The New Basel Capital Accord: analisi di un campione di aziende – Carraro Roberto
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A differenza che in passato, in cui molti aspetti della regolamentazione bancaria
sono passati del 58tutto inosservati nonostante la loro pregnanza e influenza, il
Nuovo Accordo ha dato origine non solo a significativi approfondimenti pubblici,
ma anche ad altrettante eccessive polemiche, spesso generate da una scarsa
conoscenza dell’argomento e delle effettive implicazioni che esso potrà
generare sul sistema economico e finanziario. Molte incomprensioni sono andate
via via formandosi durante gli innumerevoli dibattiti avvenuti durante gli ultimi
anni e tale lavoro ha lo scopo di cercare di chiarire, con un grado di semplicità e
chiarezza più elevato possibile, i contenuti e le implicazioni della normativa in
questione.
La trattazione è divisa in due parti, la prima delle quali, composta dai capitoli 1-
2-3-4, è stata dedicata ad una panoramica generale sui contenuti e sulle
caratteristiche salienti del Nuovo Accordo.
La seconda parte del lavoro riporta infine i risultati di una ricerca sul campo da
me svolta avente ad oggetto 182 società di piccole e medie dimensioni analizzate
nei loro aspetti quantitativi e qualitativi nell’ottica dei dettami di Basilea 2; di
tali società sono stati studiati i bilanci d’esercizio chiusi al 31/12/2004 a causa
dell’impossibilità di recepire in tempo utile i dati relativi al 2005, sia per quanto
riguarda l’informazione bilancistica stessa ma soprattutto per quanto concerne
la stima di probabilità media di default utilizzata per la costruzione del modello
di scoring necessario per le analisi. Per ciò che concerne gli aspetti qualitativi
sono state usate le analisi svolte dalla Sevat Servizi, società operante nel
settore della business information dove ho avuto la possibilità di collaborare
come stagista nel corso del 2005.
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2.0 Il Comitato di Basilea e gli Accordi del 1988
Prima di effettuare un’analisi delle innovazioni introdotte dal Nuovo Accordo è
doveroso richiamare brevemente, e di questo si occupa il presente capitolo, le
caratteristiche dell’Accordo attualmente ancora in vigore (“Internazional
Convergence of Capital Measurement and Capital Standards”) emesso nel 1988
dal “Basel Committee on Banking Supervision
1
” e gli aspetti che nel corso del
tempo hanno reso indispensabile una sua rivisitazione.
E’ inoltre bene ricordare che gli Accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali
delle banche sono il frutto del lavoro del Comitato di Basilea , i cui attuali
membri sono i governatori della banche centrali di Belgio, Canada, Francia,
Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera,
Regno Unito e Stati Uniti. Il Comitato opera in seno alla Banca dei Regolamenti
Internazionali, con sede a Basilea, un'organizzazione internazionale che ha lo
scopo di promuovere la cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie
equivalenti allo scopo di perseguire obiettivi di stabilità monetaria e finanziaria;
il Comitato non possiede alcuna autorità sovranazionale e le sue conclusioni non
hanno forza legale: le linee guida, gli standard, le raccomandazioni sono
formulati nell'aspettativa che le singole autorità nazionali redigano disposizioni
operative che li recepiscano adattandoli alle specifiche realtà dei singoli stati.
In questo modo si incoraggia la convergenza verso approcci comuni e standard
condivisi.
L’Accordo del 1988 è stato siglato in un periodo in cui le strategie delle banche
erano concentrate sulla crescita dimensionale e sull’incremento delle proprie
1
Ricordiamo qui che il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è stato fondato nel
1975 dai Governatori delle Banche Centrali del cosiddetto “Gruppo dei dieci”(G10 e che
include tra gli altri Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Svizzera, Regno Unito e
Stati Uniti). Si riunisce presso la Banca dei Regolamenti Internazionali a Basilea e
predispone accordi che non hanno valore vincolante nei singoli paesi se non dopo il loro
recepimento da parte delle rispettive Autorità nazionali.
