Introduzione:
La mia tesi si propone di disegnare una breve storia sul Premio città di Ozieri,
importante premio letterario, nei suoi primi venticinque anni di vita, presentando
inoltre, un profilo di uno dei maggiori promotori di questa manifestazione:
Tonino Ledda. Dopo aver studiato, letto e cercato quanto più possibile, mi sono
resa conto di come, questa importante manifestazione abbia segnato un grado
davvero importante, non solo per la poesia sarda ma anche, per la letteratura. Ho
dunque lavorato attraverso una attività di ricerca di materiali eterogenei, in
particolare, mi ha impegnato l'analisi e la selezione di una serie di articoli di
giornale capace di rendere conto del peso avuto, tra il 1556 e il 1981 del Premio.
«La Nuova Sardegna», è stato il quotidiano che mi ha permesso di lavorare in
questa maniera, tesoro incredibile, ricco di notizie importanti ed
interessantissime. Mi sono dunque orientata nella ricerca di due tipologie di
articoli: in primo luogo, quelli che descrivessero il premio negli anni di mio
interesse e in seguito, gli articoli che riguardassero Tonino Ledda nelle vesti di
poeta, quindi, il giudizio della critica ed in particolar modo, le recensioni
riguardanti le sue opere. Senza dubbio, gli articoli più interessanti risultano quelli
riguardanti il premio, dai quali emergono vere e proprie polemiche e dispute tra i
poeti nei confronti della manifestazione. L'indagine ha permesso non solo di
osservare i vari orientamenti ma anche di valutare le pratiche letterarie emergenti.
Il lavoro, inizialmente molto più corposo, data la vasta quantità di materiale
si orienta prima di tutto su una descrizione della figura del Ledda, poeta fra i più
apprezzati dell'Isola. Il primo capitolo, accoglie una breve biografia dell'autore, in
cui ho cercato di raccogliere i dati più rilevanti riguardanti la sua vita, dai suoi
primi lavori fino al Premio Ozieri, senza trascurare i vari premi e i riconoscimenti
che l'autore ha ottenuto nelle massime manifestazioni letterarie italiane. In un
secondo momento, ho spostato l'attenzione su un breve excursus riguardante le
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sue opere: Tra la mia terra e il cielo, Canti e lamenti, Gesso inchiostro e...
Giuseppina ed infine, L'ora delle fate, materia del secondo capitolo. Ho ritenuto
necessario non lavorare solo su una semplice descrizione ricavata dai testi su
tutto ciò che si potesse estrapolare dell'autore, ma anche qui, ho voluto ricercare
attraverso la stampa quotidiana, se pur in maniera più limitata rispetto alla parte
del premio, le informazioni necessarie sulle opere del Ledda, in particolar modo
le recensioni e il peso di ogni suo lavoro. Anche in questo caso, si è tracciato un
bilancio dell'attività poetica dell'autore, dalle sue prime esperienze fino al suo
ultimo lavoro, operazione utile che ha chiarito cosa Ledda intendesse veramente
esprimere attraverso i suoi versi. Il terzo capitolo, offre uno sguardo generale sul
Premio e sulla cittadina di Ozieri.
La parte centrale rappresenta i risultati del lavoro di ricerca sui primi
venticinque anni del Premio Città di Ozieri, attraverso il recupero dei verbali e
degli articoli del giornale presenti sulla «Nuova Sardegna». Ho stilato una sorta
di resoconto che comprendesse i nomi dei giurati, i premi, i poeti premiati e per
la maggior parte delle edizioni, i riscontri sul quotidiano. Ovviamente per motivi
di spazio, ho cercato di concentrare la mia attenzione sulle edizioni più
documentate dalla stampa quotidiana senza tralasciare le dovute informazioni
sulle edizioni di minor risalto. Per ogni edizione, vengono riportati i nomi dei
vincitori e i titoli delle poesie premiate, attraverso le informazioni ricavate dai
verbali del premio. Maggiori informazioni sono invece contenute nelle edizioni
“più importanti”, se mi è permesso fare questa selezione, in cui ho inserito
maggiori dettagli. Ne risulta infine un lavoro di raccolta dei verbali e degli
articoli che davano spazio alla rassegna, interrotta nel mio caso, nell'anniversario
del venticinquesimo anno ma che ancor oggi in Sardegna, continua la sua lunga e
prestigiosa storia.
