2
Pertanto, nel contesto europeo, viene maggiormente in rilievo la
questione del rapporto tra sicurezza e libertà - o meglio dire della
relazione tra l‟esigenza di combattere il terrorismo e la necessità di
tutelare i diritti fondamentali degli stranieri - che rappresenta il filo
conduttore della tesi che andiamo a dimostrare.
La questione del rapporto tra “terrorismo e stranieri”, che forma,
dunque, il tema principale dell‟indagine svolta in questa sede, verrà
trattata esaminando le iniziative intraprese dal Consiglio d‟Europa e le
misure adottate nel quadro dell‟Unione Europea, evidenziando i
caratteri propri e i limiti del sistema di protezione europeo e
particolarmente della CEDU, al fine di valutare il ruolo svolto dalla
Corte Europea dei diritti dell‟uomo nella definizione del “giusto
equilibrio” tra le esigenze di sicurezza e la necessità di tutela dei diritti
dell‟uomo, del cittadino e, soprattutto, dello straniero.
Nello specifico, è stato necessario esaminare, in un primo momento,
le azioni promosse dal Consiglio d‟Europa al fine della lotta al
terrorismo, soffermandosi sugli aspetti essenziali delle “Guidelines on
Human Rights and the Fight against Terrorism”. Le iniziative
dell‟anti-terrorismo intraprese dal Consiglio si sviluppano, infatti,
intorno agli obiettivi espressi nelle “Linee guida”, che costituisce un
documento giuridico unico, oltre che il pilastro centrale delle attività
dell‟organizzazione nella lotta al terrorismo (cap. 1.1.).
La necessità di una conciliazione tra le due contrapposte esigenze,
che è espressa chiaramente nel suddetto documento, è, in questo
studio, considerata specificamente sotto il profilo della tutela garantita
agli stranieri, sospettati di terrorismo.
Perciò, la CEDU ha rappresentato un oggetto di lavoro primario al
fine di conoscere lo standard di garanzia fornito agli stranieri,
all‟interno del testo convenzionale, particolarmente nelle situazioni di
emergenza terroristica (cap. 1.2.).
Dati questi presupposti, la ricerca si sviluppa, poi, nell‟analisi delle
azioni e strumenti predisposti dall‟Unione Europea per fronteggiare il
terrorismo, tenendo in considerazione il più ampio quadro giuridico
dell‟UE, di cui si riscontrano i caratteri peculiari e le incompletezze
3
(diversità delle competenze all‟interno dei tre Pilastri, e dei limiti che
ne scaturiscono).
Nello specifico, l‟azione di contrasto al terrorismo dell‟UE si
inserisce, in primo luogo, nelle aree della cooperazione di giustizia e
polizia in materia penale e della politica estera e di sicurezza comune,
settori in cui l‟organizzazione ha diretta competenza. D‟altronde, il
tema del terrorismo investe il ruolo dell‟Unione anche nell‟ambito del
primo pilastro comunitario, in cui essa è impegnata a favorire e
promuovere la libera circolazione delle persone in uno “spazio di
libertà, sicurezza, e giustizia”. Perciò, un discorso a parte sarà fatto
sulle misure adottate in materia di immigrazione, e altre politiche
connesse alla libera circolazione delle persone, al fine di valutare gli
effetti prodotti da queste azioni sul trattamento degli stranieri-
immigrati.
In ogni caso, le misure anti-terrorismo adottate dall‟Unione sono
oggetto di attenzione, particolarmente, sotto due differenti profili:
efficacia della risposta al terrorismo internazionale e necessità di
protezione dei diritti umani.
A conto di ciò, non può essere ignorato il ruolo assunto dalla Corte
di Giustizia delle Comunità Europee nell‟affermazione dei diritti
fondamentali - evidenziando il carattere creativo della giurisprudenza
comunitaria - e nella questione centrale del rapporto tra la normativa
antiterrorismo e la tutela dell‟individuo.
In ultimo, nel capitolo terzo, si esamina il ruolo svolto dalla Corte
Europea dei diritti dell‟uomo, come “guardiano dei diritti umani” e
supervisore degli interessi degli Stati.
In questa sezione è, preliminarmente, approfondita la questione
relativa al modello d‟equilibrio tra interessi collettivi e individuali -
complessivamente desumibile dal sistema di protezione giuridica della
Convenzione Europea - che rappresenta un parametro di riferimento
valido, particolarmente in situazioni di emergenza, al fine di valutare
l‟efficacia e l‟effettività del sistema di protezione dei diritti.
