La parte I affronta il tema della disciplina della responsabilità
internazionale degli Stati per atti illeciti alla luce della cosiddetta dottrina
Bush. Ad una breve ricerca di una definizione “fruibile” di terrorismo
internazionale, che non intende in alcun modo essere definitiva, segue la
ricostruzione dei fatti tipici internazionalmente illeciti riconducibili a tale
fattispecie e delle principali norme internazionali relative ad essi,
nell’ottica della determinazione dell’elemento oggettivo della
responsabilità internazionale per atti di terrorismo.
L’elemento soggettivo forma invece la materia del capitolo successivo, in
cui sono presi in esame i criteri tradizionali per di imputazione di atti
illeciti a Stati da una parte e quelli più controversi emersi dalla prassi
recente dall’altra.
La parte II affronta invece il tema dell’uso della forza in reazione ad atti
terroristici di vasta scala. Si prendono brevemente in considerazione
misure non comportanti l’uso della forza (le contromisure) e misure
tipicamente radicate nel sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite
(le misure comportanti l’uso della forza adottate ex art. 42 dello Statuto).
L’argomento principale della parte è tuttavia l’uso unilaterale della forza
in reazione ad attacchi terroristici in virtù del diritto di legittima difesa. Si
analizzano gli aspetti più salienti del dibattito circa l’assimilabilità degli
atti di terrorismo internazionale alla categoria di attacco armato ex art. 51.
Si passa poi ad esaminare i principali problemi relativi all’applicazione
concreta del regime di legittima difesa in tale contesto, in termini di
determinazione del target che può essere legittimamente colpito e di
interferenza con il principio di sovranità.
Proprio con una riflessione sul futuro del principio di sovranità alla luce
delle tendenze introdotte dalla dottrina Bush si conclude il lavoro. La tesi
8
sostenuta raccoglie i frutti del lavoro di chiarificazione condotto nelle due
parti precedenti. L’intento è quello di ricondurre al loro giusto ambito
problematiche che spesso, nella letteratura, vengono inquadrate
confusamente in ambiti diversi: quello della responsabilità degli Stati e
quello della legittima difesa.
9
Parte I. Responsabilità Internazionale degli
Stati per Atti di Terrorismo Internazionale
10
1. L’elemento oggettivo
1.1 Definizione della condotta
SOMMARIO 1. Tipologie di terrorismo – 2. Strumenti giuridici nel XX
secolo – 3. La dottrina
Si rileva costantemente come a tutt’oggi la comunità internazionale non
abbia ancora raggiunto una definizione unanime della nozione giuridica
di terrorismo.
Numerosi strumenti convenzionali
1
individuano le caratteristiche di
altrettante fattispecie particolari della galassia terroristica, qualificandole
come atti internazionalmente illeciti. Resta impossibile, tuttavia,
raggiungere una definizione organica dell’elemento comune a tali
fattispecie, l’elemento cioè che coincide con la loro “terroristicità”.
1.1.1 Tipologie di terrorismo
Appare tuttavia opportuno distinguere sin d’ora diverse manifestazioni
del fenomeno terroristico, in modo da limitare l’analisi svolta in questa
sede.
Gli atti di terrorismo possono avere natura meramente interna oppure
rilevanza internazionale. Nel primo caso, distinguiamo tra la categoria del
terrorismo politico e quella del cosiddetto “terrorismo di Stato”.
1
Vedi infra, n. 54 p. 34.
11
Nonostante le rilevanti difformità tra le varie normative interne, nella
categoria del terrorismo politico possono per semplicità essere annoverati
tutti gli atti di individui che operano in maniera violenta contro il proprio
governo a fini sovversivi. Si afferma tradizionalmente che tali atti rilevano
limitatamente all’ordinamento nazionale.
Con l’espressione “terrorismo di Stato” si fa invece riferimento ad attività
violente perpetrate da un governo contro la sua stessa popolazione o
contro la popolazione di territori da esso occupati, volte a creare un clima
di terrore al fine di rafforzare la propria autorità
2
. Come è evidente,
condotte di tale genere da parte di un governo ben si prestano a tradursi
in violazioni su larga scala e sistematiche dei diritti umani della
popolazione che ne è vittima. In questo senso, accanto al corpus delle
garanzie offerte dal diritto interno per la protezione dei diritti
fondamentali e qualora esso non si dimostri efficace o sufficiente, come è
probabile immaginare che accada in situazioni siffatte, è possibile
applicare norme e procedure facenti riferimento al diritto internazionale
dei diritti umani.
Accanto a tali manifestazioni “interne allo Stato” del fenomeno
terroristico, che non formano l’oggetto della presente trattazione, esiste il
fenomeno del terrorismo internazionale. Ad esso si possono ricondurre,
come si vedrà meglio in seguito, gli atti di violenza politica dotati di un
qualche elemento di internazionalità ratione personae, ratione materiae
oppure ratione loci
3
. Gli atti di terrorismo internazionale sono atti di
violenza che ledono gli interessi di uno Stato, commessi da persone altre
rispetto ai cittadini del medesimo Stato. Gli individui responsabili di
terrorismo internazionale sono ovviamente perseguibili alla stregua
2
Cfr. JOSEPH J. LAMBERT, Terrorism and Hostages in International Law, Grotius, 1992, cit. in
P. J. VAN KRIEKEN, Terrorism and the International Legal Order, The Hague, 2002, p. 15.
3
Vedi infra, parte I, § 1.1.3, p. 19.
