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Introduzione.
L’idea di questo lavoro nasce alla visione del film Gli ultimi giorni dell’umanità di Enrico
Ghezzi e Alessandro Gagliardo, uscito nel 2022.
Il 4 novembre 2022 ho avuto l'opportunità di partecipare all'anteprima di Bologna, e lì, in Sala
Scorsese del Cinema Lumière, ho avuto il privilegio di vedere il film insieme ai registi. Il
lungometraggio, di 196’ minuti, è un documentario di found footage (ovvero quella pratica con
cui attraverso la ricerca, lo smontaggio e il rimontaggio di materiali preesistenti, vecchi film e
filmati d’archivio, si producono nuovi prodotti audiovisivi) e rappresenta la “biografia” di
Enrico Ghezzi, figura di spicco nel panorama culturale italiano, conosciuto per il suo ruolo di
autore televisivo e critico cinematografico.
Ghezzi è principalmente noto per il lavoro svolto alla Rai, dove dal 1987 fino al 1994 ha
supervisionato il palinsesto del terzo canale della rete nazionale. In Rai 3 ha creato nel 1988 i
contenitori notturni Schegge e soprattutto Fuori orario. Cose (mai) viste, le cui puntate sono
introdotte in prima persona dal critico (negli ultimi anni meno presente a causa dei problemi di
salute). Nel 1989 insieme allo storico direttore di Rai 3, Angelo Guglielmi, crea Blob, uno dei
programmi più longevi della storia della televisione italiana, tutt’oggi in produzione. Ciò gli
consente di diventare un volto familiare per il pubblico italiano e, attraverso il suo lavoro in TV ,
di mettere a punto un linguaggio mediatico singolare e innovativo, che ha segnato un punto di
rottura con gli schemi tradizionali della televisione italiana (e mondiale). Fuori dal suo impiego
televisivo Ghezzi è una figura poliedrica che si occupa di critica cinematografica, scrittore di
libri e saggi, che ha collaborato con diversi artisti alla realizzazione di opere musicali, che ha
diretto rassegne e festival (come quello di Taormina) e che ha anche girato numerosi film,
documentari e cortometraggi.
Il suo ultimo lungometraggio, Gli ultimi giorni dell’umanità (che deve il nome all’omonima
opera letterario-teatrale del 1919, dello scrittore austriaco Karl Kraus), nasce dalla volontà di
Alessandro Gagliardo, che con il suo Malastradafilm
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dedica la sua vita alla ricerca
dell’archivio audiovisivo, di provare a realizzare un film partendo proprio dallo sconfinato
archivio privato di Enrico Ghezzi, il quale ha passato “una vita camera alla mano”. Ciò che ne
è uscito fuori è un (non)film (così lo definiscono gli autori stessi e poi i critici italiani già
all’uscita) il cui corpo è costituito oltre che dai filmati di Enrico Ghezzi, da materiali «di diversi
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https://malastradafilm.com/about/
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archivi internazionali ed estratti da film di Ferrara, Debord, Sokurov, Tarr, Straub&Huillet,
Syberberg, Wakamatsu, Paradžanov, Iosseliani, Bertolucci, Bene, Fellini e altri grandi autori»
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.
Vedendo il film in sala, ma poi anche alle successive visioni, ho riflettuto sul fatto che il lavoro
di Ghezzi e Gagliardo potesse (finalmente) essere il raggiungimento di un’opera
cinematografica totale. Mi sono chiesto, più nello specifico, quali significati porta la
definizione di ‘totale’ e ‘totalità’ nell’ambito delle opere cinematografiche e artistiche in
generale, e se possa esistere un’opera che racchiuda in sé la “totalità delle cose e della storia”.
Un’opera artistica può essere “totale”? O può contenere dentro di sé delle “totalità”? «Può
esistere, a parte Dio, qualche ente che abbia tali caratteristiche?».