Tendendo conto di questo aspetto e della modalità di funzionamento
del meccanismo di protezione della CEDU, in situazioni eccezionali -
4
in cui si richiede la limitazione o sospensione dei diritti umani - si
passa, poi, all‟esame della giurisprudenza della Corte, specificamente
ai casi relativi agli stranieri-sospettati di terrorismo, particolarmente
nelle situazioni più vulnerabili come l‟allontanamento.
Ripercorrendo tale giurisprudenza si intende verificare il ruolo
svolto dall‟organo di Strasburgo quale garante dei diritti dell‟uomo e
“strumento costituzionale dell‟ordine pubblico europeo” nelle
situazioni eccezionali di emergenza, in cui la garanzia dei diritti
umani, in generale, e dello straniero, in particolare, risulta affievolita a
causa del prevalere dell‟esigenza della difesa dalla minaccia alla
sicurezza nazionale.
5
CAPITOLO I
Consiglio d’Europa.
Il sistema di protezione dei diritti fondamentali degli
stranieri nella lotta al terrorismo
Nel contesto regionale europeo, la tematica del terrorismo è di
necessaria correlazione alla considerazione degli obblighi che
impegnano gli Stati membri del Consiglio d‟Europa, e dell‟Unione
Europea, organizzati in forme democratiche, al rispetto dei diritti
fondamentali contenuti nei testi convenzionali da questi ratificati, con
particolare riferimento alla Convenzione Europea dei diritti
dell‟uomo; e alla garanzia dei rimedi giurisdizionali, esperibili dagli
individui, davanti alla Corte Europea dei diritti dell‟uomo, e alla Corte
di Giustizia delle Comunità Europee, lì dove la giurisprudenza dei due
organi consente di non oltrepassare i limiti prescritti nell‟applicazione
delle misure eccezionali adottate in funzione dell‟antiterrorismo1.
1.1. Il Consiglio d’Europa: ‘lotta al terrorismo e
diritti umani’
Il fondamento degli atti del Consiglio d‟Europa per combattere il
terrorismo risiede nella convinzione per cui una efficace lotta alla
minaccia terroristica è conciliabile con la tutela dei diritti
fondamentali2, in rilievo quelli degli stranieri, che, in conseguenza
dell‟11 settembre, sono stati spesso vittime di violazioni3.
Da ciò consegue la reazione immediata del Consiglio, nell‟intento di
fornire una base giuridica e legale alle azioni di contrasto al
1
P. Bonetti, Terrorismo, emergenza e…, op. cit., p. 86.
2
„Guidelines on Human Rights and the Fight against Terrorism‟.
3
D. Lochak, op. cit., www.lextenso.com.
6
terrorismo4, che minaccia quegli stessi principi e valori, che esso
intende difendere in armonia con lo scopo della sua medesima
costituzione, attraverso iniziative sul fronte e giuridico e operativo5.
Il 24 gennaio 2002 l‟Assemblea parlamentare approva la risoluzione
n. 1271 e la raccomandazione n. 1550, che si rivolgono agli Stati
membri invitandoli a ratificare le Convenzioni contro il terrorismo, a
non derogare ai diritti umani e a rifiutare l‟estradizione dei colpevoli
di atti terroristici nell‟ipotesi che nel paese d‟arrivo si applichi la pena
di morte6; e la risoluzione n. 1400 del 2004, che intende dare impulso
alla sistemazione di un sistema giuridico europeo per la cooperazione
nella lotta al terrorismo che minaccia i diritti umani7.
Poco dopo, anche la Commissione Europea contro il razzismo e
l‟intolleranza si mobilita, a fronte dell‟avviata lotta al terrorismo, a
difesa di quelle categorie più vulnerabili alle misure di restrizione, che
sono gli immigrati, oltre che i richiedenti asilo e i rifugiati, con la
Raccomandazione rivolta agli Stati, affinché il rafforzamento dei
poteri e dei controlli non produca un impatto negativo su tali gruppi8.
Il pilastro centrale delle iniziative dell‟organizzazione è definito,
però, nelle „Linee guida sui diritti dell‟uomo e la lotta al terrorismo‟,
atto non vincolante approvato nel luglio 2002 dal Comitato dei
Ministri9, che affronta i temi dei due atti, ad esso precedenti, in modo
più incisivo10.
