Palazzo Ducale e Castel S. Giorgio. Di contro, vi era la teoria
secondo la quale l'area interessata dall'insediamento etrusco e
romano fosse superiore, e che andava estesa nella prospiciente
zona che interessava la rotonda di S. Lorenzo e la via Accademia.
A supporto di tale teoria vi sono le ipotesi introdotte da Dal Zotto
Attilio (Vicus Andicus, Mantova 1930) e da Quaglia Romolo
(Mantova attraverso i secoli, Mantova 1933).
Tali ipotesi sono state avvalorate dai vari ritrovamenti avvenuti
nella zona del centro storico della città, che hanno permesso talora
di stabilire dei capisaldi per quanto concerne l'ubicazione di
precise strutture, e talora di ipotizzare la presenza di edifici
monumentali, strutture templari, tracciati stradali e ubicazione di
necropoli. Tra le principali campagne di scavo che hanno
permesso ciò vi sono: gli scavi del Seminario Diocesano del
1970/71, i ritrovamenti avvenuti nel corso del 1987 per quanto
concerne l'area della Rotonda di S. Lorenzo, con i resti di strutture
edilizie partenti dal III sec. a.C., e quelli afferenti ad un edificio
romano del II sec. d.C.; nel 2000 per la zona interessata dalla via
Accademia, con il ritrovamento di un pavimento romano a
mosaico databile al II sec. d.C.
La città di Mantova si è sviluppata nel corso dei secoli,
rapportandosi ad un milieu geografico particolare d’acque e paludi
che il Mincio formava nel suo scorrere verso il Po. Il primo
insediamento si deve alla civiltà etrusca, che antropizzò la Padania
nel VI sec. A.c. E’ invece attestata, sia dai reperti che dalle fonti,
l’insediamento romano risalente al I° sec. A.c., sito sulla parete
più alta dell’insula mantovana; il primo nucleo abitativo sarebbe
dunque sorto nell’attuale Piazza Sordello. In base ad alcuni
ritrovamenti archeologici, la lunghezza della civitas vetus è stata
calcolata di 260 m. circa, da cui possiamo dedurre la scarsa entità
del nucleo romano mantovano. I resti della cinta muraria, di età
tardo romana o alto medioevale, sono stati rinvenuti su i due lati di
un approssimativo quadrilatero, rimane invece incerto il loro
tracciato sugli altri due. Le mura, la cui funzione inizialmente era
difensiva, delimitavano un’area, stretta sul lato nord-orientale dal
lacus mantuanus e a meridione dal fossatum bovum, l’attuale via
Accademia, aldilà del quale si svuluppava il suburbio cittadino.
Secondo l’ipotesi degli studiosi, all’interno di quest’area
quadrangolare, cardo e decumano si incrociavano, immettendosi
rispettivamente nella vicinale “Gallica” verso Cremona e
“Romana” in direzione di Verona, mentre la porta di S. Pietro
metteva in comunicazione la civitas con il suburbio. Attraverso
questa arteria di origine romana si è sviluppata successivamente la
città.La Piazza Canonica S. Pietro (vi si giunge da Vicolo Gallo
e Vicolo S. Paolo), è dopo la Piazza Lega Lombarda il luogo più
alto di tutto il centro storico di Mantova, ha 24 mt contro i 17
mt delle zone più basse,il che fa pensare che in epoche lontane
possa avere svolto nella vita dell’abitato, cinto da acque
altrettanto insidiose quanto protettrici, un ruolo ben maggiore
dell’attuale. A Nord-Est e Sud-Ovest di tale superficie c’è il
vicolo S. Paolo e il listone (strada medioevale, per cui il vicolo S.
Paolo è un avanzo di quella strada) di Piazza Sordello, e si
trovano sulla stessa linea presso ria retta, che attraversa la piazza.
Storia culturale della città:
Fino all’età medioevale Mantova doveva sorgere nella parte nord-
orientale di un’isola formatasi fra le paludi, ora, prosciugate, fitte
di canneti, in cui si allargava il Mincio per la lenta corrente che
aveva in questo tratto. L’ostacolo, secondo Livio, doveva essere
superato da una parte. Il potenziamento delle difese naturali
costruite dalle diramazioni del Mincio mediante la costruzione di
mura, sin dall’età più antica, giustifica la rappresentazione della
città, di dimensioni modeste, rispetto alla vicina Verona, come
quella di un luogo fortificato. Secondo una tradizione richiamata
dagli Scholia Veronensia, Virgilio considera Mantova un’antica
fondazione etrusca dedotta oltre l’Appennino ad opera non di
Tarcoonte (come volevano gli autori citati dallo Scoliaste: Aulo
Cecina e Verrio Flacco), ma di Ocno In realtà nuovi ritrovamenti
di oggetti metallici e di materiali ceramici effettuati a Mantova
confermano, nonostante alcune perplessità (Chevallier, 1983-94)
che ad una penetrazione commerciale etrusca avvenuta tra il VII e
VI sec. A.c., lungo il corso dell’Oglio, ha fatto seguito nel V sec.
