2
8. Passio undecim mille virginum, a Rosero, Fordonensi Monacho
scripta, anno 1181.
9. Translatio S. Vulfhildis virginis.
10. Vita s. Bestini Abbatis.
11. Vita B. Vulfhildis virginis.
12. Excerpta de vita S. virginis Æthelburgæ.
13. De S. Erchenwaldo.
3
Probabilmente, il poema era contenuto in un blocco di quattro fogli
piegati per formare otto pagine. Già prima dell’incendio, il foglio esterno del
blocco deve essere andato perso, poiché Humphrey Wanley, qualche anno
dopo la catalogazione di Smith, definisce il poema “fragmentum capite et
calce mutilata”
4
.
Il testo in nostro possesso deriva da una trascrizione effettuata da John
Elphinston, curatore della biblioteca cottoniana, per l’antiquario Richard
Graves, il quale donò successivamente l’opera allo storico Thomas Hearne.
5
Nel 1726, Hearne stampò una forma prosastica del poema nella edizione
della John of Glastonbury’s Chronicle, apportando correzioni dove riteneva
errata la trascrizione di Elphinston
6
. Per la versione in versi bisognerà
attendere il 1834, quando Benjamin Thorpe adattò il testo di Hearne
aggiungendolo alla sua antologia Analecta Anglo-Saxonica.
7
Nello scorso
3
Smith, T., Catalogus Librorum Manuscriptorum Bibliothecae Cottonianae cui praemittuntur
illustris viri, D. Roberti Cottoni, equitis aurati & baronetti, vita: et Bibliothecae Cottonianae historia
& synopsis, Oxford 1696, p. 67.
4
Cfr. Scragg, D.G. (ed.), The Battle of Maldon, Manchester 1984, p. 3.
5
Queste informazioni vengono fornite in una nota al frontespizio dell’opera riportata da
Gordon, E.V., op. cit., p. 34: “Oct. 19. 1725. Given me by Mr. Graves. Transcribed by Mr. John
Elphinston, late Under-Keeper of the Cott. Library, the same that transcribed Heming’s
Chartulary that printed.”
6
Scragg, D.G., op. cit., p. 7.
7
Ibidem, p. 8.
3
secolo, le maggiori edizioni, effettuate utilizzando la trascrizione di
Elphinston, sono quelle di Gordon, Dobbie e Scragg.
8
2. DOCUMENTAZIONE E FONTI
Il poema oggetto del presente studio non è l’unico documento in nostro
possesso che riporta la vicenda storica della battaglia. Un’altra fonte
principale è la Anglo-Saxon Chronicle che, nelle versioni C, D, e E documenta
il conflitto nelle annotazioni per l’anno 991; nella versione A, invece, l’evento
è inserito all’anno 993
9
. Le fonti secondarie, invece, sono la opere latine Vita
Oswaldi, il Florentii Wigorniensis Monachi Chronicon ex Chronicis, e il Liber
Eliensis
10
. La Vita Oswaldi, scritta dal monaco Byrhtferth dell’abbazia di
Ramsey verso la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, colloca la battaglia ad una
data precedente all’anno 988, e non fornisce molte informazioni in più
rispetto alla cronaca. La Chronicon ex Chronicis, del XII secolo, fornisce
informazioni supplementari rispetto alle precedenti fonti, identificando, ad
esempio, i leaders danesi nelle persone di Justin e Guthmund, figlio di
Steitan. Di gran lunga più estesa è la versione fornita dal Liber Eliensis, del XII
secolo, che informa, tra l’altro, di un precedente scontro tra i Vichinghi e
Byrhtnoþ qualche anno prima della battaglia descritta nel poema.
8
Per una lista completa delle edizioni vedi relativa sezione della bibliografia.
