5
“Arrivi a una certa età e ti rendi conto di non
essere un grande. Da giovane aspiri ad esserlo,
ma poi per un motivo o per l’altro — mancanza
di impegno, disciplina o semplicemente genio —
non riesci a diventarlo. Gli anni passano e poi te
ne rendi conto: ‘Sono un tipo mediocre. Ho fatto
il meglio che ho potuto.” (Woody Allen,
Intervista al Times, 27 giugno 2010)
INTRODUZIONE
Scopo di questo lavoro è dimostrare che il ruolo del traduttore-
dialoghista di opere audiovisive, un settore rilevante dal punto di vista
economico e tuttora in espansione a livello mondiale, non è meramente
residuale. Al pari di altri tipi di traduzione altamente specializzata –
letteraria, giuridica o scientifica – la screen translation si configura, infatti,
come vera e propria operazione di mediazione culturale, spesso rivolta a
una specifica audience.
Una lunga serie di innovazioni ha, nel corso del tempo, fatto del cinema
un'attività culturale e di intrattenimento sempre più a carattere
multimediale, allargandone, secondo la logica del mercato, alla quale è
assoggettato sin dalle sue origini, i canali distributivi e le modalità di
fruizione. Uscito dalle sale negli anni Cinquanta, attraverso il consumo
domestico con l’avvento della televisione, per poi diffondersi con i
videoregistratori e i supporti VHS, alla fine degli anni Settanta, il cinema
6
ha assunto dimensioni di mercato a dir poco vertiginose, in particolare,
con l'entrata in commercio, negli anni Ottanta, dei CD-Rom e dei CD-I,
nonché dei DVD e di altri prodotti multimediali, verso la fine dei Novanta.
Occorre ricordare che, negli stessi anni, sono letteralmente esplosi la
navigazione via internet e il file sharing, soprattutto quello non
autorizzato. Un’ulteriore mutazione è maturata poi nei primi anni
Duemila, nell'ambito della cosiddetta modalità VOD (video on demand),
assieme alla tumultuosa diffusione dei videogame. Uscito definitivamente
dai luoghi deputati alla sua fruizione, il cinema ha così conquistato la sua
piena mobilità (Fondazione Ente dello Spettacolo, 2009).
Ad una realtà in continua trasformazione corrisponde, non a caso, sul
piano linguistico, una terminologia fortemente instabile; in questo
momento coesistono, infatti, diversi tipi di etichette che, pur riferendosi
tutte all’ambito della traduzione audiovisiva, spostano l’accento ora su
una fase, ora sull’altra del translation process. Traduzione filmica (film
translation), traduzione per lo schermo (screen translation), traduzione
multimediale (multimedia translation), traduzione audiovisiva
(audiovisual translation), sono tutte definizioni apparentemente
intercambiabili.
Come si vedrà nello sviluppo di questo lavoro, il cinema è infatti un
prodotto complesso, che si fruisce oggi attraverso numerosi canali, con
una sua lunga storia, mai sostituito, bensì affiancato, all’interno del
mercato, da altri tipi di produzione multimediale e “… la cui caratteristica
7
primaria è quella di presentarsi come una combinazione organizzata di
numerosi elementi semiotici” (Petillo, 2008, p.13). Il trasferimento
linguistico non può, di conseguenza, prescindere, in alcun caso, dalle altre
componenti dell’opera che concorrono a veicolare il messaggio culturale.
La prima parte di questo lavoro è volta, quindi, a ricordare come le due
principali modalità per mezzo delle quali avviene il trasferimento
linguistico
1
– il doppiaggio (dubbing) e la sottotitolazione (subtitling) –
conducano a problematiche diverse da punti di vista altrettanto
differenti: quello della produzione e della distribuzione delle opere
cinematografiche, quello del pubblico e, non ultimo per importanza,
quello dei tecnici e dei professionisti che, a vario titolo, concorrono, con il
loro lavoro, alla diffusione e all’interscambio del prodotto filmico a livello
mondiale.
