PREFAZIONE
Questa ricerca nasce dalla volont à di comprendere il regime fascista e la società italiana tramite i loro rapporti con il cinema dei telefoni bianchi. Sembra chiara la gerarchia di questi rapporti: al vertice sta il regime con il suo potere di controllare la produzione cinematografica, ma in parte anche il pubblico; il film rimane in mezzo – incentivato e controllato dal regime, desiderato dagli spettatori; il pubblico sembra posizionarsi in basso – consumatore passivo di opere cinematografiche per poi rivelarsi attivo plasmando i film attraverso la propria fantasia e creando una propria, nuova visione del mondo, pronta a ribaltare la gerarchia esistente, almeno con l'immaginazione.
Anche se il protagonista della ricerca è il cinema, essa inizia con alcune domande rispetto al passato dell'Italia. Fu il fascismo autoritario rispetto al cinema? Fu il fascismo un totalitarismo perfetto nel suo progetto culturale? Riusc ì il fascismo a controllare la nascente societ à di massa? Le risposte andranno cercate nel cinema dei telefoni bianchi.
Il periodo di produzione cinematografica in considerazione è quello tra il 1930 – anno dell'avvento del sonoro in Italia – e il 1943 – anno della caduta del fascismo
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. La prima data riguarda un notevole mutamento del linguaggio audiovisivo, la seconda invece un avvenimento di enorme interesse per la storia italiana. La storiografia del cinema stabilisce l'apertura di questo periodo, la storiografia politica dell'Italia ne sancisce la chiusura. Le due storiografie in questione sono intimamente connesse e rispetto a questa ricerca non possono prescindere una dall'altra pure quando non c'è un legame diretto tra gli avvenimenti politici e quelli nel mondo del 1 Si potrebbero individuare due “cadute” del fascismo in Italia: la prima interna, il 25 Luglio 1943 e la seconda con la liberazione il 25 Aprile 1945.
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cinema. Tra il 1929 e il 1936 il regime fascista godette il maggior consenso
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degli italiani; nello stesso periodo in Italia usc ì il primo film sonoro
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, fu fatta una legge a favore della produzione cinematografica italiana
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; nel 1937 venne inaugurata Cinecitt à ed entr ò in vigore la legge Alfieri
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. Dal 1938 invece si verific ò un forte declino del consenso fascista, i consensi precedentemente ottenuti scomparirono gradualmente con le leggi razziali, con l'autarchia che promosse per il cinema la legge sul Monopolio nazionale, con il Patto d'Acciaio, con l'inizio della guerra fino al 1943 quando il fascismo cadde. Questa ricerca si prefigge l'obiettivo di esaminare il cinema dei telefoni bianchi sia negli anni in cui il fascismo sembr ò interpretare bene i desideri della popolazione italiana per poterne guadagnare il consenso, sia negli anni del declino del consenso e della guerra. Nonostante le diverse circostanze nei due periodi storici in questione queste commedie non cambiarono sensibilmente e le loro trame sembrano trattare sempre gli stessi argomenti passionali e amorosi. Questi film “scacciapensieri” comico sentimentali trasmisero una serie di messaggi al pubblico di allora, ne influenzarono i comportamenti, suscitando desideri e sogni. Non raccontarono la realt à ma una serie di invenzioni, di mondi possibili altrove. Tralasciarono gli aspetti pi ù evidenti del mondo fascista per rappresentarne altri, taciuti. Preferirono non specchiare la societ à per indagarne i sogni, proporre nuove aspirazioni, trasformarne le idee.
