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INTRODUZIONE
Se qualcuno vi nominasse TikTok e non vi venisse in mente nulla tranne forse la canzone di
Kesha del 2009, significa probabilmente che non siete aggiornati sulle tendenze del momento
o non avete dei figli in età adolescenziale oppure ancora, più semplicemente, non appartenete
a quella che comunemente viene chiamata Generazione Z, ovvero quella fetta di popolazione
nata tra il 1997 ed il 2012 e che, quindi, oggi, nel 2021, è composta da bambini e da ragazzi
che hanno al massimo 24 anni. Sono i primi, a tutti gli effetti, ad essere nati e cresciuti con il
pieno accesso alla Rete ed alle nuove tecnologie digitali e nel momento in cui i telefoni cellulari
sono stati resi accessibili al grande pubblico divenendo essenziali nella quotidianità di ognuno
di noi. Con la rivoluzione che ha interessato il Web negli anni ’90 e con la nascita progressiva
dei social network, gli appartenenti alla Generazione Z sono infatti stati pervasi ed esposti ad
una quantità di tecnologia impensabile per le generazioni a loro precedenti: oggi ben due terzi
della popolazione mondiale possiede un telefono cellulare, oltre la metà ha accesso ad
Internet ed utilizza con costanza le piattaforme social.
Per i ragazzi di oggi, possedere uno smartphone, su cui trascorrono gran parte della giornata,
costituisce a tutti gli effetti un rito di passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Non a sorpresa
sono proprio i più giovani ad essere tra i più affezionati alle piattaforme social, sulle quali
passano il loro tempo, si esprimono e sviluppano relazioni online.
Tra di esse, TikTok, applicazione di creazione di video brevi verticali, rappresenta oggi proprio
lo spazio virtuale per eccellenza tanto amato ed apprezzato dai teenager, un social network
dall’approccio prettamente young nato nel 2016 all’insegna del divertimento, dello svago e
della creatività, in risposta ai bisogni di intrattenimento e libera espressione dei suoi utenti, e
tra i più popolari ed in più rapida crescita al mondo.
D’altro canto, negli ultimi anni, per andare incontro all’uso sempre più frequente e costante
dello smartphone da parte della popolazione mondiale, le piattaforme social sono state
pensate e create in primis come applicazioni utilizzabili da dispositivi mobili. Di conseguenza,
abbiamo progressivamente iniziato ad abituarci a consumare e fruire con naturalezza i
contenuti attraverso l’orientamento verticale che caratterizza i telefoni cellulari e, in particolar
modo i video in questo formato, sono divenuti quelli più apprezzati dal pubblico sui social
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network poiché diretti, immediati, di grande impatto e capaci di intrattenere gli utenti e
attirare la loro attenzione a prima vista. Le abitudini di consumo sono gradualmente cambiate
ed ora al centro di tutto c’è proprio il bisogno del visuale e con esso l’esigenza di fruire
contenuti che siano visivamente coinvolgenti: oggi ben 9 utenti su 10 accedono ad Internet da
dispositivi mobili e guardano video online.
Non solo, oggi risulta essere meno rilevante utilizzare le piattaforme social per restare in
contatto con gli amici e condividere aggiornamenti di stato personali rispetto alla ricerca e alla
realizzazione di contenuti d’intrattenimento, vere priorità e tendenze per gli utenti con
accesso ad Internet, soprattutto per i componenti della Generazione Z.
TikTok è capace di attirare subito l’attenzione dell’utente catapultandolo in un flusso continuo
ed indistinto di video di breve durata, dinamici, scattanti e facilmente realizzabili e
personalizzabili grazie all’ampia e variegata gamma di strumenti di editing di cui dispone,
soprattutto di un vasto repertorio musicale e di effetti: tutti elementi che ben si confanno ai
ritmi frenetici ed alle abitudini della società contemporanea che viaggia sempre di fretta, si
distrae facilmente spostando l’attenzione da un oggetto all’altro con velocità e, ormai satura
di qualunque cosa, necessita di varietà e novità per non annoiarsi.