Nella parte dispositiva, oltre che nel Preambolo, di questo
documento sono fissati i limiti all‟esercizio del diritto riconosciuto di
combattere il terrorismo, per assicurare l‟intangibilità dei requisiti di
legalità, proporzionalità e non discriminazione delle misure
restrittive, adottate in esecuzione dell‟obbligo generale per gli Stati di
4
R. Bellelli, The Council of Europe, in International cooperation in counter-
terrorism, a cura di Giuseppe Nesi, Trento, Ashgate, 2002, pp.141-148.
5
„Guidelines on Human Rights and the Fight against Terrorism‟.
6
E. Nalin, “Misure europee anti-terrorismo e diritti umani”, in La comunità
Internazionale, Osservatorio Europeo, fasc. 2, 4 febbraio 2004, pp. 304-306.
7
„Risoluzione dell‟Assemblea Parlamentare 1400(2004)‟, via
www.europarl.europa.eu.
8
„Raccomandazione della Commissione Europea contro il Razzismo e
l‟Intolleranza‟, n. 8, 17 marzo 2004, via www.coe.int.
9
„Guidelines on Human Rights and the Fight against Terrorism‟.
10
E. Nalin, op. cit., pp. 304-306.
7
difendere il diritto alla vita dalla minaccia terroristica11. Primo testo
giuridico internazionale sui diritti umani e la lotta al terrorismo12, le
„Linee guida‟ forniscono una chiave di riferimento chiara ed
accessibile13, oltre che per le autorità dei 47 Stati membri a cui si
rivolge direttamente, per tutta la comunità internazionale impegnata a
vincere il terrorismo.
La sua natura giuridica unica risiede nel richiamo a testi vincolanti
già esistenti14, quali il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la
Convenzione Europea per la soppressione del terrorismo e, la CEDU,
interpretata secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti
dell‟uomo, che è la fonte primaria15.
Come apprendiamo dal Testo di riferimento in appendice all‟atto
ufficiale, le „Linee guida‟ si concentrano sui limiti di cui devono
prendere atto gli Stati per condurre una legittima guerra al
terrorismo16, a partire dall‟esistenza di un obbligo positivo di adottare
tutte le misure necessarie per la protezione dei diritti fondamentali, in
primis il diritto alla vita17, da cui conseguono il divieto assoluto di
tortura e punizioni o trattamenti inumani e degradanti (IV), il divieto
di condanna alla pena di morte in tutte le circostanze (X.I), nel rispetto
della dignità umana18.
Gli Stati devono, dunque, agire secondo i principi di non arbitrarietà,
legalità e proporzionalità, rispettivamente ai punti II, III e V dell‟atto,
nel garantire i diritti di difesa e giusto processo, in particolare in
condizioni di detenzione o arresto del condannato o sospettato
terrorista, il rispetto della non interferenza nella vita privata durante il
11
P. De Sena, Esigenze di sicurezza nazionale e tutela dei diritti dell‟uomo nella
recente prassi europea, in Ordine internazionale e valori etici, SIDI., a cura di
Nerino Boschiero, Napoli, Editoriale Scientifica, 2004, n. 8, VIII Convegno, Verona
26-27 giugno 2003, p. 218.
12
„Prefazione del Segretario Generale del Consiglio d‟Europa‟ (alle „Linee guida sui
diritti umani e la lotta al terrorismo‟).
13
M. Eaton, Human rights standards and framework conditions for anti-terrorist
measures. European standards and procedures, in Anti-terrorism measures and
human rights a cura di Wolfang Benedek e Alice Yotopoulos-Marangopoulos,
Neterlands, Koninklijke Brill NV., 2004, p. 26.
14
Ibidem.
15
„Appendice alle Linee guida sui diritti dell‟uomo e la lotta al terrorismo‟, via
www.coe.int.
16
Ibidem.
17
Disposto al punto I delle „Linee guida‟. Vedi R. Bellelli, op. cit., pp. 142-143.
18
„Guidelines on Human Rights and the Fight against terrorism‟.
8
lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati personali degli indagati, e
garanzie per il diritto di proprietà19.
Anche l‟estradizione, procedura che realizza in modo efficace,
attraverso la cooperazione tra gli Stati, lo scopo di contrastare il
terrorismo, incontra limiti qualora essa minacci la sottoposizione
dell‟estradato a pena di morte, tortura o trattamenti disumani e
degradanti, o si agisca per il motivo del pregiudizio sulla sua razza,
opinioni politiche, religione o nazionalità, o in caso di diniego di
giustizia nello Stato richiedente20.