Questi film dimenticano la realt à, nascondono la dittatura e la violenza senza lasciarne alcuna traccia riconoscibile e mostrano ci ò che era 2 Nell'interpretazione di Renzo De Felice, il fascismo italiano fu un regime che si basava sul consenso della popolazione. Il periodo di maggior consenso al regime riguard ò gli anni dal 1929 al 1936. v. DE FELICE RENZO, Mussolini il duce. Gli anni del consenso. 19291936, Torino, Einaudi, 1974; e DE FELICE RENZO, Le interpretazioni del fascismo, Bari, Laterza, 1969;
3 La canzone dell'amore di Gennaro Righelli, 1930
4 Legge n. 918 del 18 giugno 1931 v. BRUNETTA GIAN PIERO, Cinema italiano fra le due guerre. Fascismo e politica cinematografica, Milano, Mursia Editore, 1975;
5 Regio decretolegge del 21 febbraio 1938, promossa dal ministro Dino Alfieri
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permesso mostrare. Spesso propongono i valori cari al fascismo
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quali la disciplina, l'accettazione delle gerarchie sociali, la modernit à, l'ordine, l'obbedienza e l'eroismo. Altrettanto spesso propongono l'individualismo, il benessere materiale, i nuovi consumi, il lusso, l'emancipazione femminile, i nuovi rapporti tra i sessi mettendosi contro l'ideologia del regime. Il cinema dei telefoni bianchi afferma alcuni dei valori fascisti per subito negarne altri. Le trame dei film presentano identit à ingannevoli e misteriose, personaggi ambigui, costruiscono fastidiosi malintesi e simpatici fraintendimenti ma tutto si risolve nel lieto fine.
La tesi si propone di esplorare l’universo filmico del cinema dei telefoni bianchi sotto un profilo storico per riuscire a capire la societ à che ha prodotto quel cinema e che ne è stata influenzata. Bisogna considerare i rapporti molteplici tra societ à e cinema: il rapporto tra il regime e i produttori e gli autori dei film, la nascente cultura di massa e il consumo culturale del cinema, il pubblico ampio e variegato e non solo di élite.
Il cinema ha molti aspetti diversi di cui verranno presi in considerazione soltanto alcuni, funzionali per rispondere alle domande inizialmente poste. Verr à indagato il cinema come mezzo di comunicazione di massa – quindi strumento al servizio del regime fascista e al suo progetto di costruzione del consenso, ma anche prodotto culturale accessibile a una moltitudine di persone e non pi ù limitato alle classi sociali pi ù alte. Il cinema come industria verr à analizzato solo in quanto legato a un regime che vuole indirizzare i suoi sviluppi in una direzione precisa tramite una legislazione di divieti e finanziamenti. Paradossalmente l'industria cinematografica degli anni '30 non riusc ì a diventare economicamente indipendente
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Il cinema come arte verr à esaminato solo parzialmente e 6 Bisogna sempre tenere a mente la distinzione tra “fascismo movimento” e “fascismo regime” anche
se il periodo della ricerca si riferisce solo al regime. Dei residui del “fascismo movimento” erano
presenti anche negli anni in cui il fascismo era un regime a tutti gli effetti. DE FELICE, op. cit.;
7 v. BRUNETTA, op. cit.;
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superficialmente, cercando i legami tra il messaggio trasmesso dal mezzo cinematografico, come forma e contenuto, e le possibili aperture del pubblico verso stili di vita nuovi. L'estetica che il cinema comico di quegli anni condivide con altri mezzi di comunicazione, come le riviste e le pubblicit à, è l'estetica della cultura e della societ à di massa. Questi gusti particolari non riguardano solo le opere culturali ma si riferiscono a un modo di vivere totalmente nuovo, spesso ispirato al cinema e diffuso come modello grazie ad esso. Andranno cercate delle analogie semantiche tra cinema e societ à, collegandoli tramite la cultura di massa, oggi respinta come portatrice di omologazione, e il consumismo, oggi demonizzato. Il cinema, la cultura di massa, il consumismo verranno esaminati come delle novit à rispetto alla societ à italiana degli anni '30 e quindi come rotture, discontinuit à e future trasformazioni possibili. Il cinema dei telefoni bianchi concedeva una relativa libert à agli artisti impegnati in questo genere, libert à limitata ma sicuramente maggiore rispetto a quella della stampa e meno controllata rispetto ad altri generi cinematografici che si permettevano di raccontare lo squadrismo o il regime fascista. I “telefoni bianchi” erano un campo di espressione artistica dai contenuti apolitici e per questo motivo gli artisti godevano il vantaggio di trattare i temi consentiti dal regime nel modo in cui preferivano. Il controllo fascista riguardava i contenuti del cinema dei telefoni bianchi ma non la forma in cui venivano espressi. Si trattava in parte di un genere cinematografico evasivo che non voleva affrontare i problemi nella societ à italiana conservando i presupposti del regime, ma nello stesso tempo forniva al pubblico una fonte d'ispirazione per ipotizzare una vita afascista. La domanda principale posta all'inizio della ricerca era rivolta al regime fascista e non al cinema. Se quel regime, rispetto al cinema, fosse stato 5
davvero totalitario e autoritario. La domanda è molto ampia e ci sono diversi aspetti sotto i quali si potrebbe interpretare. Un'altra domanda potrebbe essere: a prescindere dall'intenzionalit à dei suoi autori, il cinema dei telefoni bianchi era un complice oppure un nemico del regime fascista?
