Il tratto successivo, di circa 6
chilometri, porta allo svincolo di
Valdottavo, in grado di connettere
l’infrastruttura con la viabibilità primaria
lungo la valle del fiume Serchio, costituita
dalle Statali 12 del Brennero e della 445
della Garfagnana. prima di arrivare al
successivo svincolo di Castelnuovo. Le
soluzioni proposte assumono un tracciato
sostanzialmente differente, in quanto, la
seconda ipotesi vede uno sviluppo
maggiore del tracciato lungo la valle del
Serchio che consente però di inserire un
ulteriore svincolo (rispetto alla prima
ipotesi) in prossimità di Bagni di Lucca. In
pratica la prima ipotesi prevede una
lunghezza di 26,9 chilometri di cui 20,6 in
galleria (77 per cento), una lunghezza
massima della galleria di 6,4 chilometri, 4
svincoli e 4,7 chilometri di viadotti. La
seconda ipotesi prevede invece una
lunghezza di 29,8 chilometri di cui 17,7 in
galleria (59 per cento) con 5 svincoli e 7,6
chilometri di viadotti.
Il secondo tratto comprende circa 46
chilometri tra Castelnuovo Garfagnana
e Cerredolo in provincia di Modena. In
questo caso la prima ipotesi di tracciato
indica 46 chilometri di cui 36,6 in galleria
(80 per cento) e 5,8 chilometri di viadotto,
mentre la seconda ipotesi riduce la
lunghezza a 45,7 chilometri di cui 31,5 in
galleria (69 per cento) e 10,7 chilometri di
viadotti. Nel primo caso la galleria più lunga
è di 11,7 chilometri, nel secondo di 16,2
chilometri. In questo tratto agli svincoli di
Castelnuovo e di Cerredolo se ne aggiunge
uno intermedio, in località Gazzano
Abetone, in corrispondenza del punto di
valico. Pur con la differenza di lunghezza
dei due tracciati proposti si confluisce
comunque nella valle del Passo delle Radici
dove si trova lo svincolo di Gazzano che
rappresenta l’unica possibilità di uscita
all’aperto per un tratto utile alla corretta
progettazione della dotazione impiantistica
e della gestione della sicurezza. Il tratto
finale da Cerredolo a Sassuolo
prevede una lunghezza di 18,8 oppure
di 16,9 chilometri con 10,7 (oppure 3,7)
chilometri in galleria e 4,1 (oppure 4,9)
chilometri di viadotti.
L’elemento caratterizzante di questo tratto
finale è rappresentato dalla valle del fiume
Secchia lungo la quale si sviluppa una
buona parte del tracciato. A Sassuolo si
trova l’innesto sulla bretella autostradale di
collegamento all’autostrada A1 in
corrispondenza dello svincolo di Modena.
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Questo articolo tratto dal giornale “La Nazione”, edizione locale di Lucca, è quanto è stato
presentato al pubblico dello studio di fattibilità commissionato da ANAS sull’ipotesi di un
nuovo collegamento autostradale tra Modena e Lucca.
Successivamente questo studio è stato trasmesso alle regioni Emilia Romagna e Toscana al
fine dell’acquisizione del parere necessario alla prosecuzione dell’iter procedurale.
I sistemi politici locali hanno reagito con indifferenza alla presentazione di questo studio,
probabilmente anche a causa dell’approssimarsi del cambio di legislatura (si era infatti a un
mese dalle elezioni politiche).
Il successivo 26 aprile, la Provincia di Lucca ha organizzato un convegno per annunciare il
suo parere negativo al progetto definitivo approvato da ANAS della tangenziale ovest della
città, ritenuta il “lotto zero” della futura autostrada Modena-Lucca.
Le vicende della Modena-Lucca hanno però radici assai più lontane. Si tratta di un’ipotesi di
collegamento di cui si è iniziato a discutere fino dagli anni ’30, quando si cominciò a
impostare la rete autostradale del Paese, ma il dibattito si è incanalato ben presto sugli stessi
binari lungo il quale era più volte deragliato il progetto di collegamento ferroviario tra le due
città. Infatti a fronte di studi che ne rimarcavano la fattibilità tecnica e l’opportunità
nell’ambito del disegno della rete infrastrutturale, le forti contrarietà di alcuni gruppi politici
(stabilmente al governo in tutti gli enti locali a partire dal secondo dopoguerra), hanno
impedito qualsiasi mossa puntando a far arenare il processo decisionale.
