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INTRODUZIONE
Questa ricerca si pone come obiettivo quello di provare
ad analizzare com‟e‟ cambiata e come sta cambiando
la politica economica e sociale americana,
profondamente scossa dalle fondamenta, dopo la
recente crisi economica che ancora sta affliggendo
tutto il mondo intero. La crisi, infatti, è scoppiata
proprio negli USA, uno dei paesi più potenti al mondo,
e ne sta modificando radicalmente le ideologie in
campo economico. Ciò in cui credevano fermamente
gli americani e il suo governo era, infatti, il liberismo
in campo economico e gli USA erano visti come
appunto uno dei paesi più liberisti. Ultraliberismo è il
termine più appropriato e, non a caso, ne parlo nel
primo capitolo. Gli eventi che però hanno cominciato a
verificarsi tre anni fa, stanno radicalmente spazzando
via questa concezione: molte banche, per evitare il
fallimento, sono dovute ricorrere all‟aiuto dello stato.
Per la prima volta il governo americano si è trovato ad
avere molte quote di azioni di alcune fra le più
importanti banche del paese e di diventare, in sostanza,
proprietario di una fra le più importanti compagnie di
assicurazioni del mondo: la AIG. Tutto questo è stato
fatto per evitare che la situazione diventasse ancora più
grave, ma ha causato un vero e proprio choc, non solo
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ideologico, nella società americana per niente abituata
a questo genere d‟interventi così radicali. Quelli che
hanno accusato di più il colpo sono stati sicuramente
gli appartenenti alla cosiddetta middle class americana,
che ora si vedono costretti a pagare con un inevitabile
aumento delle tasse e con una rinuncia ad alcuni
privilegi. In campo politico invece il Partito
repubblicano ha pagato una scorretta gestione
dell‟economia del paese, con la perdita della
presidenza e la conseguente vittoria di Obama. Ciò
sembrava aver dato un colpo decisivo ai sostenitori
dell‟ultraliberismo e allo stesso Partito repubblicano.
Questa ricerca vuole invece provare a dimostrare che la
situazione attuale negli USA è ben diversa, soprattutto
grazie ad un nuovo movimento nato poco più di un
anno fa: il Tea Party. Questo partito-movimento senza
leader, conservatore e molto vicino appunto alla middle
class, sta riportando ai massimi livelli della politica
americana il Partito repubblicano. Facendo leva su
un‟antica, ma ancora ben salda ideologia della società
americana: poca ingerenza del governo in campo
economico, no ad un alto deficit pubblico, no ad
Obama e no all‟aumento delle tasse, Il Tea Party sta
riuscendo ad imporsi nella politica americana. Grazie
anche ad una breve esperienza sul campo, poiché ho
vissuto due mesi a New York, ho potuto appurare di
persona questa nuova popolarità del Tea Party, resa tra
l‟altro evidente anche dalle numerose vittorie dei suoi
esponenti alle primarie per scegliere i candidati del
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Partito repubblicano, ma soprattutto dalle elezioni di
mid-term che si sono tenute il due novembre del 2010.
Durante queste elezioni, il popolo americano ha votato
per eleggere 37 nuovi governatori, per rinnovare tutti i
membri della Camera dei rappresentanti e 37 seggi su
100 al Senato. I risultati hanno parlato chiaro: per il
presidente Obama si è trattato di una brutta sconfitta,
ma non di una debacle’ irrimediabile. Il Partito
democratico ha, infatti, perso la maggioranza alla
Camera (si è trattato del più grande ribaltamento di
forze dal 1948), ma è riuscito a mantenere un leggero
vantaggio al Senato. Questi risultati sono stati anche il
frutto del lavoro compiuto dal Tea Party, il quale,
attraverso la sua forte propaganda, è riuscito a spostare
verso destra il voto di molti centristi; questi sono infatti
stati convinti che Obama abbia fatto troppo per
l‟economia, con manovre di spesa pubblica anti-crisi
che hanno scavato una voragine nel deficit-pubblico. A
questo proposito, sono state molto importanti anche le
vittorie di due esponenti del Tea Party al Senato:
Marco Rubio in Florida e Rand Paul in Kentucky.
Sarà adesso fondamentale capire quali conseguenze
questo risultato elettorale avrà sulla riforma economica
degli USA e su un‟eventuale riforma sanitaria. Per il
Presidente, che aveva fatto di questi due obiettivi il suo
cavallo di battaglia, il lavoro adesso sarà ancora più
duro e difficile. Senza la maggioranza alla Camera,
infatti, si troverà ad affrontare un‟ancora più forte
ostruzionismo da parte dei Repubblicani, tanto che per
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evitare un vero e proprio legislative gridlock (paralisi
legislativa) del sistema politico americano,
assolutamente nocivo per gli USA, ma anche per il
mondo intero, Obama è stato quasi costretto ad operare
molti accordi bipartisan con i repubblicani. L‟accordo
però molto caro agli stessi repubblicani, ma soprattutto
ai sostenitori del Tea Party è stato quello operato nel
campo delle tasse. Quest‟accordo, diventato legge nel
dicembre scorso ha, infatti, accolto a pieno la richiesta
dei repubblicani di prorogare i tagli alle tasse dell‟era
Bush– che sarebbero dovuti scadere il 31 dicembre del
2010 – accogliendo però nello stesso tempo anche le
richieste dei democratici, compresa quella sul sussidio
di disoccupazione. A soffrirne però saranno, ed è
importante sottolinearlo, le prospettive del bilancio
pubblico americano, come pare già mostrare l‟aumento
dei tassi d‟interesse sui titoli di stato americani.
