Edna O’Brien Introduzione
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Edna O’Brien nasce in Irlanda, a Tuamgraney, nella contea di
Claire, il 15 dicembre 1930, quarta figlia di una famiglia un tempo
benestante. Suo padre, come lei stessa raccontò in un’intervista, era
“quello che si potrebbe chiamare l’irlandese tipico: un giocatore, un
bevitore, un uomo completamente impreparato a essere marito e
padre”; aveva ricevuto in eredità molte terre e una splendida casa,
ma dissipò il patrimonio e fu costretto a cedere le terre. Sua madre
era una donna persa nella religione e rassegnata a una vita scialba
accanto ad un uomo difficile. Si racconta che “a casa c’erano
soltanto libri di preghiere, libri di cucina e annuari di purosangue…”.
La passione di scrivere si manifesta fin da piccolissima. “Sono
convinta che ho imparato prima a scrivere che a parlare” disse. E
ancora: “Mi dicono i miei genitori e la gente che mi ha conosciuta fin
da bambina che scrivo da sempre. E che tornando da scuola ero
solita sedermi in certi posti nascosti, segreti, e scrivere qualcosa sul
mio quadernetto. Avevo quaderni per tutti quelli che chiamavo
maghi e folletti. Per cui ritengo di scrivere da sempre. Credo che la
brama, la ricerca di scrivere è sempre stata dentro di me” (intervista
rilasciata alla Durham University).
Scarriff, il paesino dove Edna vive la sua infanzia offre ben
poco, come si legge in molti racconti che parlano dell’Irlanda, ma
conserva il fascino di un posto “incantevole e incantato” (Publishers
Weekly).
E’ il maestro della National School - l’unica scuola del paese -
che incoraggia e asseconda la passione di Edna fino all’età di dodici
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anni quando viene messa a studiare nel collegio religioso di Merci, a
Loughrea. Ci rimane quattro anni e quei luoghi saranno, in seguito,
fonte di ispirazione per il suo primo romanzo Ragazze di Campagna.
I quattro anni successivi (1946-50) li passa a Dublino dove
studia presso il Pharmaceutical College e lavora come commessa in
una farmacia. Pare che le esperienze di questo periodo non siano
state determinanti per la sua produzione artistica poiché raramente
leggiamo nei suoi racconti episodi o situazioni legate a questa fase
della sua vita. Altre furono le esperienze che segnarono la sua
crescita letteraria: in primis il libro di James Joyce che acquistò su
una bancarella dell’usato a Dublino “Reading bits of Joyce” del
quale disse: “… è stata la prima volta in vita mia che in un libro ho
incontrato qualcosa che è esattamente quello che io provo. Fino a
quel momento, la mia stessa vita mi è stata estranea” (Publishers
Weekly).
II. Gli esordi letterari
Nel 1948 comincia a scrivere dei piccoli “pezzi descrittivi” per dei
giornali locali ed è incoraggiata a continuare da Peader O’Donnel,
editore dell’allora celebre rivista The Bell.
Nel 1951 sposa lo scrittore Ernest Gebler e ha due figli Carlos
(1952) e Sacha (1954).
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Nel 1959 si trasferisce a Londra e qui scrive di getto, in sole
tre settimane, il suo primo romanzo Ragazze di Campagna. Ottiene
un enorme successo.
Nel 1964 divorzia dal marito.
Attualmente vive tra Londra e New York dove insegna al City
College.
Ha pubblicato una trentina di libri tra i quali vi sono racconti,
romanzi, sceneggiature, opere teatrali e libri per bambini.
III. La trilogia
“Mi rendo conto soltanto ora che per poter scrivere dell’Irlanda ho
dovuto lasciare l’Irlanda. Perché uno ha bisogno del distacco e della
prospettiva che la distanza offre per riuscire a scrivere di un luogo
con calma. L’Irlanda è una meravigliosa incubatrice e … vorrei
essere irlandese o russa, in quanto scrittrice, piuttosto che di
qualsiasi altro paese. Abitarci e scrivere è piuttosto difficile; non è
soltanto un problema di censura” (intervista rilasciata alla Durham
University).
Ed è infatti a Londra, lontano da casa, che inizia a scrivere il
primo dei tre romanzi che formano la così detta trilogia: The Country
Girls (1960), The Lonely Girl (1962) e Girls in their Married Bliss
(1964). Nei tre romanzi si narra la storia di due amiche – Caithleen e
Baba – dagli anni in famiglia nell’ambiente rigidamente cattolico
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dell’Irlanda rurale nel quale sono vissute fino agli anni dell’età adulta
con i loro disincanti e fallimenti.