9
Cfr. Scragg, D.G., op. cit., pp. 9-10. Nonostante tali riferimenti temporali, che costituiscono
solo il termine a quo, la data di composizione del poema rimane incerta. La maggior parte
degli studiosi ritiene che l’opera sia stata composta poco tempo dopo l’evento storico, poiché
ciò giustificherebbe la puntualità impiegata dal poeta nell’identificazione nominale dei
guerrieri anglosassoni, personaggi probabilmente conosciuti all’uditorio. Altri critici,
attenendosi a dati prettamente linguistici, collocano la data di composizione in un periodo
più tardo; a tale proposito cfr. McKinnell, J., “The Date of The Battle of Maldon”, Medium
Ævum, 44 (1975), pp. 121-36, e
10
Questi testi sono raccolti e tradotti in inglese in Allen, M.J.B., - Calder, D.G., Sources and
Analogues of Old English Poetry, Cambridge 1976, pp. 187-92.
4
3. TEMATICA E STILE
The Battle of Maldon è, probabilmente, fra i poemi in antico inglese, quello
che si è prestato, nel corso dei secoli, alla maggiore gamma di interpretazioni.
Attraverso la descrizione di un evento storico contemporaneo, il poeta fa
rivivere la grande tradizione eroica del passato, rispolverando ideali e codici
ormai quasi del tutto scomparsi nel suo tempo. Il regno di Æthelred è stato
probabilmente uno dei più oscuri nella storia dell’Inghilterra anglosassone, a
causa dell’incapacità del sovrano di fronteggiare la crescente minaccia
proveniente dalle incursioni di Vichinghi provenienti, soprattutto, dalla
Danimarca
11
. Tale premessa storica è necessaria per comprendere il possibile
intento del poeta nella composizione dell’opera. In un’epoca in cui troppo
spesso si faceva affidamento sulla negoziazione per scongiurare saccheggi e
devastazioni, l’eroica risolutezza di Byrhtnoþ e dei suoi uomini, che
preferiscono sacrificarsi piuttosto che piegarsi alle richieste dei nemici, si
pone come esempio per una generazione ormai dimentica del virile orgoglio
che aveva caratterizzato i secoli precedenti. Il poeta presenta, dunque, il
principe come un uomo che va controtendenza rispetto alla prassi del suo
tempo. Byrhtnoþ non è certamente un eroe mitico, alla stregua di Beowulf o
Sigfrido, ma piuttosto un uomo anziano alla guida di un esercito in buona
parte composto da combattenti non opportunamente addestrati. Sarebbe
però opinabile affermare che il poema sia essenzialmente la celebrazione di
un uomo o di un evento; piuttosto, attraverso la figura del protagonista, e dei
suoi seguaci, il poeta sviluppa il tema centrale dell’opera, cioè il principio di
lealtà e di aderenza ad un codice eroico incentrato sulla forza e
sull’abnegazione. L’evento storico diventa dunque un pretesto per proporre
la visione nostalgica di un’etica eroica ormai decaduta.
11
Cfr. Stenton, F.M., Anglo-Saxon England, Oxford – New York 1971, p. 375.
5
Poiché il poema mescola realismo e idealismo, è possibile rintracciare la
convivenza di uno stile “giornalistico”
12
e di uno stile epico nell’elaborazione
della tematica
13
. Sebbene, come sottolinea Irving
14
, la parte del poema che si
estende fino alla morte di Byrhtnoþ sia caratterizzata da uno stile più
concreto e prosaico, mentre la restante porzione sia quella che presenta una
maggiore reminescenza della tradizione epico-formulare, entrambi gli stile si
alternano durante tutto il testo, scandendo il passaggio da scene che
descrivono momenti specifici della battaglia a scene che propongono, invece,
una visione d’insieme, e tradizionale, delle dinamiche belliche. L’elemento
stilistico unificante dell’intero poema è l’accentuata economia linguistica
impiegata; a livello retorico, essa viene prodotta, principalmente, per mezzo
dell’uso, spesso congiunto, di zeugma
15
e asyndethon, strumento quest’ultimo
che spesso accompagna una sintassi paratattica
16
. Questi due strumenti
concorrono anche allo scopo di conferire maggiore simmetria alla
narrazione
17
, insieme ad altri schemata, come l’anaphora
18
, mesodiplosis
19
,
epiphora
20
, isocolon
21
e homoeoteleuton. Come suggerisce la Johnson,
12
Cfr. Anderson, E..R., “The Battle of Maldon: A Reappraisal of Possible Sources, Date, and
Theme”, in Modes of Interpretation in Old English Literature, (ed.) Brown, P.R., Crampton, G.R.,
Robinson, F.C., Toronto 1986, pp. 247-272, qui p. 247.