Una vera e propria attività di colonizzazione “in rapporto alla
grande fioritura dei commerci nell’Etruria Padana” testimoniata
dalla massiccia documentazione di siti presso la Valle del Mincio
(De Marinis 1984, 20-21). L’ipotesi di una conquista celtica
della città, in connessione con le migrazioni degli inizi del IV
sec., suggerita dal testo di Tolomeo(Geogr, 3,1,31) che compendia
Mantova nel territorio dei Galli Cenomani (Coniglio, 1958,23; De
Grassi 1961, 820; Arcolan 1982, 343) viene a porsi in conflitto
con l’affermazione di Plinio, che viene considerata attendibile :
“Manta Tuscorum trans Padum sola reliquia” (Nat. Hist., 3, 19,
130).
Mantova è situata sulla riva destra del Mincio, che, in prossimità
della città, disegna una profonda ansa, assumendo l'aspetto e le
dimensioni di un lago. La città sorge su due isolette create da
detriti depositati dal fiume Mincio, il quale tuttora circonda la città
da tre lati prendendo il nome di Lago Superiore, di Mezzo e
Inferiore. Una quarta diramazione (detta Lago di Paiolo) è stato
interrato alla fine del '700. Tutt'intorno si stende una pianura
verdeggiante molto fertile.
Per quanto concerne il periodo di insediamento pre-etrusco, tracce
di abitati vengono testimoniate fin dalla media-tarda età del
bronzo (XVI-XIII sec. a. C.). Furono evidentemente introdotte
modificazioni nel paesaggio, indotte dall'allevamento stabile e
dalla continua estensione del territorio coltivato: ciò portò ad un
arretramento delle aree forestali. Gli abitati dell'età del Bronzo
erano di tipo rurale ad economia sostanzialmente autosufficiente.
Nei primo decenni del V sec. A.c. si assiste al fenomeno della
colonizzazione etrusca. In tal periodo si assiste ad una crescente
fioritura della rete di scambi che percorre il territorio lombardo da
oriente verso occidente. Mantova fu fondata sulla più
settentrionale delle due o tre isole del Mincio, nel punto in cui il
corso del fiume si allargava a formare un piccolo lago, che verso
la fine del XII sec. d. C. fu in parte conformato artificialmente dal
Pitentino grazie alla costruzione del ponte-diga dei Mulini ed
all'escavazione dl Rio Vecchio, e che nel XVIII sec. d. C. si
ridusse notevolmente a causa del definitivo intero del lago del
Paiuolo a sud-ovest. La scelta del luogo fu motivata con ogni
probabilità dalla posizione forte perché difesa dalle acque, nonché
dalla presenza nella parte nord-orientale dell'isola di un dosso
naturale sufficientemente rilevato per essere al riparo dalle
inondazioni. L'altezza morfologica della zona si è poi
ulteriormente accentuata per l'accumularsi di una potente
stratificazione avvenuta in epoca protostorica.
Il lago mantovano non fu creato ex novo dai lavori del Pitentino
ma esisteva anche in epoca romana. Lo testimoniano Livio (Ab
urbe condita libri, XXIV, cap. 10 “Mantuae stagnum effusum
Mincio amni”); gli Scoli Danielini (Bucolica, IX, v. 10
“octingentos passus aquae, qua circumdata est”).
Le scoperte fino alla data del 1984 erano concentrate in un’area
ristretta di circa 250 mt. di lunghezza in direzione Nord-Est/Sud-
Ovest, e di 300 mt. in direzione Nord-Ovest/Sud-Est: Casa del
Rigoletto, Seminario Vescovile, Piazza Sordello, Questura, Piazza
Paradiso, Palazzo Ducale, Giardino del Padiglione. L’abitato
etrusco in apparenza coincideva con quello romano, ma è
probabile che fosse più esteso: infatti l’area dei principale
ritrovamenti copre una superficie di 7,5 ettari, e l’area romana di
per se stessa è molto ristretta.
Nel catalogo di storia patria del 1873 si registrano dei ritrovamenti
ascrivibili forse ad un contesto di tipo funerario, anche se non è
possibile più stabilire l’esatta ubicazione topografica. Ma vi è
citata l’espressione “argine del Lago Inferiore”, che è da
identificare con l’argine Zanetto, e quindi la scoperta andrebbe
collocata nei pressi del Migliaretto, circa 1750 mt. in linea d’aria a
sud-est di Piazza Sordello.
