tesi sc. investigazione pierleoni a. - 2011
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ABSTRACT
Innanzitutto vorrei ringraziare il mio correlatore Prof. D’Arcangeli, per avermi dato
l’opportunità di realizzare questa tesi di Laurea; grazie alla sua disponibilità ed esperienza, mi ha
permesso di approfondire interessanti argomenti che mai come ora sono di estrema attualità. Peraltro il
suo interesse per Maria Montessori e la figura di Silvano Federici hanno agevolato alcuni richiami al
passato nei quali ho trovato elementi che ci fanno meglio comprendere come educarci a vivere in una
società multiculturale e sempre più eterogenea.
«… pensare al passato perché ci dia l’esatta cognizione del futuro …» sono le parole
pronunciate dall’Avv. Carla Lettere il 9 luglio 2010 in occasione della riapertura della Casa della
Croce Rossa Italiana dell’Aquila, dopo il sisma del 6 aprile 2009.
Quelle parole riassumono la nostra storia, la storia di ciascuno di noi, specie di coloro che
hanno vissuto in prima persona l’esperienza di una migrazione: dal meridione al settentrione, da Est ad
Ovest, da un continente all’altro. In quelle parole vedo una pertinenza con l’elaborato redatto, una tesi
in pedagogia interculturale incardinata sui concetti di:
pedagogia
multiculturalità
integrazione
immigrazione
diversità.
Per meglio comprendere il senso di questa ricerca, è opportuno un breve inciso su cos’è la
pedagogia. Essa una Scienza che si inserisce in un contesto di più discipline aventi per oggetto lo
studio del processo educativo e quindi dell’educazione, occupandosi della sua critica, progettazione e
della formazione nei diversi contesti e fasi del ciclo di vita. Il destinatario della ricerca pedagogica è
l’uomo.
Il termine pedagogia – che significa arte del pedagogo – deriva dal greco paidos che significa
bambino e da ago ovvero guidare, condurre, accompagnare. Nell’antica Grecia il pedagogo era uno
schiavo che accompagnava il bambino a scuola, in palestra, gli faceva ripetere le lezioni e lo seguiva
nello studio. Nel medioevo, il pedagogo era il servo del Re che si occupava dell’istruzione dei giovani
principi e cortigiani. Ora il pedagogista si occupa della persona per l’intero arco della sua vita.
I motivi principali per cui ho scelto di fare questa tesi sono da ricercarsi, innanzitutto, nel fatto
che ho trovato spunti di riflessione e discussione negli studi e nell’operato di due pedagogisti
marchigiani: Maria Montessori e Silvano Federici, quest’ultimo mio concittadino; in secondo luogo
nell’interesse che nutro quale appartenente alla Polizia di Stato e per motivi di studio, verso il
terrorismo islamico e l’islamismo in genere.
È spontaneo domandarsi quale sia la correlazione fra terrorismo islamico e pedagogia
interculturale o per riprendere il titolo della ricerca, come «l’intervento pedagogico-interculturale
possa considerarsi strumento per la lotta al terrorismo islamico in Italia.» La risposta va ricercata nella
seconda parte del sottotitolo ovvero «dalla cooperazione internazionale a livello investigativo ai
comportamenti devianti nel contesto socio-familiare e scolastico».
La mia attività professionale mi porta spesso a contatto con cittadini stranieri irregolari: per
questo ho analizzato - da un punto di vista pedagogico - il fenomeno dell’immigrazione e del
terrorismo islamico, con i problemi che ne derivano. Poiché l’argomento è molto ampio, volevo
perlomeno raggiungere il risultato di trattare:
i concetti di integrazione e clandestinità e la correlazione con la criminalità;
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lo studio delle origini e delle cause dei comportamenti devianti e se questi possano essere
causa di criminalità, specie fra i giovani extra-comunitari;
fornire un modesto contributo per meglio comprendere il caleidoscopico mondo
dell’islamismo e del terrorismo islamico, le origini, le cause, la presenza in Italia.
