6
Anche se tale dibattito è probabilmente destinato a durare in eterno, ciò
che è interessante notare è che il multilinguismo ha la propria ragione d’essere.
Da un punto di vista sociopolitico, occorre sottolineare che le lingue formano
l’identità nazionale e culturale di ogni cittadino europeo, un valore che occorre
proteggere e rispettare. Le lingue ufficiali hanno quindi tutte la stessa dignità, e
tale principio è il riflesso dell’uguaglianza di trattamento di ogni Stato membro.
Da un punto di vista « giuridico », poiché il diritto comunitario è direttamente
applicabile in ogni Stato membro, è imperativo che gli atti legislativi dell’Unione
siano pubblicati in modo comprensibile per ogni cittadino europeo il quale,
essendovi assoggettato, ha il diritto di leggerli nella propria lingua.
Ora, se si considera che i politici, i funzionari e coloro che cooperano con
l’Unione utilizzano un numero ristretto di lingue (principalmente il francese e
l’inglese), ci si potrebbe domandare da dove provengono tutti gli altri testi
redatti nelle lingue degli Stati membri. Ciò che permette tale multilinguismo è
un’operazione di trasposizione linguistica: la traduzione è quindi alla base
stessa dell’esistenza dell’Unione. Nel nostro studio, evocheremo la finzione
giuridica sulla quale si basa la traduzione degli atti legislativi comunitari, che
implica la possibilità di dare alla norma giuridica una formulazione identica in
ognuna delle lingue ufficiali. Ogni atto giuridico verrebbe quindi redatto, e non
tradotto, in 23 diverse versioni linguistiche. Ciò che è però concepibile a livello
giuridico non è in realtà possibile nella realtà: le versioni linguistiche sono il
prodotto di una traduzione a partire da un testo di partenza, che è a volte un
collage di testi in una o più lingue (ancora una volta, principalmente, l’inglese o
il francese).
7
Al di là di tali considerazioni molto generali, ma che chiariscono il contesto
del problema della traduzione all’interno delle istituzioni europee, ciò che mi
ha spinto ad approfondire l’argomento è la mia esperienza da stagista presso il
dipartimento di lingua italiana della Direzione Generale della Traduzione (DGT)
della Commissione Europea. Durante un periodo di cinque mesi, sono stato
incaricato di tradurre, dall’inglese e dal francese in italiano, un considerevole
numero di documenti riguardanti in gran parte il settore ambientale e agricolo.
È su tale corpus che verte il mio studio, e gran parte dei numerosi esempi che
cito sono tratti dai documenti sui quali ho lavorato.
Dopo aver presentato le basi giuridiche del multilinguismo e della sua
applicazione all’interno delle istituzioni europee, la mia analisi affronta la
questione del « linguaggio comunitario », l’euroletto, secondo un punto di vista
orientato alla traduzione. Ciò che, dopo un breve cenno sul suo carattere di
linguaggio specialistico, è interessante studiare, sono le strategie della sua
formazione. Per presentare chiaramente le sue caratteristiche, ci si dedicherà
innanzitutto ai termini o espressioni del carattere generale che l’euroletto usa
per le denominazioni di concetti eminentemente europei. In questa sezione,
verranno trattati separatamente tutti i termini o le espressioni che sono stati
oggetto di un arricchimento semantico e quelli di carattere più generale per i
quali tale processo di arricchimento non si è realizzato. Ci si soffermerà poi
sulle nuove creazioni del linguaggio europeo, utili per denominare una serie di
realtà e di atti giuridici che non esistevano prima degli anni ’50. Sottolineiamo
en passant che i nuovi termini vengono spesso creati in inglese o in francese e
che le altre lingue li traducono (perlopiù con calchi) così che siano disponibili
termini in tutte le lingue. È da tale pratica che nasce il paradosso dell’italiano
comunitario, che è un prodotto « transfrontaliero » e che esiste grazie ad una
8
costante operazione di trasposizione interlinguistica. L’ultima parte del capitolo
sul linguaggio europeo verrà dedicato alle sigle e agli acronimi, ampiamente
utilizzati nell’Unione. Ciò che è interessante notare è l’originalità di tale sigle e
la loro capacità ad evocare ogni serie di significati, come mostra bene l’esempio
molto noto di ERASMUS. Si prenderanno inoltre in considerazione i problemi di
eventuale traduzione di tali sigle e acronimi nelle varie lingue.