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quote di mercato, piuttosto che su una politica di miglioramento dell’efficienza e
di valorizzazione del capitale investito. In un tale contesto gli obiettivi del
Comitato di Basilea erano essenzialemente due:
ξ il primo era relativo alla necessità di incrementare la copertura dei rischi
e la capitalizzazione del sistema bancario, così da vincolarne l’espansione
dell’attività
ξ il secondo obiettvo era invece quello di indurre le banche ad una
allocazione efficiente del capitale in funzione del rischio di credito
Per raggiungere tali scopi venne fissato un ammontare minimo di capitale
proprio, chiamato Patrimonio di Viglianza (PV), da detenere a fronte del rischio
di credito associato al portafoglio clienti di ciascuna banca.
Il capitale assorbito dal rischio di credito è dato dalla sommatoria di tutti gli
impieghi moltiplicati per coefficienti che ponderano le esposizioni in relazione al
grado di rischio proprio di ciscuna di esse.
Il vincolo di solidità patrimoniale così imposto è risssumibile nella seguente
formula
2
:
%8 τ
RischioeratoPerIlAttivoPond
PV
2
Va ricordato che attualmente le banche sono soggette ad un requisito patrimoniale
minimo complessivo costituito dalla somma dei requisiti “richiesti” dal rischio di
controparte per il portafoglio immobilizzato, dal rischio di mercato, dal richio relativo
agli immobili assunti per recupero crediti e dal rischio relativo alle partecipazioni
assunte per recupero crediti. Ne segue pertanto che la dotazione patrimoniale minima
necessaria per soddisfare i vincoli regolamentari risulta essere superiore rispetto a
quella prevista dal solo rischio di credito. Al riguardo si veda Banca d’Italia, Istruzioni
di Vigilanza, Titolo IV.
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L’Accordo attualmente in vigore prevede una distinzione delle ponderazioni da
assegnare alle attività in relazione alla natura delle controparti debitrici, al
rischio Paese e alla tipologia delle garanzie ricevute.
All’Accordo del 1988 hanno aderito, fino ad oggi, le autorità centrali di oltre
100 paesi.
In estrema sintesi, quindi, tale documento definiva l'obbligo per le banche di
accantonare capitale nella misura dell'8% delle proprie attività (ponderate in
base al rischio), allo scopo di garantire solidità alla loro attività. Per la prima
volta si poneva l’attenzione sulla rischiosità delle attività creditizie, sebbene in
maniera piuttosto grossolana.
Alcune attività creditizie ritenute meno rischiose venivano ponderate con un
peso inferiore al 100%: ad esempio i crediti verso banche dei paesi OCSE
venivano ponderati al 20% per cui a fronte di un’esposizione di 100
l’assorbimento patrimoniale risultava pari a 1,6 (100 x 20% x 8%) anziché a 8.
Per quanto riguarda la ponderazione del rischio associato alle esposizioni verso
differenti controparti vige lo schema (semplificato) riportato nella tabella
seguente:
Tab.001: Fattori di Conversione
Esposizioni Ponderazioni
Crediti verso governi e banche centrali 0%
Crediti verso enti pubblici e banche 20%
Crediti ipotecari 50%
Crediti verso imprese private 100%
Partecipazioni verso imprese non finanziarie con
risultati di bilancio negativi negli ultimi due
esercizi 200%
Il principale limite di tale approccio consiste nella mancanza di una suddivisione
delle esposizioni sulla base della rischiosità effettiva del singolo affidatario: ciò
da origine a fenomeni di “Cherry picking”, cioè di scelte opportunistiche fondate
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sull’arbitraggio normativo, che favoriscono l’assunzione di più elevati livelli di
rischio a parità di copertura patrimoniale richiesta. Si consideri ad esempio
l’esposizione verso le imprese private le quali sono uniformemente ponderate al
100% con un impegno di patrimonio di vigilanza pari all’8%, indipendentemente
dalla qualità creditizia dell’impegno sottostante: ciò ad evidenza favorisce
l’assunzione di prestiti a maggiore rischiosità i quali garantiscono, almeno
inizialmente, una più elevata remunerazione. In altre parole la quantità di
capitale assorbito era troppo poco sensibile al rischio di credito e ciò apriva
spazi considerevoli ai tentativi di “arbitraggio regolamentare”: a parità di