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PERCHÉ I TELEFONI BIANCHI?
L'interesse di questa ricerca per il genere dei telefoni bianchi è determinato dal loro grande successo e la loro popolarit à tra il pubblico dell'epoca. L'apprezzamento degli spettatori si presenta in netto contrasto con le opinioni e i giudizi dei critici. Il valore artistico e le qualità formali dei film non sono rilevanti per questo studio che invece vuole prescindere dallo status di arte di queste commedie ed esaminarle come agenti di storia. La posizione che assumono i “telefoni bianchi” all'interno della storia del cinema è pi ù che modesta ma la mediocrit à artistica non comporta altrettanta mediocrit à come fonti per la storia.
Le commedie dei telefoni bianchi rappresentano una gran parte del cinema d'intreccio
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del periodo storico in questione e quindi sono una parte rilevante del panorama della cultura di massa. “Il cinema, oltre che come documento filmico, pu ò costituirsi in fonte per lo storico anche in un'altra accezione [...] E' un versante, lungo il quale l'attenzione si sposta sulla «rappresentativit à» del film nei confronti della produzione cinematografica coeva.”
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La rappresentativit à di questo genere evasivo è indubbia e questa ricerca si propone di studiarne i contenuti senza giudizi di valore. Il potenziale del cinema dei telefoni bianchi
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si riscontra sia in quello che i film raccontano esplicitamente, che in quello che tacciono. Le loro narrazioni semplici poggiano su un intreccio amoroso e sentimentale 8 Questa ricerca prende in considerazione solo il cinema d'intreccio, tralasciando il cinema
documentario che ha una importanza completamente diversa. Rispetto ai generi cinematografici più
diffusi vedi DE LUNA GIOVANNI, L'occhio e l'orecchio dello storico. Le fonti audiovisive nella ricerca e nella didattica della storia che viene ripreso successivamente nella parte dedicata ai telefoni bianchi.
9 DE LUNA, op. cit., p. 60;
10 De Luna spiega come “Per il cinema […] si propone un metodo di lettura storica che comporta sempre un percorso di «andata e ritorno» dal film al «presente» che lo ha prodotto, al dibattito storiografico su quel presente, per ritornare al film e alle sue potenzialit à informative come «fonte».”, DE LUNA, op. cit. p. 11;
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tralasciando completamente una serie di aspetti della vita.
“Pensiamo al «cinema dei telefoni bianchi» come documentazione per lo studio del fascismo: se lo usiamo per una storia politica del fascismo, il suo potenziale informativo è di scarso interesse; se per ò cambia l'oggetto della ricerca, se cambiano le domande dello storico e quindi le strutture informative che quelle domande attivano nella fonte, quegli stessi film rivelano straordinari documenti di come era strutturato allora l'immaginario collettivo degli italiani, testimoniandone i sogni di consumi domestici pi ù alti, un incipiente benessere, il primo timido diffondersi di modelli di vita «metropolitani».”
