1.1.1. UN CONSIGLIERE SEGRETO: «DAS IST MEIN MANN»
Dal 1937 al 1940, in particolare durante il soggiorno in Svizzera, Thomas Mann
collabora ad una rivista dal titolo Mass und Werk: si tratta di una “Exil-
Zeitschrift”, ossia di una rivista bimestrale che vuole rivolgersi a quella parte
della cultura e della società tedesche che non si riconoscono nei dettami del
regime e che vogliono rimanere per questo “frei” (il sottotitolo recita:
“Zweimonatsschrift für freie deutsche Kultur”); a questa rivista contribuivano
importantissime personalità, quali Walter Benjamin, Ernst Bloch, Hermann
Broch, Max Brod e altri. Nel 1938 la rivista pubblica un articolo a proposito di un
ulteriore periodico, la francofortese Zeitschrift für Sozialforschung di Max
Horkheimer e Theodor W. Adorno, che Mann riceveva regolarmente e di cui
conosceva il direttore, Horkheimer appunto
1
. Questi, trasferitosi in California nel
1940, teneva all’Università di Los Angeles frequenti conferenze e seminari, in
particolare delle lezioni su Hegel, che venivano seguite anche da Herbert
Marcuse, Friedrich Pollock, Theodor Adorno e Wystan H. Auden, e,
occasionalmente, anche da Mann, che si recava ai seminari organizzati
dall’istituto. Il progetto di ricerca di Francoforte si era trasferito intorno al 1935 in
America, dapprima a New York, poi presso la Columbia University, divenendo
l’Institute for Social Research e la cui Zeitschrift für Sozialforschung prese qui il
titolo, a partire dal 1939, di Studies in Philosophy and Social Science; tra le
conferenze dell’istituto organizzate per l’Università della California, invece, si
annoverano: di Adorno, Aldous Huxley und die Utopie; di Marcuse, il saggio su
Brave New World e di Horkheimer/Adorno, le Thesen über Bedürfnis; Mann
prese parte a queste manifestazioni.
Fin dai numeri della Zeitschrift für Sozialforschung, di cui l’autore era al corrente
in Svizzera, e a partire dal 1941 in California quindi, Mann viene a conoscenza
di alcuni scritti del principale collaboratore di Horkheimer, ovvero del sociologo
e critico musicale Theodor W. Adorno, in particolare di un elaborato in inglese
dal titolo On Kierkegaard’s Doctrine of Love (1940) e di un saggio a proposito
1
Con la famiglia di Max Horkheimer anzi, Mann continuò ad essere in ottimi rapporti anche negli USA,
vista per esempio la presenza di questi alla cerimonia di concessione della cittadinanza americana a
Thomas e Katia il 23 giugno 1944.
della filosofia di Oswald Spengler
2
, pubblicato in Studies in Philosophy and
Social Science (Nr. 9, 1941); più tardi, nel 1944, Mann ha l’occasione di leggere
anche la tesi di dottorato di Adorno, Kierkegaard. Konstruktion des
Ästhetischen, il saggio sulle avanguardie musicali in luce sociologica
Philosophie der neuen Musik, lo scritto Spätstil Beethovens, lo studio per
l’impiego della musica nei film (On Popular Music) e tutti i successivi lavori
adorniani (testi di conferenze sul rapporto tra nazismo e musica
3
, i Minima
Moralia del 1946, lo studio Dialektik der Aufklärung, scritto in collaborazione con
Horkheimer nel 1947, e altri). A quest’altezza cronologica, comunque, l’incontro
diretto tra i due è già avvenuto
4
e dal luglio 1943 risulta regolare, dal momento
che il filosofo reca in aiuto allo scrittore, che da poco ha iniziato la stesura del
Faustus, il volume Eingebung und Tat im musikalischen Schaffen di Julius
Bahle e il proprio capitolo su Schönberg della Philosophie.
2
Contro Oswald Spengler Mann scrisse un aspro articolo dal titolo Über die Lehre Spenglers, che apparve
il 9 marzo 1924 sull’Allgemeine Zeitung di Monaco. In questo articolo l’autore attacca l’opera principale di
Spengler, Der Untergang des Abendlandes del 1917, in cui il filosofo espone la tesi dell’identità di
carattere faustiano della civiltà occidentale e la sua natura musicale. Nella polemica manniana manca
tuttavia una trattazione esaustiva a proposito di questo nesso, che tanta importanza avrà poi nel Faustus.
Motivo per questa “svista”, che rappresenta pur uno dei nodi essenziali della teoria spengleriana, potrebbe
essere dovuto al fatto che in Spengler la musica porta necessariamente ad abbracciare la demagogia di
Hitler, come un nuovo fatale Cesare. Col fine quindi di non poter accettare con inevitabile rassegnazione
l’avvento del dittatore, nel quale confluiscono, per Spengler, la musica e la cultura occidentale, è probabile
che lo scrittore di Lubecca non abbia voluto prendere in esame l’argomento, benchØ a lui pure congeniale,
di un’unione tra l’anima faustiana, l’aspirazione all’infinito e la musica (in particolare strumentale).
3
The Musical Climate for Fascism in Germany (1944) e What National Socialism has done to the Arts
(1945).
4
L’incontro diretto tra Mann e Adorno è attestato per la prima volta in una lettera di Adorno ai genitori del
29 marzo 1943 e avvenne molto probabilmente a casa degli Horkheimer: „Heute abend bei Max mit ein
paar Großkopfeten, darunter Thomas Mann nebst holder Gattin.”, in Theodor W. Adorno, Briefe an die
Eltern. 1939-1951, hrsg. von Christoph Gödde und Henri Lonitz, Suhrkamp, Frankfurt am Main 2003, p.
190.
