il viaggio sia una prova, attraverso il cui superamento l’identità e la personalità
dell’eroe che lo compie possa uscirne rafforzata, purificata e migliorata, ed è
ancora oggi un aspetto messo in rilevo da molti turisti e viaggiatori che si
apprestano a compiere un viaggio, più o meno, avventuroso. Per quanto
riguarda invece la seconda forma di mobilità umana, quella imposta, Leed ne
rintraccia l’antecedente mitico nel primo viaggio cristiano per antonomasia, la
cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva. Alla coppia, il viaggio fu imposto come
una punizione per avere commesso il primo peccato, aver mangiato il frutto
della conoscenza. Essi furono costretti a vagare e peregrinare, lavorando terre
aride e improduttive, e fu proibito loro per sempre di tornare all’abbondanza del
giardino dell’Eden. È quest’ultimo aspetto, il ritorno, un altro importante
elemento di differenziazione. Nei viaggi eroici, volontari, il ritorno del
protagonista è una componente quasi costante, che permette all’eroe di
dimostrare in patria il valore e le conoscenze acquisite durante l’assenza lontano
da casa. Pensiamo, ad esempio, all’Odissea. In origine faceva parte di un ciclo
di racconti epici chiamati Nostoi, ritorni, e racconta appunto il nostos del suo
protagonista. Per Ulisse il viaggio, significativamente, è un ritorno: cioè serve,
non a portare l’eroe ad una meta, ma a ricondurlo circolarmente, sano e salvo e
fatto più esperto, al suo originario punto di partenza. La circolarità connota il
percorso non come fine a se stesso, ma funzionale ad un’acquisizione di
esperienza e di conoscenza. Vediamo come questi, siano degli aspetti presenti, o
che quantomeno dovrebbero esserlo, anche in gran parte dei viaggi che oggi
vengono compiuti a scopo turistico. Se infatti la circolarità è la figura che
connota ed è ricorrente dai viaggi eroici fino al turismo attuale, vediamo,
invece, come sia la linearità la forma peculiare di quei viaggi che, iniziati con la
cacciata dal paradiso, hanno via via nel tempo, assunto la foggia della diaspora,
dell’esilio o della migrazione. Sono queste delle partenze che raramente
prevedono un ritorno, sovente sono delle fughe, e spesso non arricchiscono o
rinforzano l’identità del viaggiatore, ma la feriscono e la rendono ambigua.
Questa breve parentesi si è resa indispensabile per inquadrare quale sia la forma
di viaggio oggetto di questa tesi, quella, appunto, volontaria, circolare, dalla
5
struttura tripartita, partenza-transito-ritorno, e che prevede un arricchimento
dell’identità di chi lo compie. Si analizzerà l’evoluzione di questo tipo di
esperienza nell’attuale fenomeno turistico, mettendo in luce quegli aspetti che la
rendono un esperienza necessaria per l’uomo e costante nella sua storia. Si
tenterà di capire cosa si intenda oggi per arricchimento della identità attraverso
il viaggio, e cosa ricerchi il moderno viaggiatore. Si sosterrà , prendendo spunto
dalle tesi espresse da Dean Maccannell nella sua magistrale opera sul turista,
3
che ciò che il viaggiatore ricerca, è un’autenticità della quale, nell’attuale
società, l’uomo si sente carente. Afferma infatti il sociologo americano: “Il
progresso della modernità (la «modernizzazione») dipende dal suo effettivo
senso di instabilità e inautenticità. I moderni pensano che realtà e autenticità
siano altrove: in altri periodi storici e in altre culture, in stili di vita più puri e
più semplici.” Si sosterrà come, nell’attuale società ed era della globalizzazione,
in cui tutti vanno dappertutto, tutto potrebbe sembrare uguale dappertutto,
l’unico modo attraverso cui questa ricerca possa raggiungere degli esiti positivi,
sia rivedendo il concetto stesso di autenticità, non un ideale statico e immutato,
ma un concetto negoziabile e in continua evoluzione. E una volta stabilito
questo, attraverso i contributi di antropologi come James Clifford o Marco
Aime, si vedrà come questo tipo di autenticità non debba essere ricercato nel
luogo in cui il viaggio conduce, bensì nel modo in cui il viaggio si compie.
