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INTRODUZIONE
Questa tesi ha come oggetto di studio il tema della nascita, e del passaggio alla genitorialità,
considerate un evento centrale nel ciclo di vita individuale e in particolar modo nella storia
della coppia, nonché nell‟intreccio tra le generazioni. E‟ noto, infatti, come, oggigiorno,
transizione cruciale per la famiglia sia, più che il matrimonio, la nascita dei figli.
La letteratura specialistica di orientamento psicologico inerente il passaggio dalla relazione di
coppia alla relazione familiare, attraverso la nascita di un figlio, ha più volte evidenziato i
rischi di tale transizione. Importanti sono perciò tutti i contributi che cercano di far luce sul
passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare, che rappresenta il punto sorgivo della
storia familiare.
Nonostante la gioia che circonda la nascita di un figlio, numerosi studi hanno documentato un
robusto calo nella soddisfazione coniugale durante la transizione alla genitorialità e un
incremento nel livello di stress. Ma questo non sorprende se si considera tutti i cambiamenti
che accadono nelle loro vite: le loro routines, il loro lavoro, le relazioni sociali, la situazione
finanziaria si modificano drasticamente.
Occorre anche tener conto dei rilevanti mutamenti culturali avvenuti in tempi recenti nella
cultura del mondo occidentale. Il figlio è sempre più “scelto”, il rapporto di coppia è
improntato su basi diverse rispetto al passato; ora i figli che nascono sono soprattutto quelli
voluti e, quindi, in numero considerevolmente minore di un tempo. La scelta di avere un
figlio viene considerata una scelta maturata all‟interno della relazione a due, ma quando si
arriva alla scelta di fare un figlio?
La decisione di avere un bambino si inquadra in un momento di espansione, un ampliamento
del proprio mondo personale, che include una maggiore disponibilità sia verso il partner sia
nei confronti di un nuovo membro della famiglia (G. Badolato, 1993).
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Nella maggior parte dei casi sono entrambi i coniugi a sentire l‟esigenza di un bambino in un
preciso momento; per alcune persone può incidere il fattore età, ovvero il desiderio di
condividere con il piccolo un periodo della vita in cui si sentono ancora giovani e nel pieno
delle forze fisiche. L‟età costituisce un fattore cruciale soprattutto per le donne, che da un lato
possono desiderare consolidare la propria vita professionale prima di diventare madri,
dall‟altro temono il passaggio del tempo per ragioni biologiche, oltre che psicologiche.
La notizia che la gravidanza è certa segna un passaggio molto importante che porta con sé
emozioni molto forti e non solo di segno positivo. All‟eccitazione e alla gioia si
accompagnano preoccupazioni nuove e timori per i cambiamenti che il bambino porterà.
La percezione che da quel momento non si sarà soltanto figli ma ci si appresta ad assumere le
nuove incombenze di genitori viene avvertita come un punto nodale della propria esistenza e
questo risveglia, accanto alla gioia, il timore di non essere in grado di assumere fino in fondo
i nuovi compiti che la genitorialità comporta.
Un sentimento che si fa strada nei futuri padri, in concomitanza con i mutamenti fisici della
donna, è quello dell‟invidia per la sua capacità di portare in grembo il figlio, di sentirlo
crescere dentro di sé; l‟uomo può così sperimentare una sensazione di esclusione.
Contemporaneamente si fa strada la gelosia nei confronti del bambino che polarizza tutte le
del partner.
