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La seconda parte del saggio sostiene che il linguaggio del fumetto sia emozionale,
non intellettuale. Molte vignette, infatti, sono comprensibili anche senza il ricorso
alla nuvoletta, che ha perciò solo una carica emotiva. Lo stesso si può notare nella
disposizione degli elementi nell’immagine: quelli che devono colpire maggiormente
sono posti a sinistra, dove chi legge li incontra prima.
Lo studioso attribuisce molti valori simbolici a personaggi ed ambienti dei fumetti,
equiparandoli alle fiabe o al cinema.
Secondo il suo parere questo medium ha subito un’involuzione. E’ passato dalla
raffigurazione mimetica della realtà alla stilizzazione ridondante, soprattutto per
quanto riguarda i testi.
Negli ultimi quindici anni la fioritura di testi sull’argomento è stata più notevole, pur
continuando ad escludere un’attenta analisi linguistica
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Altri saggi, quali: M. Jacqmain, Topolino maestro di stile?, in A.A.V.V., Italiano
d’oggi. Lingua non letteraria e lingue speciali, Trieste, Lint, pagg. 234-248; S.
Verda La parola a Topolino, in “Italiano e oltre”, 2 (1990), pagg 53-54; ed infine M.
T. Frattegiani Tinca, Tratti linguistico-espressivi dei fumetti del genere Superuomini,
in “Annali dell’Università per stranieri di Perugia”, si sono occupati di aspetti meno
attinenti alla presente analisi. I primi due si occupano infatti di un fumetto rivolto ad
un pubblico infantile e che fa uso spesso di modalità tipiche del genere comico;
l’ultimo analizza fumetti tipicamente stranieri, di un genere estraneo agli interessi
della casa editrice Bonelli.
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Si possono elencare: nel 1989, G. FREZZA, Il fumetto, in LIE, Storia e geografia, vol III (L’età
contemporanea), pagg 1244-1268; nel 1991, D. BARBIERI, I linguaggi del fumetto, Milano ,
Bompiani; nel 1994, S. BRANCATO, Fumetti. Guida ai comics nel sistema dei media, Roma,
Datanews; nel 2000, L. RAFFAELLI, Il fumetto è prolifico, “Tirature”, pagg 116- 148; nel 2002,
M.FEO- R.MELONE Il linguaggio del fumetto, Milano, DeFalco editore
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M. Jacqmain analizza l’edizione italiana del fumetto più diffuso e popolare sia in
America sia in Europa. Lo studio vuole dimostrare che questo fumetto non usa un
italiano né scorretto né scialbo.
Anzitutto nota come l’inglese si diffonda solo nelle interiezioni, la lingua quindi non
si piega ad un facile esotismo. Rileva poi forme non correnti, ma creative:
neologismi, creazioni umoristiche, superlativi e alterati.
Gli autori applicano le regole tradizionali per la formazione delle parole, con la
volontà di sorprendere il lettore e creare empatia.
Ne deriva un linguaggio non uniforme, che attinge a diversi settori: pubblicità, gergo
malavitoso, lingua aulica.
Il saggio propone infine una lettura didattica della lingua di questo settimanale: i
neologismi in esso contenuti possono essere un valido stimolo all’insegnamento
dell’etimologia, della morfologia e del lessico.
Il secondo saggio dedicato a Topolino è un’analisi specificamente linguistica e
considera le differenze tra didascalie e nuvolette.
Le didascalie mutano negli anni da prolisse e ricercate a formali e aride. Mentre la
parte di testo nelle nuvolette è più rilevante e varia.
Si tratta di un linguaggio eclettico: frasi fatte, termini settoriali, neologismi e gergo.
Il tutto investito da una forte dose di ironia.
Il lessico settoriale si rifà molto alla lingua dei media, risentendo a volte di mode
transitorie, ma attinge anche ai termini marinareschi e avventurosi, ed infine alla
scienza.
Molto importanti i neologismi, per i quali si usano prefissi e suffissi della tradizione
italiana. Spesso sono usati in modo caricaturale, molti sono alterati o superlativi. In
generale lo scopo è creare un linguaggio originale e comico.
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Il registro è informale e familiare, fa largo uso di metafore, ma raramente ricorre ai
regionalismi e al vero turpiloquio. Si rileva la presenza di voci auliche, a scopo
parodistico e di forestierismi, blandamente mimetici.
In conclusione Topolino ha delle caratteristiche che lo distinguono dagli altri fumetti.
La sua importanza lo ha portato talvolta ad influenzare l’italiano comune, ma
soprattutto ne fa un continuo stimolo alla creatività linguistica.
T. Frattegiani Tinca si occupa degli aspetti morfosintattici e lessicali dei fumetti del
genere con protagonisti uomini apparentemente comuni, ma in realtà datati di poteri
sovraumani”. Le fonti sono state edite tra il 1978 e il 1992. L’analisi non include i
testi in didascalia.