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II. Un poeta in continua evoluzione
TRA LA MIA TERRA E IL CIELO:
La prima opera di Tonino Ledda viene pubblicata nel 1957 col titolo Tra la
mia terra e il cielo, con prefazione a cura di Francesco Masala. L'autore è ancora
giovane quando si appresta a compiere questo lungo lavoro e quest'opera ancora
in fase di elaborazione, viene accolta serenamente dalla critica. Pino Careddu, in
un articolo inserito sulla «Nuova Sardegna», intitolato: Poesie di Tonino Ledda,
descrive un autore ancora acerbo, alle prese con un grosso lavoro. Le sue poesie
vengono apprezzate dai lettori, in cui traspare subito un linguaggio familiare,
ricco di illusioni, sentimenti e dolori di un giovane all'età di 28 anni. Si evince
pertanto dal suo stile così semplice e dalla sua forma così limpida e chiara che
l'autore, non rispecchia i canoni del tipico poeta sardo. Ledda infatti, sembra
accostarsi maggiormente allo stile del Masala rispetto a un poeta del calibro di
Cambosu e proprio da Masala, trarrebbe ispirazione per la rappresentazione della
realtà che non è arcadica e idilliaca come nelle opere di Cambosu, ma è viva,
reale, come pura descrizione delle gioie e delle sofferenze degli esseri umani.
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Careddu, evidenzia nell'opera due blocchi fondamentali, il primo, costituito da
componimenti dedicati ad ambienti familiari, mentre il secondo, mette in luce il
forte legame tra uomo e ambiente, utilizzando uno stile tendente al lirico e più
sentimentale rispetto la prima parte. Si scorge dunque un motivo interessante: il
passaggio dagli uomini che fanno parte e rappresentano la sua famiglia agli
uomini che rappresentano l'ambiente. Una volta pubblicata l'opera, si presenta
strutturata in tre parti:
• La mia terra
• Gli uomini
• Il cielo
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12 P. Careddu, Poesia di Tonino Ledda, in, «La Nuova Sardegna», 25/06/1957, n.150, pag.3.
13 Ibidem,
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Un disegno tripartito è presente in quasi tutta la produzione dell'autore e, a
partire dal titolo, si evincono i motivi chiave dell'ispirazione di Ledda, nel
produrre l'opera. La terra, è senza dubbio la Sardegna, la terra madre del poeta,
un'isola sofferente ma piena di speranze ed il cielo, rappresenta l'attesa e quindi,
un binomio costante che si pone tra realtà e sogno. La prima e la seconda parte
dell'opera, presentano una materia vastissima.
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Masala pone l'attenzione
principalmente sulla seconda, dove, secondo il critico, emerge la vera anima
poetica dell'autore: gli uomini, infatti, rispecchiano perfettamente la situazione
esistenziale di Ledda. La seconda parte risulta essere meno vasta delle altre, con
una concentrazione proiettata verso le persone più vicine e care al poeta, la
sezione dunque, si caratterizza per un forte potenziale lirico, grazie all'utilizzo di
parole semplici ma cariche di significato. È il caso della poesia dedicata alla
madre, in cui Ledda è capace di fornire una descrizione molto naturale e
realistica, tale da rendere la poesia semplice ma di forte impatto emotivo.
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L'opera, riscuote notevole successo, apprezzata dalla critica, viene recensita in
diversi articoli presenti sulla «Nuova Sardegna». Fra i primi apparsi troviamo
quello della poetessa Gemma Licini, nella «Nuova Sardegna», del 1957,
intitolato: Un poeta sardo, dove si parla De la mia terra e il cielo.
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La Licini, descrive in un primo momento il linguaggio utilizzato nell'opera e
la sua espressività, quasi elementare ma così profonda che riesce a raggiungere
l'animo umano. Un libro, in cui l'uomo tende la mano al Signore e chiede aiuto
per la sua terra, così arida e così povera. Insomma, secondo la Licini, leggere
l'opera di Tonino Ledda è come un tuffo nel passato, ricercando la freschezza
della gioventù.
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14 Ibidem,
15 F. Masala, Poesie di Tonino Ledda, in, «La Nuova Sardegna», 17/10/1957, n. 247, pag. 3.
16 Ibidem,
17 Gemma Licini ,Un poeta sardo, dove si parla de La mia terra e il cielo, in, «La Nuova
Sardegna», 29/10/1957, n. 257, pag.3.
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CANTI E LAMENTI:
Canti e lamenti è il secondo lavoro composto dal poeta nel 1965 per
l'Editrice sarda F.lli Fossataro. L'opera, è il risultato di una profonda maturità che
traccia una impronta indelebile nella carriera letteraria del poeta.