Nella seconda parte vengono invece affrontate le principali strategie
traduttive, con particolare riguardo ai dati culturali di contesto e ai
problemi di localizzazione
2
nel campo del doppiaggio, che è ancora la
1
L’espressione trasposizione/trasferimento linguistico appare, secondo Petillo
(2008), particolarmente adatta al contesto delle opere audiovisive, in quanto
evidenzia come il translation process, pur operando a livello della lingua, non
potrà mai prescindere dalle altre componenti semiotiche dell’opera.
2
Preme ricordare che, in ambito di traduzione, il termine localizzazione assume
due fondamentali significati. Nel primo caso, la localizzazione consiste
nell'adattamento e nella modifica dei testi tradotti in base a specifiche esigenze
culturali, in modo da garantire che il significato sia comprensibile in una
determinata lingua o in un determinato Paese, senza stravolgerne il senso. Nel
secondo caso, questo termine si riferisce invece alla traduzione dell’interfaccia
8
forma prevalente di language transfer presente in Italia. Essa vanta, in
effetti, una lunga tradizione d’eccellenza nel nostro Paese, che ha
contribuito, non solo a diffondere il cinema a livello di massa, ma anche
ad agevolarne la sua rapida accettazione, quale efficace mezzo di
interscambio culturale. Il film non è infatti solo un prodotto, ma anzitutto
un bene culturale e artistico, un media che trasmette contenuti e
significati, oltre che emozioni. Nella sua valenza sociale, esso contribuisce
alla formazione del pensiero e, in quanto tale, concorre alla costruzione
del patrimonio culturale e intellettuale in cui si identifica una comunità di
persone.
Infine, la terza parte analizza una campionatura di opere doppiate
dall’inglese americano all’italiano del grande cineasta-attore newyorkese
Woody Allen. La scelta, come si vedrà, è motivata, oltre che dall’interesse
personale, dalle stesse caratteristiche delle sue opere e dal genere
prevalente: la commedia comica che, spesso, volge nel dramma. Un'altra
motivazione, per altro non trascurabile, riguarda il peso, tuttora
prevalente, della cinematografia statunitense all’interno del mercato
italiano ed europeo. Nel 2008
3
, su un totale di 845 film distribuiti in Italia,
il 34% erano italiani e il 35,5% statunitensi. In altre parole, la produzione
di programmi, software di macchinari industriali o attrezzature, nonché di
software di prodotti informatici (Monacelli, 2001).
3
Fonte: Ufficio Studi-Ced Anica, Il cinema italiano in numeri, 2008; cit. in
Fondazione Ente per lo Spettacolo, Rapporto. Il mercato e l’industria del cinema
in Italia, 2009
9
americana era pari a quella nostrana, mentre il rimanente terzo proveniva
da altri paesi.
Il fatto che venga preso in considerazione il cosiddetto cinema d’autore
non deve tuttavia trarre in inganno. Come sottolineato pocanzi, il cinema
è sopravvissuto, quale importante forma di comunicazione culturale,
grazie alla sua multiforme capacità di adattarsi al mercato e alle
innovazioni apportate dalla tecnologia. In questo contesto amplificato, sia
dal lato della domanda che dell’offerta, lo standard di accuratezza del
prodotto, dal punto di vista linguistico, rischia, al contrario, di diminuire,
assieme all’importanza attribuita al ruolo dei professionisti e operatori
della traduzione. Questo lavoro è deputato ad argomentare la tesi
opposta, cioè la necessità di invertire tale tendenza attraverso una
maggiore professionalità della figura del dialoghista-traduttore.
10
CAPITOLO 1
MODALITA’ TRADUTTIVE: DOPPIAGGIO E
SOTTOTITOLAZIONE
In questo Capitolo vengono delineate le principali differenze tra
doppiaggio e sottotitolazione, assieme alle ragioni della loro maggiore o
minore diffusione nel mercato globale dei media, al fine di chiarire
meglio, in un secondo momento, quali strategie traduttive possono
essere utilizzate per l’elaborazione di un testo per il doppiaggio. La vasta
letteratura ormai a disposizione su questo argomento è qui solo
parzialmente riassunta.