13
Sullo stile del poema, in generale, Davis afferma: “it cultivates a full repertoire of
traditional devices: the alliterative long line; the specialized idiom of martial synonyms,
compounds, and phrasal formulae; conventional motifs, speeches and type-scenes. Davis, C.,
“Cultural Historicity in The Battle of Maldon”, Philological Quarterly, 78 (1999), pp. 151-59, qui
p. 154.
14
Irving, Jr, E. B., "The Heroic Style In The Battle Of Maldon", Studies in Philology, 58 (1961),
pp. 457-67, qui p. 458-59.
15
Lo zeugma è spesso impiegato per condensare in pochi versi esposizioni che altrimenti
richiederebbero una trattazione più estesa; vedi, ad esempio, la descrizione degli ordini di
Byrhtnoþ ai vv. 2-4, 18-21, 62-3, 101-2, o l’appello a Dio di Byrhtnoþ ai vv. 175-77.
16
Vedi commento ai vv. 260-2a e 301-6.
17
Beda definisce lo zeugma come “a joining … in which many ideas depend upon one word
or are enclosed in one utterance”, Tanenhaus, G.H., “Bede’s De Schematibus et Tropis – A
Translation”, The Quarterly Journal of Speech, 48 (1962), pp. 237-43, qui p. 241.
18
Cfr. vv. 64-70, 35-40, 176-180.
19
Cfr. vv. 60-1, 95-6, 124-26.
20
Cfr. vv. 11-15, 19-20, 61-65.
21
Cfr. vv. 225-6.
6
quest’ultima figura non è una “startling innovation in a language which has
inflectional case endings”
22
, tuttavia concorre, a livello uditivo, a dotare più
versi consecutivi di una maggiore compattezza
23
e, in almeno un caso, a
supplire alla possibile mancanza di allitterazione all’interno di un verso
24
. Un
altro strumento del quale spesso il poeta fa uso allo scopo dell’identità
uditiva è la paronomasia
25
, che implica una somiglianza sonora tra due
termini che contrasta con la differenza semantica; in un paio di casi tale
figura produce rima interna accompagnando l’allitterazione o sostituendosi
ad essa
26
.
In generale, l’allitterazione risulta piuttosto regolare, nonostante qualche
sporadico caso di anomalia. L’unico verso che non presenta allitterazione è il
183
27
, mentre al verso 172 la mancanza del secondo emistichio rende
impossibile l’individuazione di tale strumento retorico. Alcuni casi di
anomalia sono rintracciabili in quei versi che presentano allitterazione
posticipata al primo emistichio
28
o al secondo
29
, o in quegli emistichi che non
presentano doppia allitterazione nonostante questa sia richiesta dalla
particolare struttura metrica
30
. In quest’ultimo caso, l’anomalia è imputabile,
quasi sempre, alla presenza di nomi propri che rendono difficoltosa
l’allitterazione
31
.
22
Johnson, A.S., “The Rhetoric of Brunanburh”, Philological Quarterly, 47 (1968), pp. 487-93,
qui p. 491.
23
Cfr. vv. 98-100, 111-12, 182-4, 225-6, 290-3.
24
Vedi commento al v. 271.
25
Cfr. vv. 104, 110, 136, 208, 225-6, 235-6.
26
Vedi commento ai vv. 271 e 282.
27
Vedi commento al verso 183.
28
Cfr. vv. 80, 239, 242, 266, 298.
29
Cfr. vv. 39, 45, 75, 288.
30
Cfr. vv. 80, 183, 222, 230, 244, 286.
31
Per un’analisi dell’effetto dei nomi propri sulla struttura allitterante del poema cfr.
Griffith, M.S., “Alliterative Licence and Proper Names in Maldon”, in Prosody and Poetics in
the Early Middle Ages: Essays in Honour of C.B. Hieatt, (ed.) Toswell, M.J., Toronto 1995,pp. 60-
79. Per l’allitterazione in generale cfr. Orchard, A., “Artful Alliteration in Anglo-Saxon Song
and Story”, Anglia, 113 (1995), pp. 429-63, e Hoover, D.L., “Evidence for Primacy of
Alliteration in Old English Metre”, Anglo-Saxon England, 14 (1985), pp. 75-96.