Per entrare, in seguito, nel vivo dei temi che il mio studio si propone di
analizzare, ovvero i procedimenti e i processi della traduzione nell’UE, verrà
descritto, nel dettaglio, il servizio di traduzione di un’istituzione in particolare,
la Commissione europea. Dato che ho avuto l’occasione di lavorare per cinque
mesi al dipartimento di lingua italiana della DGT, mi è sembrato interessante, ai
fini della mia ricerca, studiare l’organizzazione di tale Direzione Generale, i vari
cambiamenti che sono stati apportati alla sua struttura nel corso degli anni per
consentirle di gestire un crescente numero di lingue ufficiali, così come anche
di combinazioni linguistiche (senza dimenticare la presenza, a partire dal 2007,
con l’entrata della Bulgaria, di un altro alfabeto non latino, che si aggiunge al
greco, introdotto nel 1981). Verrà inoltre fatte delle considerazioni sui costi
della traduzione, una questione che infiamma spesso gli spiriti, senza tenere
conto che, secondo una stima, ogni contribuente europeo pagherebbe in
media l’equivalente di un cappuccino l’anno per coprire i costi dei servizi di
traduzione di tutte le istituzioni europee. Verranno presentati in seguito gli
strumenti informatici dei quali si servono i traduttori della DGT, per illustrare i
cambiamenti che l’attività di traduzione ha subito all’era dell’informatizzazione.
Come racconta un ex traduttore di Bruxelles, se ci si incammina lungo i corridoi
della DGT, non si sentono più i cliquetis delle macchine da scrivere né le voci
dei traduttori che registravano le loro traduzioni per farle battere dopo dalle
9
segretarie. Adesso, il silenzio dei corridoi è appena disturbato dal rumore ouaté
della pressione delle dita sulle tastiere dei computer. Adesso, i dizionari e i
glossari su carta vengono sostituiti da basi di dati terminologici, dagli strumenti
di metaricerca, dai software per la conservazione informatica delle traduzioni e
per la gestione del lavoro della DGT. È quindi interessante vedere più da vicino
il funzionamento degli strumenti informatici e delle memorie di traduzione
all’avanguardia di cui dispone la DGT e che sono stati sviluppati all’interno della
Commissione stessa. Verrà riservato un paragrafo alla traduzione automatica,
con la presentazione del software Systran. Poiché ho avuto l’opportunità di
occuparmi della post‐edizione di alcuni documenti tradotti con tale software,
discuterò gli inconvenienti e i vantaggi della traduzione automatica, illustrati da
esempi autentici di testi tradotti. Si vedrà inoltre, grazie alla testimonianza di
un traduttore della DGT, perché il tasso di utilizzo di tale strumento è talmente
debole nella DGT (circa il 34% del totale dei documenti tradotti) mentre viene
utilizzato più spesso dai funzionari non linguisti.
Dopo aver presentato una prima serie di esempi concreti di traduzione, la
mia analisi affronterà più nel dettaglio il lavoro di trasposizione interlinguistica
che deve compiere il traduttore europeo. Per introdurre quest’ultimo capitolo
del mio studio che è, se vogliamo, il più originale, poiché su basa su riflessioni
personali adottando un approccio molto pragmatico, vorrei sottolineare un
aspetto che potrebbe sembrare una prova ma che non viene sempre preso in
considerazione. Si tratta del fatto che il lavoro del traduttore delle « istituzioni
europee », e della Commissione in particolare, non riguarda solamente testi di
carattere legislativo che, d’altronde, sono già stati oggetti di numerosi studi,
ma anche dei testi destinati al grande pubblico che l’UE pubblica sul suo sito
EUROPA, così come di brochure di carattere informativo il cui scopo è di far
10
conoscere ai cittadini europei le azioni, le politiche e gli interventi dell’Unione
nei settori che li riguardano. I vari tipi di testi che un traduttore comunitario è
chiamato a tradurre sono quindi molto vari, e ogni volta lo stile e il livello della