1.1. La questione del doppiaggio
Il doppiaggio nasce con l’avvento del film sonoro e, da quel momento in
poi, la questione del doppiaggio nell’ambito della circolazione
internazionale delle opere cinematografiche e audiovisive non ha mai
smesso di suscitare polemiche, dibattiti e prese di posizione, anche
opposte, specialmente tra gli addetti ai lavori. La distinzione tra esteti e
spettatori puri – contrari al doppiato i primi e decisamente favorevoli i
11
secondi – posta, all’inizio degli anni Quaranta
4
, proponeva già alcune
questioni di fondo che ancora oggi, in parte, sussistono. In opposizione
al doppiaggio è possibile individuare i seguenti argomenti (Del Moro,
2000):
il doppiato rompe la compiutezza di quella forma d’arte
che è la recitazione, falsando l’espressione di un attore con
l’adattargli a freddo una voce che non è la sua, privando lo
spettatore della possibilità di ascoltare , oltre che di vedere, il
film nella sua forma originale;
crea una discordanza tra linguaggio verbale e linguaggio
gestuale, ponendo problemi di sincronismo tra movimento
labiale e sonoro;
il sonoro che ne risulta non potrà mai essere parte
integrante del film poiché da questo nettamente separato nel
momento in cui si produce;
e, infine, il cinema è arte e le opere d’arte non si
traducono, perché altrimenti si travisano e si snaturano.
4
M. Antonioni , “Ultime note sul doppiaggio” in Cinema, n. 107, 1940. Sulle
pagine della Rivista si dibatté a lungo l'argomento con toni talvolta polemici.
Antonioni scrisse tre saggi fondamentali che, tra l'altro, denunciarono le
manipolazioni perpetrate, durante il periodo fascista, su pellicole anche
importanti a scopo di propaganda politica.
12
Occorre ricordare che analoga polemica avvenne con il passaggio dal
film muto a quello sonoro. “La convinzione che la presenza del sonoro
non costituisse affatto un progresso nasceva anche dagli ambienti delle
avanguardie, che negli anni Venti si erano ripetutamente accostate al
film. (…) Pure, nonostante le molte e autorevoli voci che si levarono in
sua difesa, il cinema muto fu spazzato via nel giro di pochissimi anni”
(Miceli, 2000, p. 201). Sembra che, ogniqualvolta siano stati introdotti,
nel linguaggio cinematografico, una tecnica, un artifizio necessario, una
qualche innovazione, i sostenitori di tale arte si siano interrogati sulla
sua autenticità. Sino ad arrivare ad oggi, in cui ci si domanda che cosa
succederà al cinema con il pieno avvento della digitalizzazione e delle
nuove tecniche di motion capture
5
.
Allo stesso tempo, a favore del doppiaggio, è possibile elencare
altrettanti argomenti, se non di più:
il doppiaggio è il male minore poiché non si può
pretendere che il pubblico sia poliglotta; di conseguenza la
traduzione è necessaria alla piena comprensione e diffusione
dell’opera;
5
Il dispositivo utilizzato per l'acquisizione del movimento è un sistema
stereofotogrammetrico, con più telecamere e marcatori di materiale
riflettente. Per rendere possibile la realizzazione di Avatar, James Cameron ha,
ad esempio, utilizzato tecniche quali il performance capture – una forma
evoluta di MC – con modalità HD e 3D, sviluppato da lui stesso, assieme ai suoi
più stretti collaboratori.