La sensazione è che questo studio di fattibilità, come tutti i suoi predecessori, non riesca ad
alimentare in modo sufficiente un dibattito costruttivo sul tema. Anzi l’impressione è che la
situazione sia rimasta immutata rispetto a prima dello studio di fattibilità. Perché questo
ennesimo studio di fattibilità sulla possibilità di realizzare un collegamento diretto e veloce tra
le città di Modena e Lucca, storicamente legate da relazioni sia di carattere economico sia
culturale, rischia di rimanere bloccato sempre ad un livello di fattibilità senza riuscire ad
avanzare nel sul iter realizzativo?
Come cercare di andare oltre alla visione dell’infrastruttura non solo come una semplice
elemento tecnico di trasporto ma come occasione di sviluppo per i territori attraversati?
Un modello virtuoso di sviluppo potrebbe essere determinato dall’intersezione tra la politica
di infrastrutturazione (nazionale) che effettua le scelte localizzative degli assi portanti del
sistema dei trasporti e gli enti locali, che possono essere nella condizione di condivisione o
non condivisione delle scelte centrali. In entrambi i casi, ma soprattutto nel secondo, sembra
decisivo per il successo della politica – intesa come la capacità di condurre l’iter decisionale
nella sua completezza, dalla fase istruttoria alla fase realizzativa – il possesso di una capacità
di coordinamento degli indirizzi programmatori dello sviluppo territoriale volto a fare
emergere tutte le potenzialità che la realizzazione dell’asse infrastrutturale proposto dal
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governo centrale possiede, e che non sono immediatamente “visibili”. Il progetto
infrastrutturale si configura allora come “progetto di territorio” nella misura in cui è in grado
di sollecitare tutte le potenzialità attivabili nel contesto in esame.
Recentemente è stata avanzata l’idea, anche se in buona parte ancora da sviluppare nelle
sue implicazioni teoriche e pratiche, che i grandi progetti infrastrutturali, pur rispondendo a
logiche di settore e interessi sovralocali, possano diventare risorse per lo sviluppo e la
riqualificazione urbana a scala locale, se inseriti in un processo decisionale di
programmazione negoziata in cui intervengano soggetti appartenenti a più livelli di gerarchia.
Per fare questo passo occorre innanzitutto uscire da una logica puramente trasportistico-
funzionale per considerare la grande infrastruttura come opera territoriale. Non bisogna
vederla solo in relazione alla scala geografica che ne giustifica la realizzazione (come
completamento del corridoio europeo E6 Tirreno-Brennero), ma bisogna esaminare sia gli
aspetti positivi-negativi della costruzione della nuova infrastruttura ma bisogna coglierne le
potenzialità positive in termini di occasioni e di possibili sinergie offerte alla progettualità
locale.
Il progetto delle grandi opere infrastrutturali è deciso a livello nazionale e si presenta poi al
territorio come obbligato. Bisognerebbe cercare di fare in modo che, nonostante il progetto
arrivi al territorio come “obbligato”, dopo essere stato elaborato e deciso al livello
competente, la sua realizzazione si presentasse e scala regionale e locale sufficientemente
elastica e aperta affinché il bilancio delle esternalità positive e negative e quello dei rischi e
delle opportunità possa essere reso in qualche modo positivo. Se e in che misura ciò possa
avvenire, dipenderà dalle scelte localizzative e dalla capacità dei soggetti operanti a quelle
scale di negoziare con i livelli superiori in modo tale da collegare alle grandi opere i propri
progetti di valorizzazione e di sviluppo.
Il nostro studio si presenta come un esercizio teorico che ha come oggetto privilegiato lo
studio di fattibilità della Modena-Lucca. Partendo dalla verifica la difficoltà di decollo del
processo politico legato all’iter di realizzazione di questa nuova infrastruttura viaria,
dimostrata anche dalla rilettura critica della storia del collegamento Modena-Lucca, è stata
analizzata la fattibilità tecnica dell’opera (sia socio-economica e finanziaria, sia trasportistica),
approfondendo, dove possibile, alcuni elementi caratterizzanti lo studio. Sono state infine
proposte alcune ipotesi per poter aiutare l’avanzamento positivo e propositivo del processo e
risolvere il blocco nelle sue posizioni, spesso legate solamente all’appartenenza politica, degli
enti locali.
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Un ringraziamento particolare al dott. Matteo Bolocan Goldstein, all’ing. Fabio Torta e all’ing.
Marco Brambilla per averci supportato in questi mesi con indispensabili consigli e indirizzi.
