Sara Bragaglio: Traduzione e commento dei saggi “Von der Schuld” e “Berichte vom Pikadon” di Marie Luise Kaschnitz
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1. Introduzione
La tesi si propone di tradurre e commentare i saggi di Marie Luise Kaschnitz Von der
Schuld e Berichte vom Pikadon e quindi di analizzare le riflessioni letterarie della scrittrice
tedesca sui temi della guerra e della rielaborazione della colpa, a seguito della drammatica
vicenda del Nazismo e della Shoah. Entrambi i saggi risalgono a uno dei periodi più
impegnativi e importanti della vita della Kaschnitz, al secondo dopoguerra.
Marie Luise Kaschnitz (Karlsruhe 1901 - Roma 1974) è una delle personalità più
controverse e interessanti della cultura tedesca del secolo scorso. Discendente da nobile
famiglia alsaziana, ha vissuto gli anni più drammatici del secolo scorso tra la Germania e
l’Italia, è stata libraia a Weimar e a Monaco ed ha esercitato la stessa professione anche a
Roma. Ha conosciuto l’archeologo viennese Guido von Kaschnitz-Weinberg, che ha sposato
nel 1925 e che ha accompagnato poi nei suoi viaggi di studio e di lavoro.
Che cosa ha spinto questa donna di lettere, schiva e riservata, a riflettere sulla tragedia
umana che si era conclusa nel 1945 e a schierarsi così apertamente contro la guerra? In che
modo ha voluto esprimere e sottoporre a giudizio anche il senso di colpa che personalmente lo
attanagliava?
Si tratta di un senso di colpa personale, che la Kaschnitz elabora alla luce, però, di un più
generale senso di colpa, quello di un’intera generazione del popolo tedesco che ha vissuto la
tragedia del terzo Reich e della guerra e che però non si è esposta pubblicamente contro il
nazismo. Pertanto un senso di colpa che da personale assume un valore universale per la
responsabilità dell’olocausto che a tutt’oggi fa soffrire il popolo tedesco.
Sono stati avvenimenti del secolo scorso, così drammatici da ritenersi irripetibili, eppure,
dopo la seconda Guerra Mondiale e Hiroshima, si sono susseguite altre guerre, catastrofi e
persecuzioni razziali: l’umanità non riesce affatto a imparare dai propri errori. Secondo
l'Autrice, se ci si lascia invadere dall'omertà e dalla passività, ci si rende colpevoli e complici,
anche se involontariamente.
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Ponendo al centro la riflessione sul tema della guerra e l’evoluzione del pensiero
dell’Autrice sulla violazione dei diritti umani, la tesi ripercorre anche gli aspetti più salienti
della sua biografia e in particolare l’analisi dell’ambiente in cui si è formata, le esperienze e le
relazioni culturali e artistiche che ha avuto modo di stringere negli ambienti letterari e
accademici in diverse città europee, tra cui Roma.
Sono state scelte per la traduzione e il commento tre opere fra le più significative, che
meglio esprimono la riflessione critica della scrittrice sulla guerra: Von der Schuld, Berichte
vom Pikadon e la lirica Hiroshima. Nel saggio Von der Schuld viene affrontato il tema della
colpa collettiva per i crimini di guerra e nel saggio Berichte vom Pikadon si trova la
descrizione della terribile agonia vissuta dai bambini di Hiroshima, dopo il lancio della bomba
atomica. Hiroshima è una poesia sull’ipotetico destino dell’aviatore statunitense che ha
lanciato la bomba sulla città giapponese.
Sono testi molto forti, in cui traspaiono la sensibilità dell’Autrice e il senso di colpa che
la tormenta. Il suo è un appello umanitario, invita a reagire, a combattere tali ingiustizie.
V orrebbe, insomma, che altre persone non cadessero nel suo stesso errore: la vigliaccheria.
La Kaschnitz era una donna generosa e consapevole dell’inviolabilità dei diritti umani,
ma ciononostante non ha saputo reagire in modo attivo di fronte al nazismo e non per egoismo
o perché simpatizzasse per quell’ideologia che, al contrario, non aveva mai accettato, ma
semplicemente per paura, per terrore del male: una debolezza umana che, come l’analisi
mostrerà, è un tema molto sentito dalla scrittrice.
Solo attraverso la rielaborazione della colpa saprà ritrovare le ragioni della speranza e del
proprio impegno.
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2. Biografia di Marie Luise Kaschnitz e contesto storico
2.1 Ambiente familiare, adolescenza e formazione culturale
Marie Luise Kaschnitz è nata nel 1901 a Karlsruhe nella casa dei nonni, i baroni von
Holzing-Berstett, un’antica famiglia aristocratica di ufficiali originaria del Baden ed è morta
nel 1974 a Roma, dopo aver vissuto diversi passaggi della storia del Novecento: la Germania
guglielmina, la Repubblica di Weimar, il Terzo Reich e la democrazia della Repubblica
Federale tedesca.
