4
Partendo da una problematica molto vasta a livello territoriale ed essendo
comunque esigue le risorse disponili, la strategia generale ha mirato a innescare
un processo a catena in cui i benefici dal progetto, che è stato definito progetto
pilota, potessero avere una ricaduta ed essere estesi ad altre famiglie dello stesso
insediamento e in altri. Questo ha portato a scelte strategiche e operative precise,
volte a massimizzare la replicabilità del progetto e il coinvolgimento di altri
beneficiari.
Il progetto ha coinvolto gli allievi dell’EFA e le rispettive famiglie
residenti nell’insediamento Taquaral, e poi successivamente si è aperto anche ad
altri insediamenti.
Tali gruppi hanno lavorato su programmi di miglioramento di specifiche
attività economico-rurali, studiati e messi a punto con la CPT, l’EMPAER e il
DIVAPRA dell’Università di Torino.
I ragazzi coinvolti sono stati formati in tecniche agricole nelle strutture
statali dell’Escola Familia Agricola, e durante il progetto hanno avuto una
formazione più pratica e volta alla realizzazione d’attività agricole nel loro
appezzamento di terreno, tenendo conto delle condizioni agronomiche e delle
possibilità locali d’intervento.
Al mio arrivo a Corumbà le famiglie coinvolte nel progetto erano 19 e le
attività svolte erano l’allevamento di bovini, caprini, ovini e la coltivazione di
prodotti orticoli e di derivati della canna da zucchero.
L’intervento è consistito nell’avviare attività d’allevamento o, dove tali
attività erano già esistenti, nel migliorare le condizioni delle famiglie attraverso
l’acquisto di bestiame, la costruzione di tettoie per garantire una migliore gestione
sanitaria delle attività zootecniche, la costruzione d’abbeveratoi e riserve per
5
l’acqua, la produzione di colture foraggiere, varie e in tempi diversi dell’anno per
garantire al bestiame un’alimentazione continua e diversificata, anche in periodi
d’estrema siccità.
Quindi, nel mio periodo di soggiorno a Corumbà mi sono occupata di
effettuare una valutazione del progetto: cioè verificare se i beneficiari erano
rimasti soddisfatti, e che tipo d’effetti aveva avuto nella collettività. Inoltre mi
sono occupata di realizzare i questionari informativi dei destinatari di un ulteriore
finanziamento, al fine di conoscere le reali esigenze delle famiglie, e quindi
selezionare poi insieme alla CPT le famiglie beneficiarie.
Ho conosciuto la realtà dei contadini dell’insediamento Taquaral attraverso
il continuo contatto con le famiglie dell’insediamento nelle ripetute visite. Perciò
l’esperienza non si è limitata solo alla partecipazione ad un progetto di sviluppo
(chiamato PROASTA: Progetto Assentamento Taquaral); argomento della tesi è
l’intero processo d’evoluzione che gli insediati hanno vissuto dall’inizio della
lotta per la terra fino all’anno scorso, cercando di descriverlo nelle sue diverse
tappe.
In questo percorso ho incontrato molte difficoltà, dettate soprattutto dal
timore di non essere chiara ed esaustiva nel presentare una realtà tanto diversa
dalla nostra.
Ora, ripensando alle difficoltà che quotidianamente i contadini devono
affrontare, mi rendo conto di quanto i fattori climatici e quelli politico-istituzionali
mettano in discussione il buon esito delle loro fatiche. Tanto più sono rimasta
colpita dalla tenacia e dalla determinazione nel raggiungere il loro sogno.
6
Introduzione
Il Brasile, un Paese grande quasi trenta volte l'Italia, esteso da oltre
l'Equatore ad una latitudine corrispondente a quella della Sicilia e
proporzionalmente vario per climi, ambienti, vegetazione, possibilità insediative,
non si lascia certo costringere in una definizione sola. L'immensità è la sua
caratteristica forse più ovvia. Cinquecento anni fa ebbe inizio il colonialismo, dal
quale si venne a formare e consolidare una società iniqua, nella quale vige, oggi
come ieri, una forte disparità tra poveri e ricchi. Tutto ciò proviene dalla
concentrazione della proprietà terriera, basata sul modello di produzione agricola
delle fazendas plantation, monocolture di caffè, canna da zucchero, cotone, cacao
con allevamenti sterminati di bestiame, tutto destinato all’esportazione e
servendosi di manodopera schiava. Naturalmente la distribuzione della terra
genera una problematica molto presente nel territorio brasiliano: la nascita delle
favelas ai margini delle grandi città.