7
L’allitterazione è un elemento portante del verso anglosassone, e dunque,
a differenza del suo impiego nel verso classico o moderno, non può essere
inteso come strumento ornamentale aggiuntivo; al contrario, essa svolge
un’importante ruolo retorico, in quanto mette in risalto i termini chiave di un
verso, ponendo enfasi sul concetto che essi veicolano. La scelta dei termini
allitteranti è, dunque, sempre funzionale allo sviluppo della tematica.
Un’ulteriore funzione dell’allitterazione è quella di scandire l’azione descritta
con una modalità onomatopeica, proiettando dunque sul piano sonoro le
immagini suggerite dal verbum
32
.
Una particolare commistione di metrica e retorica sottende alla creazione
di raggruppamenti retorici che si presentano sotto forma di modelli circolari,
o “envelope patterns”
33
; sovente queste costruzioni, in concomitanza con
ulteriori figure retoriche, vengono impiegate per produrre commoratio di idee
e motivi, per amplificazione o per contrasto.
34
Data la quantità straordinaria di nomi propri, il poema è altresì ricco di
appellativi, che risultano di due tipi. Nella classificazione dei diversi tipi di
appellativi, il presente studio fa uso di termini della retorica classica
commisti a termini tipici della tradizione scaldica:
1. al primo gruppo appartengono quegli appellativi composti da un
elemento identificativo del personaggio accompagnato da un
termine, o da una locuzione, che lo caratterizza. A questo gruppo
appartengono due sottotipi:
a. Epitheton, qualora il nome del personaggio venga specificato
e il termine, o la locuzione, caratterizzante lo accompagni
35
;
32
Cfr. vv. 118, 189, 230.
33
Sugli “envelope patterns” cfr. Bartlett, A.C., The Larger Rhetorical Patterns in Anglo-Saxon
Poetry, New York 1966, pp. 9-29.
34
Cfr. vv. 5-10, 11-16, 25-28, 62-69.
35
Cfr. vv. 80, 155, 170, 256, 273, 280.
8
b. Antonomasia, qualora l’appellativo sostituisca il nome
proprio
36
;
2. il secondo tipo di appellativo consiste in una costruzione comune
sia alla poesia in antico inglese che a quella scaldica, e che Brodeur
identifica con il termine scandinavo viðkenning
37
: si tratta di una
costruzione nome più genitivo, laddove il nome indica, in genere,
un rapporto relazionale o di possesso e il genitivo identifica il
nome del possessore
38
.
Nella descrizione delle gesta, eroiche o meno, dei partecipanti alla
battaglia, uno degli strumenti privilegiati del poeta è la comparazione
negativa (“negative comparison” o “epic antithesis”
39
), che consiste nella
negazione di un’azione, o di una qualità, con conseguente descrizione di
un’azione, o qualità, in antitesi ad essa
40
. Si tratta di uno strumento retorico
particolarmente congeniale alla descrizione della materia del poema, poiché,
come afferma Kurman, esso “usually occurs in epic rather than in lyric
verse”
41
.
La battaglia che il poema descrive non è solo quella fisica, rappresentata
con avidità di particolari e con una dizione prettamente epica
42
; essa viene
36
Cfr. vv. 11-12, 74, 130, 147, 169, 187, 208, 248, 259, 265, 276.
37
Brodeur, A.G., The Art of Beowulf, Los Angeles 1971, p. 251: “the viðkenning has the
structure base noun combined with limiting genitive; but its base-word is always a term of
ownership or of personal relationship (e.g., ‘owner,’ ‘father’, ‘brother,’ ‘son,’ ‘friend,’
‘enemy,’ ‘slayer,’ etc.); and its limitino word is the name of the person or the owned object
with whom, or with which, the specified relationship exists, or a recognizable substitute
therefor.”
38
Cfr. vv. 5, 92, 151, 173, 178, 202, 238, 282, 287, 298, 300, 320.
39
Per uno studio approfondito su tale tecnica cfr. Kurman, G., “Negative Comparison in
literary Epic Narrative”, Comparative Literature, 21 (1969), pp. 337-47.