Cresciuta in una famiglia protestante, non ha avuto però una formazione religiosa rigida:
suo padre si riteneva un “figlio dell’Illuminismo”.
1
. I componenti della famiglia si dedicavano
a diverse attività artistiche e si è quindi formata in un ambiente ricco di stimoli culturali.
Sin da piccola era considerata particolarmente intelligente, vivace e interessata al
dialogo, con una personalità sensibile e attenta agli altri e lei stessa si definirà “eine
Menschenfischerin”.
2
. Esercitava un grande fascino, con il suo sguardo e la sua personalità e
ne era pienamente consapevole. Quando le si chiedeva l’età rispondeva di essere “so alt wie
das Jahrhundert”.
3
. Era anche però una bambina estremamente timida e soffriva per non
sentirsi desiderata dalla madre, che era rimasta delusa per la nascita di una femmina e le
manifestava frequentemente tutta la propria indifferenza. L’unico fratello maschio, Peter, era
nato tre anni dopo di lei e fu il preferito della madre e ciò la fece sentire doppiamente
trascurata. Proprio per questo, come lei stessa ricorda, avrebbe voluto essere un maschio.
Nel suo primo romanzo, scritto a Roma, esprimerà questi stati d’animo, manifestando
tutta la propria amarezza e la rabbia per il mancato riconoscimento in quanto donna. Da
piccola si sentiva goffa, paffuta e paurosa. Tutti i componenti della famiglia avevano interessi
artistici e musicali e nel confronto con la sorella Lonja, la figlia preferita dal padre, soffriva di
1
cfr.: Mor L. (2009), Marie Luise Kaschnitz e Gustave Courbet, la verità, non il sogno, Morcelliana, Brescia, p.
177
2
Gersdorff, D. von, (1997), Marie Luise Kaschnitz. Eine Biographie , Insel Verlag, Frankfurt a. M., p. 9
3
Ivi, p. 10
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un complesso d’inferiorità.
Il rapporto con i genitori era quindi piuttosto complesso e più volte li descriverà come
una bella coppia, ma distanti, troppo simili a delle lontane divinità, e con caratteri tra loro
incompatibili. Il padre Max Freiherr era un generale prussiano, era però non solo un uomo di
spada, ma anche di lettere, era istruito, dipingeva e componeva, era un “halber Intellektueller
und heimlicher Demokrat”.
4
. Distante però dagli affetti esclusivamente familiari, aveva
diverse amanti e dopo la Prima Guerra Mondiale si allontanerà quasi definitivamente dalla
sua famiglia.
Il rapporto con la madre, come già accennato, era più complesso e i giudizi su di lei, nel
corso del tempo, saranno differenziati e contraddittori.
Elsa Freiin von Berstett era una donna amante della musica, suonava il piano, cantava e
in particolare era una cultrice di Wagner. Madre estrosa e fantasiosa, portava spesso i quattro
figli a teatro, dove Marie Luise aveva avuto modo d’ammirare gli attori più in voga del
periodo; lei stessa imparò a suonare il piano e coltivò la sua passione per l’opera lirica. La
madre aveva il grande merito di averla introdotta alla musica, ma nonostante ciò non verrà
mai descritta come amorevole; i bambini erano orgogliosi della sua bellezza, ma era
sostanzialmente inavvicinabile. Marie Luise non le dedicò mai una poesia, mentre ne dedicò
molte al padre.
Marie Luise Kaschnitz sarà accompagnata nella vita dall’intensità dei ricordi della
propria infanzia e della giovinezza, che riproporrà nelle sue opere. I ricordi ritorneranno nelle
poesie e nei romanzi, sotto forma di richiami e allusioni. Riemergeranno spesse volte le
gelosie infantili, le paure, gli incubi; forse la scrittura era un modo per liberarsi dalla
pressione dei ricordi che la facevano soffrire. Per questo motivo la biografia farà da premessa
a molte sue opere e lei stessa si definirà una “ewiges Autobiographin”.
5
.
Nel 1902, un anno dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì a Potsdam, la città imperiale
della disciplina militare e delle uniformi. Di questa città la scrittrice descriverà soprattutto il
paesaggio naturale, in quanto, fin da bambina, a suo dire, era una figlia della natura che
amava conoscere tutto attraverso gli occhi e le orecchie.
4
Ivi, p. 13
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Ivi, p. 24
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Viveva quel mondo attraverso la forza della fantasia con cui lo trasformava, ma non
sempre la considerava una fortuna, dato che spesso quel mondo si manifestava in lei come un
tormento. Il ricordo, la fantasia e il desiderio di cambiamento hanno costituito uno stimolo
significativo per la scrittura.