Ragazze di Campagna (The Country Girls) – tradotto e pubblicato in
dodici lingue (Feltrinelli 1961) – narra la storia di Caithleen Brady
dall’età di quattordici anni, quando la sua amatissima madre muore
in un incidente, all’età di diciassette anni quando, espulsa dal
collegio di suore insieme con la sua amica d’infanzia Baba, va a
vivere a Dublino dove trova lavoro come commessa. La storia
finisce con la profonda delusione di un incontro mancato con Mr.
Gentleman, l’uomo maturo con cui Kate ha le prime esperienze
amorose.
Nel 1962 viene pubblicato il secondo romanzo della trilogia con il
titolo The Lonely Girl che verrà riscritto dalla stessa O’Brien due
anni più tardi sotto forma di scenografia per il film di grande
successo Girl with Green Eyes. Questo titolo – La Ragazza dagli
Occhi Verdi – rimarrà per sempre legato al romanzo, sia nella
riedizione Penguin del 1964 che nelle versioni tradotte. (Edizioni e/o
1989).
Qui Caithleen Brady ha ventun anni e lavora da due in una
drogheria di Dublino. Nutre un’attrazione verso un uomo sposato e
molto più anziano di lei, Eugene Gaillard, e va a vivere a casa sua a
Wicklow. Il padre furente una volta la rapisce e un’altra tenta un
colpo per sottrarla alle braccia di Eugene. Allo stesso tempo Kate
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viene spinta nella direzione opposta alla “onorabilità” dal sottile
disprezzo che Eugene nutre verso la sua “ignoranza atavica” e il suo
“schiavismo religioso”. Con grande sensibilità e autocritica Kate
cerca, seppur con grande fatica e incertezza, la via verso
l’autocoscienza e la trova, alla fine, lasciando il proprio paese e
volando verso l’Inghilterra.
Il terzo romanzo della trilogia Girls in their Married Bliss – Ragazze
nella Felicità Coniugale (Tascabili e/o 1995), con il suo titolo ironico
e amaro, non segue il modello del “… e vissero felici e contenti”; al
contrario dipinge la delusione e il tormento insiti nel fallimento del
matrimonio. L’innocenza di Caithleen scompare man mano che il
carattere brutale del marito viene a galla. La brutalità di lui si
contrappone alla debolezza di lei destinata, secondo il marito, a non
cambiare mai. L’amica Baba, dura e cinica, rimane incinta da un
amante e infierisce contro il marito mortificando il suo ego maschile
per l’impotenza di cui è affetto ed estorcendogli, per non far
scoppiare uno scandalo, soldi e una paternità non sua. Il racconto si
fa ancora più duro quando Baba, amareggiata dal comportamento
degli uomini, impreca contro la condizione femminile: “O Dio, che
non esisti, tu hai in odio le donne, altrimenti le avresti fatte in modo
diverso. E tu Gesù, che hai abbandonato tua madre, odi le donne
ancora di più”.
L’ineluttabilità del racconto spinse l’autrice a riscriverne il finale
e il romanzo fu ripubblicato (Penguin 1967) con un epilogo diverso
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dove Kate prende la decisione di farsi sterilizzare, quale protesta
estrema contro la perfidia degli uomini.
Se da un lato i tre romanzi ottennero un grande successo di
pubblico e di critica, soprattutto in Inghilterra, dall’altro, in Irlanda,
furono addirittura messi al bando. Si racconta che il parroco del
paese bruciò sui gradini della chiesa le poche copie dei libri sfuggiti
alla censura. Pare che quando Edna tornò in Irlanda per rivedere i
genitori che “… provavano troppa vergogna per poter essere
orgogliosi”, si accorse che essi erano divenuti il bersaglio del
disprezzo e dello scherno della gente.
E’ importante a questo punto sottolineare i motivi per cui le
opere di Edna O’Brien riscossero tanto successo di pubblico e di
critica in Inghilterra mentre furono censurate e messe al bando in
Irlanda. Le ragioni sono da ricercare nelle profonde differenze socio-
culturali che, ancora negli anni sessanta, caratterizzavano i due
paesi. Se da un lato l’Inghilterra era all’avanguardia in Europa per
idee, standard di vita, apertura verso nuove culture, dall’altro
l’Irlanda rimaneva il pese più arretrato, chiuso a ogni forma di
rinnovamento, lacerato dalla guerra civile nell’Ulster che si
trascinava dagli anni venti, anni caratterizzati dall’estremismo
cattolico e dalla politica anti-britannica della presidenza De Valera.