2.2. «Mein Buch, nämlich konstruktive Musik»: il Faustus
quale prosa musicale
Il romanzo Doktor Faustus, quale romanzo della “fine” di un’epoca, di una
cultura, della società borghese tardo-ottocentesca, come anche della musica
che a quell’ambiente era legata, si presenta come l’opera manniana in cui la
relazione tra letteratura e musica giunge alla massima vetta. Per un autore che,
infatti, fin dagli anni della giovinezza, si era impegnato nella concezione (e non
esclusivamente metaforica) di una prosa musicale, tanto da impiegare
riferimenti costanti a termini musicali specifici, sino alla dichiarazione “Was ich
machte, meine Kunstarbeiten, urteilt darüber, wie ihr wollt und müßt, aber gute
Partituren waren sie immer”
5
degli anni delle Betrachtungen eines
Unpolitischen, giungere all’ideazione di un “Musikerroman” sembra lo sbocco
naturale, per cui tutti i lavori precedenti fungono quasi da premessa, almeno dal
punto di vista dell’utilizzo e dell’amalgama di schemi “musicali” nella narrazione.
Che poi la tematica musicale venga a legarsi con il mito di Faust, mito tedesco
per eccellenza
6
, ciò conferisce all’opera un’ulteriore impronta nazionale ed una
specificazione del panorama sonoro in ambito tedesco: si ricorda anche, in
5
Th. Mann, Betrachtungen eines Unpolitischen, 1918, cit. in Gerhard Kaiser, «…und sogar eine alberne
Ordnung ist immer noch besser als gar keine.»: Erzählstrategien in Thomas Manns «Doktor Faustus»,
Metzler, Stuttgart/Weimar 2001, p.120.
6
Interessante pare rilevare l’affinità e il rapporto di complementarietà instaurantesi fra le due principali
figure mitiche del patrimonio letterario tedesco, ossia Faust e Don Giovanni, richiamate entrambe nel
romanzo manniano: se il secondo rappresenta il trionfo dell’immediatezza vitale e dell’eros, suggerendo
così l’idea di un “demonismo” legato alla sfera dell’istintuale, il primo prospetta invece la natura
speculatrice ed intellettualistica di uno scienziato-alchimista che ama manipolare gli elementi e la materia;
il suo rapporto con la vita si pone dunque a livello della spiritualità mentale e della hybris conoscitiva, a cui
si combina il motivo del patto con le potenze infere. Faust e Don Giovanni sono accomunati da una
relazione extra-morale con l’esistenza propria e dell’Altro ed entrambi rifiutano il pentimento, allorchØ
giunge l’ora del loro trapasso (il Don Giovanni nel dramma giocoso mozartiano, Faust qui nell’opera di
Mann). L’affinità dei due miti è ulteriormente sviluppata mediante il riferimento alla sfera musicale, precoce
per il seduttore (W. A. Mozart, Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, 1787), ma non meno sensibile,
benchØ più tarda, la ricezione del soggetto faustiano (Berlioz, Gounod, Liszt, Schumann, Mahler); inoltre,
la messa in rilievo del carattere demoniaco della figura dongiovannesca, e della musica che ad essa si
richiama, si deve soprattutto al lungo saggio del danese Søren Kierkegaard, menzionato dall’autore
proprio nel capitolo centrale del Faustus, nel quale si presenta perciò un fruttuoso parallelismo fra la
raffigurazione del gaudente e dello scienziato; quest’ultimo, attraverso Leverkühn e per mezzo della penna
di Mann, diventa infine un compositore novecentesco, combinando così in se stesso demonismo e
musica.
Per un’indagine più approfondita del valore complementare dei due miti all’interno del Doktor Faustus
manniano, si rimanda a Anna Macchi Giubertoni, “Dodecafonia e demoniaco nel Doctor Faustus di
Thomas Mann”, in V. Mathieu et al., Il demoniaco nella musica, G. Giappichelli Editore, Torino 1976, pp.
74-99, e a M. Siguan, “Faust e Don Giovanni: miti polivalenti”, in Cultura Tedesca. 200 anni di Faust, 37,
luglio-dicembre 2009, Carocci, Roma 2009, pp. 41-54.
proposito, che nell’autorappresentazione dello spirito “germanico”, in particolare
dal Romanticismo in poi, la musica viene considerata come “la più tedesca delle
arti” e che nell’opera in questione Faust diventa un mago-scienziato dei suoni.
Per quanto riguarda il romanzo faustiano, ciò che inoltre risulta interessante è
l’esegesi offerta dell’autore stesso in riferimento al proprio lavoro, in direzione
cioè di una risposta al quesito di che cosa si riprometta Mann dal continuo
riferimento al linguaggio musicale, in base al quale la propria opera narrativa
deve venir interpretata
7
. Una prima osservazione può essere già individuata: in
ricordo della raffigurazione manniana circa la personalità di Nietzsche, in senso
musicale (nel Vorspruch zu einer musikalischen Nietzsche-Feier), si viene a
delineare un primo importante nodo concettuale, ossia il legame sussistente tra
filosofia e musica
8
. Entrambi questi campi del sapere costituiscono per l’opera
manniana la base di un processo di nobilitazione della creazione letteraria, che
rimane il fondamento dell’impiego di strutture musicali anche nel Faustus; ciò
che rende peculiare l’impiego di tecniche “musicali” già testate nei lavori
precedenti (Buddenbrooks, Der Zauberberg) all’interno di questo “Parsifal”
letterario è l’ulteriore innesto, oltre alla presenza di Nietzsche, soprattutto della
filosofia adorniana
9
, nel senso del superamento del carattere di apparenza
dell’opera d’arte, nelle sue implicazioni musicali, ossia nell’interpretazione del
metodo dodecafonico. Alla strategia di nobilitazione del lavoro letterario,
attraverso il riferimento alla sfera musicale, si ricollega similmente il richiamo
alla tecnica leitmotivica di ascendenza wagneriana, che rimane costante dagli
esordi letterari sino, appunto, al Faustus; l’allusione a Wagner implica in Mann
anche un ulteriore punto strategico, che funge nuovamente da innalzamento del
lavoro narrativo, ossia l’introduzione della dimensione mitica: questa, che nel
romanzo si pone nell’ottica particolare del mito del patto con il diavolo, viene
intrecciata ad una serie leitmotivica di elementi, che contribuirà a fornire
7
Cfr. Gerhard Kaiser, «…und sogar eine alberne Ordnung ist immer noch besser als gar keine.»:
Erzählstrategien in Thomas Manns «Doktor Faustus», Metzler, Stuttgart/Weimar 2001, pp. 115-124.