lingua devono essere appropriati al testo in questione e al pubblico al quale è
destinato. Per tal motivo, e poiché il mio corpus contiene documenti assai
eterogenei (testi legislativi apparsi nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea,
brochure, articoli di carattere informativo pubblicati sul sito EUROPA, schede
SCADPlus, che presentano sintesi della legislazione dell’Unione), ho scelto di
condurre un’analisi trasversale. Uno studio dedicato ai documenti del Comitato
economico e sociale (Cosmai 2003; si veda anche Giambagli 1992), che prende
in considerazione tre diversi livelli espressivi – le formule standardizzate, la
terminologia tecnica e il testo libero – ci fornirà le grandi linee per l’analisi del
nostro corpus. Per quanto concerne le formule standardizzate, il traduttore
non ha quasi alcuna libertà di scelta: se un testo contiene espressioni fisse, esse
devono essere sempre tradotte allo stesso modo. Nel caso della terminologia
tecnica, visto il gran numero di settori nei quali l’Unione interviene e visto il
ruolo della Commissione come iniziatore del diritto, il traduttore si trova di
fronte a termini terminologici che richiedono ricerche approfondite ed una
particolare attenzione alla precisione. In compenso, il testo libero dà una certa
libertà al traduttore, che può principalmente essere esercitata nei documenti di
carattere informativo. Andremo a presentare e a commentare alcune scelte del
traduttore italiano riguardanti il linguaggio metaforico, i giochi di parole e, per
la sintassi, la traduzione dall’inglese degli epiteti a catena non senza aggiungere
alcune considerazioni stilistiche. In ogni parte di quest’ultimo capitolo, verrà
inoltre preso in considerazione il ruolo che possono concretamente svolgere,
nel processo di traduzione, gli strumenti informatici di aiuto alla traduzione,
presentati nel capitolo precedente.
11
1. Il multilinguismo nell’Unione Europea.
Considerazioni e riflessi sulla traduzione
Inspector Cabillot est el autentiquo
europeano polizero qui fighte contra
el mal por eine Europa van pax und
prosperity donde se speake eine sola
lingua: de Europanto.
Diego Marani, Las adventuras des
inspector Cabillot
1
1.1. Introduzione. Dopo gli ultimi allargamenti
Dopo l’entrata di due nuovi paesi, la Bulgaria e la Romania, nell’Unione
Europea
2
, che conta attualmente 27 Stati membri, l’attenzione dell’opinione
pubblica si è nuovamente concentrata sul tema del multilinguismo. È per tal
motivo che ho voluto mettere in evidenza di questo primo capitolo una frase in
1
1999, Mazarine, Paris.
2
Il termine “Unione Europea” è stato introdotto dal Trattato sull’Unione Europea
(TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 7 novembre 1993.
Con tale trattato, si supera l’obiettivo economico iniziale della Comunità ed è la
volontà politica che si afferma. L’Unione Europea è infatti costituita da tre pilastri. Il
primo comprende le « Comunità europee », ovvero la Comunità economica europea
(CEE), che diventerà la Comunità europea (CE) con il TUE; la Comunità europea
dell’energia atomica (CEEA o EURATOM); e la Comunità del Carbone e dell’Acciaio
(CECA). Il secondo instaura la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e il terzo
riguarda la cooperazione nei campi della giustizia e degli affari interni (JAI) (si veda
Draetta, 2004; 32). Occorre inoltre notare che i rapporti nei settori del primo pilastro si
sono concretizzati fin dall’inizio in organizzazioni internazionali dotate di personalità
giuridica internazionale e di organismi che perseguono gli interessi generali degli Stati
membri. I rapporti del secondo e terzo pilastro sono concepiti come collaborazioni tra i
governi, in cui gli Stati membri rappresentano i loro particolari interessi. Nello studio,
utilizzerò i termini « Unione Europea », « Comunità europea », « Comunità Europee » e
« Unione » come sinonimi.