Si possono quindi comprendere quali furono i motivi per cui
l’Irlanda ebbe una tale reazione nei confronti degli scritti della
O’Brien. Perché “scrive di sesso, è una donna, e quel che è peggio,
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è femminista; ha una personalità molto spiccata e il tema che tratta
principalmente è l’amore”. Nel saggio “The Whores on the Half-
Doors or An Image of the Irish Writers” (Le Puttane sulla Soglia
ovvero Un’Immagine degli Scrittori Irlandesi) Benedict Kiely
riconosce il ruolo difficile della O’Brien quale scrittrice donna. La
critica dei colleghi irlandesi nasce, principalmente, dal fatto di aver
messo in piazza i difetti di una società bigotta e perbenista. In
risposta a queste critiche la O’Brien disse “Ho soltanto scritto tre
racconti sull’Irlanda … e voi, gente, sembrate prenderla troppo sul
serio … non sto mica scrivendo per l’Ufficio del Turismo! Nessuno,
fuori da questo paese, considera i miei scritti come una condanna
alla vita d’Irlanda; accettano il fatto che scriva di un certo numero di
persone irlandesi, punto e basta.” (Hibernia, 3 dicembre 1971)
Fu sempre molto determinata contro quei giudizi e in
un’intervista rilasciata alla Durham University disse: ”Ciò che rende
valido un racconto o una qualsiasi opera d’arte è il grado di verità e
di autenticità che vi è racchiuso.” E il suo obiettivo è sempre stato
quello di scrivere un “libro più vero del vero”.
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2. L’Oggetto del desiderio
L’Oggetto del Desiderio è una raccolta di racconti. Furono scritti per
i giornali “Ladies Home Journal” e “New Yorker” nei quali apparvero
nel periodo che va dal 1957 al 1965. Vennero in seguito pubblicati a
Londra da Jonathan Cape nel 1968 sotto forma di raccolta con il
titolo “L’oggetto del Desiderio”. La stessa raccolta fu pubblicata
l’anno successivo a New York da Alfred A. Knopf.
Protagoniste di tutti i racconti sono naturalmente le donne le
cui connotazioni variano da Martha, la sofisticata annunciatrice
televisiva (L’Oggetto del Desiderio), alla popolana Signora Farley,
semplice donna delle pulizie (La Gita), dalla contadina irlandese (Il
Tappeto), alla radiologa di umili origini che si trova catapultata in
una upper class che sarà fonte del suo male (Paradiso). E ancora
Claire e sua madre (Legàmi) due generazioni e due mondi a
confronto, e altre protagoniste senza nome e senza volto.
Le storie raccontate nel libro hanno varie ambientazioni:
l’Irlanda, Londra, e luoghi volutamente non identificati per
accrescerne il fascino o il mistero.
La classe sociale delle protagoniste è uno degli elementi
chiave di tutta la narrativa della O’Brien. Da qui l’equazione: basso
ceto sociale uguale campagna irlandese; alto ceto sociale uguale
città inglese. Infatti le donne di umili origini provengono
generalmente dalle terre d’Irlanda, mentre quelle di classe sociale
medio alta sono donne che abitano e vivono a Londra. Fa in parte
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eccezione a questo cliché la Signora Farley che, pur abitando in un
quartiere popolare di Londra, ha in sé tutte le connotazioni della
donna di basso ceto sociale – che generalmente caratterizzano le
donne irlandesi – obbligata per nascita a lavori umili e destinata ad
aver accanto un marito egoista, meschino e insensibile.
In Legàmi troviamo espressi in maniera magistrale i contrasti
di due culture a confronto – quella rurale irlandese e quella
metropolitana londinese – così come sono a confronto le differenze
generazionali tra madre e figlia.
E ancora le differenze tra il proprio status e quello della
collettività circostante sono i temi dominanti di Paradiso e Come
Coltivare un Glicine.
Piuttosto criptico è infine il breve, ma altrettanto suggestivo
racconto Alla Bocca dell’Antro, che si presta a varie chiavi di lettura.
