3
genere predominante, cioè la tragedia, senza trascurare la commedia e la
tragicommedia.
Questa sintesi sui temi e lo stile delle opere del teatro giacobiano è
seguita dal capitolo dedicato alla figura di John Webster.
Il II capitolo presenta la biografia di John Webster ed inoltre intende
rilevare le differenze tra le opere del primo periodo e quelle della maturità.
Le prime sono nate dalla collaborazione di Webster con altri autori e
presentano una satira dei vizi della società, appresa da Marston.
Le opere della maturità sono rappresentate dalle due tragedie The
White Devil e The Duchess of Malfi, in cui l’arte di Webster raggiunge la
sua massima espressione, grazie alla sua abilità nell’uso del linguaggio
figurato. L’uso del linguaggio figurato o “imagery” permette a Webster la
rappresentazione di un uomo travolto dal disordine e dal caos, ai quali
cerca di opporre un nuovo “ordine”, anche se alla fine fallisce.
L’uomo sa che è impossibile penetrare e comprendere la realtà,
perché è avvolta in una “nebbia”, che è il simbolo delle difficoltà
conoscitive umane.
Il genio di Webster non riesce a raggiungere più i livelli delle due
tragedie e così l’ultima parte della sua carriera sarà caratterizzata da alcune
opere considerate di poco valore.
4
Tra queste opere c’è The Devil’s Law-Case, in cui Webster sembra
riproporre alcuni temi delle due tragedie, come la rappresentazione del
cattivo, del suo cinismo e del disordine in cui vive.
In realtà il valore di questa opera è legato all’intreccio e all’azione,
ricca di numerosi colpi di scena e capovolgimenti di situazioni, che
rendono la storia in alcuni momenti irreale e poco coerente. L’azione
risulta più importante della costruzione dei personaggi, sebbene l’autore
pone al centro dell’intrigo un altro cattivo, Romelio, come nelle tragedie.
Il III capitolo analizza le caratteristiche di questa tragicommedia,
presentando l’immagine di un uomo non più disperato e angosciato, ma di
un uomo pratico, Romelio che agisce in nome degli interessi economici con
cinismo, ma dimostrandosi diverso da Flamineo e da Bosola, i cattivi delle
due tragedie precedenti.
L’ultimo capitolo, il IV, presenta alcuni dei giudizi critici più noti
sull’opera di Webster, facendo una sintesi degli interventi più importanti
sull’opera di questo autore e sul teatro elisabettiano.
La critica di John Webster ha seguito due direzioni diverse, dopo la
riscoperta dei Romantici: una è quella che considera Webster un grande
poeta ma anche un cattivo drammaturgo, mentre l’altra ha cercato di
superare la scissione nel teatro di Webster l’azione e la parola, e soprattutto
5
gli eccessi di un gruppo di critici che hanno sottolineato solo il
sensazionalismo della sua opera.
Tra i giudizi critici che hanno cercato di superare una visione
riduttiva di Webster c’è anche quello di T.S. Eliot.
Il saggio di Eliot esprime un giudizio positivo sul teatro elisabettiano
e su Webster, di cui sottolinea la capacità di esprimere la riflessione su un
uomo confuso e turbato, che si traduce nell’analisi della realtà
caratterizzata dalla presenza costante della morte.
6
CAPITOLO I
IL TEATRO GIACOBIANO
Introduzione
Il periodo tra la fine del XVI secolo e la prima parte del XVII secolo
è il momento di massimo splendore del teatro in Inghilterra.
Nei decenni finali del Cinquecento si assiste alla notevole diffusione
del teatro come passatempo universale nella città di Londra, diventando
progressivamente il momento di massimo sviluppo di geni artistici e di
opere di grande valore.
Questo lungo periodo che comprende anche il teatro giacobiano e
carolino è definito “elisabettiano” e si può dividere in tre fasi.
La prima fase pienamente rinascimentale, è caratterizzata
dall’entusiasmo nelle possibilità dell’uomo e copre un lungo periodo fino
alla fine del ‘500. La seconda fase è attraversata da un amaro disincanto e
da una profonda crisi e termina nel 1612 circa; la terza si differenzia per
7
una calma asfittica ed artificiosa della decadenza e si conclude nel 1642,
l’anno in cui i teatri vengono chiusi.
E’ il periodo giacobiano del teatro che suscita grande interesse per i
cambiamenti profondi e gli sconvolgimenti a cui l’uomo è sottoposto, dopo
la fase elisabettiana.
1.Il teatro giacobiano
Questa fase del teatro elisabettiano è legata ad un momento storico
ben preciso, le cui caratteristiche sono evidenti nelle opere dei principali
autori.
La morte di Elisabetta segna la fine di un periodo di ricchezza e di
sicurezza economica, ma anche di fiducia e positività che si era tradotta
nella vitalità degli autori di opere per il teatro, massima espressione di quel
momento di sviluppo.