40
Cfr. vv. 81-3, 117-8, 185, 192-3, 260, 268-9.
41
Kurman, G., op. cit., p. 338.
42
Cfr. Irving, Jr, E. B., op. cit., 459-60.
9
anche estesa all’attività verbale
43
e, sul piano simbolico, alla nozione della
lotta fra angeli e demoni per il possesso dell’anima del principe morente
44
.
Il lessico del poema è quello tipico dei poemi eroici e, come afferma
Scragg, ha l’effetto di “reinforce the basic metaphor of the poem, which is the
representation of contemporary men and events as part of a heroic society
similar to that reported of Germanic warriors of the first century A.D. by the
Roman historian Tacitus.”
45
L’uso di sinonimi, spesso con diverse sfumature
di significato, garantisce al poeta una certa varietà lessicale. I rapporti di
sinonimia riguardano principalmente termini che indicano i seguenti
concetti:
ξ guerriero – beorn (17, 62, 92, 101, 111, 131, 154, 160, 182, 245, 257,
270, 277, 305, 311), cempa (119), dreng (149), guma (94), hæleð (74,
214, 249), hyse (2, 112, 123, 128), rinc (18), scealc (181), secg (159, 298),
þegen (151, 205, 220, 232), wiga (75, 79, 126, 134, 210, 235, 302),
wigend (302);
ξ signore, principe – ealdor (11, 53, 202, 222, 314), eorl (6, 28, 51, 89,
132, 146, 159, 165, 203, 233), heorra (204), hlaford (135, 189, 224, 240,
318), frean (12, 16, 184, 259, 289), þeoden (120, 158, 178, 232, 294);
ξ battaglia – beadu (185), fæhðo (225), feld (241), feohte (103), gecamp
(153), getoht (104), gewinn (214, 248, 302), guð (13, 94, 192, 187, 192,
285, 296, 321, 325), here (292), hild (8, 33, 48, 55, 123, 223, 288), wig
(10, 73, 128, 130, 193, 235, 252, 324);
ξ spada – bill (114, 162), swurd (15, 47, 118, 161, 166, 237), ecg (60), iren
(253), mece (167, 236);
ξ scudo - bord (15, 42, 62, 101, 110, 131, 245, 270, 283, 284, 295, 309),
linde (99, 244), rand (20), scyld (98, 136);
43
Sulla battaglia verbale cfr. Anderson, E.R., "Flyting in The Battle of Maldon", Neuphilologische
Mitteilungen, 71 (1970), pp. 197-202.
44
Vedi commento ai vv. 173-80.
45
Scragg, D.G., op. cit., p. 32.
10
ξ lancia – æsc (43, 310), æscholt
46
(230), daroð (149, 255), franca (77,
140), gar (13, 46, 67, 109, 134, 138, 154, 237, 296, 321), ord (47, 60, 110,
124, 146, 157, 226, 253, 273), sceaft (136), spere (108, 137).
Allo stesso lessico appartengono i seguenti composti: beaduræs, ‘tumulto
della battaglia’ (111), beahgifa, ‘donatore di anelli, signore’ (290), bricgweard,
‘difensore del ponte’ (85), brimliðen, ‘navigatore, marinaio’ (27), brimman,
‘uomo del mare’ (49), ealdorman, ‘signore, principe’ (219), fyrdrinc, ‘guerriero,
membro del “fyrd”’ (140), garræs, ‘tumulto di lance’ (32), heorðgeneat,
‘compagno del focolare, seguace’ (204), heorðwerod, ‘gruppo di seguaci’ (24),
hilderinc, ‘guerriero’ (168), garberend, ‘portatore di lancia, guerriero’ (262),
guðplega, ‘battaglia’ (61), guðrinc, ‘guerriero’ (138), lidman, ‘uomo della nave,
marinaio’ (99, 164), sælida, ‘marinaio, navigatore’ (45, 286), særinc, ‘guerriero
del mare’ (134), scyldburh, ‘muro di scudi’ (242), sincgyfa, ‘donatore di tesori,
signore’ (278), wælræste, ‘morte in battaglia’ (113) wælspere, ‘lancia mortale’
(322), wælstow, ‘campo di battaglia’ (293), wælwulf, ‘lupi della strage’ (96),
wigplega, ‘battaglia’ (268), winedrihten, ‘signore e amico’ (248, 263).