Ciò che si vuole fare in questa sede è dimostrare la tesi secondo cui Gli ultimi giorni
dell’umanità di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo è contenitore di quelle che possono
essere definite ‘totalità’. Di cercare di capire se esso stesso può essere definito un’‘opera totale’,
e soprattutto scoprire cosa voglia dire il termine “totalità” nel campo delle arti e del cinema. Si
indagherà il concetto di ‘totalità’ nell’ambito dell’opera artistica attraverso un’indagine che
parte da chi, per primo, ha fondato la propria opera sulla convinzione di un’‘opera d’arte totale’,
ovvero Richard Wagner con la sua teoria della Gesamutunkswerk, per poi arrivare a (ri)scoprire
nuovi significati della cognizione di totalità, più moderni e più adatti al cinema, negli scritti di
Walter Benjamin, le cui tesi Sul concetto di storia non solo stravolgono l’idea stessa di storia,
ma portano anche avanti una visione “monadologica” in cui viene riqualificata la preesistente
nozione di monade; il ‘sigma’ dentro cui sono contenute “le totalità della storia”. In questa
ricerca si arriverà a scoprire come queste monadi possono essere portatrici di totalità, e come
esse sono strettamente legame alla natura del cinema, tanto da rappresentare la pasta - la materia
- di cui è fatto Gli ultimi giorni dell’umanità.
Nello specifico ciò che si cercherà di fare in questa tesi è:
1) Ricercare i primi significati che il termine Gesamutunkswerk ha assunto alle sue origini,
analizzando gli scritti e il pensiero di Richard Wagner, il cui fulcro delle ideologie è la
nozione di fusione delle arti nel Dramma. Successivamente queste convinzioni verranno
messe in relazione al lavoro svolto da Ghezzi e Gagliardo in Gli ultimi giorni
dell’umanità;
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Dalla sinossi ufficiale del film
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2) Verranno poi esaminate le evoluzioni che le teorie wagneriane hanno raggiunto nel
ventesimo secolo, dopo la nascita del cinema. Difatti, il campo di ricerca di Wagner
rimane sempre il teatro, nel dettaglio l’opera lirica (il genere teatrale e musicale
prediletto nell’800, in cui l’azione scenica è accompagnata dal canto e dalla musica).
Confinate nel suo tempo, le tesi di Wagner sembrano trovare un vero sbocco solo dopo
la scoperta del cinema, quando nei primi del ‘900, si iniziano a sperimentare tutte le
possibilità che la ‘settima arte’ propone. Alcuni ne parlano (i futuristi italiani su tutti),
altri le mettono in pratica (i registi dell’avanguardia russa tra i primi), queste nuove
potenzialità che il cinema sembra portare con sé. Verranno dunque esaminate nel
secondo capitolo le tesi e i manifesti delle avanguardie europee del primo ‘900.
Anch’esse poi, come nel capitolo primo, verranno utilizzati per ritrovarne degli esempi
simili in GUGDU (con questo abbreviativo ci si riferirà il più delle volte al film d’ora
in avanti);
3) Verrà inoltre analizzato GUGDU, alla fine di questi primi due capitoli, fuori dai
paragoni con i pensatori dell’800 e ‘900, scandagliando ed elencando quelle che sono
le sue totalità in senso quantitativo, o più propriamente la ricchezza del suo ‘corpo’,
dovuta all’abbondanza di elementi che lo costituiscono e figli delle scelte eterogenee di
Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo. Quindi tutte le forme d’arte che contiene al suo
interno (le opere teatrali, scultoree, architettoniche, figurative, musicali), e di
conseguenza i suoi elementi sonori, visivi e storici, che rendono tale film ‘totale’ anche
da un punto di vista quantitativo e retrospettivo sulla storia delle arti, che è poi anche la
storia stessa dell’uomo;
4) Infine, dalle avanguardie, si passerà a setacciare il lavoro e il contributo di un pensatore
come Walter Benjamin, per esplorare il legame tra storia e totalità attraverso il concetto
benjaminiano di Storia e la nozione di monade portati avanti dal filosofo berlinese. Fino
ad arrivare ai pensieri di Guy Debord e del suo “vicino” Enrico Ghezzi.