8
Cfr. lettera del 26.11.1901 all’amico Otto Grautoff, redattore di Münchener Neueste Nachrichten, in cui
Mann indica, quali cardini tematici della propria opera giovanile Buddenbrooks, Nietzsche e Wagner, ossia
filosofia e musica, definendoli “zwei echt deutsche Ingredienzen”, cit. in G. Kaiser, 2001, p. 119.
9
Cfr. Carl Dahlhaus, Fiktive Zwölftonmusik. Thomas Mann und Theodor W. Adorno, Deutsche Akademie
für Sprache und Dichtung – Darmstadt, Schneider, Heidelberg Jb. 1982, pp. 33-49.
all’opera, nonostante l’enorme e complessa rete tematica, un carattere
compatto e conchiuso.
Il romanzo viene elaborato da Mann sotto vari profili “musicali”, i quali non
rappresentano semplicemente strumenti di configurazione e strutturazione
tecnica della materia letteraria (come ad esempio la ripartizione del racconto in
capitoli), ma acquistano un valore poetico e filosofico nel loro concatenarsi. I
principali spunti tratti dalla musica risultano essere il richiamo alla prosa
musicale
10
e all’intreccio permeabile di suono e linguaggio (si menziona in
proposito l’attenzione di Adrian per il testo letterario nelle proprie composizioni e
la metafora del Weheklag quale autorappresentazione del romanzo manniano),
la polifonia e il contrappunto (incarnati nella figura di Serenus Zeitblom, il quale,
in quanto narratore omodiegetico, ma via via sempre più onnisciente, permette
all’autore di lavorare contemporaneamente su più livelli narrativi), il Leitmotiv,
infine la tecnica dodecafonica e il concetto di composizione rigorosa (“strenger
Satz”).
La prima chiara indicazione che l’autore stesso fornisce ai suoi lettori, in merito
alla strutturazione del romanzo faustiano, si ricava dall’Entstehung des Doktor
Faustus: qui Thomas Mann dichiara che l’opera che sta sviluppando va
interpretata all’insegna del tema musicale di cui tratta, ossia in base ai principi
del metodo dodecafonico, poichØ non solo le composizioni del protagonista
Adrian Leverkühn sono state ideate nella prospettiva della “nuova musica”, ma
è anche la stessa prosa che si erge sui moduli della “musica costruttiva”
11
,
10
Il concetto di “Musikalische Prosa” deriva, come la tecnica dodecafonica, dalla scuola di Schönberg,
anche se l’uso del termine si trova già nella prima metà del XIX° secolo in riferimento alla Symphonie
fantastique di H. Berlioz e soprattutto allo scritto wagneriano Oper und Drama. In analogia con i recitativi
all’interno del genere operistico, con esso si designa un tipo di discorso musicale “sciolto”, non misurato,
ossia privo di rigide simmetrie sia all’interno della suddivisione del tactus nella battuta (battere, levare), sia
rispetto all’intera forma: non vi sono cioè ripetizioni o riprese, vi è una rinuncia ad un piede ritmico regolare
e lo sviluppo musicale vuole essere continuamente nuovo. Per Schönberg, in particolare, la prosa
musicale rappresenta un linguaggio sonoro specifico ed autonomo (senza più riferimento all’accentazione
delle parole di un testo, come poteva essere in un’opera col recitativo), dalla sintassi asimmetrica e scevra
di ornamenti, realizzata attraverso procedimenti che ricordano la fitta polifonia dei canoni e delle fughe nei
brani contrappuntistici. Il compositore viennese definisce come segue l’impiego di questo discorso sonoro
“fluido”: „This is what musical prose should be – a direct and straightforward presentation of ideas, without
any patchwork, without mere padding and empty repetitions.” Nel romanzo il termine viene impiegato
relativamente alle composizioni cameristiche di Leverkühn, anzitutto per il Quartetto per Archi. Cfr. Th.
Mann, Doktor Faustus, Fischer 2008, p. 603; GKFA 10.2, p. 826 e A. Abel, Musikästhetik der Klassischen
Moderne, Fink 2003, pp. 129-143.
11
„Außerdem fand durch diese Lektüre der musikalische Konstruktivismus Nahrung, den ich als Form-
Ideal in mir trug und zu dem diesmal eine besondere ästhetische Nötigung bestand. Ich fühlte wohl, dass
ovvero sull’idea di un tema costituito da dodici suoni, il quale funge da base
tanto per la melodia, quanto per l’armonia di un brano, al cui interno la serie
tematica di partenza viene ripresentata sottoforma di variazioni (rovescio,
retrogrado, rovescio del retrogrado). Un simile riferimento al perfetto
rispecchiamento di forma e contenuto ricorda l’analoga espressione che Mann
aveva già impiegato nel testo della conferenza su Der Zauberberg, indirizzata
agli studenti di Princeton, del 1939, in cui egli offre, ancora una volta,
un’autointerpretazione musicale del proprio metodo di scrittura:
Was mich betrifft, muss ich mich zu den Musikern unter den Dichtern rechnen. Der
Roman war mir immer eine Symphonie, ein Werk der Kontrapunktik, ein
Themengewebe, worin die Ideen die Rolle musikalischer Motive spielen. […] Besonders
folgte ich Wagner auch in der Benützung des Leitmotives, das ich in die Erzählung
übertrug, und zwar nicht, wie es noch bei Tolstoi und Zola, auch noch in meinem
eigenen Jugendroman Buddenbrooks der Fall ist, auf eine bloß naturalistisch-
charakterisierende, sozusagen mechanische Weise, sondern in der symbolischen Art
der Musik. […] Das Buch ist selbst das, wovon es erzählt.