Diventare genitori è un processo graduale, che assume importanza e significato all‟interno di
una relazione di coppia, quale espressione di un “percorso pensato in comune”. I membri
della coppia acquisiscono una nuova qualità dell‟identità adulta o meglio realizzano una
nuova qualità dell‟identità adulta, la generatività (Scabini, 1988). Desiderare un figlio assume
un significato della raggiunta maturità della coppia: ci si sente adulti abbastanza per assumere
la responsabilità di un altro essere umano. È come se la coppia avesse elaborato al suo interno
delle sicurezze relative al fatto di essere in grado di diventare una famiglia. Sembra infatti
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che soltanto attraverso il passaggio da una situazione diadica ad un rapporto a tre ci si possa
considerare nucleo familiare e non più soltanto coppia. Di più, in termini propriamente
familiari, la nascita di un bambino e in particolare del primogenito rappresenta l‟emergere di
una nuova generazione che consente il proseguimento di una storia.
Appare perciò particolarmente importante indagare sui cambiamenti che accompagnano
questa fase del ciclo di vita della famiglia, cambiamenti che riguardano certamente gli aspetti
organizzativi della famiglia, ma che, ancora di più, coinvolgono le dimensioni relazionali
(relazioni coppia, relazione con la famiglia estesa) ed il registro cognitivo ed affettivo
(aspettative e paure).
Passato il momento di euforia, di contentezza o di shock, i rapporti di coppia devono
ristrutturarsi sulle base delle nuove esigenze. Il primo trimestre in particolare, rappresenta
forse il periodo più critico della gravidanza, perché l‟uomo e la donna sembrano vivere in
maniera asintonica l‟attesa. Prima di arrivare ad una messa in comune dei bisogni reciproci,
ciascuno esplora dentro di sé ed è chiamato ad una rielaborazione dei propri dilemmi interni.
L‟arrivo del primo figlio è insomma un catalizzatore di tante emozioni e potenzialità
inespresse e rinvia per certi versi alla famiglie di origine (si sente una maggiore esigenza di
vicinanza con i propri genitori), oltre che trasformare la relazione di coppia in una situazione
triangolare. L‟impegno a lunghissima scadenza riguardante il figlio in arrivo porta ad una
ricerca e spinge ad una maggiore riflessione sul proprio vivere insieme.
Lo stato di attesa del bambino può comportare un ribaltamento dei ruoli all‟interno della
coppia: se in precedenza la donna era stata il polo “materno” della relazione, ora spetta
all‟uomo fungere da supporto emotivo, farsi “contenitore” delle ansie e dei timori della
moglie incinta, sostenendola e “nutrendola” affettivamente in questo periodo, proprio come
ella nutre e fa crescere il figlio che ha in grembo. Questo può risultare fortemente ansiogeno
per il futuro padre che mai, prima d‟ora, era stato posto di fronte a tale tipo di richieste; in
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alcuni casi, egli può reagire favorevolmente, assumendosi il carico emotivo che la situazione
comporta, oppure può sentirsi inadeguato.
Non a caso, gli autori parlano di “riorganizzazione” e di “trasformazione” relazionale che può
avere un esito costruttivo, ma anche patogeno sulle persone e sulle loro relazioni.
Il presente lavoro di tesi si inserisce in un filone relazionale di ricerca, che da tempo ha
catturato l‟attenzione di molti studiosi, considerando in particolare la coppia di fronte
all‟evento-nascita.
Il primo capitolo introduce a questa importante tematica, attraverso una puntuale disamina
della letteratura psico-sociale e clinica prodotta sull‟argomento. Verranno presi in
considerazione gli aspetti relazionali nel periodo dell‟attesa, il confronto tra gravidanze attese
ed inattese, il supporto, le aspettative prenatali e la qualità della relazione di coppia.
Quest‟ultimo tema è il focus dell‟interesse dei ricercatori e si esprime attraverso la domanda
se la soddisfazione di coppia diminuisca o meno di fronte all‟evento-nascita. A tale scopo la
ricerca ha di recente preso in considerazione anche gli aspetti di trasmissione
intergenerazionale.
Il secondo capitolo presenta gli strumenti utilizzati nella ricerca empirica. Essa riguarda 31
coppie primapare incontrate al settimo-ottavo mese di gestazione, alla quarta-sesta settimana
dopo il parto.