12
« europanto », una nuova lingua creata da Diego Marani, interprete al Consiglio
dell’Unione Europea, come parodia dell’esperanto. La particolarità più stimata
dell’europanto è che lo si può apprendere senza studiarlo, poiché è sufficiente
esprimersi nella propria lingua e di infarcirla di termini di lingue straniere che si
conoscono. Si ha quindi la possibilità di essere compreso da una numero più
grande di persone pur conservando come base la nostra lingua madre. Forse,
l’europanto non diventerà mai la lingua ufficiale dell’Europa ma, secondo me,
rappresenta molto chiaramente che cos’è il multilinguismo in Europa: ovvero
un miscuglio non soltanto di lingue ma di culture, il fondamento dell’« unità
nella diversità »
3
, che costituisce il motto dell’Unione Europea e il cui elemento
più caratteristico è proprio la moltitudine delle lingue parlate in Europa (si veda
Cosmai 2003: 1). Questo multilinguismo è stato spesso associato al mito della
Torre di Babele, luogo di disordine e di confusione per antonomasia (si veda
Mori 2001: 51), in particolare a proposito del « conflitto tra due legittimità,
quella della diversità linguistica e della riduzione delle lingue di comunicazione
in nome dell’efficacia dell’azione » (Graspe 2002: 9). In occasione dell’entrata
della Bulgaria e della Romania, all’inizio dell’anno 2007, un articolo apparso in
una rivista italiana evocava la metafora di « Babele » non soltanto a proposito
delle lingue ma degli usi e dei costumi delle quarantamila persone che formano
l’« Eurocittà » all’interno della città di Bruxelles (si veda Bianchi 2007: 76). A
tale immagine disforica, altri hanno opposto quella del Giardino dell’Eden, in
cui l’uguaglianza
4
tra le lingue comunitarie diviene la condicio sine qua non per
l’accettazione dell’identità e della cultura dell’altro (si veda Heynold 1999: 5;
3
Il motto, che è stato ufficialmente proclamato a Bruxelles il 4 maggio 2000, è stato
scelto in seguito al concorso « Un motto per l’Europa » al quale hanno partecipato
80.000 giovani.
4
Si ritornerà in seguito sul regime linguistico dell’Unione Europea e anche sul concetto
di « uguaglianza » tra le lingue ufficiali.
13
Mori 2001: 51). Per altri ancora, la ricchezza delle lingue dell’Europa costituisce
l’atout dell’Unione e il funzionamento stesso di istituzioni
5
che riuniscono
migliaia di funzionari di tradizioni culturali e linguistiche estremamente diverse,
costituisce un « considerevole raggiungimento », una conquista considerevole
(Coulmas 1991: 2). Il multilinguismo dovrebbe quindi essere considerato più
come un’incitazione che come un ostacolo, ed è tale per tale ragione che
l’Unione Europea cerca di mantenere e di difendere le identità nazionali (si
veda Cosmai 2003: 2)
6
.
Il 1° gennaio 2007 segna un nuovo progresso dell’Unione Europea:
vengono ad aggiungersi altri due paesi, e l’Unione arriva a comprendere 27
Stati membri, cifra inconcepibile fino a qualche anno. Il nuovo allargamento è
caratterizzato da due eventi di portata considerevole. In primo luogo, il fatto
che il multilinguismo è stato istituito in un portafoglio distinto al fine di porne
in primo piano la dimensione politica nell’Unione in considerazione della sua
importanza per la formazione iniziale e continua, la competitività economica,
l’impiego, la giustizia, la libertà e la sicurezza
7
. La Commissione europea
allargata è adesso composta da 27 membri
8
, corrispondenti al numero degli
5
Secondo il Titolo 1 della quinta parte della versione consolidata del Trattato che
istituisce la Comunità europea, le istituzioni della Comunità non sono che cinque,
ossia: il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione, la Corte di giustizia e la
Corte dei Conti. Il Comitato economico e sociale e il Comitato delle regioni hanno un
carattere consultativo.
6
Nel Trattato di Maastricht, si esprime il desiderio « di approfondire la solidarietà tra i
[…] popoli [degli Stati membri] nel rispetto della loro storia, della loro cultura e delle
loro tradizioni » e all’articolo 6 viene sottolineato che « l’Unione rispetta l’identità
nazionale dei suoi Stati membri ».
7
MEMO/07/80 del 23 febbraio 2007.
8
Una volta che il Trattato stabilisce una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29
ottobre 2004 ed entrato in vigore, la Commissione sarà « composta da un numero di
membri, compresi il presidente e il ministro degli Affari esteri dell’Unione, i quali
corrispondono ai due terzi del numero di Stati membri, a meno che il Consiglio
14
Stati dell’Unione. I due nuovi commissari sono Megleva Cuneva, bulgara,
incaricata della protezione dei consumatori, e Leonard Orban, rumeno,
incaricato del multilinguismo, un portafoglio che, fino alla fine del 2006, era
compreso in quello dell’istruzione, della formazione e della cultura del quale
era incaricato Ján Figel. Nel discorso del 27 febbraio 2007
9
, durante la riunione
con la Commissione della cultura e dell’istruzione del Parlamento europeo,
Leonard Orban ha messo in evidenza che il « multilinguismo era, fin dall’inizio,
iscritto nel codice genetico dell’Unione » e che è « un vero e proprio atout per
la Commissione sul triplice piano economico, sociale e culturale ». Inoltre, egli
fa riferimento alla funzione trasversale e al fatto che deve « essere preso in
dovuta considerazione in tutti i settori di attività dalla preservazione e dalla
valorizzazione della diversità linguistica da un capo all’altro dell’Unione ».