12
Ciò che emerge dal summenzionato paragrafo è l’osmosi tra tecnica narrativa
ed espediente sonoro, ed è in funzione di questo scambio continuo di musica e
linguaggio che si può analizzare anche l’opera manniana posteriore. Il romanzo
faustiano, accanto al mantenimento di strategie “musicali” diffusamente
sperimentate nei lavori precedenti (i termini che lo scrittore, infatti, qui impiega
sono: “Symphonie”, “Kontrapunktik”, “Themengewebe”, “Leitmotiv”), assume un
suo peso specifico grazie all’indicazione fondamentale della “konstruktive
Musik”; eppure è necessario rilevare che qui, come per Der Zauberberg
piuttosto che nel romanzo Buddenbrooks, la scelta dei riferimenti acustico-
musicali pare basarsi sul loro impiego polisemico e polifunzionale (e non quindi
genuinamente musicale): mezzi quali il ritmo, il consonantismo, il vocalismo, le
figure di suono, la polifonia e, ancora, la tecnica del Leitmotiv
13
, possono riferirsi
tanto alla musica, quanto alla letteratura (o ancor meglio, al genere poetico) e
proprio questa versatilità degli strumenti a disposizione autorizza Mann ad
mein Buch selbst das werde sein müssen, wovon es handelte, nämlich konstruktive Musik.“, cfr. Th. Mann,
Die Entstehung des Doktor Faustus, S. Fischer 1960, p. 49.
12
Th. Mann, Einführung in den «Zauberberg». Für Studenten der Universität Princeton, in Gesammelte
Werke in dreizehn Bänden, Band 11 (Reden und Aufsätze 3), Fischer Taschenbuch, Frankfurt am Main
1990, pp. 611-612.
13
Walter Windisch-Laube, nel suo Thomas Mann und die Musik, raggruppa in elenco i vari termini musicali
che Thomas Mann utilizza in riferimento alla sue opere, dalle novelle al Faustus. Cfr. (hrsg. von) Helmut
Koopmann, Thomas-Mann-Handbuch, Alfred Kröner Verlag, Stuttgart 1990, pp. 327-342.
accogliere la musica nella propria scrittura. Una simile considerevole
permeabilità di confini tra musica e letteratura viene trasposta anche al
protagonista del romanzo Doktor Faustus, in quanto, nel corso della narrazione,
Adrian Leverkühn manifesta in più occasioni una stretta affinità con il linguaggio
e una forte attenzione per il testo, oltre che per la sua musica, quasi come, in
chiasmo, Mann svela una cura sofisticata non solo per lo sviluppo narrativo, ma
anche per la relativa qualità contrappuntistica: il segno distintivo del
compositore Leverkühn è una certa tendenza allo sposalizio tra parola e
articolazione sonoro-vocalica
14
, che culmina nell’episodio dell’impiego di carta
pentagrammata quale supporto di scrittura non musicale, bensì prosaica
15
, o
ancora nell’affermazione in favore della prosa musicale “keine Sonate
schreiben wollen, sondern einen Roman”
16
ed infine nella concezione dell’ultima
composizione, il Weheklag, che Mann stende in modo che essa possa
ugualmente fungere da descrizione metaforica dell’intero romanzo
17
.
L’indicazione dell’opera faustiana quale “konstruktive Musik”, dunque, deve
venir decifrata in considerazione di una prospettiva metodologica ad ampio
raggio, ossia, rilevando in che misura il medium letterario possa essere trattato
dal punto di vista musicale, più che in base ad un criterio rigorosamente
tecnico-compositivo
18
. Il riferimento alla musica dodecafonica, infatti, mediato
dalla filosofia di Theodor Adorno, viene sfruttato da Mann nel romanzo in virtù
14
Serenus Zeitblom parla di “die lyrische Vermählung der Musik mit dem Wort“ innanzitutto in riferimento
alla messa in musica dei 13 Canti di Brentano. Cfr. Th. Mann, Doktor Faustus, 2008, p. 245.
15
Adrian annota il dialogo avvenuto tra lui e il diavolo su carta da musica: „Schweige es alles hier aufs
Musikpapier nieder, während mein Kumpan in eremo […] denkt, ich komponiere, und wenn er säh, dass
ich Worte schreib, würd er denken, dass auch Beethoven das wohl tat.“, ibid., pp. 299-300.
16
La tendenza alla “prosa musicale” diviene massima con le composizioni cameristiche di Adrian, descritte
nel capitolo 43. Cfr. ibid., p. 603.
17
Serenus commenta come segue la cantata faustiana dell’amico, riferendosi alle tematiche del
Volksbuch che vi vengono integrate (e che possono dunque ugualmente indicare il processo di sviluppo
tematico del romanzo manniano): „Ein ungeheueres Variationenwerk der Klage […]: Sätzen, Groß-
Variationen, die den Texteinheiten oder Kapiteln des Buches entsprechen und in sich selbst wieder nichts
anderes als Variationenfolgen sind. Alle aber gehen, als auf das Thema, auf eine höchst bildsame
Grundfigur von Tönen zurück, die durch eine bestimmte Stelle des Textes gegeben ist.“, in ibid., p. 642.
18
Numerosi critici dell’opera manniana si sono cimentati nella ri-costruzione rigorosamente musicale del
romanzo, spesso però forzandone la struttura e la ripartizione dei capitoli, attribuendo ad essi un ruolo
tematico-musicale specifico, ma incorrendo così in molteplici “vincoli ciechi”; ciò non significa, tuttavia, che
non sia possibile riscontrare una certa organizzazione “dodecafonica” del materiale narrativo. In
particolare, Jens Schmitz riporta dettagliatamente tutti i tentativi degli interpreti di aggiustare la
configurazione dei capitoli del Faustus non solo seguendo i modi della composizione dodecafonica, ma
anche in base ad altre forme musicali citate nel romanzo, quali ad esempio la forma-sonata e la sinfonia,
spesso ottenendo però risultati non completamente convincenti. Un progresso in questo senso appare
invece l’interpretazione seriale più elastica di Johannes Odendahl. Cfr. Jens Schmitz, Konstruktive Musik.