Una potrebbe essere la trasposizione simbolica di un archetipo: il
desiderio inconscio di ritornare nel grembo materno, oppure una
metafora dell’atto della penetrazione – la bocca dell’antro, appunto –
che, essendo un “privilegio” unicamente maschile lascia nella
protagonista un desiderio insoddisfatto.
I temi affrontati sono l’amore, la passione, il tradimento, la
solitudine, la delusione, la noia, l’angoscia, le differenze sociali,
culturali e generazionali.
La narrativa di Edna O’Brien non contempla il lieto fine:
l’epilogo di ciascun racconto lascia nel lettore un senso di mestizia,
di sottile malinconia, di malessere per l’ineluttabilità del destino.
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A. Edna O’Brien: l’amore tra sessualità e femminismo
Alla base delle trasformazioni culturali di questo secolo dobbiamo
senza dubbio collocare una nuova forma di conoscenza: la
psicanalisi. Ideata e sviluppata da Freud alla fine del IXX secolo ha
avuto ed ha tutt’ora un’influenza fondamentale su tutte le correnti di
pensiero.
Anche la produzione letteraria di Edna O’Brien affonda le
proprie radici nella dottrina Freudiana e in particolare nelle teorie di
Freud sulla sessualità: la libido considerata quale forza propulsiva
della vita, la componente primaria di tutte le nostre azioni.
Le protagoniste dei romanzi della O’Brien attingono spesso a
queste teorie dove il sesso è il motore delle loro scelte e dei loro
comportamenti, la forza misteriosa che schiavizza il corpo e la
mente.
Negli anni sessanta Edna O’Brien apre un nuovo capitolo della
letteratura irlandese dando voce alle donne che non avevano mai
parlato in modo così aperto dalle pagine di un libro. E’ proprio per le
tematiche toccate – passioni, erotismo, sentimenti traditi – di
un’intera generazione di donne irlandesi che si guadagna, fin
dall’inizio della sua carriera letteraria, l’appellativo di “donna
scandalosa”.
Sono infatti le donne alle prese con l’amore, l’abbandono, la
solitudine e il sesso, di cui Edna parla apertamente e senza pudori, i
temi centrali della sua opera letteraria. Contrariamente a quanto
affermato da Sean Mc Mahon che “[Edna O’Brien]… considera il
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sesso come parte essenziale della vita di tutti i giorni senza alcuna
connessione morale” (Eire-Ireland, primavera 1967) la moralità è
invece palesemente presente nel rispetto che le protagoniste hanno
nei confronti dell’uomo che amano.
Ne è esempio il racconto L’oggetto del Desiderio che dà il
nome all’intera raccolta. Martha, la protagonista, ha trent’anni e due
figli di otto e di dieci. Lui, ”l’oggetto del desiderio” è, ancora una
volta, più anziano di lei, proprio come lo fu lo stesso marito di Edna
e molti dei suoi personaggi maschili: Mr. Gentleman (Ragazze di
Campagna), il Signor Farley (La Gita), il “Lui” del racconto Paradiso.
Martha è separata e il suo nuovo amante è al terzo matrimonio, ha
avuto dei figli e negli anni ha conquistato fama e ricchezza. Nella
nuova relazione amorosa Martha vive una grande passione che
sconfina, a tratti, in morboso attaccamento; tuttavia il rapporto viene
a poco a poco minato da motivi di scontento che trasformeranno in
odio il sentimento iniziale. Quando il rapporto s’interrompe
definitivamente, Martha viene presa dallo sconforto e dalla
disperazione tanto da invocare il suicidio quale risoluzione a tutti i
suoi mali. La presenza dei figli ancora piccoli e il loro bisogno di cure
materne le infondono nuova energia. Il tempo passa e il rapporto
con il vecchio amante si riapre sotto una nova veste di amicizia
fraterna. Contrariamente alle sue convinzioni, Martha impara che
l’amore è un sentimento totalizzante che travalica ogni
ragionamento logico: “Era, per certi versi, un tipo serio e famoso
anche se, trattandosi di un’avventura sentimentale, ciò ha poca
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importanza. O no?”. Martha uscirà fortificata da questa vicenda
dolorosa: avrà imparato a convivere con la propria solitudine e con
quel senso di svuotamento che la perdita dell’oggetto amato ha
lasciato in lei. Quando alla fine si incontrano occasionalmente in
qualche bar, Martha trova la forza per non lasciarsi sopraffare dal
desiderio di vendetta o da stupidi sentimentalismi perché, per il
rispetto che comunque conserva nei confronti dell’uomo che ha
amato, non chiede – e non vuole – la sua pietà. Preferisce custodire
nel fondo del suo cuore il ricordo del “… vero Lui, non l’uomo che di
tanto in tanto si siede di fronte a me attorno al tavolino di un bar, ma
l’uomo che alberga da qualche parte dentro di me. Si erge dinanzi ai
miei occhi, le mani atteggiate in preghiera, la lingua che tanto ha
amato succhiare, lo sguardo circospetto, il suo sorriso, le venuzze
sulle guance, la voce calma e le parole per me piene di significato.