Tale campione fa parte di una ricerca longitudinale quantitativa e qualitativa sugli aspetti
relazionali e sui disturbi del post-parto condotta presso il laboratorio di Psicologia Clinica
dell‟ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La ricerca è realizzata nelle seguenti
sedi: Ospedale di Carate Brianza (MB), Ospedale di Legnano (MI) e Consultorio A.S.L di
Cremona. Il progetto di ricerca fa parte anche di uno scambio internazionale con i professori
Klaas Wijma (Università di Linkoping, Svezia) e Pauline Slade (Università di Sheffield, Gran
Bretagna).
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Ho condotto personalmente gli incontri con le coppie, in compresenza di un altro psicologo,
previa formazione all‟utilizzo degli strumenti presso il gruppo di ricerca nella sede di Milano.
L‟incontro dal vivo con le coppie comprende per prima cosa un‟intervista semistrutturata
costruita ad hoc che riguarda le seguenti aree: andamento della gravidanza, aspettative sul
parto, aspettative post-partum (fase 1); esperienza del parto, confronto con le aspettative
iniziali, il rapporto con il personale sanitario, i cambiamenti significativi nella vita della
coppia, supporto relazionale e/o pratico ricevuto(fase 2).
L‟incontro prosegue con la somministrazione del FAST (Family System Test) di Gehring
(1998). Si tratta di una tecnica attiva di interazione familiare di carattere tridimensionale
basata sul posizionamento di figure. Il modello di riferimento teorico è quello sistemico. Esso
permette di raccogliere dati qualitativi e quantitativi, in particolare sulle seguenti dimensioni:
coesione, gerarchia, qualità dei confini generazionali, flessibilità della struttura familiare.
L‟incontro con le coppie si conclude con la somministrazione del Dyadic Adjustement Scale
(Spanier, 1976). Si tratta di un test self-report composto di 32 items divisi in 4 sottoscale
(consenso diadico, coesione diadica, soddisfazione di coppia, espressione affettiva)
frequentemente utilizzato in ambito di ricerca psicosociale e che è stato oggetto di molte
ricerche di validità (Graham et al., 2006).
A questa prima parte introduttiva e di esplicazione degli strumenti utilizzati segue un‟ultima
parte che costituisce il “cuore” della tesi e che è dedicato alla presentazione della ricerca
svolta e dei relativi risultati delle coppie seguite nel percorso alla genitorialità.
L‟impostazione longitudinale del lavoro ci ha permesso di metterci in rapporto con gli aspetti
di continuità e di cambiamento dalla condizione di partner alla condizione di neo-genitori.
Un altro tema caro alle ricerche psico-sociali e che trova in questo lavoro una piena
espressione, è quella della ricerca-intervento.
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“Conoscere per intervenire” è stato ed è uno dei presupposti-guida di molte ricerche e questo
vale anche per la nostra. I risultati operativi di questa ricerca consentono, infatti, di progettare
interventi sulla realtà sempre più mirati alle esigenze ed ai bisogni spesso inespressi (o
inascoltati) della famiglie che si trovano a vivere un evento che, benché sempre più spesso
voluto ed atteso, si rivela allo stesso tempo “critico” e potenzialmente induttore di difficoltà e
“rischi”.
Conclude il lavoro di tesi la presentazione della bibliografia, mentre in appendice vengono
presentati gli strumenti utilizzati.
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CAPITOLO 1
1.1 Evento cruciale per la coppia: la nascita di un figlio
La nascita di un figlio è un evento cruciale per la vita dell‟uomo e della donna, è dunque una
transizione “chiave” nella vita individuale e coniugale (McGoldrick, Heiman e Carter, 1993),
un vero e proprio punto di non ritorno: rende in qualche modo “visibile” l‟unione di due
partner e da inizio ad un legame, quello tra genitori e figli, che per sua natura è indelebile
(Binda W.,1997).