Thomas Manns «Doktor Faustus» im Kontext der Moderne, Königshausen & Neumann, Würzburg 2009,
pp. 199-273.
del suo rigore matematico, ma anche in funzione di una certa “mistica” dei
numeri, simboleggiata dall’immagine del “magisches Quadrat” della Melencolia I
(1514) düreriana, che accompagna la formazione musicale del protagonista e
l’individuazione della tecnica dodecafonica nelle sue composizioni
19
.
19
L’immagine di questo “magisches Quadrat” è appesa al muro della stanza di Adrian a Halle; Serenus
offre anche una spiegazione del suo funzionamento: „Darüber an der Wand war mit Reißnägeln ein
arithmetischer Stich befestigt […]: ein sogenanntes magisches Quadrat, wie es neben dem Stundenglase,
dem Zirkel, der Waage, dem Polyeder und anderen Symbolen auch auf Dürers Melencolia erscheint. Wie
dort war die Figur in sechzehn arabische bezifferte Felder eingeteilt, so zwar, dass die 1 im rechten
unteren, die 16 im linken oberen Felde zu finden war; und die Magie – oder Kuriosität – bestand nun darin,
dass diese Zahlen, wie man sie auch addierte, von oben nach unten, in die Quere oder in der Diagonale,
immer die Summe 34 ergaben. […] Es verging wohl kein Besuch in seinem Logis, ohne dass ich mit einem
raschen Blick querhin, schräg hinauf oder gerade hinunter die fatale Stimmigkeit nachgeprüft hätte.“, in Th.
Mann, Doktor Faustus, pp. 127-128.
3.3. Thomas Mann: un superamento di Wagner in Adrian
Leverkühn?
Nel “Musik-Roman” Doktor Faustus Thomas Mann intende tracciare la biografia
di un compositore tedesco, le cui tappe di sviluppo si avvicinino il più possibile
alla concezione reale della vita di un artista novecentesco; per conseguire
questo scopo l’autore si accosta a numerosi professionisti del campo musicale,
in primo luogo al collaboratore Theodor W. Adorno, al fine di convertire la sua
“initiierte Ignoranz” nei confronti dei più recenti progressi musicali in
“Exaktheiten” e “Studiertheit”
20
. L’intento dell’autore è quello di legittimare la sua
scrittura attraverso la creazione di una carriera musicale verosimile,
adeguandone la progressione formativa al periodo cronologico in cui viene
situata, cioè all’arco di tempo che dalla fine del secolo della grande borghesia
ottocentesca e dell’espansione prussiana, con la fondazione del secondo Reich
da parte di Otto von Bismarck, conduce sino agli ultimissimi anni della
Repubblica di Weimar, ma anche, sul piano superiore della biografia
corrispondente al tempo della storia della voce narrante, fino al crollo della
Germania nella seconda guerra mondiale: il musicista che viene rappresentato
nel romanzo, dunque, deve affiancarsi alle peculiarità delle avanguardie
novecentesche e della rivoluzione culturale europea fra le due guerre.
Conseguentemente, in quello che viene definito il “Parsifal” della letteratura non
c’è più posto, in apparenza, per il compositore che ha segnato l’intero corso
dell’esistenza manniana
21
, in bilico fra ammirazione e critico rigetto, ovvero per
20
„Aber um einen Musiker-Roman zu schreiben, der zuweilen sogar den Ehrgeiz andeutet, unter anderem,
gleichzeitig mit anderem, zum Roman der Musik zu werden, - dazu gehört mehr als «Initiiertheit», nämlich
Studiertheit, die mir ganz einfach abgeht. […] Tatsächlich haben Sie [Adorno] mir, dessen musikalische
Bildung kaum über die Spät-Romantik hinausgelangt ist, den Begriff von modernster Musik gegeben,
dessen ich für ein Buch bedurfte, welches unter anderem, zusammen mit manchem anderen, die Situation
der Kunst zum Gegenstande hat. Meine «initiierte» Ignoranz bedurfte, nicht anders, als damals beim
Typhus des kleinen Hanno, der Exaktheiten […].“, lettera del 30 dicembre 1945, in Theodor W. Adorno,
Thomas Mann, Briefwechsel 1943-1955, hrsg. von Christoph Gödde und Thomas Sprecher, Suhrkamp,
Frankfurt am Main 2002, pp. 20-21. Cfr. anche Th. Mann, Die Entstehung des Doktor Faustus, Fischer
1960, p. 107.
21
„Die Passion für Wagners zaubervolles Werk begleitet mein Leben, seit ich seiner zuerst gewahr wurde
und es mir zu erobern, es mit Erkenntnis zu durchdringen begann. Was ich ihm als Genießender und
Lernender verdanke, kann ich nie vergessen, nie die Stunden tiefen, einsamen Glückes inmitten der
Theatermenge, Stunden voll von Schauern und Wonnen der Nerven und des Intellektes, von Einblicken in
Richard Wagner; a ben vedere, tuttavia, già propriamente nell’indicazione del
Faustus quale opera della senilità o “Parsifal”
22
e, al contempo, come imitazione
narrativa della “konstruktive Musik”, con l’indicazione affine di Adrian Leverkühn
in termini di artista anti-wagneriano, si riscontra un’ambiguità interpretativa, che
rimane irrisolta sino alle ultime pagine dell’intreccio faustiano. In che modo,
quindi, si può considerare il tentativo di Thomas Mann di oltrepassare quella
cultura che ha visto “der Gipfel der Romantik”
23
in opere come Lohengrin,
all’epoca in cui all’arte, adornianamente, non rimane che il silenzio dopo
Auschwitz?
Allo scopo di raffigurare Leverkühn quale “Tonsetzer” contemporaneo,
valicatore di una musica romantica ancora legata alla tonalità e creatore di
forme artistiche contrapposte al grande teatro wagneriano, Mann si avvale di
molteplici espedienti nell’intreccio, fra cui, in primo luogo, della scarsità di
riferimenti all’operato di Wagner, a cui si contrappongono ben più nettamente
altri rappresentanti della musica tedesca, innanzitutto Beethoven, ma anche
Bach e Brahms; in secondo luogo, quando vi sono menzioni al repertorio del
compositore lipsiense, la modalità di contestualizzazione delle stesse è posta a
livello critico, con la preferenza che si attribuisce, per esempio, alla letteratura
pianistica di Chopin. In questo modo, sebbene lo sviluppo del magistero
rührende und große Bedeutsamkeiten, wie eben nur diese Kunst sie gewährt.“, Th. Mann, Leiden und
Größe Richard Wagners, in (hrsg.) H. R. Vaget, Im Schatten Wagners, Fischer 2005, p. 96.