Queste considerazioni nascono innanzi tutto da una constatazione oggettiva: la
continua e costante crescita del fenomeno turistico. Vediamo brevemente alcuni
dati che ci possono dare l’idea della portata del fenomeno.
Secondo i risultati del rapporto Tourism Satellite Accounting 2006, realizzato
dal World Travel & Tourism Council (WTTC) e Accenture, il giro d’affari del
settore Travel and Tourism mondiale nel 2005 ha superato i 6000 miliardi di
dollari. I dati rivelano una crescita del settore pari al 5.7% dal 2004 al 2005.
Sempre secondo i dati del rapporto 2006 del WTTC, nei prossimi 10 anni
(2007- 2016) è prevista una crescita annua del 4,2%, le spese da parte dei
3
D. MacCannell, Il turista. Una nuova teoria della classe agiata, Utet Libreria, Torino 2005.
6
visitatori stranieri cresceranno fino a quasi 900 miliardi di dollari, grazie
all’aumento dei viaggi internazionali, traducendosi in una crescita in termini
reali del 6,5%.
La misura di questi dati, assume una rilevanza ancora maggiore, se letta e
contestualizzata all’interno di un momento di generale recessione economica
4
,
di un diffuso aumento dei prezzi, di una difficoltà da parte di tante famiglie di
giungere, con una serenità economica, alla fine del mese. Eppure il settore
turistico continua a crescere, anzi, si adegua e si modella sui bisogni dei suoi
consumatori. Alcuni operatori turistici, ad esempio, offrono vacanze rateizzabili
e soggiorni da sogno a costo zero (per lo meno all’inizio). Il consorzio Piccoli
Alberghi di Qualità, ci propone, ad esempio, “vacanze al mare serene e
gratificanti, lontane anni luce dallo stress della città, dal tran tran lavorativo,
dai piccoli e grandi problemi della vita quotidiana... senza spendere un euro.
Pagherete con comodo al vostro rientro: non dovrete fare altro che contattare
direttamente l'albergo contrassegnato dal simbolo specifico e richiedere il
modulo per il finanziamento“.
5
Anche l’azienda Imperatore, che si definisce una
società leader nel turismo verso il sud Italia , ci offre “una vacanza finanziata a
tasso zero, da pagare in 6 comode rate, con un importo finanziabile fino a l
75% del costo totale del viaggi, da un minimo di 500 euro ad un massimo di
2500 euro”.
6
E come loro, tanti altri tour operators e istituti finanziari,
propongono agevolazioni o finanziamenti, per chi vuole partire, ma non può
permetterselo.
A questo punto, una domanda sorge, quantomeno, spontanea: cosa spinge così
tanta gente a partire, cosa porta le persone addirittura ad indebitarsi, pur di
diventare turisti per un po’?
Thorstein Veblen, alla fine dell’800, avrebbe risposto a questa domanda
attraverso la teoria del «tempo libero vistoso» e del «consumo vistoso».
7
Nel
corso della sua analisi sulla classe agiata, Veblen riconosce il turismo a lui
4
Secondo il FMI l’economia mondiale rischia una severa recessione. Vedi il sito www.Ilsole24ore.com
5
www.piccolialberghi.com
6
www.imperatore.it
7
T. Veblen, La teoria della classe agiata, Einaudi, Torino 1971, in D. Maccannell, Il turista. Una nuova
teoria della classe agiata, Utet Libreria, Torino 2005.
7
contemporaneo, che corrispondeva sostanzialmente con quello delle elite
aristocratiche, come una tipica esibizione di tempo libero vistoso, ossia una
maniera per ostentare lusso e agiatezza, in una società nella quale, la ricchezza,
era alla base del prestigio sociale. Il sociologo va ben oltre l’analisi del
fenomeno turistico, arrivando a formulare una teoria generale sui consumi,
ancora oggi attuale. Quello che però interessava evidenziare in questa sede, è
che il turismo venga letto da Veblen come una sorta di status simbol.