capitale da accantonare alcune banche potevano essere incentivate a finanziarie
imprese più rischiose ottenendo così redditività più elevate ma assumendo rischi
eccessivi rispetto al capitale detenuto
Ulteriori limiti sono dati da:
ξ una considerazione solo marginale o comunque eccessivamente limitata
delle esposizioni assistite da garanzie, sia in termini di garanzie
riconosciute che in termini di ricorso a forme riconosciute di mitigazione
del rischio maggiormente sofisticate
3
ξ il mancato riconoscimento della diversificazione del portafoglio come
fattore correttivo del rischio, quando in realtà essa svolge un ruolo
fondamentale soprattutto nelle banche che operano prevalentemente nel
segmento retail, data la scarsa rilevanza attribuita alla struttura per
scadenza nelle varie tipologie di crediti concessi
ξ dalla staticità del requisito nelle diverse fasi economiche congiunturali
Riassumendo possiamo quindi affermare che la capacità di distinguere le attività
creditizie in base al rischio in esse implicito era estremamente scarsa, si
3
A tale riguardo va segnalato che fin dal 2000 la Banca d’Italia ha emanato regole
prudenziali per il riconoscimento di forme avanzate di mitigazione del rischio di credito
quali i derivati di credito e le operazioni di cartolarizzazione
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differenziava solo tra poche macro-categorie: il fatto che tutti i crediti verso
soggetti privati fossero trattati in maniera indifferenziata rappresentava un
limite di particolare rilevanza: è evidente infatti che l'8% di accantonamento
può essere giudicato troppo per una controparte di elevata qualità creditizia e
troppo poco per una controparte giudicata rischiosa. A ciò si aggiunga il fatto
che l’Accordo del 1988 prevedeva un limitato riconoscimento delle tecniche di
mitigazione del rischio (garanzie) utilizzate dalle banche, che non teneva conto
della durata delle esposizioni creditize e che prescindeva da una qualsivoglia
valutazione del livello di diversificazione e concentrazione dei portafogli
bancari, e si capiranno i limiti della vecchia disciplina che hanno spinto il
Comitato di Basilea ad un suo aggiornamento.
E’ altresì necessario rilevare come le attuali tecniche di credit risk management
in larga misura si discostino da un approccio eccessivamente semplicistico quale
quello oggi applicato e risulti, pertanto, del tutto opportuno integrare gli
strumenti di vigilanza con sistemi di misurazione del rischio più accurati e in
grado di meglio rappresentare l’operatività quotidiana delle banche, in
particolare di quelle più avanzate ed efficienti.
All’Accordo del 1988 va tuttavia riconosciuto il merito di aver rafforzato la
solidità e la solvibilità del sistema bancario internazionale e di aver ridotto le
differenze competitive fra le banche attive a livello internazionale. La disciplina
attualmente in vigore ha infatti conseguito significativi risultati:
ξ in termini di rafforzamento del sistema bancario internazionale
ξ in termini di sviluppo organico tra dimensione, risorse e rischi assunti
ξ in termini di consapevolezza da parte degli operatori dell’importanza
della gestione del rischio, in particolare del rischio di credito
Il Comitato non ha mantenuto invariato l’Accordo del 1998 fino alla data della
divulgazione ufficiale nel 2004 di Basilea 2 , ma vi ha piuttosto apportato molte
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modifiche negli ultimi anni, al fine di adeguare la normativa alle caratteristiche
dei sistemi bancario e finanziario mondiale che via via andavano delineandosi.
Il primo e più significativo di tali interventi è rinvenibile nell’emendamento,
pubblicato nel 1996 e finalizzato a introdurre una regolamentazione sul calcolo
del rischio di mercato dei titoli detenuti dalle banche per scopi di negoziazione
a fianco di quella già esistente sulla misurazione del rischio di credito la quale,
almeno nelle sue linee essenziali, è rimasta largamente inalterata rispetto alla
versione originale.
A partire da quel momento, il Comitato di Basilea si è impegnato in un’attività di
rinnovo della normativa sul rischio di credito fino a giungere alla prima versione
del Nuovo Accordo, pubblicata nel gennaio del 2001 (“The New Basel Capital
Accord”).