22
Il riferimento al Parsifal, spiega Mann, va interpretato sulla base del parallelismo che l’autore instaura fra
sØ e il modus operandi di Wagner: il romanzo faustiano è infatti l’opera della senilità, il cui progetto si
scopre latente fin dai primi anni monacensi. Pare infatti che il Faustus fosse stato incubato nella mente
dello scrittore almeno intorno al 1910, successivamente alle bozze per Maja e Die Geliebten (1901), come
viene riportato in una lettera a Klaus Mann (27.04.1943), dove si menziona per la prima volta l’esplicito
intento di relazionarsi con la saga faustiana in chiave contemporanea. Allo stesso modo, afferma il
lubecchese, Wagner aveva concepito una chiara idea dello sviluppo conclusivo del suo operato fin dalle
prime opere romantiche, non ancora “Drama”, e il Parsifal terrà occupato il compositore, in effetti, fino agli
inizi degli anni ’80 del XIX° secolo. S’impone qui d unque il confronto: „Diese vierziger Jahre, in deren Mitte
er zweiunddreißig Jahre alt wird, bringen eigentlich vom Holländer bis zum Parsifal den ganzen
Arbeitsplan seines Lebens geschlossen zusammen […]“ e „Der Vergleich mit Parsifal und dessen
Verhältnis zu allem Vorhergehenden drängt sich mir immer wieder auf. Nie hat mich, dabei bleibt es, eine
Arbeit so erregt und bewegt.“; nella lettera a Klaus: „Es wird mein Parsifal. So war es schon 1910 gedacht,
als der politische Einschlag noch vorwegnehmender und verdienstlicher war.“ Cfr. Th. Mann, Leiden und
Größe Richard Wagners, in (hrsg.) H. R. Vaget, Im Schatten Wagners, Fischer 2005, p. 108; nota del
23.11.1946 in Tagebücher 28.5.1946-31.12.1948, Fischer 1989, pp. 67, 482-483 e lettera a Klaus Mann
del 27.04.1943, cit. in ibid., p. 483; Th. Mann, Die Entstehung des Doktor Faustus, Fischer 1960, p. 17;
GKFA 10.2, pp. 12-13.
23
Nell’intervista concessa da Mann all’emittente Süddeutscher Rundfunk nel luglio 1954, dal titolo Mein
Wunschkonzert, viene inserito al primo posto il preludio del Lohengrin, che l’autore aveva ascoltato per la
prima volta nel teatro della sua città natale; il pezzo viene definito nei seguenti termini: „Es ist ein
herrliches Stück, der Gipfel der Romantik, möchte ich sagen.” Cfr. Th. Mann, Mein Wunschkonzert, in
(hrsg.) H. R. Vaget, Im Schatten Wagners, Fischer 2005, p. 230.
artistico di Adrian non potesse prescindere da un confronto con le conquiste
tardo-romantiche wagneriane, per esempio l’impiego della strumentazione in
opere quali Lohengrin e Der Fliegende Holländer
24
, il protagonista vi viene
accostato dall’organista Kretzschmar in chiave eminentemente distaccata e
problematizzante. Ciò si evince precocemente dalla relazione che il Maestro
tiene in merito alle possibilità strumentali del pianoforte contro ai lussi
dell’orchestra, all’interno del ciclo di conferenze per la “Gesellschaft für
gemeinnützige Thätigkeit” di Kaisersaschern: se Adrian dimostra di apprezzare
maggiormente l’arte tastieristica di Chopin rispetto agli albori della dissonanza
in Wagner
25
, in connessione anche al carattere austero del virtuoso polacco, un
simile atteggiamento si chiarisce alla luce dell’ascetismo che delineerà la sua
evoluzione artistica e il contemporaneo rifiuto di sfarzi orchestrali, simbolo
dell’esasperazione della soggettività nella musica romantica. E’ proprio Wendell
Kretzschmar, intransigente circa la netta separazione dell’oggettività polifonica
dalla soggettività armonica, ad inquadrare l’uso del pianoforte in un tipo di
musicalità più astratta, intellettuale e spirituale, rispetto alla seduzione
concretizzata nei torpori dei grandi passi orchestrali:
Vielleicht, sagte Kretzschmar, sei es der tiefste Wunsch der Musik, überhaupt nicht
gehört, noch selbst gesehen, noch auch gefühlt, sondern, wenn das möglich wäre, in
einem Jenseits der Sinne und sogar des Gemütes, im Geistig-Reinen vernommen und
angeschaut zu werden. Allein an die Sinneswelt gebunden, müsse sie doch auch
wieder nach stärkster, ja berückender Versinnlichung streben, eine Kundry, die nicht
wolle, was sie tue, und weiche Arme der Lust um den Nacken des Toren schlinge. Ihre
mächtigste sinnliche Verwirklichung finde sie als orchestrale Instrumentalmusik, wo sie
denn, durch das Ohr, alle Sinne zu affizieren scheine und das Genußreich der Klänge
mit denen der Farben und Düfte opiatisch verschmelzen lasse. Hier so recht sei sie die
24
„Selbstverständlich litt sein Instrumentalsatz unter dem Mangel an sinnlicher Erfahrung, und
Kretzschmar ließ es sich angelegen sein, dem abzuhelfen […], damit ihm die klangliche Verwirklichung
dessen zuteil würde, was er im bloßen Auszuge aufgenommen, allenfalls im Notenbild überblickt hatte.