Immagino che ci si chiederà perché mi stia a tormentare così con i
particolari della sua presenza, ma ne ho bisogno, non posso
rinunciarvi, ora, perché se lo facessi, tutta la nostra felicità e di
conseguenza il mio dolore – per il suo non posso garantire – non
sarebbero serviti a niente, e il niente è la cosa peggiore a cui
aggrapparsi.”
Ritornando al tema della moralità la scrittrice ha spiegato che:
“Nella vita di tutti i giorni moralità non vuol dire astinenza. Ecco cosa
dico ai miei figli: è logico andare a letto con qualcuno, ma senza
mettere al mondo degli esseri non desiderati che sicuramente non
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beneficerebbero del fatto di essere nati” (Intervista rilasciata a Nell
Dunn).
Le protagoniste della narrativa di Edna O’Brien sono donne
che corrono dei rischi, che spesso imboccano strade sbagliate
scegliendo uomini sbagliati e ne pagano le amare conseguenze, ma
che, pur disperate, non rinunciano a sperare, a credere, qualche
volta a illudersi che qualcosa possa cambiare. E’ il caso di Martha o
della protagonista (senza nome) di Paradiso: entrambe ritrovano,
dentro di loro, la forza per superare il difficile momento del fallimento
grazie a un lento processo di maturità interiore raggiunta a caro
prezzo con la sofferenza che mette in moto un profondo processo di
individuazione del Sé (Jung).
Pur accomunate dalla scelta dell’uomo sbagliato, le
protagoniste de La Gita o de Il Tappeto non si fanno invece illusioni,
rassegnate come sono ai loro destini di mogli infelici e insoddisfatte.
Nel primo racconto la Signora Farley si rende conto di aver
“…mancato l’occasione. Suo marito non sarebbe morto mai. Lei e il
suo amico erano destinati a camminare su e giù lungo strade che
portano al ponte della ferrovia e alla fine si sarebbero stancati di
camminare e sarebbero tornati entrambi, tristemente, alle loro case
di ripiego.” Ne Il Tappeto la madre è rassegnata a una vita di duro
lavoro “fin da subito [da piccola] aveva accettato il fatto di essere
nata per faticare” accanto ad un marito “così indolente che doveva
sicuramente trattarsi di una specie di malattia”.
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Si ha l’impressione che la sofferenza delle donne descritte
dalla O’Brien – in particolare di quelle irlandesi – celi, a volte, una
certa forma di masochismo che deriva da colpe ancestrali frutto di
educazione d’altri tempi. Una per tutte la madre di Claire (Legàmi)
che rappresenta lo stereotipo della donna irlandese. “ “Tutti gli aerei
irlandesi sono benedetti, non cadono mai” rispose, [al marito che le
augurava buon viaggio] credendo fermamente in Dio che l’aveva
creata, le aveva mandato un marito insignificante, una fattoria
piuttosto grande, galline, privazioni, e una figlia che era cambiata, di
umore sempre instabile, e cresciuta completamente diversa da loro.”
Se alcune donne accettano passivamente la loro sorte, altre
nutrono comunque sentimenti di ribellione. Proprio la madre del
racconto Il Tappeto, come si è visto, pur accettando la sua
immolazione al sacrificio e alla rinuncia ha un gesto di disperazione
quando, scoperto il mistero del tappeto che le era stato consegnato
per errore, si rende conto che quel dono – l’equivalente del Principe
Azzurro per la povera Cenerentola – era soltanto un’illusione. “Prima
di consegnarglielo lo aveva arrotolato e legato con un pezzo di
spago. Mentre lo guardava allontanarsi lungo il viale si mise a
piangere, non tanto per la perdita del tappeto – malgrado fosse per
lei una perdita enorme – ma soprattutto per la sua stupidità nel
credere che finalmente qualcuno avesse potuto avere per lei un
pensiero gentile.”