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I telefoni bianchi sono dei film piacevoli e rassicuranti che insieme al solito intreccio passionale riescono a evocare un benessere incondizionato e una felicit à inesistenti nella societ à di allora, ma immaginabili e forse avverabili. Queste commedie sembravano donare serenità e distacco dai problemi agli spettatori, almeno nella durata della proiezione. Ottaviano racconta come “Tra il 1940 e il 1942 l'incremento dei biglietti venduti fu di oltre 100 milioni […] Gli strazi della guerra pi ù che indebolire aumentarono i desideri di evasione in celluloide. [...] generalmente si trattava di esili e brillanti commedie ambientate in poco problematici salotti borghesi. Fu del resto il genere dei cosiddetti 'telefoni bianchi' ad essere il pi ù apprezzato dal pubblico”
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11 Idem, pp. 2526, corsivo dell'autore;
12 OTTAVIANO CHIARA, Mezzi per comunicare. Storia, societ à e affari dal telegrafo al modem, Torino, Paravia scriptorium, 1997, p. 72;
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PREMESSE DI METODO.
IL RAPPORTO TRA CINEMA E STORIA
La scelta di studiare il cinema da un punto di vista storico si collega alla volontà di contestualizzare il genere dei telefoni bianchi nel panorama culturale degli anni '30 e capire chiaramente in che modo vi si inseriva.
Il cinema possiede molteplici aspetti. Arte, industria, mezzo di comunicazione di massa, arma di propaganda... L'elenco è potenzialmente infinito e la prevalenza di uno di questi aspetti sugli altri dipende da una serie di circostanze. Nei suoi rapporti con la storia, il cinema assume molte identit à diverse che dipendono dal metodo di studio adottato. Se il cinema è un organismo complesso ed eterogeneo, la cui essenza è difficile se non impossibile da stabilire, il film è la sua manifestazione concreta che può essere fonte per la conoscenza storica, strumento per la narrazione della storia, agente di storia. Anche in questo caso l'approccio di studio stabilisce l'identit à del film.
Il mezzo audiovisivo potrebbe essere un eccellente strumento per raccontare la storia – obiettivo che il cinema dei telefoni bianchi non si propose mai. E' un cinema che non si rivolge al passato e non ci serba alcun punto di riferimento, se non nei passati personali dei protagonisti, nelle storie individuali. La dimensione cronologica fonde il presente insieme al futuro per raccontare un presente inesistente, irreale e fiabesco, attuabile in un futuro di benessere utopico. Questo genere indaga la modernit à, poco presente nella societ à italiana di quegli anni, quindi parla del futuro che va facendosi presente.
Il film è sempre e comunque una testimonianza del proprio tempo, una fonte per la storia del periodo in cui fu prodotto, anche se di interpretazione difficile. Il cinema dei telefoni bianchi riflette poco la 9
società che l'ha prodotto ma ne rispecchia indubbiamente la tendenza di evadere verso un futuro che non sia quello previsto dal regime fascista. Gli avvenimenti raccontati non hanno alcuna affinit à e pressoch é nessun legame con la realt à concreta del periodo storico, presentano una minoranza esigua della societ à italiana che diventa maggioranza nella narrazione filmica
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, probabilmente suggerendo al pubblico che ci ò sia realizzabile.
Il cinema è uno dei protagonisti della cultura di massa e anche un agente di storia. La sua influenza sul pubblico degli anni '30 fu forte e indiscussa. Il cinema propose modelli di bellezza e stili di vita, fece immedesimare gli spettatori e le spettatrici nei divi del grande schermo suscitando desideri e passioni, facendo cambiare l'opinione pubblica, la moda, i rapporti tra i sessi. I film comunicarono agli spettatori le tendenze del momento – una vita priva di problemi e piena di divertimenti, gite, balli, sport, passeggiate, passatempi piacevoli e amore, in netto contrasto con la vita di sacrifici, disciplina e obbedienza al servizio del regime.