Avere un figlio è oggigiorno sempre più una scelta ponderata e spesso unica nell‟arco della
vita di un adulto. Diventare genitore rappresenta, quindi, all‟interno del ciclo di vita, una
tappa apicale, un “marker events”, cioè un evento (secondo il modello di Levinson, 1978) che
segna lo sviluppo della personalità adulta dei membri della coppia, che avviene in un
determinato momento di tempo ma che è parte del lungo processo di crescita e maturazione.
Da più parti è sottolineato come questo evento sia una “crisi evolutiva” che pone entrambi i
futuri genitori di fronte alla necessità di confrontarsi con le proprie figure genitoriali, rivedere
i propri vissuti infantili relativi alla maternità e alla paternità per elaborare i modelli di
comportamento da attuare con il proprio figlio.
Secondo Erikson (1984), per esempio, avere un figlio, soprattutto il primo, costituisce la più
importante crisi evolutiva dell‟adultità poiché il confrontarsi con la propria capacità
procreativa significa acquistare la capacità di assumersi responsabilità e di prendersi cura, ma
anche sperimentare il proprio potere creativo, incluso quello dell‟auto-generazione e quindi
relativo a un possibile ulteriore sviluppo dell‟identità stessa.
Bimbi e Castellano (1999) sottolineano che divenire genitori coincide, nella società odierna,
col divenire adulti, poiché questa tappa non è più marcata dal matrimonio e dal conseguente
abbandono della casa d‟origine. Salire di un gradino nella scala generazionale rende
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opportuno abbandonare lo status di figli e determina un riaggiustamento delle relazioni con i
propri genitori verso una maggiore separazione e differenziazione (Binda W., 1990). Non è
solo il nucleo della coppia ad essere influenzato dalla nascita di un figlio, ma tutta la famiglia
allargata viene influenzata dall‟acquisizione di nuovi ruoli.
La capacità di distinguersi, dice Scabini (1990), diventa fondamentale quando c‟è la necessità
di dare spazio alla terza persona, che ha il diritto di occupare un posto, avere un ruolo.
Il presente capitolo affronta questi temi dettagliatamente, in altri termini il tema della
transition to parenthood1, ossia la transizione che i coniugi attuano nell‟acquisizione dello
“status genitoriale”. Oggi la creazione di una famiglia sembra richiedere un delicato
equilibrio, diventare genitori implica una serie di adattamenti biologici, psicologici e sociali,
molti dei quali positivi e altri negativi. La nascita di un figlio è un‟esperienza globale, molto
intensa che si pone tra la ripetizione e il cambiamento, tra la paura e la speranza (Binda W.,
1999).
Il capitolo si conclude con gli sviluppi più recenti della ricerca e sui possibili disturbi che si
presentano durante la gravidanza e nel post parto.
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È un‟espressione anglosassone difficilmente traducibile in italiano.
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1.1.2. Gravidanza e genitorialità al centro delle trasformazioni demografiche e
culturali
Negli ultimi decenni si è verificato un costante mutamento sociale dalle caratteristiche
rivoluzionarie: il cambiamento intervenuto nel modo e nei tempi di formazione della
famiglia. Fino agli anni Cinquanta i modelli familiari in Italia si basavano su alcuni principi
fondamentali: la fedeltà coniugale, l‟indissolubilità del vincolo matrimoniale (“finchè morte
non ci separi”), relazioni di genere e di generazione rigide e asimmetriche, forte
valorizzazione dei figli, intensità e importanza delle reti parentali (Naldini, 2003). A partire
dagli anni „50, con una brusca accelerazione dalla seconda metà degli anni „60, questi
principi iniziarono a essere messi in discussione, a causa dell‟intervento di alcuni fattori, che
Golini identifica in cinque elementi: la rivoluzione sessuale, un orientamento verso i figli non
più esclusivo, una maggiore valorizzazione del benessere e della felicità a livello di coppia, la
crescita dell‟instabilità coniugale e il cambiamento del ruolo delle donne nella società
(Golini, 1988). La famiglia italiana ha continuato a muoversi lungo queste linee di tendenza
per tutti i decenni successivi, seppure con differenziazioni regionali piuttosto marcate.