Da taluni obblighi prescritti negli strumenti internazionali di
protezione dei diritti umani uno Stato può temporaneamente derogare,
nei termini strettamente richiesti dalle esigenze del caso e all‟interno
dei limiti e condizioni fissate dal diritto internazionale, quando la lotta
al terrorismo sia condotta “in una situazione di guerra o stato
d‟emergenza che minacci la vita della nazione”. Lo Stato è comunque
tenuto a notificare l‟adozione di tali misure alle autorità competenti, e
ferma stando l‟inderogabilità del diritto alla vita, della proibizione
della tortura, trattamenti e punizioni inumani o degradanti, la legalità
delle misure e delle sentenze, e la proibizione della retroattività delle
leggi21.
Come proiezione del documento del 2002, lì dove all‟ultimo punto
già si fa menzione dell‟argomento, il Comitato dei Ministri, nel marzo
del 2005, ha adottato le „Linee guida sulla protezione delle vittime di
atti terroristici‟, dando indicazioni agli Stati per promuovere la
protezione ed il sostegno a più livelli delle vittime, e dei loro diritti
essenziali22.
Inoltre, in linea con le priorità nell‟azione di antiterrorismo del
Consiglio, identificate attraverso le attività svolte nel 2001 e 2002 dal
“Gruppo multidisciplinare per l‟azione internazionale contro il
terrorismo” e, fino al 2004, dalla “Commissione di esperti sul
19
Ibidem.
20
Ibidem.
21
Ibidem.
22
P. Bonetti, Terrorismo, emergenza e …, op. cit., pp. 87-88.
9
terrorismo”, si è intervenuti su strumenti normativi esistenti,
colmandone le lacune per un adattamento ai temi attuali.
Le misure, ad esempio, indirizzate verso la cooperazione
internazionale giudiziaria e di polizia, indicata come nuova area di
intervento, non sono efficacemente supportate dalle previsioni
procedurali sull‟estradizione, contenute nella Convenzione Europea
per la soppressione del terrorismo, in vigore tra gli Stati membri del
Consiglio dal 27 gennaio 1977, a cui fanno richiamo le „Linee guida‟
nelle disposizioni sul tema, in quanto limitata nella portata23.
Nella chiara intenzione di semplificare il procedimento di
estradizione, la Convenzione adotta una clausola di eccezione politica,
secondo la quale lo Stato ha la facoltà di non considerare reato
politico, quindi sottoponibile all‟estradizione, una lista di crimini24
enumerati nell‟art. 1 e, in aggiunta, altri commessi come la violenza
contro la vita, l‟integrità fisica o la libertà della persona e qualsiasi
altro grave atto contro i beni quando esso crei un pericolo collettivo
per le persone (art. 2)25.
Se è vero che, in tal modo, esso pone un limite al diritto di rifiuto
legittimo di estradizione, del resto la Convenzione contiene, allo
stesso tempo, una clausola di non discriminazione (art. 5) che
consente allo Stato di rifiutare l‟estradizione, qualora ci siano
sufficienti ragioni di credere che la richiesta sia stata presentata con lo
scopo di perseguire o punire una persona in ragione della sua razza,
religione, nazionalità o credo politico; e prevede per gli Stati l‟ipotesi
di riserva, che incide sull‟obbligo di de-politicizzazione sotto l‟art. 126.
In risposta a richieste già precedentemente espresse dal Consiglio, in
forma anche di raccomandazione ad intervenire al Comitato dei
Ministri, sono state approvate delle revisioni al testo della
23
R. Bellelli, op. cit., pp. 144-145.
24
La lista include crimini previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la
repressione dell‟illecita conquista dell‟aereo (1970) e contro la salvezza
dell‟aviazione civile (1971), come pure i crimini commessi contro le persone titolari
di uno status di protezione a livello internazionale, la presa di ostaggi e l‟uso di
esplosivi, e la responsabilità per il tentativo o la partecipazione nei menzionati
crimini.
25
P. Bonetti, Terrorismo, emergenza e …, op. cit., p. 87.
26
R. Bellelli, op. cit., pp. 145-146.
10
Convenzione del 1977, inserite nel Protocollo di emendamento del
200327.
Innanzitutto, esso estende il suo campo di intervento, aggiungendo,
alla lista di crimini enunciati nel testo convenzionale, tutti i crimini
specificati nelle convenzioni adottate dalle Nazioni Unite
successivamente al 1977 (art. 4)28.