Sorge spontanea la domanda sull'intenzionalit à di una fonte storica. I film sono sempre fonti intenzionali in quanto nascono per comunicare. Fino a che punto i produttori, i registi, gli sceneggiatori, gli attori erano consapevoli di far cambiare la vita a tante persone? Sicuramente essi erano ignari di molti dei messaggi che oggi, con il senno di poi, possiamo scorgere nei loro film. Da una parte il cinema proponeva una fuga dalla realt à in un mondo immaginario, una specie di purificazione dalla sofferenza della vita reale, che frenava la reazione nel mondo reale. La distrazione e il divertimento equilibravano la negativit à della vita quotidiana e ne contrastavano i problemi, li facevano pesare di 13 La maggioranza dei protagonisti del cinema dei telefoni bianchi sono benestanti, borghesi o aristocratici: un quadro che non rispecchiava la situazione reale in Italia sotto il fascismo, v. DE LUNA GIOVANNI, op.cit., 1993 e in particolare il capitolo “Brutti film e ottime fonti”;
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meno. Dall'altra parte i film incentivavano l'immaginare una realt à alternativa al regime e una societ à che ne fosse svincolata. Il fascino delle pellicole cinematografiche stimolava un interesse per la cultura di massa che valorizzava l'individualit à, ma allo stesso tempo la riduceva a una serie di scelte di consumo. Rispetto al regime fascista il cinema dei telefoni bianchi era uno strumento di emancipazione, ma non offriva certo i mezzi per dar valore alla cultura di massa. A decenni di distanza dagli avvenimenti, queste considerazioni sembrano banali e scontate ma servono alla costruzione di legami tra storia e cinema che diventino ponti di collegamento e comunicazione tra queste discipline. Il rapporto tra storia e cinema non deve mai essere gerarchico, pena la perdita di oggettività e la riduzione di uno a strumento dell'altra e il contrario. Dovrebbe esserci uno scambio in entrambe le direzioni – dal cinema alla storia e dalla storia al cinema. La storia pu ò ricostruire il contesto sociale e culturale del cinema dei telefoni bianchi, che a sua volta, pu ò aiutare una ricostruzione della memoria del regime. La complessit à di questo approccio è un valore aggiunto e non un inutile e superfluo allargamento degli elementi messi in campo dalla ricerca.
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SECONDA PARTE
IL CONTESTO STORICO
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CONTESTO STORICO
Il fascismo sal ì al potere grazie alla forza e alla violenza per poi trasformarsi in un vero e proprio regime dittatoriale. La politica fascista non poteva durare a lungo contando solo sul potere coercitivo, quindi il regime doveva assicurarsi anche il consenso degli italiani. Mussolini stesso invocava la necessit à della “forza” e del “consenso” dalle pagine della rivista Gerarchia e lavor ò alla costruzione di una dittatura che coinvolgesse le masse in una partecipazione rituale al fascismo
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, un'adesione non politicamente attiva. La concordia, cos ì ambita da Mussolini
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, doveva essere costruita tramite una serie di provvedimenti, tesi a ottenere il consenso delle masse. La necessit à di lavorare su questo progetto implicava la collaborazione e coordinazione di molti settori diversi.
Quando il Duce conquist ò il potere il principale mezzo di comunicazione di massa fu la stampa periodica. Inizialmente il controllo dei giornali, tramite minuziose indicazioni sugli argomenti da evitare e da affrontare – le veline, era sufficiente per assicurare una rappresentazione della realtà, consona ai desideri del fascismo. Questo provvedimento non poteva bastare, perch é i lettori dei quotidiani erano un numero esiguo, quindi il consenso doveva essere assicurato dalla scuola, dal dopolavoro, dalle varie organizzazioni fasciste, dalle adunate, dalle cerimonie. Vennero fondate numerose istituzioni con compiti specifici – l'Opera Nazionale Balilla, Giovent ù Italiana del Littorio, le Giovani Italiane, l'Opera Nazionale Dopolavoro, i Gruppi Universitari Fascisti, l'Istituto nazionale fascista della cultura, l'Accademia d'Italia, il Ministero per la 14 GENTILE EMILIO, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell'Italia fascista, Bari,
Editori Laterza, 1994;
15 Il Duce dichiar ò in varie occasioni che: “(...) la disciplina, la concordia, il lavoro sono elementi necessari per la ricostruzione della Patria”, in MUSSOLINI BENITO, I discorsi agl'italiani, Roma, Giorgio Berlutti editore , p. 40;
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