torino, 1995, pgg. 181 e ss., in relazione ad altri e più
recenti interventi sul corpo, quali il mutamento del sesso, la donazione
del sangue, la sterilizzazione, l’eutanasia, tuttavia vietata
nell’ordinamento italiano, e l’inseminazione artificiale.
14
Cfr. De Cupis, Diritto sul cadavere, in Digesto delle discipline
privatistiche II, Torino, 1988, pgg. 190 e ss.
10
rientra tra le cose extra commercium
15
, di per sé, dunque,
inidonee a formare oggetto di diritti privati patrimoniali, a
prescindere pure da peculiari usi per la scienza o
l’insegnamento, onde non ledere proprio la dignità umana di
cui conserva ancora l’impronta. Secondariamente, il cadavere
costituisce oggetto di un diritto privato non patrimoniale, bensì
familiare e consuetudinario
16
, spettante in genere ai prossimi
congiunti del defunto, dato un presunto sentimento di pietà
che li lega a questi, circa il modo e la forma della sua normale
destinazione, quale è la pace della tomba, salva, però, diversa
volontà espressa in vita dallo stesso soggetto, attraverso un
negozio giuridico di ultima volontà, unilaterale e revocabile
fino alla fine, ossia su cosa futura.
Da ciò, se ne deduce come la disponibilità del
cadavere
17
spetti, in primo luogo, al de cuius, mediante
15
Cfr. Pesante, Gli atti di disposizione sul cadavere, in Enciclopedia del
Diritto, V, Milano, 1959, pgg. 769 e ss.
16
Cfr. ancora Pesante, Gli atti di disposizione sul cadavere, in
Enciclopedia del Diritto, V, Milano, 1959, pgg. 769 e ss.; De Cupis, Diritto
sul cadavere, in Digesto delle discipline privatistiche II, Torino, 1988,
pgg. 190 e ss.; e Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti di
disposizione del proprio corpo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma
1988, pgg. 247 e ss.
17
Cfr. sempre De Cupis, Diritto sul cadavere, in Digesto delle discipline
privatistiche II, Torino, 1988, pgg. 190 e ss.
11
testamento o mandato post mortem in forma scritta o grazie a
qualsiasi dichiarazione di volontà senza vincoli formali, in
ordine alla scelta del sepolcro, con eventuali solennità
connesse, a cremazione (in origine, solo per atto scritto a
causa dell’anormalità della pratica), ad imbalsamazione o altro
procedimento conservativo, nonché con riguardo, ampiamente,
a destinazioni anomali del corpo, come ad un istituto
scientifico, al tavolo anatomico o al trapianto terapeutico degli
organi in altro soggetto, ovvio vivente; e, poi, spetti, in via
sussidiaria, ai suoi parenti prossimi
18
, benché limitatamente
alle normali destinazioni delle spoglie mortali e con facoltà di
opposizione, in assenza di volontà specifica ed a tutela del
proprio sentimento di pietas familiare, a quelle appunto
differenti richieste da esigenze di ordine generale, se non
solidaristico.
Eccezionali sono, invece, i casi di riserva
all’insegnamento ed alle indagini scientifiche dei cadaveri (non
di suicidi) trasportati non a spese dei congiunti (come di
confraternite o sodalizi) o provenienti da accertamenti medico-
18
V. Cass., 16/12/1974 n.4288, in Giurisprudenza Italiana, I, 1975,
Firenze, 29/11/1977, GM, I, 1979, e Milano, 11/101979, DFr, 1980.
12
legali non domandati dai medesimi, previa autorizzazione
dell’autorità sanitaria locale, ed i casi di autopsia giudiziaria
(ad esempio, nel sospetto di reato o sui cadaveri dei detenuti
condannati) o di riscontro diagnostico (quest’ultimo effettuato
su salme di persone decedute senza assistenza medica, e
trasportate in ospedale o obitorio, o decedute in ospedale, per
controlli e chiarimenti, o a domicilio, per malattia infettiva o
sospetta o incertezza sulla natura della morte)
19
.
Alla volta, dunque, di una disponibilità del corpo
deceduto assai ristretta rispetto a quella del corpo vivente, in
nome di interessi generali inerenti, oltre che all’antico
sentimento di pietà per i defunti, a ragioni di salvaguardia
della salute e dell’igiene pubbliche, esse normativizzate,
insieme alle modalità accertative della morte, ed inderogabili
dalla concorrente volontà privata.
In relazione, in termine, alle cosiddette parti staccate
del corpo
20
(capelli, denti o addirittura organi amputati..), si
19
Cfr. sempre De Cupis, Diritto sul cadavere, in Digesto delle discipline
privatistiche II, Torino, 1988, pgg. 190 e ss.
20
Cfr. Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti di disposizione
del proprio corpo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, pgg.
247 e ss.; e Dogliotti, Organo, in Digesto delle discipline privatistiche,
Torino, 1995, pgg. 181 e ss.
13
ritiene ormai la loro proprietà, o possesso, in capo
all’individuo titolare, in virtù del distacco stesso dal corpo, e
dalla sua soggettività, o dell’originaria loro appartenenza a
questo, ai fini di uso o godimento, non disdicevole, o di
scambio, mentre, tali parti, si ritiene divengano soggette
all’appropriazione altrui qualora abbandonate.
“L’identificazione di <corpo> e <persona> è una
finzione; infatti, la persona può esistere prima della sua
nascita (soggetto non ancora concepito) e morire prima della
sua morte (morte civile).”
21
Ecco che prende avvio una problematica molto sentita e
discussa da legislazione e giurisprudenza, specie con
l’evoluzione delle tecniche mediche e scientifiche, ma non
senza risvolti pure filosofico-morali, quale è l’individuazione
del momento del trapasso tra la vita e la morte.
21
Cit. Pizzorusso, Romboli, Breccia, De Vita, Art. 5: atti di disposizione
del proprio corpo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, pgg.
247 e ss.