Questi sono fattori che incidono profondamente sia nella percezione della sicurezza da parte
dei cittadini sia sull’operato che le Forze dell’Ordine assicurano per garantire la sicurezza, sebbene a
volte le norme vigenti diano l’impressione di troppo garantismo a favore di chi delinque e dei
clandestini. Il cittadino ha diritto di chiedere sicurezza e certezza della pena senza dimenticare che la
sicurezza è un bene di primaria importanza; occorre evitare soluzioni tampone prese sull’onda emotiva
di un’emergenza, quale può essere quella dell’immigrazione che invece va regolata e governata.
Khaled Fouad Allam sostiene che «con gli sbarchi di Lampedusa l’Italia è stata lasciata sola; essi sono
stati la morte dell’Europa e l’immigrazione ha alterato lo stile di vita europeo».
Per raggiungere i risultati prefissati, mi sono avvalso dalla pedagogia e grazie ad essa cercare
di comprendere cosa s’intende per multiculturalità, intercultura ed integrazione, alla luce dell’identità
personale, culturale, etnica e sociale del soggetto extra-comunitario, analizzando altresì quali siano gli
effetti che le conseguenze producono sulla vita e sulle relazioni inter-personali di ogni individuo.
L’epoca attuale è caratterizzata da una forte globalizzazione e da un elevato numero di migrazioni che
formano società multirazziali e pertanto non si può non tener conto dei concetti suesposti.
Sebbene possa risultare difficile, ogni argomento trattato in questa tesi è collegato da quel
sottile filo rosso che rappresenta multicultura, intercultura, integrazione, inserimento in un nuovo
contesto che il migrante si trova ad affrontare. Queste problematiche possono essere più o meno ampie
a seconda del contesto sociale esaminato: da quello scolastico, come il cambio di una scuola per un
alunno italiano, a quello etnico-sociale per un migrante straniero che decide di spostarsi in Italia o per
un italiano che emigra in altri Paesi o continenti. Le conseguenze possono essere positive come una
perfetta integrazione nel nuovo contesto sociale oppure negative che si manifestare con disagi,
devianze, intolleranze fino ad arrivare a veri e propri comportamenti criminali, talvolta fomentati in
nome di una religione che viene interpretata in forma distorta.
Ritengo che le problematiche dei giovani stranieri debbano ricercarsi già nell’età scolare: per
questo mi chiedo se la scuola italiana sia pronta alla sfida per l’accoglienza della diversità e quale sia
la risposta degli studenti stranieri presenti in Italia. Le risposte le ho trovate studiando l’operato dei
due pedagogisti marchigiani, Montessori (1870-1952) e Federici (1932-1990). Nel loro pensiero si
evidenzia come scienza e sapienza, abnegazione e dedizione, siano alla base dell’attività scolastica
avente come scopo primario quello di sviluppare la personalità di ogni individuo che forma la società.
La Montessori è vissuta fra il la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, periodo in cui
l’emergenza immigrazione neppure esisteva ma al contrario, erano in atto processi migratori diretti dal
Sud al Nord-Italia, al Nord-Europa o addirittura in altri continenti.
Soltanto dopo lo sbarco degli albanesi sulle coste pugliesi, nei primi anni ’80, in Italia si inizia a
prendere conoscenza del fenomeno immigrazione e quindi della nascita della pedagogia interculturale
a seguito dei problemi legati alle migrazioni extra-comunitarie dirette in Italia. Ora come allora le
migrazioni, sebbene mosse da origini diverse, sono sempre in rapporto diretto con i problemi di
sottosviluppo che affliggono un gran numero di stati nel mondo: il divario delle risorse fra le diverse
aree geografiche e delle opportunità tra Nord e Sud, a seguito della globalizzazione dell’economia,
crea speranza di sopravvivenza anziché aspettative di vita ed influisce direttamente sui flussi migratori
determinando lo spostamento di masse di persone da aree disagiate ad aree economicamente più
floride dove il miraggio di una vita migliore pare essere a portata di mano. Di conseguenza una
mescolanza di culture e di etnie danno origine a tematiche interculturali e multiculturali. Ho parlato di
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migrazioni perché coloro che ne sono coinvolti, una volta giunti a destinazione, si trovano ad
affrontare tante problematiche connesse all’inserimento in un nuovo contesto.