Dire che ancora oggi il viaggiare, rappresenti uno status simbol, è sotto molti
punti di vista corretto e pertinente. Probabilmente non è più solo un simbolo di
ricchezza, ma anche di altri valori come il cosmopolitismo, la conoscenza,
l’intraprendenza, che oggi sono fonte di prestigio sociale.
Ma l’indagine svolta in questa tesi, vuole andare un po’ oltre questa lettura del
fenomeno, e rintracciarne e metterne in luce quegli elementi universali e quegli
aspetti necessari, che lo rendono così pregnante e costante nella nostra società.
Vuole però riflettere anche sul perché, nonostante queste caratteristiche, il
turismo non sempre si dimostri all’altezza di rispondere a questi bisogni
universali e necessari. Se infatti, come abbiamo già anticipato e come nel corso
della tesi dimostreremo, quello che l’uomo moderno ricerca nel viaggio è
l’autenticità, è anche vero che da più parti il turismo viene stigmatizzato come
esperienza inautentica per eccellenza. Cercheremo di risolvere questa
contraddizione con l’ausilio di strumenti e concetti messi a disposizione
dall’antropologia. Innanzitutto attraverso una panoramica di quei contributi che,
dagli anni ’70 ad oggi, sono confluiti e hanno dato vita ad un campo di studi
specifico: l’antropologia del turismo. Affronteremo le due componenti del
turismo separatamente. Prima analizzeremo la figura del viaggio, gli aspetti
peculiari che lo rendono, in molte culture, un momento rituale, metteremo in
luce le caratteristiche che rendono la mobilità un’esperienza costante nella storia
umana, capace di influenzare e modellare epoche storiche, identità collettive ed
individuali.
Successivamente esamineremo la figura dell’ospitalità, prestando particolare
attenzione al momento dell’incontro, inteso come contatto e scambio tra l’ospite
(host) e l’ospitato (guest). È questo il momento in cui, probabilmente, la ricerca
8
e l’eventuale conquista dell’autenticità, diventa più evidente. Anche in questo
caso sarà l’antropologia a fornirci gli strumenti per l’indagine. Sarà proprio
attraverso la revisione di concetti come cultura, tradizione ed autenticità,
operata da alcuni antropologi mossi da un bisogno di rinnovamento nei
confronti della disciplina, che le contraddizioni di cui il turismo si trova ad
essere oggetto, verranno sanate.
9
CAPITOLO 1
ATROPOLOGIA E TURISMO. NASCITA
E SVILUPPO DI UN FECONDO
SODALIZIO.
Nonostante gli strumenti antropologici si dimostreranno essenziali per lo
sviluppo di questa tesi, è doveroso precisare che l’interesse della disciplina nei
confronti del turismo non fu assolutamente scontato, fu piuttosto controverso,
perlomeno all’inizio, e arrivò con parecchio ritardo rispetto a quello di altre
discipline. Questo avvenne per diversi motivi. Innanzitutto, per un generale
ritardo con cui l’antropologia accademica decise di interessarsi a fenomeni
originatisi all’interno della propria società generatrice, quella occidentale, post-
industiale, cosiddetta “complessa” o “sviluppata”, dalla quale proviene una gran
parte degli studiosi in materia.
In secondo luogo, questo ritardo, è dovuto ad un diffuso pregiudizio di cui fu
oggetto il turismo, visto da intellettuali e studiosi in genere, ma dagli
antropologi in particolare, come una piaga, qualcosa di kitsch, legato ad un
errore di massa e causa di devastazioni culturali e paesaggistiche.
8
Vediamo,
allora, cosa avvenne e cosa rese possibile, intorno agli anni ’70, il nascere di
questo sodalizio tra antropologia e turismo, e quali furono e come vennero
superati ostacoli e pregiudizi, che sino a quel momento avevano reso la
disciplina tanto refrattaria nei confronti di un fenomeno così pregnante
all’interno della propria società.