12
dell’ordinamento nazionale applicabile. Essi si rendono altresì
responsabili di un crimine internazionale e sono quindi soggetti al regime
di responsabilità internazionale dell’individuo
4
.
Gli atti di terrorismo internazionale si concretizzano essenzialmente
attraverso l’opera di individui ed organizzazioni aventi carattere non
pubblico. Tuttavia, è talvolta possibile individuare determinate
circostanze che permettono l’imputazione dell’atto stesso, oltre che agli
individui materialmente coinvolti, anche ad uno Stato. In questo caso si
parla di responsabilità internazionale dello Stato, a fianco di quella
dell’individuo, per atti di terrorismo. È su quest’ultimo aspetto che si
concentra il presente studio.
1.1.2 Strumenti giuridici nel XX secolo
A cavallo dei secoli XIX e XX in Europa numerosi ordinamenti nazionali
introdussero normative emergenziali con lo scopo di arginare la
diffusione del movimento anarchico e di quello sindacalista
rivoluzionario. Come è chiaro, tali normative interne avevano per oggetto
manifestazioni tipicamente “politiche” del terrorismo, concretizzantisi in
reati di rilevanza prettamente interna.
I primi tentativi di arrivare ad una definizione di terrorismo per se sulla
quale vi fosse accordo tra le nazioni si ebbero negli anni Trenta in
occasione del ciclo delle Conferenze Internazionali per l’Unificazione del
Diritto Penale
5
.
4
Cfr. M. Cherif Bassiouni (ed.), International Criminal Law, Transnational Publishers, Inc.,
Ardsley, New York, 1999, vol. I, p. 777 sgg.
5
Cfr. BEN SAUL, “Attempts to Define Terrorism”, Netherlands International Law Review,
vol. 52, 2005, pp. 58‐61.
13
In tale ambito, il problema della definizione del terrorismo venne
dapprima affrontato con riguardo agli aspetti legati all’armonizzazione
della disciplina giuridica interna dei vari stati. Fu a Bruxelles nel 1930, alla
Terza Conferenza Internazionale per l’Unificazione del Diritto Penale, che
il terrorismo venne per la prima volta considerato come fattispecie penale
per se, caratterizzata da un particolare elemento finalistico. In occasione
della conferenza successiva, tenutasi a Parigi nel 1931, si procedette
all’enucleazione di alcuni tipi di atti concreti, nei quali è possibile che si
manifesti la condotta terroristica.
La rilevanza giusinternazionalistica del terrorismo comparve alla ribalta
per la prima volta, fuggevolmente, nel 1934 alla Conferenza di Madrid: la
proposta di definire la dimensione transnazionale del terrorismo come
crimen iuris gentium non venne accolta.
Sulla scia dell’assassinio di Alessandro I Karadjordjevic di Jugoslavia e del
ministro degli esteri francese Louis Barthou, la questione della rilevanza
internazionale del terrorismo venne trattata nell’ambito della Società delle
Nazioni. Il lungo dibattito portò nel 1937 all’adozione del testo della
Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Terrorismo.
All’articolo 1, tale strumento identificava nella nozione di terrorismo gli
“atti diretti contro uno Stato e commessi al fine di creare uno stato di
terrore nelle menti di particolari persone o gruppi o nel pubblico
generale”. Rilevavano dunque, al fine della definizione della
“terroristicità” di un atto, due elementi: da una parte il fine, consistente
nella creazione di uno stato di terrore, dall’altra l’obiettivo, che era
identificato in maniera esclusiva con uno Stato
6
.
6
Cfr. BEN SAUL, “Attempts to Define Terrorism”, Netherlands International Law Review,
vol. 52, 2005, p. 62.
14
La Convenzione del 1937 non riuscì nell’intento di riunire il consenso di
molti Stati: essa fu firmata e ratificata solo dall’India e non entrò mai in
vigore.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, il sistema delle
neonate Nazioni Unite si fece promotore dell’istanza già trattata dalla
Società delle Nazioni e promosse un dibattito destinato a rivelarsi
estremamente acceso attorno alla questione del terrorismo internazionale.
Era proprio in questa fase, tuttavia, che le difficoltà forse insuperabili
legate alla definizione della condotta terroristica erano destinate a
manifestarsi.
Il primo risultato di tale impegno confluì nel 1954 nel Progetto di Codice
delle Offese alla Pace e alla Sicurezza dell’Umanità
7
, redatto dalla
Commissione di Diritto Internazionale e sottoposto all’attenzione
dell’Assemblea Generale.
L’art. 2.6 del Progetto afferma che costituisce un’offesa alla pace e la
sicurezza dell’umanità “l’intrapresa o l’incoraggiamento da parte di uno
Stato di attività terroristiche in un altro Stato, o la tolleranza da parte di
uno Stato di attività organizzate volte al fine di compiere atti terroristici in
un altro Stato”.
Rispetto al testo della Convenzione del 1937, il Progetto del 1954 introduce
numerosi elementi di novità. Da una parte, configurando il terrorismo
internazionale come offesa alla pace e alla sicurezza dell’umanità, sancisce
l’applicabilità del regime di responsabilità internazionale dell’individuo,
7
International Law Commission, Draft Code of Offences against the Peace and Security of
Mankind, 1954, consultabile presso
http://untreaty.un.org/ilc/texts/instruments/english/draft%20articles/7_3_1954.pdf.
15