Per comprendere la formazione del Movimento Sem Terra, nel primo
capitolo ho voluto delineare un inquadramento storico generale delle norme e
istituzioni che si occupano della distribuzione della terra. Mi sono soffermata in
modo particolare sulla cosiddetta “legge della terra”, che impedì agli ex-schiavi di
divenire contadini. Anziché promuovere una giusta distribuzione delle immense
proprietà disponibili, la legge impediva che si divenisse agricoltori se non si
possedeva il denaro necessario per comprare il fondo dalla Corona portoghese.
D’altra parte si stava sviluppando l’industria, che permise di trasformare le
strutture economiche mantenendo la concentrazione della ricchezza, del reddito e
della terra, con gli effetti perversi che da tale concentrazione derivano.
7
Con l’entrata in crisi di questo modello economico, nel corso degli anni
Ottanta del secolo scorso, si formano diversi movimenti sociali sorti con
l’obiettivo di contestarlo e combatterlo, col sogno di eliminare la povertà e la
disuguaglianza. In questo quadro rientrano le sommosse popolari promosse dal
MST, Movimento dei lavoratori rurali senza terra. Con quest’argomento si entra
nel secondo capitolo della tesi che verte appunto intorno al MST. Questo viene
presentato a livello nazionale, per sottolineare la forza e la capacità di esigere ed
ottenere un cambiamento dalle autorità politiche, contribuendo a provocare la
caduta della dittatura militare. In campo economico si ottenne il raggiungimento
di risultati apprezzabili attraverso la conquista di molte terre che erano state
privatizzate dal latifondo.
Il movimento ha, infatti, l’obiettivo di riunire ed organizzare famiglie che
non possiedono nulla e che, senza un pezzo di terra da coltivare, patirebbero la
fame nelle favelas delle città, o emigrerebbero di continuo da una regione all’altra
in cerca di fortuna.
Il MST, innalzando il vessillo della riforma agraria, persegue due grandi
mete: una redistribuzione della terra, accompagnata da tutte le garanzie necessarie
per vivere degnamente, e la costruzione di una società nuova, che offra eguali
condizioni di partenza, con l’eliminazione del latifondo ed il ritorno dei beni alla
loro originaria destinazione. In altre parole, il Movimento esige una vera
mutazione sociale, a livello politico, economico, culturale e religioso.
La denominazione esatta del MST è ‘Movimento dei lavoratori rurali
senza terra’, e non ‘dei contadini’, perché la parola ‘contadino’ viene usata dai
latifondisti. L’uomo dei campi non definisce mai se stesso un contadino, ma
piuttosto un agricoltore o, appunto, un lavoratore rurale. Pur tenendo presente tale
8
sostanziale rilievo, nel testo non farò distinzione tra i diversi termini.
L’espressione ‘Movimento dei sem terra’, infine, è stata largamente
diffusa dai media ed è oggi quella popolarmente adottata.
La lotta per la terra richiama il desiderio di costruire una società solidale,
una società che bandisca l’esclusione. L’unico cambiamento possibile viene dai
poveri; attraverso una spinta dal basso a costringere chi sta in alto a modificare le
cose. Solo il cammino ed il sudore dei miseri permetteranno di realizzare un vero
progresso.
Il Movimento, permettendo ai singoli di uscire dal loro isolamento e di
contrapporsi collettivamente agli avversari, crea visibilità nei media ed esercita
pressione sulle autorità perché passino dalle promesse ai fatti e realizzino la tanto
agognata riforma agraria.
La marcia è uno degli strumenti con i quali i senza terra hanno espresso le
loro rivendicazioni, percorrendo distanze elevate e coinvolgendo così gran parte
della popolazione brasiliana, che in questo modo poteva conoscere la loro causa,
le loro motivazioni. Nella maggior parte dei casi vi fu un sostegno della
popolazione ai senza terra, poiché camminavano senza cibo e senza acqua.
Alla lotta per la riforma agraria si aggiungono gli scioperi degli operai. La
richiesta era la medesima: condizioni di lavoro e di vita più eque. In questo
quadro, negli ultimi venti anni, i movimenti per la terra hanno potuto portare
avanti con forza le proprie richieste di giustizia.