In ambito pedagogico, una delle principali problematiche è l’inserimento dei bambini extra-
comunitari nelle scuole, del loro livello di preparazione, di rendimento e di integrazione rispetto agli
autoctoni. Immigrazione e scuola è un binomio che inevitabilmente ci fa riflettere sul problema della
scolarizzazione degli immigrati e dei loro figli, costituenti la seconda generazione.
A tal fine vorrei richiamare lo studio di Maria Montessori eseguito sui bambini frenastenici, con il
quale volle applicare ai bambini normali ciò che i deboli mentali le insegnavano. In un contesto
multiculturale ed interculturale come quello attuale possiamo utilizzare, per analogia, i risultati dello
studio della Montessori: prendere dai più deboli (gli immigrati) ciò che possono insegnare e
trasmetterlo ai soggetti indigeni.
Secondo la Montessori è necessario «osservare ciò che è presente nei più deboli piuttosto che
rilevare ciò che manca in loro» e non a caso la Montessori identificava il bambino come un essere
completo in grado di sviluppare energie creative. Le energie di un bambino straniero possono
manifestarsi mediante la trasmissione di parole, conoscenze, sentimenti, domande, relazioni con i
coetanei, facendo capire ad entrambi che nel mondo ci sono cose che ci accomunano ed altre che ci
differenziano: creare insomma un momento di incontro.
Da qui inizia la pedagogia interculturale: fornire una risposta educativa alla società multiculturale e
multietnica che stante la stretta correlazione sociologica ed educativa fra immigrazione e scuola, a
quest’ultima è affidato il compito di mutare i pregiudizi delle persone da un pensiero monolitico ad
una prospettiva aperta ed interculturale. Educazione quindi come strumento educativo rivolto a tutti i
soggetti italiani e stranieri per favorire una convivenza costruttiva e democratica a partire dai giovani e
consentire l’inserimento degli allievi stranieri, in quanto soggetti più deboli, nella scuola che diventa
sempre più multiculturale e, come sosteneva Maria Montessori, evitare di costringere a vivere in un
ambiente di altra misura e con ritmi di vita innaturali.
Ciò richiama alla mente la Casa dei Bambini sorta nel 1907 grazie all’impegno di Maria
Montessori nel quartiere San Lorenzo di Roma: la Casa non era più destinata ai bambini ritardati ma ai
figli degli abitanti di quel quartiere; all’interno di essa il bambino interagiva con il materiale a
disposizione trovando in tal modo l’ambiente per potersi esprimere e contestualmente apprendere i
fondamenti della vita associata, oltre alla presenza di una serie di attività pratiche che il bambino
acquisiva man mano facendole sue durante il proprio sviluppo normale.
Questi concetti montessoriani appaiono tutt’ora attuali se paragoniamo la Casa dei Bambini
all’attuale contesto sociale e gli alunni del tempo ai giovani studenti che frequentano le scuole
dell’obbligo: non è forse necessario che gli allievi italiani e stranieri interagiscano tra di loro per
apprendere reciprocamente ciò che l’altro ha da trasmettere? Certamente questo scambio di
conoscenze favorisce una convivenza più serena e tranquilla all’interno della società multietnica,
prevenendo comportamenti improntati a intolleranza e devianza.