Per quanto riguarda il matrimonio, il tasso di nuzialità è più o meno stabile dalla metà degli
anni ‟80 e ciò è prevalentemente dovuto all‟innalzamento dell‟età in cui si decide di sposarsi.
Inoltre, negli ultimi anni c‟è stata anche una crescita piuttosto consistente di convivenze more
uxorio e di famiglie unipersonali e monogenitoriali2 . Altro fenomeno di cambiamento è la
crescita costante di separazioni e divorzi, che testimoniano la tendenza all‟instabilità
coniugale.
2 E‟ importante sottolineare che i dati di cui si dispone, che attestano le cosiddette famiglie di fatto
intorno al 2%, sono molto probabilmente una sotto-rappresentazione del fenomeno, poiché ancora
non esiste un riconoscimento formale di tali unioni e poche sono le coppie che decidono di ufficializzare la
loro convivenza.
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Anche nella scelta di fare figli c‟è stata una trasformazione. Attualmente il tasso di fecondità
in Italia, con una media di 1,35 figli per donna è uno dei più bassi al mondo, insieme a
Germania, Spagna e Giappone3, ed è tendenzialmente in declino (Istat, 2007).
Tuttavia per quel che concerne l‟andamento demografico, benché tutte le regioni vedano una
riduzione della natalità, rimangono marcate differenze tra le regioni del Nord e quelle del Sud
del Paese. Nelle prime, la proporzione di donne con un solo figlio è cresciuta costantemente e
il tasso di fecondità è inferiore a quello di sostituzione a livello nazionale da più di
cinquant‟anni. Nelle seconde, invece, quest‟ultimo fenomeno si è verificato solo a partire
dagli anni Ottanta (Istat, 1993) e la riduzione di fecondità è soprattutto dovuta al calo del
numero di terzogeniti o all‟aumento di chi non ha figli.
La rarefazione dell‟evento nascita, sia individuale che collettiva, propria delle società
avanzate e italiana in particolare, origina dall‟intersezione di molteplici fattori: le scelte
procreative rispondono a scelte individuali più ampie, concernenti da un lato il progetto di
vita, dall‟altro le possibilità ed i costi-opportunità che l‟ambiente impone per la realizzazione
di tali progetti (Crippa F., 1999).
L‟esperienza della genitorialità si rinvia e poi si contrae nel ciclo di vita individuale, spesso è
vissuta una sola volta. Raramente le coppie rinunciano al primo figlio, ma la prima nascita si
verifica dopo rinvii della vita autonoma e del matrimonio (De Sandre e coll., 1997), così che
la realizzazione di maternità e paternità si attesta a un modello di figlio unico (Santini, 1995)
spesso in disaccordo con il sistema di valori espresso dalla coppia stessa (Palomba, 1993), in
condizione di permanente iato fra intenzione e dimensione quotidiana (Scabini, 1995).
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Ad un posticipo e ad una diminuzione del numero di figli per coppia, corrisponde però un
massiccio aumento dell‟investimento affettivo ed economico nei confronti del figlio. Come
più volte sottolineato, l‟avere un figlio è una scelta consapevole e programmata, più che una
tendenza naturale. Il figlio diventa un “progetto di vita” per gli adulti, un‟esperienza da
vivere, rivendicata dalla donna soprattutto quando si sente pronta. Ne deriva che la
gravidanza è un tempo di gioia intensa, così come di particolare preoccupazione (Binda,
1997; Scabini, 1995; Di Vita, Giannone F. 2002).
