Abstract
In questo lavoro viene effettuato il commento traduttologico dei testi di un album
musicale, nello specifico The Wall, album dei Pink Floyd lanciato sul mercato nel
novembre del 1979.
In primo luogo, va precisato che la scelta di commentare una tipologia testuale da un
punto di vista formale avvicinabile ai testi poetici – la struttura dei testi, che
caratterizzano il canale, è infatti, come un testo poetico, in versi –, che però si
differiscono dai testi poetici per il contesto in cui sono inseriti, ovvero per la loro
collocazione – un album musicale –, è stata effettuata al fine di evidenziare le
problematiche traduttive che possono riguardare le fasi di interpretazione e di
traduzione dei testi stessi. Questa traduzione si presenta come un contributo all'analisi di
un'opera musicale i cui testi sono pubblicati, con annessa traduzione a fronte, all'interno
di libri tematici raggruppati solitamente per gruppi musicali, e quindi destinati agli
appassionati di un certo gruppo che mirino a comprendere il significato dei testi per
poterli tradurre.
In generale, il traduttore non limita il suo lavoro a un mero processo di trasferimento
interlinguistico, ma valuta la maggiore precisione della traduzione, ambendo a
consentire al lettore del metatesto la maggior chiarezza possibile, che, nel nostro caso –
ribadiamo – si è ritenuta attuabile solo attraverso una traduzione il più possibile
letterale. Al fine di poter giustificare le scelte traduttive, si è reso necessario disporre di
due diverse traduzioni in modo da poterne effettuare un confronto e osservare le
divergenze.
Partendo da una visione di insieme della traduzione tramite i contributi da parte dei
diversi teorici della traduzione, vengono commentati i problemi teorici che possono
derivare da una traduzione, sia essa libera o, come nel caso delle nostre traduzioni,
letterale. Si passa dunque ad analizzare approfonditamente il prototesto e le sue
caratteristiche, dalla tipologia testuale al destinatario fino a giungere a decretare le
funzioni del testo stesso. Viene altresì commentato lo stile impiegato dall'autore,
nell'auspicio di rispettarlo, assieme alle proprietà linguistiche tipiche della lingua
inglese e della lingua italiana, nel testo tradotto.
Il commento traduttologico verterà principalmente sul confronto tra le scelte traduttive,
discutendo i possibili problemi che possono emergere prima di effettuarle, i quali
riguardano perlopiù il lessico (le espressioni idiomatiche e figurate, i termini e le
3
espressioni familiari, colloquiali e popolari). Lo scopo sarà quello di dimostrare la
traducibilità del testo nonostante sia le difficoltà nella comprensione della resa di alcune
espressioni che una traduzione letterale, scelta con l'obiettivo di condurre il lettore,
rendendolo partecipe, all'interno dei testi, non potrà mai riprodurre, sia le discordanze
linguistiche in merito agli idiotismi. La traducibilità del testo si potrà dire ottenuta una
volta dimostrata l'integrità dei contenuti, dello stile e dei registri, nella pur piena
consapevolezza che un'equivalenza perfetta non è raggiungibile.
4
Introduzione
Questo lavoro si compone di due parti. La prima parte consiste nel commento
traduttologico dei testi di un album musicale, scelta effettuata allo scopo di mettere in
luce le problematiche traduttive che possono emergere nel momento in cui ci si trova
dinanzi a questo tipo di testo; per appurare se in una o in un’altra sezione dei testi
possano essere sorte difficoltà traduttive, si è reso necessario disporre di due diverse
traduzioni in modo tale da poterle confrontare e da poterne osservare le divergenze.
Nella seconda parte viene riportata l'integrale
1
traduzione di The Wall, album musicale
ad opera dei Pink Floyd uscito il 30 novembre 1979 e i cui testi sono stati ideati dal
bassista del gruppo britannico, Roger Waters.
La prima parte, dedicata al commento traduttologico, si compone di tre capitoli.
Nel primo si offre una visione d’insieme della traduzione tramite i contributi di diversi
teorici della traduzione, tenendo presente che sono tanti i fattori che devono essere
tenuti in considerazione prima del e durante il processo traduttivo. Nello stesso capitolo
si commentano poi i problemi teorici che possono derivare da una traduzione,
riflettendo su temi quali la traduzione libera e la traduzione letterale, il concetto di
equivalenza e l’eventuale impossibilità traduttiva (cfr. Mounin, 1971; Basnett, 1980;
Bertazzoli, 2006).