Si ringrazia per la disponibilità dimostrata nella raccolta del materiale utile alla stesura della
tesi e per aver risposto in modo efficace e solerte alle nostre domande e richieste il prof.
Sen. Ing. Pietro Lunardi senatore della Repubblica; l’ing. Guido Moutier dell’Autorità di
Vigilanza per i LL.PP; il dott. Salvatore Papale di Ente ANAS - Direzione centrale
programmazione e progettazione; il dott. Stefano Agati della regione Toscana; l’ing. Paola
Bartolini, la dott.ssa Angela Carbone, l’ing. Federica Ropa della regione Emilia Romagna;
l’ing. Riccardo Gaddi della provincia di Lucca; il dott. Tomaso Tagliani della provincia di
Modena; la dott.ssa Clara Ghelfi dell’archivio provinciale di Modena; l’ing. Angelo Villa e il
dott. Gianluca Aimi del comune di Sassuolo; l’ing Diego Rubini dell’Autocamionale della Cisa;
dott. Candido Bernuzzi di Autostrade per l’Italia; la dott.ssa Maria Isabella Tricase della
Camera di Commercio di Modena; il dott. Enrico Lupi, la dott.ssa Maria Teresa Rubbiani e il
dott. Andrea Serri di Assopiastrelle; l’ing. Bruzio Tonini e il geom. Vincenzo Dell’Agli di
Bonifica spa; l’arch. Fatima Alagna di Politecnica Architettura e Ingegneria; il dott. Paolo
Mandoli della redazione de “La Nazione”; la sig.ra Loretta Pascariello segretaria dell’on. Carlo
Giovanardi.
Ringraziamo, inoltre, per il sostegno dimostratoci e l’ispirazione dataci in questi mesi: Franca,
Vittorina, Antonio, Claudio, Chiara, Elena, Sara, Giuseppe, Margò, Cico, Mia, Vittorio, il sig.
“Badate”, il sig. Compasso, Tommaso e signora.
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1. La Modena-Lucca nella storia territoriale
Della necessità e volontà della costruzione di un collegamento diretto tra Modena e Lucca si
hanno notizie già a partire dal 1850, anno in cui si auspicava la costruzione di un nuovo
tronco ferroviario che unisse le due città. Nel 1851 sono documentati i primi studi per un
progetto Modena-Lucca su incarico di un Comitato Lucchese, ma a questa ipotesi fu preferita
la ferrovia Bologna-Pracchia-Pistoia-Firenze per molteplici ragioni, le principali di ordine
tecnico (quota di valico e difficoltà nella costruzione di lunghe gallerie), ma anche altre di
ordine politico-rappresentativo.
Nel 1870, dopo la nascita del grande Arsenale Marittimo di Spezia e dell’idea di una ferrovia
transappenninica La Spezia-Parma, ritornò a farsi largo il progetto della ferrovia Modena-
Lucca come naturale proseguimento della Ala-Verona-Mantova e della Mantova-Modena
allora costruita. Dopo il dibattito in Parlamento fu preferita la Spezia-Parma, nonostante le
evidenze di svariati studi accordassero una marcata preferibilità all’ipotesi modenese.
Emerse, come già era in parte successo in occasione del precedente contenzioso con la
Bologna-Pistoia, la inferiore abilità argomentativa dei politici modenesi rispetto ai vicini.
Nel 1887 ad opera del Comitato Livornese per le Valli del Panaro e della Lima, fu elaborato
un progetto per il congiungimento di Livorno al centro Europa attraverso il Brennero. Lo
stesso progetto fu poi ripreso nel 1908 dai progettisti incaricati dal Comitato delle province di
Modena, Mantova, Lucca, Pisa e Livorno.
Negli anni successivi seguirono altri studi sommari ad opera di vari ingegneri.
Secondo un documento del 1924 che parla dell’importanza commerciale della costruzione di
questo nuovo tronco ferroviario, nei 75 anni trascorsi dal 1850 al 1924 questo progetto ha
più volte interessato l’opinione pubblica, ma non ha mai trovato un esito fortunato nella
realizzazione anche a causa di interessi antagonistici favorevoli alla realizzazione di altri
tronchi. “Non è fuor di luogo affermare ancora una volta che tutti i vantaggi di una linea
diretta Livorno-Modena-Brennero, che non debbono piegare davanti a meschine competizioni
locali, non hanno carattere particolaristico, ma assurgono ad un interesse generale di
importanza capitale per il progresso economico” (Progetto Coppi, 1924).
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