Il compito fondamentale richiesto alla coppia in questa fase del ciclo di vita familiare è quello
che, McGoldrick, Heiman e Carter (1993), indicano come il “salire di una generazione,
prendendosi cura della generazione più giovane”. L‟accettazione di una nuova generazione
significa saper tollerare le modificazioni, anche strutturali, che ne conseguono. Si tratta, in
altre parole, di “far posto” al bambino all‟interno del sistema familiare.
Manzano (2002), quando parla di “genitorialità”, si riferisce proprio al compito e “all‟arte”
di diventare genitori in grado di prendersi cura in modo “sufficientemente buono” dei
bisogni dei figli in crescita e del rapporto tra i figli medesimi.
Come già accennato, la ricerca psicologica parla della necessità di creare uno spazio mentale
di coppia così da includere il figlio. E‟ chiaro però come questo spazio non possa essere
dissociato dai legami generazionali vissuti dai partner e da dinamiche di tipo inconscio; per
esempio secondo alcuni autori proprio la mancanza di “spazio psicologico” in cui accogliere
il bambino sarebbe una componente implicata nell‟infertilità (Nunziante Cesaro, 2003;
Maggioni, 2000).
Ad ogni modo, ogni coppia ha il suo percorso evolutivo verso la genitorialità, connesso con
le proprie rappresentazioni interne dell‟“essere genitore”. Bisogna però evidenziare che il
diventare genitori è un processo che si snoda nel tempo e non coincide necessariamente con il
momento in cui si concepisce o si mette al mondo un bambino: affonda le sue radici nella
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storia personale di ciascuno, è influenzato dalle aspettative che la società ha nei confronti dei
ruoli genitoriali, si sviluppa all‟interno di quel preciso contesto familiare segnato da una
particolare storia e da un orientamento verso il futuro ( Crippa F., 1999).
Pertanto, gran parte della ricerca clinica, specie di orientamento familiare, individua nella
nascita del figlio l‟evento critico per eccellenza. Già i mesi della gravidanza evidenziano in
modo clamoroso il cambiamento in atto: il più evidente è il corpo della donna, ma non può
non turbare la mente dell‟uomo. Questo però è un tempo necessario perché la
riorganizzazione delle relazioni possa avvenire.
Inoltre il figlio “obbliga” i partner a pensare in termini triadici-triangolari più che duali.
Ridefinire i confini, modificare i ruoli, quindi ribilanciare la relazione di coppia con
l‟inclusione di aspetti genitoriali, avere un‟altra visione della temporalità costituiscono i
difficili compiti che la coppia prima in gravidanza, e dopo con la nascita del bambino, si
trova a dover affrontare (Scabini, Cigoli, 2000; Di Vita, Giannone, 2002).
Già nel 1957, il sociologo E.E. LeMaster giunse alla conclusione che il passaggio alla
condizione genitoriale può produrre una crisi nelle coppie.
Dunque la genitorialità fornisce un‟importante opportunità per modificare l‟identità personale
e le relazioni interindividuali, anche se non è detto che tutti abbiano le risorse personali
adeguate o si trovino in una fase evolutiva che consenta loro di sfruttare questa opportunità
(Scopesi, 1994). Ciò non fa che ribadire l‟importanza di un processo evolutivo attuato prima
del concepimento di un figlio, durante il quale entrambi i partner sono impegnati a
metabolizzare i propri cambiamenti, le proprie ansie, i propri dubbi e le nuove esigenze. Si
tratta insomma di porre “in gestazione” e “far nascere” la coppia prima del bambino, perché
“quando il figlio è arrivato l‟epoca delle prove e degli esperimenti dovrebbe essere stata
superata” (Bernardi, 1995).
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Tuttavia mai come in questo momento la difficoltà della prova offre positive possibilità di
arricchimento: l‟arrivo di un figlio, infatti, amplifica le infinite potenzialità si sviluppo della
coppia, perché diventare genitori significa trasformare la propria vita, arricchendola
straordinariamente non solo di responsabilità ma anche di gioia (Burgio, 1995).