Dopo la morte di Elisabetta la società inglese non ha più nessuna
certezza e perde la fiducia nelle capacità umane, trovandosi così ad
affrontare un periodo di grande incertezza, accentuata soprattutto dalla
successione al trono di Giacomo I, avvenuta nel 1603. Il nuovo sovrano,
infatti, non riesce ad assicurare più quel benessere che Elisabetta aveva
saputo dare durante il suo regno, grazie alla sua collaborazione con la
8
classe mercantile, che invece Giacomo trascura per la sua politica incerta e
a volte filospagnola e anche per una mancanza di esperienza, dovuta al
fatto che egli proviene da un paese assai povero e considera le risorse del
suo paese illimitate. La sua incapacità a governare il paese accresce la sua
impopolarità e soprattutto l’insofferenza della popolazione e di esponenti
del potere nei suoi confronti. Questa situazione spiega le congiure del 1603
e del 1605 (The Gunpowder plot) per destituirlo e il senso di instabilità, di
incertezza legati al presagio di un destino oscuro che non avrebbe riservato
nulla di positivo e chiaro.
La reazione a questo momento storico è rappresentata da uno stato
d’animo di paura e di vuoto, che spinge l’uomo a rifiutare qualsiasi
appiglio metafisico e a rifugiarsi così nell’esperienza pratica e
nell’evidenza dei sensi.
Questo è un atteggiamento che ha le sue radici nel rifiuto della
concezione medioevale della vita terrena considerata solo in preparazione
di quella ultraterrena.
Il rinascimento rivaluta così la vita terrena e sposta la sua attenzione
sull’uomo, che è ormai consapevole delle proprie possibilità e che il mondo
gira attorno a lui. E’ un uomo diverso, che sa di potere migliorare la propria
vita e quindi interviene per modificare il proprio destino, di cui diventa il
padrone.
9
E’ una visione della vita che enfatizza l’individualismo dell’uomo.
L’uomo del periodo rinascimentale è vitale e intraprendente e queste
sue qualità gli permettono di raggiungere un certo benessere dal punto di
vista economico.
La crescita economica dell’Inghilterra è legata all’abbandono delle
attività agricole per privilegiare l’industria e il commercio.
I mercanti sono i nuovi “ricchi”, in una scala sociale in cui la vecchia
aristocrazia ormai non si trova più al vertice, ma si avvia verso un
definitivo declino, favorito dal progressivo sfaldamento del vecchio sistema
feudale. Gran parte delle terre confiscate alle chiese vengono vendute a
queste classi emergenti, che successivamente chiedono una maggiore
partecipazione nella politica.
Il passaggio dal Medioevo al Rinascimento è caratterizzato, oltre che
da questa vitalità nell’economia, anche da una forte opposizione alla Chiesa
di Roma, che poi si traduce nella Riforma Protestante. La Riforma
comporta un netto rifiuto dei privilegi e degli abusi della Chiesa di Roma, e
soprattutto l’affermazione della libertà dell’uomo nell’interpretazione delle
Sacre Scritture, così come nell’uso dell’inglese nelle celebrazioni liturgiche
e nei testi sacri.
La stabilità e la certezza della prima fase del periodo rinascimentale
sono assicurati dalla perfezione nell’ordine dell’universo, in cui il
10
macrocosmo è strettamente legato al microcosmo, e l’individuo deve
rispettare una precisa gerarchia, in cui Dio è al vertice, seguito dagli angeli,
gli uomini, gli animali e alla fine gli esseri inanimati.
Con la rottura di questo ordine, cioè “la catena degli esseri”, negli
anni finali del regno di Elisabetta e quelli iniziali di Giacomo, l’uomo si
rende conto dell’impossibilità di una comprensione chiara della realtà e del
mondo in cui vive, ormai dominato dal caos e il disordine.
Infatti nel periodo compreso tra gli anni finali del ‘500 e quelli
iniziali del ‘600 la sensibilità collettiva frana di fronte le nuove scoperte
scientifiche, che modificano le convinzioni medioevali.
Gli studi rivoluzionari nel campo della medicina e in quello
dell’astronomia producono dei profondi stravolgimenti. La teoria
copernicana modifica l’impianto medioevale tolemaico, in quanto afferma
che il sole, e non la terra, è al centro e attorno ruotano gli altri pianeti.
La teoria copernicana stravolge la visione medioevale tolemaica, che
era il simbolo della perfezione e dell’ordine, in quanto la terra era
governata dall’intelligenza divina, sostituita ora dalle leggi scientifiche.
E’ la tragedia il genere che esprime meglio questo stato d’animo,
diventando satanica, poiché rivela l’esistenza di un mondo dominato dal
potere del male e sottolinea la figura di un uomo confuso e sconcertato, alla
ricerca di ciò che può superare l’esperienza concreta.