Nel pensiero del MST, è importante l’occupazione della terra per indurre
l’opinione pubblica a discutere il grave problema della concentrazione fondiaria e
spingere poi le autorità a promuovere un’efficace redistribuzione agraria.
“È una forma di lotta pesante, che non permette a nessuno di starsene a
9
guardare, che obbliga tutti i settori della società a manifestare approvazione o
contrarietà. E per il Movimento è fondamentale, perché crea unità tra i militanti”.
È una dichiarazione di Joào Pedro Stédile, il quale è convinto che senza
occupazione non c’è espropriazione, e che dove non agisce il MST gli interessi
dei grandi fazenderos non vengono toccati.
La base indispensabile di una buona riuscita dell’occupazione della terra è
il legame tra le famiglie, consolidatosi nella convivenza in accampamento e in
piazza.
Le riunioni preparatorie all’azione vertono soprattutto sui contenuti e sul
significato della legge di riforma agraria, perché ciascuno si faccia cosciente del
proprio diritto e sappia che sta lottando per una causa legittima: si tratta di
momenti altamente educativi.
Identificato il proprietario del fondo incolto, e verificata la validità del suo
possesso, nella gran parte dei casi ereditario, si cerca di capire quali siano il
momento e la strategia più adatti per procedere all’occupazione. Ottenere il
risultato desiderato non è sempre facile.
L’area da occupare è selvaggia perché mai sfruttata dall’uomo, e perciò da
lavorare ancor prima che possa accogliere il militante. Erbacce ed arbusti assai
tenaci impediscono la possibilità di qualsiasi agio. Bisogna estirpare e dissodare
prima di costruire.
Quando i senza terra occupano un fondo, di rado riescono a lavorarvi
tranquillamente. I magistrati possono emettere un ordine di sgombero forzato per
violazione della proprietà privata, che la polizia s’incarica di rendere esecutivo.
Per questo l’accampamento ha sempre un sapore di provvisorietà, fino a quando
un altro giudice non stabilisce che l’area è stata acquisita dallo Stato ai fini della
10
riforma agraria, e quindi va espropriata.
Il codice civile non si adatta facilmente ad un pensiero sociale in
evoluzione. In tal modo, il problema dell’occupazione del latifondo viene ridotto a
mera questione poliziesca.
Così i senza terra si accampano all’esterno del fondo conteso. I membri del
MST attendono che il procedimento giudiziario avviato dal proprietario si
esaurisca. Loro torneranno ad occupare la terra, ed egli dovrà sporgere una nuova
denuncia, per rimettere in movimento il magistrato.
Ed intanto, a pezzi e bocconi, contrapponendosi la tenacia del Movimento
a quella del ricco, si arriva all’acquisizione dell’area da parte dello Stato. Le
famiglie vi si potranno finalmente insediare in via permanente, e mai più
torneranno a rischiare quotidianamente la vita nella miseria della favela.
Con le occupazioni, i senza terra diventano invasori della terra altrui,
violano il diritto di proprietà privata. Si invoca il codice a protezione del
privilegio latifondista. Inutile richiamarsi alla Costituzione, alla necessità di
restituire al fondo una funzione sociale, ad una legge naturale che dà ragione a
milioni di famiglie che non possiedono nulla: si vuole imporre la legge del più
forte.
Il movimento dei senza terra nacque nel Rio Grande del Sud, quando, in
seguito ai fallimenti ottenuti durante le manifestazioni, i senza terra decisero che
la miglior cosa per essere presi in considerazione era occupare le terre
improduttive dei latifondisti. In breve tempo, il movimento si allargherà in tutto il
territorio nazionale. L’attenzione sarà rivolta in particolare al MST nel Mato
Grosso del Sud, dove le persone che daranno vita a questo movimento sono
principalmente brasiguais, insieme a brasiliani. Questo Stato sarà oggetto di
11
diversi progetti di colonizzazione per la distribuzione della terra. Il territorio
corumbaense, in particolare, sarà oggetto di progetti di colonizzazione. Uno di
questi segue la direzione della strada statale che collega la città alla capitale dello
Stato: sono stati realizzati tre insediamenti che prendono il nome di Albuquerque,
Mato Grande e Urucum. Anche nell’area al confine con il territorio boliviano
sono stati ottenuti da parte dei senza terra dei progetti di colonizzazione. Gli
insediamenti prendono nome di Taquaral, Paiolzinho, Tamarineiro I, Tamarineiro
II nord e sud.