[…] verwandte Gestalten schmerzlich düsterer Ausgeschlossenheit wie […] des Fliegenden Holländers
[…].“; „[…] bot jetzt der Rückblick auf die vollendete Schulzeit, […] wozu Erinnerungen kamen an jüngste
Bildungserlebnisse, mittelstädtische Opern-Aufführungen, in deren Empirie es an burlesken Einschlägen,
unbeschadet der Weihe des verkörperten Werkes selbst, nicht hatte fehlen können. So musste ein
bauchiger und x-beiniger König Heinrich im Lohengrin herhalten und das runde, schwarze Mundloch im
fußsackartigen Barte, aus dem er seinen polternden Baß hatte verströmen lassen.“, in Th. Mann, Doktor
Faustus, pp. 109, 117-118.
25
„Aber nicht ganz Weniges gibt’s ja bei Chopin, was Wagner, nicht nur harmonisch, sondern im
Allgemein-Seelischen, mehr als antizipiert, nämlich gleich überholt. Nimm das cis-Moll-Notturno opus 27
No. 1 […]. Das übertrifft an desperatem Wohlklang alle Tristan-Orgien – und zwar in klavieristischer
Intimität, nicht als Hauptschlacht der Wollust und ohne das Corridahafte einer in der Verderbtheit robusten
Theatermystik. Nimm vor allem auch sein ironisches Verhältnis zur Tonalität, das Vexatorische,
Vorenthaltende, Verleugnende, Schwebende, die Verspottung des Vorzeichens. Es geht weit, belustigend
und ergreifend weit…“, in ibid., p. 193.
Büßerin in der Hülle des Zauberweibes. Es gebe aber ein Instrument, das heißt: ein
musikalisches Verwirklichungsmittel, durch das die Musik zwar hörbar, aber auf eine
halb unsinnliche, fast abstrakte und darum ihrer geistigen Natur eigentümlich gemäße
Weise hörbar werde, und das sei das Klavier.
26
La contrapposizione precoce che s’instaura fra le composizioni di Leverkühn,
già al tempo della prima fantasia orchestrale, e l’“hypertrophische[r]
Klangapparat des nach-romantischen Riesenorchesters”
27
di reminiscenza
wagneriana, che condurrà al proponimento di reinserire la musica nella
controllata vocalità di una polifonia dal sapore barocco, attraverso la
restaurazione dei generi sacri dell’oratorio e della cantata, emerge pure
dall’atteggiamento con cui Adrian generalmente si rivolge all’arte, ossia con uno
studiato solipsismo, concentrato sul controllo raziocinante di un linguaggio
acustico che non per forza deve essere udito, e con la ricerca di nuovi orizzonti
artistici contrari alla categoria del “bello”: già nella considerazione del Fidelio
beethoveniano, alla cui rappresentazione il protagonista assiste alla fine del suo
percorso scolastico, la musica grandiosa dell’Ouverture n. 3 è definita in termini
di energia e nobiltà, opponendosi ad una sonorità etichettabile come “bella”, la
cui indicazione è invece riconducibile alle armonie wagneriane:
Höchst nobel und großsinnig ist das alles, gehalten geistvoll und eher nüchtern, […] den
Triumph «an sich», - ich mag es nicht schön nennen, das Wort Schönheit war mir
immer halb widerwärtig, es hat so ein dummes Gesicht, und den Leuten ist lüstern und
faul zu Mut, wenn sie’s sagen. Aber es ist gut, gut im Extrem, es könnte nicht besser
sein, es dürfte vielleicht nicht besser sein.
28
26
Ibid., p. 85. Si noti come, argomenta Kretzschmar, a sottolineare l’importanza dello studio del pianoforte
sia proprio l’“Orchesterheros und gelernter Massenerschütterer, […] Musik-Theatraliker” Richard Wagner,
il quale si esprime in modo decisamente entusiasta a proposito della “Hammerklaviersonate” di
Beethoven. L’episodio dell’apprezzamento della sonata beethoveniana è riportato da Mann già in Richard
Wagner und der «Ring des Nibelungen» del 1937. Cfr. ibid., p. 86; Th. Mann, Richard Wagner und der
«Ring des Nibelungen», in (hrsg.) H. R. Vaget, Im Schatten Wagners, Fischer 2005, p. 156 e R. Wimmer,
“«Ah, ça c’est bien allemand, par exemple!». Richard Wagner in Thomas Manns Doktor Faustus“, in
(hrsg.) H. Gockel, M. Neumann und R. Wimmer, Wagner-Nietzsche-Thomas Mann. Festschrift für Eckhard
Heftrich, Klostermann, Frankfurt am Main 1993, pp. 53-55.
27
Th. Mann, Doktor Faustus, p. 202.
28
Ibid., p. 110. Cfr. GKFA 10.2, p. 321. Il concetto estetico del “bello” richiama per associazione quello di
“sublime” e una tale contrapposizione risulta essere particolarmente viva nel panorama letterario tedesco.
Tuttavia, nel Faustus non paiono esserci riferimenti evidenti, tranne per la connotazione che Adrian offre
del Fidelio beethoveniano, caso unico nel romanzo in cui viene ripresa l’antitesi estetica: „[…] endlich die
erhabene Humanität und Brüderlichkeit des Fidelio mit der großen Ouvertüre in C […]”, in Th. Mann,
Doktor Faustus, p. 109. La critica riporta in proposito un passo estrapolato dalle Betrachtungen, che
richiama il tono adottato dal protagonista faustiano: „Nie war es mir um »Schönheit« zu tun. »Schönheit«
war mir immer etwas für Italiener und Katzelmacher des Geistes, - nichts Deutsches im Grunde und
namentlich nicht Sache und Geschmack einer künstlerischen Deutsch-Bürgerlichkeit.“ (cfr. GKFA 10.2, p.