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1.2. Supporto e sistemi supportivi: rete formale e rete informale
La gravidanza rappresenta per la donna un momento di forte ambivalenza. Da un lato,
infatti, è un evento con una forte connotazione positiva, dall'altro rappresenta un momento di
forte stress. Per tale motivo risulta importante sostenere la donna in attesa promuovendo la
sua rete sociale e/o sviluppando servizi di prevenzione sempre più adeguati e attenti al suo
mondo relazionale.
E‟ utile capire, innanzitutto, cosa si intende per supporto sociale, che spesso proprio in un
periodo così particolare viene a mancare. Per sostegno sociale si intende il supporto emotivo,
informativo, materiale che è possibile trovare e scambiare all‟interno delle reti sociali
(Francescato, Tomai e Ghirelli, 2002).
Possiamo individuare in particolare due tipi di sistemi supportivi: uno di tipo informale,
che comprende parenti, amici, persone che si frequentano, con le quali si ha confidenza; e un
sistema formale, composto da strutture istituzionali e professionisti che operano in contesti di
cura, riabilitazione e prevenzione psicosociale. Il sistema informale rappresenta una risorsa di
aiuto molto importante, al punto tale che le persone con un sistema supportivo informale
scarso e inappropriato sono tendenzialmente più vulnerabili ai disturbi psichici e somatici.
Tuttavia il sostegno sociale si realizza proprio dalla sinergia delle risorse apportate da questi
due differenti sistemi. Questi ultimi sono interdipendenti, nel senso che quanto più è efficace
e capillare la rete di sostegno informale, tanto meno è richiesto a quello formale e viceversa
(Caplan, 1974).
In ogni caso è evidente che il nucleo centrale dei sistemi di supporto, formali e informali, è
costituito dai rapporti interpersonali supportivi, vale a dire dal sostegno emotivo e cognitivo
scambiato all‟interno di questi rapporti.
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Caratteristica importante dei sistemi di supporto è l‟attivarsi nei momenti di bisogno, di
crisi, di difficoltà esistenziali. Ovviamente l‟individuo può fruire di rapporti interpersonali
supportivi indipendentemente da eventi esistenziali a forte impatto emotivo.
In particolare i rapporti che perdurano nel tempo si intensificano, in particolar modo, in
momenti di crisi e costituiscono gli elementi chiave del sistema di sostegno personale. E‟
importante sottolineare come non basti la semplice presenza di una persona perché questa sia
percepita come supportiva, occorre infatti la capacità del soggetto di sviluppare relazioni e di
saperle utilizzare nei momenti di necessità.
1.2.1. Supporto come fattore protettivo: effetto diretto ed effetto buffering
Per quanto attiene i fattori protettivi, che contrastano la possibile insorgenza di patologia
psichica, i contributi più recenti attribuiscono particolare rilievo al ruolo svolto dal supporto
sociale, quale fattore in grado di favorire il benessere psico-fisico delle neo-madri (Heh et al.,
2004). Ricevere sostegno non solo da un punto di vista pratico, ma anche emotivo, si associa
alla percezione, da parte della donna, d‟essere oggetto di cure e di stima (House, 1981;
Cutrona & Troutman, 1986) e ciò, a sua volta, contribuisce ad incrementare la sua self
efficacy4. A tale riguardo, un importante fattore protettivo al momento del parto è
rappresentato dal supporto offerto dal personale ospedaliero, in particolare dall‟ostetrica;
grazie a tale forma di sostegno, la partoriente si sente maggiormente in grado di esercitare
una forma di controllo su quanto sta accadendo e maggiormente capace di gestire la
situazione (Ryding et al., 2003; Kearns et al., 1997). Tali autori sottolineano l‟importante
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Costrutto simile a quello del locus of control. E‟ concettualizzato da Bandura (1986) come la
capacità da parte delle persone di esercitare un controllo sugli eventi che riguardano la loro vita.