Nel secondo capitolo si sviluppa un’analisi approfondita del prototesto: si individuano
la tipologia testuale, il destinatario e le funzioni. Inoltre, si commenta lo stile utilizzato
dall’autore, il quale dovrà essere rispettato in fase di traduzione, così come dovranno
essere rispettate le proprietà linguistiche tipiche delle due lingue, inglese ed italiano.
Verranno anche confrontate le scelte traduttive, che andranno a costituire il punto
cruciale del commento traduttologico.
Nel terzo e ultimo capitolo si discutono i problemi riscontrati in fase di traduzione dei
testi delle canzoni dell’album The Wall. Vedremo che durante l'atto traduttivo possono
sorgere problemi legati soprattutto al lessico, in particolare alla resa delle espressioni
idiomatiche e quelle figurate, ai termini e alle espressioni popolari, ai termini colloquiali
e familiari; si cercherà di comprovare in via definitiva, grazie a particolari situazioni
linguistiche che ci si troverà di fronte, che la traduzione va ben oltre la trasposizione
delle parole da una lingua all'altra.
1
Riporteremo la traduzione ad opera di Daniela Mento edita nel libro di AA.VV . “Pink Floyd. Testi con
traduzione a fronte”, a cura di Paolo Bertrando, Arcana Editrice, Milano, prima edizione aprile 1988.
5
Parte prima. Commento traduttologico.
7
CAPITOLO 1
La traduzione e le sue problematiche
1.1. Introduzione
In questo primo capitolo si presentano le diverse prospettive di analisi del processo
traduttivo; più precisamente, si commentano le diverse ipotesi della traduzione e i
diversi tipi di traduzione, i problemi generali che possono nascere lungo il processo di
traduzione di un testo e, infine, le proposte di alcuni autori per quanto riguarda la
traduzione letteraria.
1.2. Il processo traduttivo
La traduzione è un processo tramite il quale prima «si trasformano segni o
rappresentazioni in altri segni o rappresentazioni»
2
; in seguito, «se gli originali hanno
un senso, in genere si richiede che le loro immagini abbiano anch'esse lo stesso senso, o,
più realisticamente, il senso più vicino all'originale che si riesce a ottenere»
3
. La
seconda parte del processo traduttivo consiste proprio nell'«ottenere l'invarianza del
senso»
4
o, meglio, l'equivalenza tra il testo iniziale (testo di partenza o «prototesto»
5
) e
il prodotto finale (il testo di arrivo o «metatesto»
6
).
Il processo traduttivo, in quanto tale, consta in via preliminare di tre fasi: l'analisi del
prototesto, l'interpretazione dello stesso e l'elaborazione del metatesto.
Come proposto da Schleiermacher nel XIX secolo, il metatesto può essere ottenuto
scegliendo di adottare la traduzione addomesticante o la traduzione straniante. Entrambe
sono strategie traduttive indirizzate verso le aspettative del lettore della lingua di arrivo:
2
Cfr. A.G. Oettinger, Automatic Language Translation. Lexical and Technical Aspects, with Particular
Reference to Russian, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1960, p. 104.
3
Ibidem.
4
Ibidem.
5
Termine coniato da B. Osimo nella propria traduzione del libro di A. Popovič il cui titolo originale è
Teória umeleckého prekladu (1975), dove appare per la prima volta il termine prototextu. In italiano il
libro è pubblicato con il titolo La Scienza della Traduzione. Aspetti Metodologici. La Comunicazione
Traduttiva, Hoepli, 2006.
6
Anche in questo caso il termine originale, metatextu, è apparso per la prima volta nel libro di A.
Popovič (1975) e il termine corrispettivo per la traduzione italiana è stato coniato da B. Osimo nella
sua traduzione dell'intero testo dal cecoslovacco.
9
l'una con l'obiettivo di avvicinare il testo straniero alla cultura di arrivo adattandolo ai
propri schemi letterari e culturali; l'altra con l'obiettivo di ottenere una letterarietà e
mostrare al lettore della lingua di arrivo le alterità della lingua e della cultura del testo di
partenza, arricchendo così il lessico e la cultura di arrivo. Ognuna delle due scelte, non
sovrapponibili l'una con l'altra, modifica e manipola il testo originale, determinandone
quella che l'inglese Susan Bassnett e il belga André Lefevere definiscono riscrittura,
nella quale vengono riflesse una certa ideologia e una poetica; la riscrittura, perciò,
manipola la letteratura per farla funzionare in una certa società e in un certo modo
7
.