1.1 Nuovi incontri e nuovi orizzonti per l’antropologia.
Intorno agli anni ’70, l’antropologia attraversò quella che venne definita “crisi
della rappresentazione etnografica”. All’interno di questa crisi, quello che prima
di tutto venne messo in discussione, fu il modo in cui la disciplina sino ad allora
8
F. La Cecla, Turismo: supponendo che sia una cosa divertente, in O. Löfgren, Storia delle vacanze, Bruno
Mondatori, Milano 2001.
10
aveva guardato, studiato e parlato di culture “altre”, e soprattutto il modo in cui
queste “culture altre” potessero essere legittimamente rappresentate all’interno
di un testo etnografico. Tra i maggiori assertori di queste istanze, ci fu Clifford
Geertz. Fu egli l’iniziatore di quella prospettiva di ricerca chiamata
“antropologia interpretativa”, la cui nascita può essere datata nel 1973, con la
pubblicazione, proprio da parte di Geertz, di Interpretazione delle culture. È
necessario esporre brevemente i punti salienti messi in rilevo da questa
prospettiva, poiché è proprio al suo interno che si creerà quel sostrato che, negli
anni immediatamente successivi, renderà possibile il germogliare di un interesse
nei confronti del turismo.
A livello epistemologico, l’antropologia interpretativa pone il problema della
conoscibilità delle culture in termini di una visione dall’interno delle culture
stesse. Servendosi di concetti quali “etico” ed “emico”, termini che stanno ad
indicare due diverse prospettive di analisi, di cui la prima dà particolare valore
alle teorie dell’osservatore e mette in secondo piano (o ignora completamente) il
punto di vista dell’osservato, la seconda, al contrario, tiene quest’ultimo in
particolare considerazione attraverso un’analisi centrata sulle categorie interne
ad una determinata cultura, l’antropologia interpretativa avanza la questione dei
mezzi che consentono di raggiungere la conoscenza dell’altro, ossia la
traduzione di una cultura in un'altra. Secondo Geertz la cultura può essere
paragonata ad un testo, compito dell’antropologo è “sfogliare” ad uno ad uno i
suoi significati stratificati, sino a raggiungerne la trama nascosta, ossia la
comprensione della cultura, che definisce “comprensione densa”. Questa si può
raggiungere attraverso un processo conoscitivo che si articola sull’alternanza di
due tipi di concetti, quelli “vicini” e quelli “lontani” dall’esperienza del nativo.
La descrizione etnografica, secondo Geertz, deve muoversi a zig zag tra i
concetti vicini all'esperienza della popolazione studiata e i concetti lontani
dall'esperienza, in modo che non sia né intrappolata nell'orizzonte concettuale
nativo e nella sua immediatezza, ma neanche sia una descrizione fredda,
asettica, priva di tonalità e ingabbiata in astrazioni scientifiche. Parallelamente a
un nuovo modo di interpretare la cultura, la prospettiva interpretativa focalizzò
la sua attenzione su un nuovo modo di concepire la cultura stessa, passando da
11
una concezione di realtà sociale intesa come insieme olistico di valori, costruito
intorno a schemi che si riperpetuano nel tempo, continuamente sfidati dal
mutamento storico, ad un’idea di cultura quale sistema aperto, definito da
Geertz “negoziazione di significati”. I germi di questo nuovo modo di intendere
i sistemi sociali, si possono rintracciare già nei primi anni ’50, all’interno di
quelle linee di ricerca, sviluppatesi in Francia, e definite come “prospettive
critiche”. È infatti a Balandier (1973) che si deve la formulazione di concetti
come “dinamica interna” e “dinamica esterna”, che saranno appunto forieri di
questa nuova concettualizzazione della cultura. Analizzando le trasformazioni
sociali cui erano soggette diverse culture africane da lui studiate, entrate a
contatto con società occidentali attraverso quella che egli definisce “situazione
coloniale”, Balandier concluse che ogni tipo di società, ma in special modo
quelle tradizionali, fossero sottoposte a due tipi di dinamica, una interna e una