In generale il poema è organizzato secondo una struttura speculare, in cui
ogni azione viene riflessa in maniera consequenziale o contrastante: agli
ordini di B. segue la pronta reazione dei suoi guerrieri; ad ogni discorso
corrisponde un’azione fisica; ai tre Anglo-danesi che fuggono dal campo di
battaglia corrispondono altri tre Anglo-danesi che rimanangono fedeli fino
all’estremo sacrificio. Tale struttura consente al poeta un pieno sviluppo
della tematica della lealtà attraverso i suoi due risvolti: il fallimento dell’etica
eroica, concretizzato dai disertori, e l’adempimento del voto di fedeltà da
parte dei seguaci fedeli.
46
Nel caso di æsc, ecg, franca, iren, linde e ord, la sinonimia è prodotta dall’uso sineddotico del
termine.
11
CAPITOLO I
PROFILO PRAGMATICO DEL TESTO
Un’analisi pragmatica del poema permette di individuare una serie di
indici deittici attraverso i quali ricavare una suddivisione in sezioni narrative
del testo; le particelle deittiche, infatti, scandiscono il susseguirsi degli eventi
più significativi nella narrazione. Nella loro analisi pragmatica del Fragment
of Finnsburh, Jan-ola Östman e Brita Wårvik, considerando le particelle
presenti nel frammento, suggeriscono una sorta di organizzazione gerarchica
dell’uso degli indici stessi per indicare l’importanza di un’azione nel
discorso
47
. Considerando la distribuzione delle particelle pragmatiche in The
Battle of Maldon è possibile ricavare una organizzazione gerarchica degli
indici deittici secondo il seguente modello:
oðþæt
þa
swa
ac
nu
þonne
Il motivo della presenza di oðþæt in cima alla gerarchia risiede nel fatto che
tale congiunzione si trova nei passaggi in cui la narrazione raggiunge il suo
apice; tale indice quindi, ne marca gli eventi salienti.
Þa, che chiameremo “indice di preminenza”, è la particella deittica più
diffusa nel testo ed è normale che sia così in quanto permette all’azione di
procedere scandendo le sezioni principali della narrazione.
47
Östman, J., Wårvik, B., "The Fight at Finnsburh: Pragmatic aspects of a narrative fragment",
Neuphilologische Mitteilungen, 95 (1994), pp. 207-227.
12
Swa, nella sua funzione avverbiale, è un indice che svolge la stessa
funzione di þa, anche se è presente in misura nettamente minore rispetto al
suo simile.
Ac ha la funzione di “indice di azione”, in quanto, come congiunzione
avversativa, prevede un contrasto nello sviluppo della narrazione; spesso
infatti viene impiegata come parte integrante di una comparazione negativa.
La sua importanza è quindi subordinata a quella di un indice di preminenza,
in quanto non aggiunge niente alla struttura proposizionale del testo ma
produce un contrasto.
Nu è sia un avverbio di tempo che una particella che conferisce enfasi a
richieste o esprime dubbi o collega pensieri o concetti ad uno già espresso.
Tuttavia, come particella deittica, generalmente, la sua funzione principale è
quella di richiamare l’attenzione dell’ascoltatore perché sta per essere fatto
un discorso
48
.
Þonne introduce nuove informazioni che si configurano come digressioni,
come elementi della narrazione che non appartengono al piano temporale o
spaziale degli eventi narrati ma che ad essi sono collegati.
Una volta stabilita la funzione di tali particelle deittiche è possibile
analizzare il modo in cui esse agiscono nella strutturazione del nostro testo. Il
successivo schema
49
mostra una suddivisione in sezioni del testo effettuata
sulla base all’occorrenza degli indici descritti.
48
Kastovsky, K., "Modern approaches to deixis", in Multiple perspectives on the historical
dimension of language, (ed.) K., Jankowsky, Münster 1996, pp. 33-49.
49
Nella strutturazione del seguente schema è stato seguito, in linea del tutto generale, il
modello proposto da Huppé nella sua analisi di Juliana; cfr. Huppé, B.F., The Web of Words,
New York 1970, pp. 151-55.