Secondo il loro pensiero, il traduttore diventa parte attiva del testo, lo recepisce e lo
“ospita” all'interno del proprio contesto linguistico e culturale, lo adatta ad esso e lo
riscrive. Ma il traduttore è anche un mediatore culturale che, conoscendo la cultura
legata alla lingua del testo di partenza nonché la cultura legata alla lingua del testo di
arrivo, detiene la facoltà di modificare il testo anche in rapporto alla cultura e dunque
alle conoscenze dei destinatari; ciò che conta e che viene auspicato è il mantenimento
delle funzioni del linguaggio e il raggiungimento dello stesso obiettivo del prototesto,
anche senza rispettarne necessariamente le strutture linguistiche, al fine di adempiere
l'“equivalenza”, vale a dire la corrispondenza tra il testo di partenza e il testo di arrivo
(ossia la sua traduzione), la relazione dialettica fra i segni e le strutture interne ed
esterne ai testi nella lingua di partenza e nella lingua di arrivo. L'equivalenza è oggetto
di una prima classificazione da parte di Eugene Nida che ne distingue due tipi: si parla
di “equivalenza formale” nel caso in cui il testo di partenza e il testo di arrivo
corrispondano per quanto riguarda la forma e il contenuto, mentre si parla di
“equivalenza dinamica” quando si prendono in considerazione le relazioni che si
instaurano nella lingua di partenza tra emittente e ricevente e che devono venire ricreate
nella lingua di arrivo
8
; da un'altra prospettiva, la prima è orientata alle diverse strutture
del prototesto per esprimerne il messaggio, mentre la seconda è orientata alla relazione
tra il destinatario e il messaggio, che deve essere la stessa nel prototesto e nel metatesto.
Per la prima volta nella storia della traduzione, grazie allo studioso americano,
l'attenzione viene focalizzata sul destinatario del testo di arrivo e sulle sue aspettative
culturali all'interno del processo traduttivo, consentendo al semiologo cecoslovacco
Anton Popovič di applicare la teoria semiotica allo studio della traduzione
9
e di
7
Cfr. la prefazione di Susan Bassnett, André Lefevere, a cura di, Translation, History and Culture,
Routledge, London-New York (1995), cit.
8
Cfr. E. Nida, Toward A Science of Translating, Brill, Leiden, 1964.
9
Nel libro Teória umeleckého prekladu (o "Teoria della traduzione artistica"), del 1975, pubblicato in
italiano col titolo La scienza della traduzione. Aspetti metodologici. La comunicazione traduttiva, B.
10
individuare quattro tipi di equivalenza: l'equivalenza linguistica (la traduzione parola
per parola); l'equivalenza paradigmatica (dal punto di vista grammaticale); l'equivalenza
stilistica (vale a dire la riproduzione di significato e delle intenzioni dell'autore);
l'equivalenza testuale (sintagmatica) nella forma tra le due lingue
10
. Pochi anni dopo
(1978), a partire dalle idee di Nida e Popovič, Lefevere propone di riunire sotto il nome
di Translation Studies l'ambito disciplinare che riguarda i problemi derivanti dalla
produzione e dalla descrizione delle traduzioni, così da poter concepire la traduzione
come disciplina autonoma all'interno di un'apposita “scuola” cui prenderanno parte
Susan Bassnett (Inghilterra), James Holmes (Iowa, USA), André Lefevere (Belgio),
Itamar Even-Zohar e Gideon Toury (Israele) quali studiosi che pongono l'interesse sul
processo traduttivo, valutano l'importanza e la centralità del testo di arrivo, sciogliendo i
legami che fino ad allora avevano unito la traduzione al testo di partenza, e
attribuiscono maggiore spessore al contesto socio-culturale cui essa appartiene.