Cercherò quindi di analizzare perché Obama sia dovuto
arrivare a tutto questo, dopo una dura sconfitta alle
elezioni di mid-term, a soli due anni da suo trionfo
elettorale. Ho deciso inoltre di dedicare anche una
breve parte del mio lavoro alla sfida per l‟elezione del
nuovo governatore dello stato di New York, fra
Andrew Cuomo e Carl Paladino. Mi è sembrato un
argomento interessante, sia perché entrambi i candidati
sono italo-americani, sia perché ho avuto l‟occasione
di vivere da vicino questa “colorita” campagna
elettorale - soprattutto a causa di Paladino - grazie al
mio breve soggiorno a New York. Nell‟ultimo
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capitolo, per concludere, ho cercato di tracciare un
possibile futuro della politica americana.
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LA CRISI ECONOMICA: FINE DELL’ULTRALIBERISMO?
Gli Stati Uniti d‟America stanno attraversando uno dei
periodi peggiori della loro storia dal punto di vista
economico e sociale. Gli americani che vivono sotto la
soglia della povertà stabilita da un reddito procapite di
10830 dollari e di 22050 dollari per famiglia- sono
43,6 milioni rispetto ai 39,8 milioni del 2008
1
. Per
cercare una percentuale orientativa, possiamo parlare
di una soglia che supera il 10%; in altre parole quattro
milioni di americani. La causa di queste impressionanti
statistiche viene dall‟impatto del dilagare della
disoccupazione, arrivata al 9,6%
2
: chi perde il lavoro
viene travolto dalle difficoltà economiche e finisce per
non avere soldi neanche per dar da mangiare alla
famiglia. Sempre la carenza di occupazione è
all‟origine dell‟aumento di coloro che non hanno una
copertura sanitaria, visto che in America la stessa viene
garantita dal datore di lavoro: si tratta di 50,7 milioni di
cittadini, in altre parole il 16,7% della popolazione
rispetto ai 46 milioni (15,4%) del 2008
3
. Per
concludere questa serie di numeri, bisogna dire che tre
milioni di persone restano al di sopra della soglia di
povertà solo grazie ai sussidi di disoccupazione che
vengono pagati dal governo.
1
Da “La Stampa” del 17/9/2010
2
Da Ibidem
3
Da Ibidem
12
La domanda a questo punto è la seguente: come si è
potuti arrivare a tutto questo? Com‟è stato possibile
che, uno dei paesi più potenti al mondo sia precipitato
in questa recessione economica? Trovare le risposte a
queste domande è un‟impresa veramente difficile, ma
prima di analizzare gli interventi adottati dal governo
americano e le sue conseguenze è opportuno cercare di
tracciare un breve quadro storico della crisi economica
che sta affliggendo ancora gran parte del mondo.
Questa crisi è scoppiata, paradossalmente, quando la
finanza ed i mercati sembravano essere al culmine di
un periodo di sviluppo inarrestabile. Il modello
dell‟economia americana in particolare appariva come
il più sicuro ed efficace, tanto che gli USA per più di
venti anni, hanno vissuto molto al di sopra dei propri
mezzi. Tutto questo è avvenuto grazie ad un
atteggiamento di laissez faire da parte di tutte le
autorità della finanza e da parte dei governi, i quali
facendo leva su una delle più apprezzate ideologie
economiche, credevano che i mercati finanziari fossero
intrinsecamente efficienti e razionali. Così facendo
però la finanza è diventata sempre più grande ed
incontrollabile, perché si è rinunciato a porre delle
regole adeguate ai rischi delle nuove attività
4
. Il
problema è cercare di capire come si è potuti arrivare a
quest‟atteggiamento, e per farlo bisogna partire dagli
anni „70: è in questo periodo infatti che cominciano ad
essere avviate delle prime riforme per rendere il
4
Vedi M. Onado, I nodi al pettine, Editori Laterza, 2009, Pg. 5
13
sistema finanziario più efficiente e meno protetto. Ciò
fu poi favorito ed accelerato anche grazie a due svolte
epocali successive: la conclusione della guerra fredda
ed il decollo delle economie asiatiche; eventi che
portarono all‟apertura di nuovi mercati. Se a questo si
aggiunge poi l‟abbattimento dell‟inflazione (merito di
Paul Volcker, presidente della banca centrale
americana negli anni „80
5
), è evidente che ci furono
vantaggi per tutti. Gli economisti attribuiscono un
nome ben preciso a questo periodo: “La grande
moderazione”.
In questo nuovo e favorevole scenario, il modello
finanziario americano viene additato come il
migliore possibile. La sua superiorità poggia su due
pilastri: mercati delle azioni e delle obbligazioni
particolarmente ampi ed efficienti; un sistema
giuridico chiaramente orientato alla protezione degli
investitori
6
.
E‟ proprio negli USA infatti che sono nati tutti gli
strumenti e le nuove tecniche della finanza che poi
porteranno alla crisi, ma che inizialmente sembravano
offrire nuovi strumenti per raccogliere capitali e gestire
in maniera diversa varie tipologie del rischio
finanziario: i cosiddetti prodotti derivati.
A questo punto scoppia una vera e propria rivoluzione:
i prodotti derivati offrono infatti uno standard per i
comportamenti degli operatori finanziari, ed il mercato,
da questo momento, può cominciare a moltiplicarsi in
maniera esorbitante. Il problema principale,
5
Ibidem, Pg. 34
6
Da Ibidem, Pg.35