Che cosa, dunque, ha a che fare una piattaforma di questo tipo con un corso di laurea in
“Economia e Gestione delle Arti e delle attività culturali”? Se non tutti conoscono TikTok o se
ne hanno solo sentito parlare senza averlo mai utilizzato, probabilmente ancora meno
persone sapranno che il social dedicato per eccellenza allo svago ed alla leggerezza, sia come
la borsa di Mary Poppins, uno scrigno che racchiude di tutto un po’, basta solo aver voglia di
esplorarlo a fondo e di imparare come scovare certi contenuti piuttosto che altri: tra balletti,
canzoncine, meme e scherzi, è possibile trovare anche istituzioni umanitarie, medici,
professori, chef, scienziati, preti, appassionati di lettura, di musica, di viaggi, di storia dell’arte
e perfino alcuni musei che si destreggiano tra hit del momento, sfide di tendenza, filtri ed
effetti, dando vita e voce alle opere d’arte all’insegna dell’originalità.
Se vi dicessi che su TikTok la “Primavera” di Botticelli rimprovera le Tre Grazie perché non
rispettano il distanziamento sociale o la “Venere di Urbino” di Tiziano trascorre il sabato sera
distesa sul letto a mangiare schifezze, come reagireste?
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È possibile adattare un contenuto culturale e formativo, com’è di fatto quello veicolato da un
museo, con le peculiarità di una piattaforma che ha come scopo primario quello di far divertire
e intrattenere i suoi utenti? O può esserci il rischio di ridicolizzare e minimizzare il significato
ed il valore di un capolavoro artistico? Quali sono i musei che hanno deciso di accogliere la
sfida di approcciarsi a questo nuovo canale di comunicazione? In che modo? E soprattutto,
con quali risultati?
L’obiettivo del seguente lavoro di tesi è quello di fornire delle risposte a questi interrogativi,
dapprima presentando una chiave di lettura dei tratti distintivi che hanno permesso a TikTok
di contraddistinguersi dalle altre piattaforme social e di godere di una crescita ed un successo
esponenziali in breve tempo conquistando soprattutto la Generazione Z, inseguito, cercando
di individuare se e quali potenzialità possa offrire all’ambito culturale, soprattutto alla luce
delle seguenti brevi considerazioni:
- Da un lato, la digitalizzazione e la continua crescita e diffusione dei cosiddetti nuovi
media che si sono progressivamente imposti come elementi essenziali nelle vite di tutti
noi pervadendo a pieno la nostra quotidianità e influenzando in modo massiccio il
nostro modo di comunicare ed interagire con gli altri, è qualcosa che oramai nessuno
può permettersi di ignorare, nemmeno le istituzioni culturali;
- Dall’ altro, l’emergenza sanitaria, tutt’oggi ancora in atto, causata dalla pandemia di
Covid-19, scoppiata alla fine del 2019 in Cina e poi diffusasi a macchia d’olio in tutto il
mondo cogliendolo alla sprovvista e colpendolo duramente, oltre ad aver apportato
dei cambiamenti radicali nel nostro vivere quotidiano, ha costretto il governo a
predisporre delle aspre misure per contenere il contagio, tra le quali la chiusura al
pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi di cultura.
L’impossibilità di poter fruire e godere di persona degli spazi, delle strutture, delle
atmosfere, dei tesori e dei capolavori che rendono unico il nostro patrimonio culturale,
ha inevitabilmente fatto sorgere la necessità di trovare e adottare delle soluzioni
alternative per restare in contatto con il pubblico, accelerando di fatto il processo di
digitalizzazione delle istituzioni culturali;
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- Infine, la consapevolezza che i giovani non siano dei frequentatori abituali dei musei,
con i quali hanno legami sostanzialmente solo tramite la collaborazione tra
quest’ultimi e le scuole, deve sollecitare a scovare altri canali di comunicazione, magari
meno formali rispetto a quelli istituzionali e più vicini a quest’utenza, in modo tale da
stabilire un punto di contatto con questo target così difficile da intercettare e
coinvolgere ma allo stesso tempo così importante e significativo.