La tesi, che è il risultato di una borsa di studio finanziata dal Servizio
Volontario Europeo, si concentrerà sull’insediamento Taquaral.
Grazie a questa borsa ho trascorso undici mesi del 2002, da gennaio a
dicembre, a Corumbà, occupandomi dei progetti finanziati da un gruppo di
volontari, in rapporto di partneriato con la Commissione Pastorale della Terra,
CPT. Ai progetti di finanziamento hanno partecipato un numero limitato di
famiglie, che formavano nel momento della realizzazione quattro piccoli gruppi a
cui veniva dato il nome Proasta (PROgetto di ASsentamento Taquaral), con un
numero progressivo.
Uno dei requisiti per accedere ai primi finanziamenti era l’iscrizione di un
figlio all’Efa. Questo faceva sì che si potessero utilizzare nel lotto di terra del
padre le conoscenze acquisite durante il periodo di studio trascorso nella scuola a
Campo Grande, nei quindici giorni previsti. Fattori esterni trasformano poi
quest’idea. Nell’ultimo gruppo di famiglie beneficiarie di un progetto, nei criteri
non è compresa l’iscrizione di un figlio all’EFA.
Nella tesi cercherò di far emergere i vari aspetti del cammino di lotta per
giungere in quella terra ‘benedetta da Dio’, a partire dalla sofferenza condivisa nel
12
periodo dell’accampamento. Sarà proprio per questo che i giovani e donne
avranno molta nostalgia di quel periodo.
L’entusiasmo dei senza terra nel divenire beneficiari di un appezzamento
di terreno, si scontra subito con le condizioni d’accoglienza non vantaggiose.
Appunto per questo, la modifica delle condizioni di vita, la trasformazione
richiede una complessiva modifica di atteggiamento che si rifletterà nelle relazioni
interpersonali.
La situazione generale che incontrano le famiglie quando entrano nell’area
della fazenda, è che normalmente non trovano a disposizione case o strutture
finite. Si svolge così un primo, veloce e faticoso lavoro di pulizia: tutti tagliano
erba e radici preparando lo spazio che accoglierà le prime baracche di pali e teloni
di plastica. Non vengono costruite subito abitazioni più solide: per alcuni giorni la
situazione rimane incerta a causa delle possibili espulsioni da parte della polizia, o
nel timore di incursioni di guardie pagate dal latifondista. Infatti, sin dal primo
momento, è importantissima la sorveglianza che garantirà la sicurezza degli
accampamenti.
In questo difficile cammino di vita, i senza terra sono stati sostenuti dalla
fede e dalla speranza. Così anche la religione, come gli insegnamenti e i valori
tramandati, è tra i fattori stimolanti per la formazione di una coscienza sociale tra i
pionieri della lotta per la terra.
Le giornate di lotta trascorse insieme uniscono profondamente le persone.
Quei momenti sono ancora presenti nelle loro menti, ma con l’assegnazione dei
lotti le relazioni umane tra insediati si stanno riducendo ad alcuni momenti
particolari. Una persona della famiglia deve sempre rimanere nel proprio lotto per
custodirlo, visto che non c’è sicurezza a lasciare il capitale di bestiame e materiale
13
incustodito. Infatti, sono avvenuti più di una volta dei furti.
Le riunioni generali degli accampati venivano svolte con l’obiettivo di
mantenere viva l’unità nella lotta. In quei momenti vi era anche la presenza della
CPT. Ancor oggi questa è attiva nel territorio del Taquaral, occupandosi del
mantenimento dell’identità rurale attraverso momenti educativi trascorsi con gli
insediati.
La Chiesa, attraverso la Commissione Pastorale della Terra, e il
CEDAMPO, centro di documentazione popolare che ha come scopo la
sensibilizzazione alle problematiche sociali, sono presenti e partecipi della loro
lotta. Inizialmente si trattava d’appoggi prettamente materiali, ma con il passare
del tempo il rapporto si è trasformato in un aiuto rivolto alla formazione dei
leaders, oltre che di sostegno nei momenti d’accampamento nella fazenda, esposti
al rischio di repressione da parte delle forze di polizia.