Ancora una volta è affermata l‟intangibilità del divieto di
sottoposizione alla pena di morte, a tortura, o trattamenti inumani o
degradanti, situazioni in cui il Protocollo all‟art. 5 non obbliga lo Stato
ad estradare, salvo che lo Stato richiedente non dia sufficienti
assicurazioni sul fatto che la pena di morte non sarà imposta o, dove
imposta, non sarà eseguita e che la persona non sarà soggetta a
detenzione a vita senza possibilità di libertà condizionata29.
Si accorda agli Stati l‟applicabilità delle riserve
sull‟implementazione dell‟art. 1, dovendo essi, però, indicare
specificamente i crimini a cui le riserve si applicano e dare conferma
del fatto che le applicheranno di caso in caso30. Le riserve sono
rinnovabili, se ritenuto appropriato, dopo l‟esaurimento dei tre anni, in
cui sono valide31. In conformità col principio dell‟aut dedere aut
iudicare, previsto all‟art. 7, ove uno Stato rifiuti l‟estradizione in
applicazione di una riserva, dovrà sottomettere il caso alle rispettive
autorità competenti per proseguire in senso giudiziario32.
Infine, a garanzia del rispetto della Convenzione opera un
meccanismo di monitoraggio, per cui è competente la Conferenza
degli Stati parte contro il terrorismo, che assicura la conformità, tra gli
altri casi, nell‟ipotesi di rifiuto dell‟estradizione33.
Un passo ulteriore, ultimo fino ad oggi, che porta il Consiglio
d‟Europa al rafforzamento delle misure antiterrorismo e alla
27
C. Tomuschat, “Further steps of the Council of Europe with a view to combating
terrorism”, in Human Rights Law Journal, vol. 26, no. 5-8, 30 novembre 2005, p.
157.
28
Ibidem.
29
R. Bellelli, op. cit., pp. 146-147.
30
Ibidem.
31
C. Tomuschat, Further steps of the Council of Europe…, op. cit., pp. 157-160.
32
R. Bellelli, op. cit., pp. 146-147.
33
Ibidem.
11
riconferma del rispetto dei diritti fondamentali34 è stata l‟apertura alle
firme per la ratifica della Convenzione sulla prevenzione del
terrorismo, nel maggio del 200535.
Una volta ridefinita la minaccia, essa si propone di applicare
“efficaci, proporzionate e dissuasive” misure e sanzioni a scopo
preventivo, a livello internazionale e nazionale (art. 11)36.
Una novità sta, infatti, nella definizione del terrorismo, costruita non
sull‟enumerazione di atti riconosciuti come terroristici, bensì delle
attività correlate e di incitamento, la cui specificazione vaga -
incitazione pubblica a commettere un‟offesa terroristica (art. 5),
reclutamento per terrorismo (art. 6), addestramento al terrorismo
(art.7) - ha comportato che ricadesse sugli Stati la responsabilità di
indicare in modo particolareggiato le sanzioni giustificabili o meno, in
accordo ai propri principi giuridici interni (art. 10.1.)37.
In termini di regole procedurali, si è introdotto tra gli Stati parte
della Convenzione un nuovo regime generale di principi
giurisdizionali, che riafferma un criterio unico da applicare a tutti i
casi di accusa di crimini terroristici, ovvero il collegamento necessario
tra lo Stato che deve giudicare e il responsabile dell‟atto, secondo i
principi tradizionali di giurisdizione già presenti nella Convenzione
del 1977 e in tutte le convenzioni delle Nazioni Unite sull‟argomento.
Il che sta ad indicare che, qualora sia dimostrata, attraverso le
necessarie investigazioni (art. 15), la presenza dell‟accusato sul
territorio nazionale, lo Stato debba procedere, secondo il principio
dell‟aut dedere aut iudicare38, all‟estradizione o al giudizio39.
A contraddire in parte questi criteri di azione, le previsioni sulla
cooperazione internazionale in materia penale (art. 17), che sembra
vanificare il compito di investigazione all‟art. 15, quelle
34
Un chiaro riferimento alle condizioni di salvaguardia dei diritti fondamentali,
come espressi nella CEDU, Patto Internazionale dei diritti civili e politici, e negli
altri strumenti di diritto internazionale, è contenuto nell‟art. 12 della Convenzione.
35
„Convenzione del Consiglio d‟Europa sulla prevenzione del Terrorismo‟ (16
maggio 2005), via www.eur-lex.europa.eu.
36
Ibidem.
37
C. Tomuschat, Further steps of the Council of Europe…, op. cit., pp. 157-160.
38
Ibidem.
39
L‟applicazione della giurisdizione dello Stato, qualora rifiuti l‟estradizione,
secondo l‟art. 14 della Convenzione.