13
è anche migliore delle didascalie sovraimpresse –
sottotitolazione – poiché queste distolgono l’attenzione dello
spettatore dalle immagini, offrendo una versione condensata
del dialogo;
esso ha dato origine a ottimi risultati, migliorando talvolta
la versione originale dell’opera; in altre parole, la produzione di
senso operata dal film parlato in italiano è equivalente o,
quanto meno, simmetrica – e, in quanto tale, legittima – alla
produzione di senso operata dallo stesso film parlato in lingua
originale, a beneficio della comunità di partenza;
l’abolizione del doppiaggio avrebbe risultati disastrosi dal
punto di vista commerciale.
Ma l’aspetto che vale la pena sottolineare a parte, è quello della
dimensione visiva dell’opera cinematografica, in altre parole, la sua
componente figurativa. Infatti, per quanto le immagini siano
comprensibili per analogia (Barthes, 1994), può accadere che qualcosa
risulti indecifrabile a un pubblico estraneo alla cultura di partenza. In
tale situazione appare quantomeno necessaria un’operazione di
integrazione attraverso informazioni – indizi – di tipo verbale.
14
La sottotitolazione è considerata una modalità traduttiva
6
estremamente rispettosa nei confronti della realtà linguistica originale,
oltre che uno strumento utile per l’apprendimento delle lingue straniere
(Petillo, 2008). La sua caratteristica principale è quella di apparire e
scomparire – solitamente nella parte inferiore dello schermo –
adattandosi alle battute degli attori; inoltre, viene sempre aggiunta alle
immagini, durante le fasi di post-produzione del film. Occorre
distinguere il sottotitolo dalla didascalia (caption), che viene impiegata
soltanto per comunicare informazioni aggiuntive, inserite allo scopo di
identificare luoghi, date, suoni o altri elementi di riconoscimento del
contesto considerati rilevanti. In linea di massima può essere
considerata una modalità politicamente corretta, poiché più aderente al
copione originale.
La tecnica della sottotitolazione risale al 1909, all’epoca dei film muti,
quando fu brevettato un meccanismo che mostrava i sottotitoli sotto gli
intertitoli – o didascalie – dei film originali. Il procedimento fu
migliorato dopo l’introduzione dei film sonori, in modo da non
interrompere il corso delle immagini del film come accadeva in passato,
6
In realtà, secondo la classificazione più completa di Gambier (2003), le
modalità traduttive attraverso le quali può avvenire il language transfer dei
prodotti multimediali, sono molte di più; tra queste si segnalano:
l’interpretazione consecutiva e simultanea, il voice-over, la sopratitolazione, la
sottotitolazione intralinguistica per non udenti, il commento libero, ecc. In
questa sede si è scelto di confrontare tra loro le due principali modalità
traduttive – doppiaggio e sottotitolazione – poiché il terzo Capitolo è dedicato
esclusivamente all’analisi del doppiaggio.
1.2. La sottotitolazione interlinguistica: una modalità
politicamente corretta?
15
con gli intertitoli, ma di posizionarli sulla parte inferiore dello schermo
stesso. La prima proiezione di un film sottotitolato avvenne nel 1929 a
Copenhagen : si trattava di “The Singing Fool”, diretto da Llloyd Bacon,
un film americano con i sottotitoli in danese.
Sono state individuate (Gottlieb, 1996) una serie di caratteristiche che
distinguono la sottotitolazione dalle altre forme di traduzione
multimediale; la prima può essere infatti considerata:
scritta;
aggiuntiva o sovraimpressa;
immediata;
sincronica;
multimediale;
selettiva;
predisposta separatamente.