Il secondo fatto considerevole è che, con l’allargamento, le lingue ufficiali
sono passate da 20 a 23, con l’aggiunta del bulgaro, dell’irlandese e del
rumeno
10
. Se, nel 2001, ci si ponevano già delle domande sul funzionamento
europeo non decida, all’unanimità, di modificare tale numero ». Malgrado la riduzione
del loro numero, i commissari verranno « selezionati tra i cittadini degli Stati membri
secondo un sistema di rotazione uguale tra gli Stati membri ».
9
http://ec.europa.eu/commission_barroso/orban/policies/doc/sp_070227_FR.pdf.
10
Il Codice di redazione interistituzionale (publications.europa.eu/code/fr/fr‐
000300.htm) sottolinea che i termini « irlandese » e « gaelico » non sono sinonimi,
visto che quest’ultimo designa il gruppo delle parlate celtiche di Irlanda e di Scozia,
mentre l’irlandese designa il gruppo di parlate celtiche di Irlanda. Il codice sottolinea
inoltre che la prima lingua ufficiale d’Irlanda è l’irlandese (avente l’inglese lo statuto di
seconda lingua ufficiale). A proposito di quest’ultima lingua, occorre sottolineare che è
oggetto di un regime speciale, scaglionato su cinque anni a partire dal 1° gennaio 2007,
il quale prevede che soltanto i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento
europeo e dal Consiglio saranno tradotti in irlandese. L’articolo 2 del regolamento (CE)
n° 920/2005 (Gazzetta Ufficiale L 156 del 18/06/2005, p. 3) prescrive che: « In deroga
al regolamento n.1 e per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di
applicazione del presente regolamento, le istituzioni dell’Unione europea non sono
vincolate dall’obbligo di redigere tutti gli atti in irlandese e di pubblicarli in detta lingua
nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Il presente articolo non si applica ai
regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio ».
15
dell’Europa con più di undici lingue (si veda Cunningham 2001)
11
, adesso se ne
contano 23, eppure senza funzionare senza ostacoli. Resta tuttavia il problema
della « politica linguistica » dell’Unione Europea che, secondo Cosmai (2003: 2)
è una « non questione », perché i padri fondatori si sono limitati a trovare dei
palliativi giuridici che sono rimasti inalterati nel corso degli anni. A sua volta,
Felloni (2004: 3) fa riferimento a diversi studi sul tema e sottolinea che risulta
difficile poter parlare di una vera politica sul multilinguismo, poiché l’Unione si
è praticamente limitata ad affermare l’uguaglianza tra le lingue ufficiali e ad
aumentarne il numero dopo ogni allargamento senza adottare decisioni
coerenti in materia. Converrebbe quindi parlare di « politiche linguistiche », al
plurale, perché tutte le decisioni prese in materia sono essenzialmente una
manifestazione dei particolari interessi di ogni Stato membro e non riguardano
quasi l’autorità sovranazionale dell’Unione.
Secondo Labrie (1993: 78), il fatto che l’irlandese è divenuto una delle lingue ufficiali
quasi 50 anni dopo l’istituzione della CEE, anche se è la prima lingua ufficiale della
Repubblica d’Irlanda, potrebbe essere « attribuibile alla debole proporzione di
irlandesi che parlano tale lingua che parlano quotidianamente tale lingua, anche in
Irlanda ». A tal proposito, occorre sottolineare che anche il maltese si trova in una
situazione particolare, anche se è divenuto lingua ufficiale nel 2004: il regolamento
(CE) n. 930/2004 (Gazzetta Ufficiale L 169 del 1.5.2004, pp. 1‐2) prevede che « per un
periodo di tre anni a decorrere dal 1° maggio 2004, le istituzioni dell’Unione europea
non sono vincolate dall’obbligo di redigere tutti gli atti in maltese e di pubblicarli in
detta lingua nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ».
11
Il titolo del suo articolo « Can we cope with more than 11 languages » spiega bene la
sfida che l’allargamento « linguistico » avrebbe rappresentato per l’Unione europea.