Il governo della città fu organizzato, come per le altre città
etrusche, in repubblica aristocratica retta da magistrati annui; era
presente la classe dirigente a cui erano assoggettati i lavoratori
agricoli, forse da identificare con popolazioni preesistenti
all’insediamento degli Etruschi e da questi assoggettati in un
secondo momento. Il dominio etrusco resistette a lungo, forse
grazie al fatto che la città fosse protetta da efficaci difese naturali;
a tal proposito ricordiamo il passo di Plinio che parla di Mantova
come “sola reliqua”. La caratteristica configurazione peninsulare
della città la rese una delle più munite fortezze italiane, ma ne
ostacolò lo sviluppo urbanistico, che fu necessariamente volto in
un'unica direzione, quella sud, attraverso la costruzione di varie
cinte murarie. Mantova era come una sorta di isola rotonda,
circondata da due rami del Mincio; il ramo di destra attualmente
non esiste più; esso convogliava nella Val Paiolo formando uno
stagno. Viene ricordato da Tito Livio ("Mantuae stagnum, effuso
Mincio amni cruentum visum"XXIV, 10).
Mantova per la natura del suo luogo non era un luogo idoneo alla
formazione ed allo sviluppo di un nodo stradale, e rimase
subordinata per questo motivo alla vicina Cremona.
I sondaggi condotti nell'area della città hanno raggiunto, tra molte
difficoltà di ordine logistico, gli strati più antichi, confermando
che Mantova risulta fondata nel corso del V° sec. A.c. Spesso ci si
è trovati di fronte a ritrovamenti sporadici ed isolati, frutto di
raccolte di superficie o di escavazioni fortuite, ma non bisogna per
questo sottovalutarne il significato. Da un punto di vista
puramente statistico, anzi, vanno considerati come spia e traccia di
una realtà che doveva essere di gran lunga più ricca e complessa di
quanto non risulti dalle testimonianze che abbiamo.
La maggior parte degli scavi sono stati condotti nell'arco degli
anni '80 dalla Soprintendenza: l'importanza di queste scoperte è
data dal fatto che consentono di dare una nuova dimensione al
concetto di Etruria Padana, nonché di meglio comprendere la sua
incidenza storica. La colonizzazione etrusca nell'area padana è
stata molto capillare ed in maggiore armonia con le fonti letterarie
in nostro possesso. Una di queste ultime in particolare attribuisce
agli Etruschi padani il merito di aver realizzato le prime opere di
regolamentazione del corso dei fiumi locali (Plinio, Naturalis
Historia, III, 120); grazie a ciò la zona ha potuto raggiungere un
altissimo livello di produttività agricola. Ricordiamo l’ipotesi del
Dal Zotto, secondo la quale la voce manta sarebbe un termine
mutuato dall’epoca gallica, e significherebbe “piccola elevazione
del terreno”. La discesa gallica travolgeva la dominazione etrusca,
ma non ne soffocava la civiltà, in quanto il complesso delle leggi
e delle usanze continuava ad essere di tipo etrusco; ciò favorito
anche dal fatto che i Galli non usavano abitare le città conquistate,
ma preferivano stare in aperta campagna. Le acque circondavano
la città quasi per intero e specialmente nel periodo delle piene essa
diveniva quasi un’isola tra i meandri del Mincio, il cui corso non
era ancora regolato né contenuto da argini. Per questo motivo
Mantova era adatta ad essere punto di difesa e di riparo in tempo
di guerra. In tempo di pace la sua posizione l’additava al
commercio fluviale.
Mantova viene ritenuta detentrice di un primato cronologico e
politico sull'Etruria padana, e testimonianza ne sono le fonti
letterarie in nostro possesso.
Con lo sviluppo dell'organismo politico etrusco nella pianura
padana, e la penetrazione commerciale greca, in particolare attica,
nell'Adriatico, Mantova venne ad acquistare un ruolo strategico
fondamentale sia come punto di confluenza delle rotte provenienti
dai centri portuali di Spina e di Adria, che di quelle provenienti da
Bologna attraverso l 'Etruria interna, sia come punto di partenza
della via che lungo il Mincio prima e la pedemontana poi
(Brescia, Bergamo), conduceva a Como. Le merci venivano
inviate per via fluviale, lungo il Po ed il Mincio, fino a Mantova,
che assunse il ruolo di principale centro di smistamento dei
prodotti controllati dagli Etruschi. Oltre alle ceramiche attiche, alle
anfore vinarie, ai vasetti di pasta vitrea policroma, provenienti
dalla Grecia, attraverso la direttrice commerciale della città
confluivano anche prodotti dei centri etrusco-padani (Felsina,
Melpum e Marzabotto) e dall'Etruria tirrenica, consistenti in
ceramiche e bronzi dalle forme tipiche. Da Mantova tutte queste
merci raggiungevano, lungo il Mincio, il lago di Garda, ed
arrivavano infine a Como passando per Brescia e Bergamo.