Ma la Casa dei Bambini aveva anche lo scopo di riqualificare, dal punto di vista urbano, il quartiere
San Lorenzo e per questo erano ammessi gratuitamente i bambini di età compresa fra i 3 e 7 anni. Ai
genitori veniva chiesto l’obbligo di presentare i loro figli in maniera decorosa oltre alla collaborazione
e rispetto nell’educazione di essi. Ancora una volta le idee della pedagogista Montessori esprimono
l’estrema attualità se traslate al contesto sociale moderno poichè è esattamente ciò che viene richiesto
ai cittadini stranieri provenienti da culture diverse che intendono stabilirsi nel nostro Paese: nessuna
soppressione delle origini culturali di ciascuno bensì rispetto reciproco, collaborazione e dialogo
finalizzate ad una piena integrazione.
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Assistiamo al cambio della società dove le culture etniche definite e delimitate nell’ambito di un
territorio si trasformano in un’unica cultura multietnica su scala globale dove però il multiculturalismo
non sostituisce il pluralismo: in sostanza, solo quando si evita la ghettizzazione o l’auto-
ghettizzazione, quando si valorizza l’identità di ogni singola minoranza e se ne favorisce
l’integrazione nel tessuto sociale, a livello legislativo, sociale e culturale, solo allora si può
effettivamente parlare di multicultura. Ciò non significa perdere la propria identità nazionale nè
uniformarsi a usi e costumi diversi dai propri: si tratta di rispettare e condividere gli aspetti e le
peculiarità di ciascuna cultura, invitando ed accogliendo ogni diversa provenienza o radice. E questa
forma-mentis deve essere sostenuta dalla pedagogia interculturale poiché la nuova realtà ed il nuovo
modo di vivere impongono un’educazione interculturale ovvero aiutare colui che viene educato a
rendersi disponibile ad incontrarsi con l’altro, con le sue differenze; è aiutare l’altro a rendersi
disponibile all’integrazione ed alla conoscenza del dialogo.
In caso contrario non sarà una vera educazione al passo con i tempi.
Per questo è necessario che coloro che operano nei contesti educativi siano in grado di creare
situazioni per instaurare rapporti di interazione fra il migrante e lo stanziale: ed il contesto educativo
per eccellenza è senza dubbio la scuola che deve essere adeguata agli scopi istruttivi ed educativi del
tempo.
Fra coloro che hanno contribuito ad innovare la scuola verso rapporti di interazione, vorrei
evidenziare la figura di Silvano Federici, mio concittadino, definito come un pedagogista innovatore
per essere stato il primo a teorizzare e realizzare la scuola elementare a tempo pieno. Federici dedicò
la sua carriera alla scuola con l’intento di migliorarla e soprattutto di promuovere il superamento degli
egoismi, avviando inoltre anche una fattiva collaborazione fra insegnanti ed alunni. Per Federici, la
scuola doveva svolgere un’azione educativa a 360 gradi e soprattutto attribuiva molta importanza alla
ricerca ed al lavoro di squadra; voleva che la scuola offrisse opportunità di lavorare in gruppo,
occasioni di confronto, superamento degli egoismi e delle difficoltà personali. Non a caso il suo motto
era “insieme per crescere” ed è utile richiamare la ricerca spagnola di Valero del 2002, dalla quale è
emerso che le attività ludiche e il lavoro di gruppo facilita notevolmente l’inserimento con
conseguente integrazione nel contesto sociale.
Anche in questo caso, come con la Montessori, sono concetti elaborati per la scuola degli anni
’60/’70 ma che ancor oggi possono ritenersi efficaci ed attuali. Federici sosteneva che esprimere le
proprie potenzialità ed essere capaci di palesare ciò che si ha dentro di noi sia un modo per acquisire
personalità. Federici ha cercato di rendere la scuola migliore e, soprattutto, adeguata ai tempi ed ai
propri scopi educativi ed istruttivi. La realizzazione di una scuola a tempo pieno aveva come scopo
principale quello di sottrarre i bambini alle zone d’ombra pomeridiane o comunque sanare quel vuoto
formativo dei giovani i cui genitori erano al lavoro e quindi lasciati abbandonati nelle strade e negli
spazi del quartiere. Ecco quindi l’importanza della pedagogia ovvero della formazione e
dell’educazione già dall’età scolare, al fine di prevenire comportamenti devianti.