Ciò che emerge con insistenza è il concetto di ‘luta pela terra’. Una lotta
sostenuta dai sem terra per far ottenere la possibilità di vivere dignitosamente.
Ancora oggi la parola luta viene utilizzata nelle canzoni che animano i momenti
comunitari, ‘a luta ainda està de pé’, e anche durante le conversazioni quotidiane.
Gli insediati si domandano come va la lotta, cioè il lavoro. In altre conversazioni è
evidente che le difficoltà non sono terminate e che le persone portano avanti i loro
ideali, il loro sogno con la speranza di cambiare la loro vita. È una vita fatta della
sofferenza di un lungo pellegrinare. Ciò che li aiuta è il sostegno della fede.
La presenza della CPT nell’attuale realtà di Corumbà è ancora viva.
Ovviamente il lavoro svolto è sempre quello di favorire la presa di coscienza e di
rafforzare l’identità “dos trabalhadores rurais”.
Naturalmente il lavoro va continuamente finalizzato all’utilizzazione delle
14
varie possibilità del territorio in vista di una vita qualitativamente migliore. In
tutto questo acquista particolare importanza il compito dei leaders. La dura realtà
li pone di fronte anche ad un ciclo naturale alterato dalle azioni irresponsabili di
chi mirava esclusivamente ai propri interessi.
I sem terra che giunsero nell’insediamento Taquaral sono i pionieri del
MST nello stato del Mato Grosso del Sud. Sono essenzialmente famiglie
numerose che, insieme, hanno vissuto i momenti dell’occupazione. Naturalmente
si è verificata anche un’emigrazione d’alcuni giovani verso altre terre; ma la
densità della popolazione è tale che in uno stesso appezzamento vivono spesso
molte famiglie.
Verrà presentato il concetto d’identità rurale, espresso da un gruppo di
giovani con il quale la CPT ha svolto diversi momenti di riflessione. L’anno
scorso la CPT ha utilizzato le sue energie per motivare e formare un gruppo di
giovani, aiutandoli a sentirsi protagonisti del futuro dell’insediamento. Nelle
parole dei giovani, emerge un confronto con la cultura cittadina e nello stesso
tempo si esprime il cambiamento che stanno vivendo.
In un primo momento i senza terra sostengono la ‘lotta per la terra’ come
risposta alla necessità di far fronte al bisogno di cibo, poi come ricerca di libertà
dalla dipendenza di un padrone, di un posto proprio dove vivere, abitare e
lavorare.
Ottenuta la terra, la lotta non finisce: si trasforma nel tempo in un desiderio
di miglioramento delle loro condizioni di vita che si manifesta nella quotidianità,
attraverso tutto il ciclo delle attività dos trabalhadores rurais.
Un altro argomento della tesi è l’aspetto spirituale, grazie al quale si
mantiene viva la loro lotta quotidiana.
15
Sin dal periodo dell’accampamento veniva celebrata la presenza di Dio nel
loro cammino di conquista della terra, attraverso la messa ed il culto ecumenico.
Anche nei momenti più difficili, ad esempio durante l’espulsione da una terra
occupata, percepiscono il Dio dei poveri che dà coraggio e forza per continuare il
cammino senza disperarsi.
Sono persone assetate della Parola divina: vogliono leggere la Bibbia, e
per questo la tengono sempre in casa. Per molti essa è compagna di viaggio nella
conquista della terra. Ed è commovente vedere come riescano ad attualizzare
continuamente, nella loro vita, il messaggio di Dio. Per i senza terra, la Scrittura
diventa impegno quotidiano.
Ciò che acquisisce maggior rilievo nella rivoluzione culturale imperniata
sulla visione biblica, propugnata dall’MST, è la dimensione comunitaria della
vita, la riscoperta e valorizzazione della terra quale madre di tutti i suoi abitanti,
con lo sfruttamento razionale e l’uso equilibrato delle risorse che essa mette a
disposizione, in modo da non intaccare la ciclicità del sistema naturale.
Nel Movimento si riconosce come vero proprietario di ogni cosa il
Signore, colui che dona al suo popolo i beni creati. Di conseguenza nessuno può
proclamarsi esclusivo ed assoluto detentore di alcunché. Solo a Dio compete
questo privilegio.