Per prima cosa, dunque, verrà brevemente presentato lo stato attuale in cui versa la fruizione
culturale in Italia alla luce delle trasformazioni introdotte dalla rivoluzione digitale e dai recenti
cambiamenti imposti dalla diffusione del Covid-19, in modo tale da contestualizzare il
seguente lavoro.
In seguito, verrà posta l’attenzione sulle possibilità che le istituzioni culturali possono cogliere
dall’ essere presenti sui social network, una delle testimonianze più tangibili della rivoluzione
digitale, in quanto strumenti amplificativi della comunicazione e della partecipazione degli
utenti online, andando così ad individuare quali siano le piattaforme più diffuse ed utilizzate
dai musei a seconda delle specificità e delle funzioni che assolvono.
Successivamente verrà preso in esame il mondo di TikTok, la sua storia, il suo rapido e
crescente successo, gli elementi che lo caratterizzano ed i contenuti che offre.
Infine, saranno passati in rassegna i profili dei musei iscritti sulla piattaforma in modo tale da
avere un’idea di come essi veicolino i propri contenuti culturali attraverso il nuovo codice
espressivo imposto dal social e valutare, alla luce delle considerazioni e degli interrogativi
formulati, se TikTok rappresenti un valido ed efficace strumento comunicativo alternativo,
tramite il quale poter arrivare a nuovi tipi di pubblico ed entrare in contatto con i più giovani
avvicinandoli così, sia virtualmente, sia fisicamente, alla realtà museale.
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1. I MUSEI E L’ERA DIGITALE
Il primo capitolo si ripropone di inquadrare il campo d’indagine di riferimento del seguente
lavoro. Per prima cosa verrà fornita una breve panoramica generale delle caratteristiche della
partecipazione e della fruizione culturale in Italia attraverso alcuni dati numerici attendibili
che ci permettano di disporre di un quadro chiaro della situazione. Successivamente verrà
analizzata la rapida evoluzione del Web ed il formarsi dei nuovi media, per comprendere quali
siano la portata e le potenzialità della rivoluzione digitale in ambito culturale ed avere un’idea
dell’attuale offerta digitale museale italiana. Infine, verrà fatto riferimento alle piattaforme
social maggiormente utilizzate dalle istituzioni museali e culturali.
1.1 LO STATO DELLA FRUIZIONE CULTURALE IN ITALIA
Come dichiarato dall’allora Direttore generale Musei del MiBACT Antonio Lampis, in
riferimento ai dati sulla fruizione museale in Italia del 2018, «Resta corretto riferire dei numeri,
che sono lo specchio dell’impegno e spesso del sacrificio di tanti lavoratori, dentro e fuori dai
musei»
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Partendo proprio dai numeri e considerando le più recenti analisi, una fotografia della
situazione ci viene fornita dall’indagine Istat “L’Italia dei musei
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”, pubblicata il 23 dicembre
2019 in riferimento alle rilevazioni effettuate l’anno precedente, la quale ha identificato 4908
strutture tra musei, aree archeologiche, monumenti ed ecomusei pubblici e privati, statali e
non statali, aperti al pubblico, diffusi su tutto il territorio nazionale e così suddivisi:
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3882 tra musei, gallerie e raccolte di collezioni (il 79,1% del totale);
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630 monumenti e complessi monumentali (il 12,8% del totale);
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327 aree archeologiche (il 6,7% del totale);
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69 ecomusei (l’1,4% del totale).
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MiBACT, Musei statali: i dati del 2018, 25/02/2019, < http://musei.beniculturali.it/notizie/notifiche/musei-
statali-i-dati-del-2018>, consultato il 28/09/2020
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Istat, L’Italia dei musei, Statistiche Today, 23/12/2019