Federici sosteneva che il docente non ha solo il compito tradizionale di trasmettere la cultura ai
suoi allievi, bensì anche quello importante di elaborare e promuovere la cultura; l’insegnante deve
essere un professionista e dovrà adottare metodi meno individualistici e maggiormente partecipati. Se
vogliamo fare un’analogia con i tempi attuali, l’insegnante deve salvaguardare l’individualità di ogni
studente e nel contempo favorire l’integrazione con ognuno di essi favorendo occasioni di incontro ed
attività utili all’arricchimento del bagaglio culturale e formativo di ciascun alunno.
La scuola responsabilizza l’alunno e fornisce un indispensabile supporto formativo e culturale
offrendo altresì occasioni di aggregazione partecipata, così come Montessori e Federici sostenevano,
sebbene in forme diverse ed in un contesto sociale più omogeneo. La linea di tendenza è quella di
collegare l’istruzione degli alunni stranieri con i temi della convivenza democratica, della prevenzione
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del razzismo e dell’intolleranza ed oggigiorno, nonostante la società sia cambiata e si presenti
multietnica e globale, i cardini del percorso pedagogico sono rimasti invariati e tutt’ora presenti:
integrazione, dialogo, accoglienza dell’altro, condivisione della diversità, saper apprendere dal più
debole. Concetti elaborati nel passato ma che ci danno ancora l’esatta cognizione del presente e del
futuro.
Nella seconda parte di questa tesi, ho esaminato il rapporto fra sicurezza e cooperazione
internazionale in materia di lotta al terrorismo ed al crimine organizzato, in particolare quello islamico,
cercando di sfatare dei pregiudizi sull’islamismo e sulla religione islamica. A tal proposito,
avvalendomi della disponibilità dell’Imam Dhafer M’Barek, vice-presidente dell’Associazione delle
Comunità Islamiche della provincia di Pesaro e Urbino, ho avuto uno scambio di opinioni sulla cultura
islamica e sul mondo musulmano. Da questo colloquio è emerso come il Corano, al pari delle altre
religioni, non ammette guerre o sopraffazioni sulla vita altrui. Tale concetto è stato a suo tempo
evidenziato in occasione dell’incontro interreligioso di Assisi del 1986 da Giovanni Paolo II il quale
disse «che lo slancio della preghiera non spinge alla contrapposizione e meno ancora al disprezzo
dell’altro, ma piuttosto ad un dialogo costruttivo». Analogamente il rabbino Singer disse «che nessuna
religione ci comanda di uccidere in maniera indiscriminata, e quanti hanno insegnato il contrario lo
hanno fatto deviando e distorcendo le religioni nel nome delle quali parlavano, poichè solo il dialogo
può portare alla pace».
Al termine della ricerca è scontato domandarsi se i risultati sono stati effettivamente raggiunti.
Per natura tendo sempre a migliorare ciò che faccio, riformulando talvolta il problema partendo dalle
conclusioni precedenti: un po’ come la teoria di Popper “P 1 T T E E P 2” che partendo dal problema
iniziale attraverso la teoria tentata e l’eliminazione dell’errore mediante l’uso di evidenze e valutazioni
si giunge ad una conclusione da cui ripartire per giungere a nuovi risultati. Per rispondere quindi alla
domanda se sono stati raggiunti i risultati, credo che non spetti al sottoscritto fornire una risposta bensì
occorre rifarsi al giudizio dei lettori che avranno la compiacenza di leggere questa ricerca.
Modestamente vorrei solo arrogarmi la presunzione di affermare che probabilmente non tutti gli
obiettivi sono stati raggiunti ma certamente ho la consapevolezza di aver contribuito, nel mio piccolo,
a fornire ulteriori spunti di riflessione e investigazione utili per meglio comprendere il mondo islamico
e, soprattutto, favorire il dialogo per una maggiore integrazione dei cittadini extra-comunitari in una
società ormai multiculturale, dove la pedagogia interculturale assume un ruolo rilevante.