esterna. Con la prima si intende l’attitudine di ciascuna società di
autotrasformarsi sulla spinta delle proprie contraddizioni interne. Con la
seconda, la capacità, sotto la pressione di forze sociali esterne, che ha una
società di rimodellare le proprie istituzioni, strutture e credenze. Queste prime
intuizioni, verranno poi inglobate, reiterpretate e sistematizzate da studiosi come
Geertz, Clifford ed altri innovatori della disciplina. Ma è proprio grazie al
riconoscimento della capacità propria di ogni tipo di cultura di trasformarsi,
modellarsi, rinnovarsi a contatto con altri tipi di società, persino occidentali, e
non necessariamente soccombere o venire inglobate in esse, che si creano i
presupposti per guardare sotto una nuova luce al fenomeno turistico. Riuscire a
vedere le altre culture, soprattutto quelle più lontane e sperdute, che sovente
sono anche quelle che destano di più l’interesse turistico, non come soggetti
passivi a rischio di contaminazione, bensì come complessi attivi in grado di
captare gli imput provenienti dall’esterno e rielaborarli in funzione del proprio
passato e delle proprie tradizioni, è stata la premessa necessaria che ha
permesso lo sviluppo di un campo specifico di analisi quale l’antropologia del
turismo, attraverso il passaggio da “uno studio antropologico di culture
attraversate dal fenomeno turistico”
9
ad uno studio del fenomeno turistico
9
A Simonicca, Turismo e società complesse. Saggi antropologici, Meltemi editore, Roma 2004, p. 37.
12
attraverso una prospettiva antropologica. Poco più avanti vedremo come questo,
sia un aspetto per molti versi innovativo e rivoluzionario, che ha consentito lo
sviluppo e l’ampliamento dei campi di indagine nei quali agisce la neonata
branca dell’antropologia. Intanto, fermiamoci ancora un attimo ad illustrare altri
contributi che si resero indispensabili per la sua nascita.
Quasi contemporaneamente alle crisi e ai rinnovamenti all’interno
dell’antropologia, numerosi fermenti, nuovi interessi e nuove prospettive di
indagine, interessavano anche altre discipline, tra cui la sociologia. È proprio al
suo interno che vedrà i natali una nuova corrente di studi, che dagli anni ’60 in
poi andrà sviluppandosi, prima in Inghilterra, e che successivamente andrà
diffondendosi anche in altre aree geografiche. Stiamo parlando dei cultural
studies, una corrente che si sviluppò all’interno dell’Università di Birmingham,
inizialmente con un interesse sociologico-letterario verso un confronto tra testi
letterari e cultura di massa, nello specifico della working class inglese, e che
successivamente ampliò in suo raggio di interesse verso tutto quanto riguardasse
la cultura di massa in genere. In particolare, i cultural studies, guardano alla
contemporaneità, adottando per la prima volta l’ottica del contatto e del
comparativismo, applicandolo allo studio di media, del consumo e della
comunicazione tra culture. Proprio il turismo diventerà uno dei temi preferiti.
Un aspetto caratteristico dei cultural studies fu proprio quello di sfuggire da
classificazioni e catalogazioni riguardo alla propria natura disciplinare, ossia il
trovarsi ad una sorta di crocevia tra varie discipline, adottandone, di volta in
volta, le diverse prospettive di analisi. Il riuscire a guardare ai fenomeni di
massa e ai consumi, non più attraverso un’ottica esclusivamente economica, ma
anche servendosi di strumenti messi a disposizione dalla psicologia, dalla
sociologia e dall’antropologia, fu uno dei contributi più rilevanti che i cultural
studies offrirono allo sviluppo di uno studio sul turismo e di una sua
rivalutazione come fenomeno sociale. Grazie a questi presupposti,
l’antropologia inizierà ad interrogarsi sulle motivazioni simboliche di attività
come il consumo ed in particolare il turismo, a ritenere che determinate pratiche
sociali possano essere rivelatrici del modo in cui la società moderna costruisce il
suo patrimonio simbolico e di come a sua volta ne è costruita, attraverso un
13