È nata ed ha vissuto la sua infanzia in un mondo privilegiato, circondata da diverse
educatrici. I genitori avevano rapporti con i circoli socialmente più elevati, perfino con la
famiglia imperiale, e nei bambini si sviluppò presto la percezione delle differenze di ceto
sociale. Ma, crescendo, si sviluppò nella Kaschnitz anche la repulsione verso le convenzioni,
l’innaturalità delle relazioni sociali e il formalismo delle etichette; trovava gli abiti alla
marinara, a quei tempi di gran moda per i bambini dei ceti più agiati, eccessivamente
costrittivi, pensava che quegli abiti avessero un carattere militare e incarnassero tutto ciò che
c’era di brutto e restrittivo per l’infanzia.
Da bambina ha vissuto a Berlino, dove si era trasferita nel 1913, un anno prima dello
scoppio della Prima Guerra Mondiale, sembra però che non abbia mai amato la rumorosa
metropoli, nonostante al liceo avesse allacciato molte amicizie e avesse avuto molte occasioni
per frequentare i teatri e l’Opera. Con il fratello frequentava il Conservatorio, dove aveva
assistito al drammatico suicidio di una segretaria innamorata del direttore; questa esperienza
risulterà indelebile e si ritroverà nel racconto Die Schlafwanderin. Quando rivisitò Berlino, un
decennio più tardi, fu impressionata dall’estensione della distruzione della città e la descrisse
in questo modo: “Glanz und Elend”.
6
.
Anche la competizione con i fratelli all’interno della famiglia e la gelosia, soprattutto nei
confronti del fratello Peter, di tre anni più giovane, che era il prediletto della madre, hanno
avuto un ruolo importante. Con lui ha avuto un rapporto molto stretto, probabilmente perché
si sentiva esclusa dalle due sorelle maggiori, che erano tra loro inseparabili.
Peter avrebbe preferito diventare medico, ma dovette farsi carico della responsabilità
dell’amministrazione del podere di famiglia a Bollschweil, dopo la morte del padre, alla
conclusione dei suoi studi economici. Peter aveva un’immagine della madre totalmente
differente da quella di Marie Luise: era impressionato dalla sua serenità e dalla sua bellezza e
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Ivi, p. 28
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avrebbe voluto sposare una donna simile a lei.
La descrizione della madre Elsa da parte di Marie Luise risulterà invece ambivalente: da
una parte le appariva incurante ed egocentrica, dall’altra, quando cantava, suonava o recitava
per i suoi figli, diventava una donna amorevole e magica. Marie Luise si rammaricava di non
avere mai avuto una vera vita familiare classica di una famiglia borghese: ad esempio, non
ricordava nessuna vacanza estiva trascorsa con i genitori.
Anche con le sorelle, tra loro molto legate, il rapporto non fu facile. Karola, la sorella più
grande, era molto dotata dal punto di vista artistico: dipingeva, suonava il piano e cantava. Si
sposò con il suo amore dell’infanzia, un aviatore, che purtroppo morì prematuramente in un
incidente aereo, lasciandola con tre figli, che lei allevò e riuscì a proteggere durante il
dodicennio nero.
Ma il vero modello di Marie Luise era la seconda sorella Helene, detta Lonja; fantasiosa
e portata per la scrittura e per la poesia, aveva una propensione per la letteratura e traduceva
liriche. Era la prediletta del padre, con cui amava discutere e cavalcare, e con lei Marie Luise
amava parlare, confrontarsi, scambiare idee e pensieri. Resta però un mistero il perché nei
suoi confronti Marie Luise nutrisse un senso di colpa, forse per il fatto che Lonja era stata
molto sfortunata nella sua vita dal punto di vista affettivo e aveva fallito i suoi progetti,
rispetto a lei, che invece li aveva potuti realizzare.
Il padre non compare mai nelle foto di famiglia. Nell’estate del 1918 registrò in guerra un
fallimento sul piano militare, avendo subito una sconfitta dai bolscevichi. A seguito di questo
scacco, che fu molto doloroso per lui, si trasferì con la famiglia nella casa padronale
Bollschweil nella Schwarzwald.
Per il padre, il ritorno a casa a causa della sconfitta militare significò una doppia perdita,
sia sul piano personale, che più generale, per il venir meno del ruolo egemonico della
Germania; ciò lo portò a simpatizzare per il nazismo, che vedeva come un’occasione di
rivalsa per se stesso e per il suo Paese. Nel dopoguerra dimostrò totalmente la sua incapacità
di essere un uomo d’onore e di saper far fronte ai doveri di un padre di famiglia. Infatti, in
quel periodo anche la situazione finanziaria della famiglia non era delle migliori e la moglie
dovette impartire lezioni agli studenti inglesi, mentre il marito soffriva di fronte alla sua