321), benchØ nello spunto tratto dal Faustus non sia lecito leggere una medesima contrapposizione fra
una “Deutsch-Bürgerlichkeit” e l’indicazione di “Italiener und Katzelmacher des Geistes”, poichØ Adrian sta
differenziando la seduzione di un “bello” armonico-orchestrale, di ascendenza wagneriana, dalla potenza
Il rigetto di una seducente bellezza armonico-orchestrale si ritrova anche in un
passo delle lettere che Adrian, mentre è iscritto alla facoltà di Teologia di Halle,
invia a Kretzschmar, lamentando la sua intelligenza presto sazia e il disgusto
che la musica tradizionale, per quanto geniale, solleva nel suo animo superbo;
interessante pare qui l’esempio che Leverkühn adduce per una musica “bella”
ma convenzionale, dal momento che l’illustrazione del protagonista è costituita
da una nascosta citazione del preludio del terzo atto dei Meistersinger, tanto
abilmente integrata nella narrazione, da non esser stata riconosciuta nemmeno
da Adorno:
[…] Ich sehe es kommen (denn das Antizipieren liegt leider oder glücklicherweise auch
in meiner Natur), dass ich mich vor der Abgeschmacktheit, die das tragende Gerüst, die
ermöglichende Festigkeitssubstanz auch des genialen Kunstwerks ist, vor dem, was
Gemeingut, Kultur daran ist, vor den Gepflogenheiten in der Erzielung des Schönen –
das ich mich davor genieren, davor erröten, daran ermatten, Hauptweh daran kriegen
werde, und das in aller Bälde. [...] So geht es zu, wenn es schön ist: Die Celli intonieren
allein ein schwermütig sinnendes Thema, […] verbreiten sich eine Weile weise
kopfschüttelnd und bedauernd über dieses Rätsel, […] der Bläserchor ein zu einer
Choral-Hymne, ergreifend feierlich, prächtig harmonisiert und vorgetragen mit aller
gestopften Würde und mild gebändigten Kraft des Blechs. So dringt die sonore Melodie
bis in die Nähe eines Höhepunkts vor […].
29
Adrian si delinea inoltre come il superatore di una musicalità di ascendenza
wagneriana per la netta distanza che egli opera nei confronti dell’aspirazione
teatrale della musica, nelle vesti della “grande forma” dell’arte borghese:
l’innovazione che egli intende perseguire, sia per quanto riguarda l’ambito del
connubio drammatico di linguaggio verbale e sfera acustica, sia sul terreno
della scelta delle strutture musicali, va considerata alla luce di
un’emancipazione dalla monumentalità menzognera (“Schein und Spiel”) delle
di una musica che, come per il Fidelio di Beethoven, quasi si propone come diretta imitazione della forza
divina. Un ulteriore possibile richiamo alla sfera dell’Empfindsamkeit e dell’influenza del concetto di “das
Erhabene”, del Sublime, si ha con la resa in musica da parte di Leverkühn dell’ode Die Frühlingsfeyer
(1759) di Friedrich Gottlieb Klopstock, a cui, ciò nonostante, non viene opposto il piacere
dell’immediatezza (il “bello” rococò), bensì il gusto grottesco della contemplazione delle dimensioni enormi
dello spazio e delle mostruosità abissali dei mari con la sinfonia Die Wunder des Alls.
Considerata la vastità del campo d’indagine circa il contesto dell’Empfindsamkeit settecentesca e
dell’antitesi tra “bello” e “sublime”, si rimanda ad alcuni testi introduttivi: S. Nienhaus, “L’età di Lessing”, in
AA.VV., Storia della civiltà letteraria tedesca, diretta da M. Freschi, Utet, Torino 1998, pp. 281-344; A.
Reininger, Storia della letteratura tedesca. Fra l’Illuminismo e il Postmoderno 1700-2000, Rosenberg &
Sellier, Torino 2005, pp. 21-79 e G. Baioni, “Prefazione”, in J. W. Goethe, Inni, Testo Tedesco a Fronte,
Giulio Einaudi, Torino 1967, pp. 5-36.
29
Th. Mann, Doktor Faustus, pp. 179-180; cfr. GKFA 10.2, pp. 395-396 e Th. Mann, Die Entstehung des
Doktor Faustus, Fischer 1960, p. 75.
composizioni ottocentesche
30
. BenchØ Leverkühn riconosca, in effetti, che
l’evoluzione della musica tedesca, nella fusione finale di musica e parola in una
dimensione unitaria, trovi uno dei massimi risultati nel “Wort-Ton-Drama”, la
ricerca che egli compie nell’ambito della produzione operistica non mira alla
celebrazione profana di un rinnovato mito germanico, ma si caratterizza
piuttosto come un’analisi delle reciproche corrispondenze fra testo poetico e
tessitura strumentale, che, facendo a meno di Leitmotive e sperimentando
invece accoppiate di timbri e registri strumentali del tutto nuovi, punta ad una
scoperta parodica ed epica del genere del teatro d’opera. Allo stesso modo, il
protagonista si ripropone una condensazione dello sviluppo musicale proprio in
termini di durata, sicchØ il carattere massiccio quale “Zug und Wille zusammen
zum großen Format, zum Standardwerk, zum Monumentalen und grandios
Massenhaften”
31
dei lavori ottocenteschi è trasformato da Adrian in frammenti
sonori, capaci però di esprimere una rinnovata e genuina gnoseologia (si
ricordino in questo caso gli inizi della musica dodecafonica con pezzi di una
brevità fulminea
32
).
30
„Das Werk! Es ist Trug. Es ist etwas, wovon der Bürger möchte, es gäbe das noch. Es ist gegen die
Wahrheit und gegen den Ernst. Echt und ernst ist allein das ganz Kurze, der höchst konsistente
musikalische Augenblick…“, in Th. Mann, Doktor Faustus, p. 243.
31
Si ricorda che nel testo della conferenza Leiden und Größe Mann affianca l’operato di Wagner ai grandi
naturalisti Zola e Tolstoj, così come al dramma borghese di Ibsen; il teatro di Wagner gli sembra anzi
l’unico contributo significativo, in ambito germanico, al carattere monumentale dell’arte del XIX° sec olo.
Cfr. Th. Mann, Leiden und Größe Richard Wagners, in (hrsg.) H. R. Vaget, Im Schatten Wagners, Fischer
2005, pp. 87-88.
32
„Erst im fragmentarischen, seiner selbst entäußerten Werk wird der kritische Gehalt frei.“, in T. W.
Adorno, Philosophie der neuen Musik, Suhrkamp 1975, p. 119.