Dal Garda a Mantova il Mincio era navigabile nei tempi romani,
poiché esso poteva comunicare con l’Adriatico. Testimonianza di
ciò viene data da Catullo, in un’ode nella quale egli afferma che
dal mare Adriatico si veniva direttamente nel lago di Garda (“cum
veniret a mare Navissimo hunc ad usque lipidum lacum”, ode De
phasellis).
L'agricoltura e l'allevamento dovevano costituire la base
produttiva della regione. Gli Etruschi seppero sviluppare
pienamente le potenzialità della pianura padana, applicando al
meglio la scienza agrimensoria, di cui erano maestri. Le colture
cerealicole, di tipo estensivo, dovettero trovare grande
applicazione nella suddetta zona, dove l'abbondanza di terreno
disponibile, dopo le opportune bonifiche, iniziate già nel VI sec.,
richiamò certamente un gran numero di coloni dell'Etruria propria.
Alla coltura dei cereali dovette alternarsi la coltura delle
leguminose, come testimonia un ritrovamento di lenticchie in
grande abbondanza in un sondaggio di Piazza Sordello a Mantova.
Tramite lo sfruttamento agrario della zona, essi adottarono la
cultura a maggese del territorio. Separarono le terre vergini da
quelle coltivate, iniziarono le opere di bonifica, e sostituirono ad
un'economia prevalentemente pastorale un'economia basata su
un'agricoltura razionale o sul commercio. La penetrazione della
cultura etrusca nel cuore della Padania si era avvalsa delle vie
fluviali, che rimasero essenziali mezzi di comunicazione anche in
età romana. Le maggiori città etrusche sorgono di solito in
vicinanza di uno o più corsi d'acqua, capaci di fornire un
approvvigionamento idrico abbastanza costante ed al tempo stesso,
una facile via di comunicazione.
Per quanto concerne l'aspetto e la produzione prettamente artistica
della città, si assiste a fenomeni innovativi, quali l'introduzione di
forme vascolari di chiara ispirazione etrusca, l'introduzione del
tornio a ruota veloce e tecnologie decorative nuoce tra le quali
l'introduzione del rosso corallino per quanto concerne la superficie
dei vasi, e l'impasto che diviene arancine, in netto contrasto con
quello bruno della preesistente tradizione locale, nonché ad
esemplari fatti in argilla depurata; si assiste inoltre all'introduzione
di nuove forme vascolari; diventano frequenti le iscrizioni
vascolari. Nella creazione di nuovi scali commerciali etrusco-
padani, una delle direttrici partiva dal Mantovano, che era
divenuto punto di raccordo tra i centri etruschi a sud del Po e
quelli costieri di Spina e di Adria, e risalendo il corso del Mincio
toccava i centri del gardesano, come Peschiera. Diventava inoltre
punto di raccordo tra le direttrici commerciali greche, il che
permetteva l'introduzione di prodotti attici, e arrivando a Como.
Nel V sec. Quindi la pianura padana subisce una radicale e
profonda trasformazione dell'assetto sociale politico ed
economico, che si concretizza peraltro con la fondazione di centri
urbani, come Mantova sita a nord del Po, che si può annoverare
come città sita tra le principale vie di transito fluviali e terrestri. E’
evidente che il periodo dell’insediamento etrusco di Mantova era
caratterizzato da una fiorente economia, trovandosi ad essere trait
d’union tra le aree legate al commercio ateniese, al retroterra
padano e celtico d’oltralpe. In particolare Mantova è
probabilmente il più tardo tra gli insediamenti padani. La vivace
espansione avvenuto lungo la linea Mantova e insediamento
direttamente circostanti, testimonia che la creazione della città di
Mantova non fu un fenomeno insediativo isolato e poco
importante, ma si andò ad inserire in un'imponente
riorganizzazione del territorio da parte degli Etruschi, tese a
sfruttare ogni forma di opportunità economica offerta da un
grandioso sistema idrogeologico costituito da un valle fertilissima,
da un sistema idrografico navigabile e da approdi strategici per la
navigazione antica.
Lo stato attuale delle conoscenze archeologiche non ci permette di
fornire dati ben precisi nel confronto tra fonti letterarie e
testimonianze materiali, ma sappiamo del forte impatto che la
civiltà etrusca ha avuto su Mantova, sia per quanto concerne la
viabilità, gli insediamenti rustici, nonché per quanto concerne le
tecniche di bonifica e di agricoltura. E’ certo infatti che gli
Etruschi trovarono in Val Padana un paesaggio profondamente
diverso da quello a cui siamo abituati oggi, con aree paludose
alternate a vaste macchie boschive: per cui la messa a coltura del