Si sostiene la tesi che la lingua usata sia molto vicina all’italiano standard.
La prima parte dello studio si occupa dell’aspetto morfo-sintattico. Rileva l’uso di ci
e ne pleonastici e del che polivalente, usi vicini alla lingua parlata. Si fa notare che
l’alta presenza di pronomi suggerisce uno stile enfatico. Analizzando gli usi verbali
si riscontrano: ellissi frequenti; buona tenuta del congiuntivo; una netta prevalenza
dell’indicativo presente, seguito dall’imperfetto.
Infine si analizzano i tratti stilistici più espressivi: frasi idiomatiche, verbi
pronominali a doppio clitico, perifrasi e interiezioni.
La seconda parte riguarda le caratteristiche lessicali. Si riscontra una tendenza al
registro parlato e colloquiale, escludendo usi scorretti. Si fa ricorso al gergo della
malavita e a molti tecnicismi sia settoriali sia fantascientifici. Buona la presenza di
alterati.
In conclusione la lingua dei fumetti del genere Superuomini si avvicina al parlato con
forme rapide e semplici. Sebbene ci sia una tendenza alle forme enfatizzate e
ridondanti.
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L’aspetto espressivo predomina su quello comunicativo, dal momento che i
protagonisti non usano mai una lingua scorretta, ma solo colloquiale, anche in azioni
violente.
Le tre testate analizzate in questa tesi sono interamente italiane, benché ispirate al
modello americano, rivolte ad un pubblico adolescenziale o adulto (a quest’ultimo
soprattutto col passare degli anni), di genere western-avventuroso e principalmente
realistiche.
Altri testi che hanno fornito una visione generale dell’argomento, sono stati: del
2001, I. Paccagnella, Valgame Dios, pards! Così parlò Tex Willer, in La parola al
testo Scritti per Bice Mortara Garavelli, a.c. di G. Beccaria e C. Marello,
Alessandria, Dell’Orso, II, pagg 606- 620 e A. Sebastiani, La lingua nella realtà
composita dei fumetti, in “Quaderni dell’osservatorio linguistico” I (2002), pagg 316-
344.
Il primo saggio prende in considerazione, nella sua globalità, il linguaggio di uno dei
testi analizzati nella presente tesi: Tex.
Ricorda anzitutto che non si tratta del testo di un unico autore e che si è evoluto in
cinquant’anni di esistenza.
Dal punto di vista grafico Tex si mostra regolare e tale si mantiene nel tempo, sia per
le vignette sia per le nuvolette. Anche l’uso di segni cinetici e onomatopee è sobrio.
Vengono spiegate le funzioni delle diverse didascalie e dei differenti tipi di ballons.
Il lessico mostra numerosi forestierismi: toponimi, antroponimi, esclamazioni e
imprecazioni; per lo più si tratta di iberismi e anglismi, con alcune voci indiane.
Queste ultime hanno tono solenne e sono stereotipate. Non si arriva mai ad un vero
impasto linguistico.
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Si rilevano invece molti livelli linguistici: dal tono elegiaco, allo stile letterario, fino
al comico e colloquiale.
In generale, però, la lingua pare legata allo scritto e ad un certo grado di letterarietà.
Cosa che si fa ancora più evidente sul piano sintattico, dove si riscontrano
congiuntivi anche in momenti di forte tensione e congiunzioni letterarie.
Si può perciò affermare che la lingua presentata alla nascita di Tex lo abbia
accompagnato fino ad oggi.
Il secondo saggio è apparso sul primo numero di un periodico che si poneva l’intento
di rilevare i fenomeni che caratterizzano la lingua italiana contemporanea e,
soprattutto, di registrarne tendenze e oscillazioni.
Nel costituire il corpus, l’autore tiene conto della maggiore varietà possibile nel
camo del fumetto, selezionando testate varie per successo di vendita e pubblico: oltre
ad alcuni fumetti Bonelli classici o moderni, sceglie manga, Topolino, fumetti comici
italiani e fumetti americani d’azione. Utilizzando poi il corpus quasi come
omogeneo.
Il linguaggi del fumetto è definito composito perché unisce codice iconico ed
elemento verbale. Quest’ultimo si manifesta nei ballon; nelle didascalie; nei cartigli;
nelle note esplicative e nelle onomatopee. L’autore prende in esame, come testi
puramente verbali, solo quelli contenuti in ballon, didascalie e cartigli.
Da questa analisi risulta che la lingua nei fumetti presenta forti contrasti. La
morfologia accoglie contemporaneamente forme innovative ( lui, lei, loro come
soggetti, gli dativale plurale) e forme tradizionali (uso del congiuntivo, voi pronome
di cortesia). La sintassi può essere definita quella di un parlato-scritto: ricorre a frasi
nominali, frasi sospese, dislocazioni...ma non arriva mai a forme a-grammaticali.