Il latifondista, con la sua presa di posizione unilaterale, emargina e ricaccia
dalla fazenda non solo migliaia di famiglie, ma Dio stesso. Appunto per questo la
grande meta di vita autenticamente cristiana è l’impegno di restituire ai senza terra
la loro dignità, liberandoli dalla schiavitù della miseria che li condanna a morire
nelle favelas. Questa dignità può essere riacquistata con il sacrificio del giusto
lavoro, sulla terra nuovamente donata ai poveri. Essi, con le loro famiglie,
16
riportano nei campi quel Dio che n’era stato escluso dalla prepotenza del ricco.
Il Movimento ha creato poi una sua tipica animazione, che viene definita
‘mistica’: canzoni e musica legate al suolo, rappresentazioni teatrali, poemi,
bandiere, esprimono la volontà di camminare verso la conquista della terra. Tutto
serve, specie quando la strada si fa dolorosa. Come ha affermato uno dei leader
dell’MST, dopo una violenta carica della polizia che tentava di sgombrare un
edificio occupato: “siamo oppressi, ma non tristi”. E subito l’assemblea, animata
da canti e parole d’ordine, ha dissipato l’atmosfera pesante che si stava
impadronendo di essa, aiutando a ricostruire una propria coscienza d’uomini e
militanti.
La mistica del Movimento e la pratica religiosa si avvicinano
notevolmente: i senza terra hanno un proprio apparato liturgico per coagulare i
propositi dei militanti attorno al progetto dell’MST. La mistica, con i suoi canti,
gli slogan, diventa espressione di dignità ed, a sua volta, strumento di lotta:
quando le cose si fanno difficili, da una parte abbiamo la vivacità dei senza terra,
una resistenza rumorosa ma disciplinata, una richiesta consapevole e pacifica di
giustizia, dall’altra la durezza e la violenza della polizia. Da un lato, chi può
discutere, spiegare, razionalizzare, dall’altro chi conosce solo il metodo della
forza. Nello stesso tempo, la mistica continuerà ad essere un momento d’intensa
condivisione e rafforzamento spirituale per gli insediati.
Il faticoso lavoro nei campi viene aggravato dalle elevate temperature. Il
clima è aspramente avverso al riscatto dei lavoratori, e appunto per questo molte
famiglie si sono allontanate dai motti che sostengono il MST: lottare, resistere
produrre per e nella terra conquistata. Inoltre, il clima crea difficoltà in tutto ciò
che riguarda la lavorazione della terra.
17
Tra gli insediati si devono distinguere due categorie: una è quella dei
lavoratori rurali, per i quali il lavoro agricolo non è solo una risorsa dalla quale
trarre sostentamento, ma una ragione di vita, perché, dicono, senza di esso non ha
senso vivere lì. In altri si nota invece un indebolimento culturale, per cui
l’ambiente naturale nel quale vivono viene a poco a poco abbandonato,
trasformandosi in un paesaggio desolato, senza alberi, ridotto dal continuo
processo di disboscamento ad una specie di cimitero. Un altro aspetto di questa
deculturazione è il desiderio di agi e comodità che si rivela con l’acquisto di
prodotti fini al supermercato. Queste persone non sono più riconosciute dai loro
compagni come lavoratori rurali, ma come ‘abitanti’ dell’insediamento.
Il legame con la terra viene trasmesso però anche nell’ambito scolastico.
Molto importanti erano le attività svolte coi piccoli accampati durante il periodo
di lotta, nel quale il MST creava attività educative svolte da volontari. Ora
all’interno della struttura scolastica ci sono due tipi d’atteggiamenti:
indubbiamente in alcune persone rimane ancora forte e ancorato l’amore per la
terra da trasmettere alle generazioni future, in altre invece si dà più attenzione
all’aspetto formativo.
Il mio approccio metodologico alla tesi ha tenuto in considerazione fattori
innanzi tutto temporali, visto che sapevo di poter disporre d’undici mesi durante i
quali venire a contatto con gli insediati, con la loro cultura, i loro ritmi di vita.
Nei primi mesi, un fattore che condizionava la comunicazione con gli
insediati era la conoscenza della loro lingua. Infatti, sono arrivata in Brasile senza
saper esprimere una parola. Così in quel periodo la mia attenzione era rivolta
soprattutto alla descrizione degli ambienti con cui venivo a contatto.