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Le fonti utilizzate per questo lavoro sono:
- Certamente gli scritti di Richard Wagner, con particolare riferimento a Opera e Dramma,
sintesi della sua poetica;
- I libri di teatro e di estetica e filosofia musicale inerenti a Wagner;
- Le tesi e i manifesti delle avanguardie del ‘900: dai Manifesti del futurismo italiano, agli
scritti dei registi del cinema russo d’avanguardia;
- Scritti di autori di cinema e teatro, con un occhio di riguardo agli appunti di “una figura dei
due mondi” come Orson Welles;
- Le tesi di Walter Benjamin, specie le tesi Sul concetto di storia, e gli scritti di Guy Debord,
anche attraverso il concorso di un suo studioso come Giorgio Agamben;
- Le fonti riguardanti Enrico Ghezzi, da interventi, a interviste, ai suoi libri (come L'acquario
di quello che manca, del 2021);
- Oltre a queste fonti bibliografiche, verranno richiamate quando necessario, delle citazioni
del regista Alessandro Gagliardo, che ho avuto modo di incontrare e intervistare nel giugno
del 2023 a Bologna (precisamente il 27 giugno, presso il Parco 11 settembre 2001). Più che
una vera e propria intervista ne è uscita fuori una lunga e ricca conversazione fatta di
considerazioni su Gli ultimi giorni dell’umanità, il modus operandi che ha accompagnato
il film, la figura di Enrico Ghezzi e altre riflessioni riguardanti il cinema in senso lato, che
ho registrato e poi trascritto in un secondo momento.
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I. GESAMTKUNSTWERK- LA FUSIONE DELLA MUSICA, DELLA
POESIA E DELLA DANZA
Gesamtkunstwerk è un termine tedesco che in italiano è traducibile con “opera d’arte totale”,
introdotto per la prima volta nel 1827 in Germania dal filosofo e teologo Karl Friedrich
Eusebius Trahndorff, ma divenuto famoso a metà del 1800 quando il compositore, registra
teatrale e saggista Richard Wagner teorizza e prova a mettere in pratica questa ‘opera d’arte
totale’, ovvero l’opera d’arte del futuro in cui tutte le arti coincidono. Nei tre scritti più
importanti di Wagner, Arte e rivoluzione (Die Kunst und die Revolution, 1849), L'Opera d'arte
dell'avvenire (Das Kunstwerk der Zukunft, 1849) e soprattutto Opera e dramma (Oper und
Drama, 1851), il compositore tedesco espone le sue teorie su questo progetto artistico ideale
(che lui ricerca nella drammaturgia classica greca) in cui musica, poesia e danza in particolare,
ma poi anche architettura e arti figurative, coincidono in un unico “organismo”.
I.1. Musikdram: Poesia & Musica
Per indagare sul concetto di totalità nell’ambito dell’opera artistica si deve senza dubbio partire
dal concetto di Gesamtkunstwerk (l’opera d’arte totale’) elaborato da Richard Wagner nella
metà dell’800. Per comprendere la Gesamtkunstwerk bisogna capire l’importanza che hanno
per Wagner la musica e la parola nell’ottica del Dramma
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(Musikdram in tedesco). Nel libro su
L'estetica musicale dal Settecento a oggi
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Federico Fubini, per introdurre la filosofia
wagneriana, cita il maestro dei romantici Carl Maria von Weber, difatti prima ispirazione delle
opere giovanili del compositore lipsiese
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. È già Weber, prima di Wagner, a ricalcare nel saggio
sull’ Undine di E.T.A. Hoffmann l’importanza della musica come arte:
«[...] qui sta il grande segreto della musica che può essere sentito ma non espresso... In una parola ciò
che è l’amore per l’umanità, la musica è per le arti e per la stessa umanità. Infatti, la musica è l’amore
stesso, il più puro, il più etereo linguaggio delle emozioni e mentre è capito nel medesimo tempo da
migliaia di genti diverse, non contiene che una verità fondamentale»
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.
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L’altro neologismo, insieme al Gesamtkunstwerk, con cui Richard Wagner identificava le sue opere.
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Enrico Fubini, L'estetica musicale dal Settecento a oggi, Einaudi, 2001.
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Riferito a Richard Wagner, nato nella città tedesca di Lipsia.
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C. M. von Weber, Sämmtliche Schriften, a cura di G. Kaiser, Berlino, 1908.