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Il lessico infine è basato su frasi idiomatiche e proverbiali, vicine alla tradizione
scritta.
In conclusione la lingua del fumetto si mostra nettamente consapevole della
tradizione scritta e degli usi orali, da cui spesso prende le distanze.
Molto importante è il saggio La lingua del fumetto di S. Morgana, edito da Carocci
nel 2003.
In questo saggio il linguaggio del fumetto è analizzato dal punto di vista strettamente
linguistico. Si tiene conto dell’influenza che le immagini, le convenzioni e le spinte
innovatrici hanno sui testi contenuti in nuvolette e didascalie.
Una prima parte dell’analisi è dedicata alla presentazione generale del medium:
nascita, storia, caratteri distintivi e componenti grafiche. In particolare sono
analizzati sia gli elementi legati al testo (ballons, didascalie, onomatopee...) sia quelli
strettamente appartenenti al codice iconico ( vignette, segni cinetici...).
Il saggio illustra, quindi, i tratti conservativi e quelli innovativi della lingua del
fumetto. Tutti i testi analizzati sono del 2003, non appartengono solo albi della
Bonelli, ma anche della Disney.
In generale la lingua che se ne delinea accoglie fenomeni dell’italiano colloquiale e
informale, escludendo quelli più bassi.
L’imitazione del parlato avviene attraverso la frammentazione sintattica, la sintassi
marcata, i segnali discorsivi e l’uso espressivo della punteggiatura.
Nell’uso dei modi e dei tempi verbali, tutti i fumetti risultano piuttosto conservatori,
mentre nella scelta dei pronomi personali soggetto e dativali si allineano con
l’italiano medio.
Una buona parte del saggio è dedicata al lessico. Si riscontra un’ampia presenza di
idiomatismi e frasi fatte, un uso medio dei forestierismi (cristallizzati e
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ipercaratterizzanti ) e un abbondante ricorso ai neologismi (soprattutto nei fumetti
Disney).
Concludendo, si tratta di una lingua vincolata dall’illustrazione e dalle convenzioni,
che si attiene sempre ad una forma tradizionalmente corretta.
Volendo parlare di un campo d’analisi così vasto e così nuovo, quale quello della
lingua del fumetto, mi è parso naturale rivolgermi alla casa editrice Bonelli. E’
infatti, nella nostra nazione, la più importante tra quelle dedicate esclusivamente al
fumetto ed interamente italiana.
In seguito l’argomento è andato profilandosi per gradi: all’interno della produzione
Bonelli sono state scelte due sezioni temporali sufficientemente ampie ed abbastanza
distanti tra loro da consentire almeno un parziale confronto cronologico.
L’intenzione è, infatti, anche quella di valutare un’eventuale evoluzione della lingua
in analisi. Per questa ragione le uniche testate Bonelli candidate all’analisi sono state
le tre presenti (Tex, Zagor, MrNo ), le uniche cioè edite continuativamente dagli anni
Settanta. Questa scelta ha portato ad una definizione abbastanza precisa del genere,
quello western-avventuroso. Tale genere è il più antico, longevo e sfruttato dalla casa
editrice, è stato il genere scelto da Gian Luigi Bonelli per Tex e da Sergio Bonelli per
Zagor e MrNo. Da molti punti di vista è perciò la base e il modello per tutte le
edizioni successive. Sotto questo aspetto, la lingua analizzata mostra perciò un forte
tratto di omogeneità, pur conservando variazioni dovute allo stile delle singole
testate. Tex e MrNo rappresentano rispettivamente il puro western e la pura
avventura, mentre in Zagor si trovano entrambi gli elementi con inoltre una buona
dose di comico dovuta al co-protagonista Cico. Allo scopo di fornire dati concreti e
realistici, è stato analizzato un corpus ampio: tre albi per testata per ogni anno di
edizione dal 1975 al 1982 e dal 1995 al 2002. Sono state considerate sia le nuvolette
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sia le didascalie. I punti trattati riguardano principalmente gli aspetti sintattici:
sintassi del periodo e marcata, morfo-sintassi ed inoltre deissi e segnali discorsivi.
Ad integrare questa parte centrale del discorso, si aggiungono accenni al lessico e
alla punteggiatura. Non é, infatti, possibile comprendere pienamente la specificità
della lingua di questi fumetti prescindendo dall’uso particolare delle voci straniere e
gergali, nonché dall’utilizzo espressivo dei segni di interpunzione a scopo mimetico
del parlato. Non rientrano strettamente nell’analisi, ma sono indispensabili alla
comprensione del contesto, i capitoli dedicati alla storia del fumetto, alla casa
editrice e all’aspetto grafico del fumetto. In particolare quest’ultimo capitolo tratta un
elemento che influenza pesantemente la lingua trattata. Il fumetto ha un linguaggio
misto di immagini e parole, che si influenzano vicendevolmente. L’immagine perciò
limita ed integra il testo.