In particolare, Susan Bassnett e Gideon Toury evidenziano l'aspetto funzionale della
letteratura, la quale viene concepita come un sistema. Inoltre, Toury, in collaborazione
con Even-Zohar, sviluppa la teoria polisistemica, secondo cui la letteratura è costituita
da un insieme di sistemi, in cui si inserisce anche la letteratura tradotta, fungendo da
sistema all'interno del polisistema letterario. Vengono inoltre esaminati il testo tradotto e
le strategie traduttive – in ogni caso legittime – attuate dal traduttore. Da questi studi
emerge, per la prima volta nella storia della teoria della traduzione, la rilevanza assunta
dal traduttore all'interno del processo traduttivo in particolar modo nella propria facoltà
di manipolare, riformulandolo, il testo. Ecco che il concetto di traduzione viene
allargato fino ad inglobare la nozione di riscrittura (rewriting), concepita da Susan
Bassnett e André Lefevere:
La traduzione, naturalmente, è una riscrittura del testo originale. Tutte le riscritture
(…) riflettono una certa ideologia e una poetica, e perciò manipolano la letteratura
per farla funzionare in una certa società e in un certo modo. La riscrittura è una
manipolazione compiuta al servizio del potere, e nel suo aspetto positivo può
contribuire all'evoluzione di una letteratura e di una società
11
.
Viene definito il ruolo di colui che opera questa azione di riscrittura: egli è il traduttore,
che con questo atto diventa parte attiva del testo, recependolo e “ospitandolo” all'interno
Osimo, a cura di, Ulrico Hoepli, Milano 2006.
10
Cfr. A. Popovič, The Nature of Translation, Mouton, The Hague, 1970.
11
Dalla prefazione di Susan Bassnett, a cura di André Lefevere, Translation, History and Culture, Pinter,
Publishers, London, 1990, cit. in M. Morini, La Traduzione. Teorie, strumenti, pratiche, Sironi
Editore, 2007.
11
del proprio contesto linguistico e culturale e adattandolo ad esso prima, appunto, di
riscriverlo. La figura del traduttore funge anche da mediatore culturale che, conoscendo
la cultura legata alla lingua del testo di partenza nonché la cultura legata alla lingua del
testo di arrivo, può permettersi di modificare il testo anche in rapporto alla cultura e
dunque alle conoscenze dei destinatari. Egli è chiamato ad adottare le strategie
traduttive più consone alla traduzione del testo, riformulando il messaggio a seconda dei
destinatari cui si rivolge. Il traduttore diventa allora una figura centrale non solo nella
comunicazione interculturale, ma anche nella reale creazione della cultura; egli non
agisce in maniera del tutto neutra, ma, più o meno consapevolmente, egli effettua la
propria manipolazione sul testo sia interpretandolo sia in conseguenza al mutare del
codice linguistico sia in base a fattori legati alla società, alla storia, alla cultura. Così gli
studi prescrittivi (PTS: Prescriptive Translation Studies), mirati a un insegnamento e a
una critica della traduzione fondati sul criterio che la traduzione possa essere
unicamente libera o letterale, vengono soppiantati dagli studi descrittivi (DTS:
Descriptive Translation Studies), che ribadiscono la centralità dell'analisi testuale
(description), cioè l'indagine basata su casi storici esemplari e significativi e non su
astrazioni. Al contrario, viene messa in secondo piano (e poi definitivamente negata) la
precettistica, ovvero un modello di obblighi e divieti in vista di un modello ideale al
quale il traduttore dovrebbe attenersi.
Ognuna delle teorie presentate conferma che è impossibile approfondire ogni aspetto
inerente la traduzione. Per affrontare le problematiche della traduzione in maniera
esaustiva l'unica possibilità consiste nell'integrare le varie teorie e le varie competenze
che vengono proposte, pur nella consapevolezza che la traduzione non è univoca né
esiste l'equivalenza perfetta.
Certo è che negli ultimi anni l'idea di traduzione ha conosciuto uno sviluppo
testimoniato da un interesse sempre maggiore da parte degli studiosi che ha portato ad
un aumento degli studi e degli approcci teorici. Grazie all'apporto delle discipline
trasversali più varie – quali la linguistica e la semiotica – viene stabilito che tradurre
non significa solo esprimere in una lingua B ciò che era scritto o detto in una lingua A;
la traduzione è invece da considerarsi parte di un processo, non solo linguistico ma
anche socio-culturale, in cui operano una serie di teorie contemporanee che vanno dallo
strutturalismo degli anni Cinquanta e Sessanta
12
alle teorie testuali degli anni Settanta –
12
Il primo studioso a parlare di strutturalismo nel campo della traduzione è Roman Jakobson, secondo
cui alla base vi è un'analisi di tipo linguistico in cui l'enunciato viene concepito come una struttura
chiusa, quella langue che egli abbandona a vantaggio della dimensione interlinguistica. Nel suo saggio
12