Al contrario, il doppiaggio è immediato, sincronico e multimediale, ma
non scritto e additivo. E’ utile soffermarsi, in particolare, sulla
dimensione multimediale del sottotitolo. Immagini e colonna sonora
sono, di fatto, inseparabili. Al fine di ricostruire l’integrità del messaggio
originale, lo spettatore ha a sua disposizione due canali paralleli: quello
visivo, per le immagini e il testo scritto e quello uditivo, per la colonna
sonora e i dialoghi, come schematizzato in Figura 1.1
16
Figura 1.1 Componenti multimediali del messaggio audiovisivo
Fonte: elaborazione propria; Perego, 2005
Caratteristiche peculiari del cinema sono in effetti il sincronismo e la
sinestesia. “Se nella letteratura il concetto di sinestesia riguarda una
determinata forma di metafora in cui vengono associati termini
appartenenti a forme sensoriali differenti (…), nel cinema il meccanismo
s\i fa più complesso poiché l’attuazione del processo sinestetico o di
percezione contemporanea comporta, contrariamente a quanto avviene
nel linguaggio parlato o scritto, una reale simultaneità di elementi in
gioco appartenenti a sfere diverse della comunicazione” (Miceli, 2000,
p.8).
Proprio attraverso l’integrazione dei diversi canali, che trasmettono
simultaneamente l’informazione, lo spettatore ricostruisce il senso del
17
messaggio filmico. In particolare, la presenza del sottotitolo rende attivo
lo stato di vigilanza del soggetto relativo alla lettura, assente quando
vede il film nella propria lingua di origine. In questa direzione, la
dimensione semiotica totale coinvolge sia il pubblico, sia il traduttore
dialoghista (Torop, 2000).
Dal punto di vista del testo, la realizzazione dei sottotitoli comporta gli
stessi problemi traduttivi di un testo letterario, ai quali, però, si
aggiunge la complicazione dovuta all’esigenza di condensare
leggermente il parlato e di sincronizzarlo alle immagini e, possibilmente,
al movimento labiale degli attori. Il dialogo viene infatti leggermente
sintetizzato, eliminando le informazioni non essenziali, nel tentativo,
comunque, di rispettare, laddove sia possibile, il copione originale.
“In rapporto ad altre forme di traduzione polisemiotica il sottotitolaggio
interlinguistico è definito una forma di traduzione ‘diagonale’, poiché
contemporaneamente alla trasposizione del testo (…) si attua una
variazione diamesica, si passa infatti dal canale orale a quello scritto”
(Spadafora, 2007, pp. 35-36). Nel doppiaggio, infatti, il trasferimento
linguistico è orizzontale, poiché veicolato dal canale uditivo, che risulta
l’unico canale di comunicazione, analogamente a ciò che avviene
durante l’interpretazione simultanea (Gottlieb, 2000). Mentre la
sottotitolazione intralinguistica – come, ad esempio, quella per non
udenti – può essere considerata una modalità verticale di trasferimento
linguistico.
18
In ogni caso la presentazione dei sottotitoli sullo schermo prende atto di
alcune convenzioni formali – convenzioni tipografiche, tempi di
esposizione, segmentazione/ distribuzione del testo e sincronizzazione –
che il traduttore deve tenere presenti se desidera ottenere un buon
risultato. Vale la pena ricordare che la sottotitolazione non richiede una
sincronizzazione così rigida come quella necessaria per il doppiaggio e,
soprattutto, non necessita del contributo degli attori doppiatori e della
direzione di doppiaggio. Questo è probabilmente anche il motivo per cui
ha dato origine a un tipo di trasposizione linguistica più fedele al testo
originale; in altre parole: meno addomesticata nei confronti della
cultura di arrivo.
1.3. Modalità traduttive e loro diffusione nel mercato
globale
Negli ultimi anni, si è accentuato quel fenomeno di consapevolezza
linguistica che conduce alla riconsiderazione delle minoranze e al ruolo
dei multimedia nel rafforzare l’identità culturale, risolvendo però il
problema della comunicazione interlinguistica. A questo proposito, la
situazione a livello europeo appare abbastanza variegata: a parte la
tradizionale distinzione tra Europa nord-orientale e nord-occidentale,
ormai obsoleta, è utile operare una partizione tra Paesi grandi e piccoli
(Perego, 2005), ove si riscontrano tendenze diverse nell’uso delle due
fondamentali modalità di traduzione audiovisiva.