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Come Tra la
mia terra e il cielo, presenta una struttura in tre parti:
• La mia città
• Ai fratelli di pelle scura
• Poemetto Nuragico
Si presenta pertanto sotto forma di continuazione dell'opera precedente, con un
preciso impegno nella rappresentazione della realtà, tema assai caro al poeta e
riproposto più volte nel corso delle raccolte, quasi fosse il filo conduttore di tutta
la sua produzione poetica. Proprio da questa realtà, emerge l'essenza di questa sua
fatica letteraria, una visione del reale, messa in luce sia attraverso il piacere che
attraverso il dolore. Da qui la scelta del titolo, Canti e Lamenti.
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In un articolo presente sulla «Nuova Sardegna» del 1965, intitolato Poesia, di
Tonino Ledda, è contenuta la prefazione del libro di Ledda curata dall'amico
Antonio Sanna, in cui, attraverso questa corposa introduzione, delinea le linee
chiave in cui il poeta si è orientato nella composizione della raccolta,
proseguimento del lavoro precedente ma, analizzato e spiegato in maniera tale
che il lettore non trovasse una frattura tra le due opere e che non considerasse la
prima, come una serie di poesie racchiuse entro un volumetto, senza un preciso
senso logico.
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L'opera, presenta una struttura dai caratteri intensi e profondi,
come è profondo il suo legame con la sua amata terra della quale rimane sempre
legato. Sono le sofferenze ed il dolore che ruotano intorno a questo lavoro, una
concezione vissuta, non solo entro i confini della terra sarda, bensì allargata
anche al di fuori dall'Isola. Sarebbe un grave errore considerare il disegno di
18 A. Sanna, Poesia di Tonino Ledda, in, «La Nuova Sardegna», 20/06/1965, n. 145, pag.3.
19 A. Sanna, in, Tonino Ledda, Canti e Lamenti, editrice sarda Fossataro, Cagliari, 1965, pag. 5.
20 Ibidem,
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Ledda, poesia isolana circoscritta. Ciò, che colpisce maggiormente in tutta la
raccolta, è la sua forte cristianità, messa in luce dal poeta affrontando tematiche e
situazioni estremamente umane. L'analisi attenta di Sanna si concentra a questo
punto sulla sezione intitolata: Poemetto nuragico, dove forse affiora chiaramente,
il messaggio che Ledda vuole chiarire ma soprattutto diffondere. Questa sezione,
dedicata ai bronzetti sardi, dipinge una realtà che il poeta non sente lontana,
avvertendo il desiderio di scavare e di cercare nell'intimo ed in particolar modo
nel passato, per poter comprendere al meglio il presente. Solo grazie a questo
meccanismo l'uomo è in grado di migliorare. Sanna prosegue evidenziando un
forte legame riscontrabile tra la poesia: Delitto sui monti di Nuoro della prima
sezione, con: La madre dell'ucciso, presente nella sezione Poemetto Nuragico.
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Ciò che bisogna comprendere e cogliere di tutto questo lavoro è la continua
ricerca delle origini e quindi del passato. Le poesie della prima sezione, risultano
essere strettamente connesse con quelle dell'ultima e la vita e la morte
proseguono un cammino parallelo incontrandosi in continuo: «ieri come oggi,
ritrovare le radici che la nostra vita affonda nella morte».
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Sono due i sentimenti
principali espressi nel libro, il dolore e la gioa. Il secondo è ampiamente descritto
e manifestato all'interno delle sue righe dimostrando come questo sentimento si
diffonda sul poeta, attraverso l'osservazione delle cose quotidiane e in particolar
modo nella realtà, accettata come un dono e vissuta con dura devozione.
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GESSO INCHIOSTRO E.... GIUSEPPINA:
Gesso Inchiostro e Giuseppina, si contraddistingue per la sua singolare
struttura in quadretti e miniature, che descrivono la Sardegna e in maniera
particolare, la quotidianità di Ledda: «In queste pagine ho cercato di raccontare,
in chiave umoristica, fatti e avvenimenti d'ogni giorno, più o meno simili a quelli
di tutti noi».
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21 Ibidem,
22 Antonio Sanna, Poesia di Tonino Ledda, in, «La Nuova Sardegna», 20/06/1965, n.145, pag.3.
23 Ibidem,
24 T. Ledda, Gesso Inchiostro e …. Giuseppina, Panepinto Editore, 1977, pag. 4.
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