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INTRODUZIONE
Questo lavoro si occupa di un fenomeno caratterizzante dell’antica Roma: le terme.
Un grande aiuto nella redazione di questa tesi è ovviamente venuto dall’archeologia,
che offre, tra l’altro, anche un importante confronto tra le pratiche greche e quelle romane,
mettendo in risalto come la principale differenza tra le palestre-ginnasi della Grecia e i bagni
dell’età romana consiste nel fatto che la popolazione della Roma antica privilegiò di gran
lunga il bagno e la socializzazione a discapito dello sport e all’educazione.
Questa distinzione fu chiara fin dall’inizio della storia dei bagni e divenne sempre più
pronunciata man mano che essi aumentarono di numero e di complessità. Gli studi sui resti
dei bagni hanno dimostrato che sia quelli più umili che quelli imperiali, nel corso del tempo,
dedicarono sempre più spazio a scopi non strettamente funzionali come le attività ricreative.
Meno chiaro invece è il motivo per il quale i bagni ebbero una così grande popolarità:
il significato sociale e culturale della balneazione nel mondo romano può sembrare inusuale
per la mentalità moderna abituata a vedere il bagno come a una necessità igienica strettamente
privata.
Esistono pochissime fonti dirette sul motivo che spinse i Romani a frequentare i bagni
e sulle ragioni della loro assoluta rilevanza dal punto di vista sociale e culturale. Gli autori
antichi non si soffermarono sul perché venivano usati i bagni, presumibilmente perché per
loro il dato era perfettamente ovvio: vedremo come ad esempio Plinio il Vecchio o Seneca
parlino della popolarità dei bagni ma offrano pochi spunti per spiegare tale probabilità. Se
Seneca ci offre qualche indizio, questo è che un assoluto amore per la lussuria spingeva la
gente a frequentare gli stabilimenti termali, una testimonianza che comunque è condizionata
dal ben noto rigore morale del grande filosofo stoico; i Romani peraltro godevano di molti
altri piaceri, che però non divennero mai alla portata di tutti e di frequenza giornaliera.
Per spiegare questa differenza si deve tenere in considerazione il fatto che la vita in
una città romana era notevolmente più comunitaria rispetto a quanto avviene nelle società
occidentali contemporanee.
In particolare gli studi sulle case e i quartieri di Ostia e dintorni hanno rivelato che le
abitazioni del popolo spesso mancavano di servizi considerati assolutamente fondamentali in
residenze moderne: molti non avevano cucine, latrine o bagni. Di conseguenza molte attività
che oggi sono svolte in privato erano invece praticate all’aperto e in pubblico dai Romani.
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Per esempio, in assenza della diffusione di cucine private, le comunità romane
tendevano ad avere un gran numero di osterie e luoghi pubblici in cui mangiare, distribuiti in
modo da servire le parti più popolate della città.
Le latrine pubbliche, allo stesso modo, mostrano un grado di apertura che è scioccante
per la moderna sensibilità. C’erano molti “sedili multipli”, in cui ognuno poteva fare i propri
bisogni in piena vista degli altri e non c’era differenziazione tra uomini e donne.
In questo contesto la popolarità dei bagni diventa più comprensibile: fare il bagno non
era solo un piacere, ma una primaria necessità. Senza bagni nelle loro residenze la
maggioranza poteva beneficiare solo degli impianti pubblici (a meno che non utilizzasse il
mare o fiumi, dove era possibile).
I bagni pubblici quindi avevano una funzione necessaria, grossomodo come i bar o le
taverne, e a causa della loro necessità si accrebbe anche la loro popolarità. Soprattutto nel
periodo che va approssimativamente dal 100 a.C. al 100 d.C. l’entusiasmo per questa attività
di balneazione e socializzazione arrivò al massimo ed è dunque su questo periodo che anche
la mia dissertazione si è concentrata.
Numerose fonti epigrammatiche, primi fra tutti gli scritti di Marziale, ci hanno fatto
conoscere la vita che vi si svolgeva e l’apprezzamento che le terme riscuotevano nella
mentalità corrente. Già nella tarda repubblica si osservarono diverse tendenze atte a creare
uno scenario favorevole per lo sviluppo del culto del bagno; in primo luogo ci fu un aumento
di ricchezza e ostentazione pubblica. Il primo secolo a.C. fu l’epoca di uomini facoltosi come
M. Licinio Crasso, L. Licinio Lucullo, C. Giulio Cesare e Pompeo Magno, la cui immensa
ricchezza superava di gran lunga quella di qualsiasi dei loro predecessori. Essi investirono le
loro ricchezze nelle costruzioni, con il conseguente proliferare di ricche ville e un progressivo
aumento del lusso attestato dal consumo di cibi esotici e vino, abitudini che erano state
marginali in età repubblicana, ma che divennero sempre più diffuse nel primo periodo
imperiale. Il gusto per la ricchezza tuttavia non era limitato alla sfera privata: spesso venivano
patrocinate manifestazioni pubbliche come giochi e spettacoli.
Pompeo sponsorizzò i più stravaganti combattimenti di gladiatori che Roma avesse
mai visto e fece costruire il primo teatro in pietra della città, circondato da giardini e da un
porticato decorato con famose statue greche e dipinti. Per non essere da meno, il suo rivale
Cesare organizzò il più grande piano di costruzione per la città. Già nel precedente secolo il
marmo era stato introdotto a Roma come materiale per le strutture pubbliche, ma nel primo
secolo a.C. il suo uso si diffuse.
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Cicerone scrisse (Orazione per Murena, 76): odit populus Romanus privatam
luxuriam, publica magnificentiam diligit (“Il popolo romano odia il lusso privato ma si
delizia della magnificenza pubblica”). La crescente ostentazione del lusso sia nella sfera
privata che in quella pubblica che caratterizzò il primo secolo a.C. costituì il contesto ideale
per il diffondersi della cultura della balneazione; gli stabilimenti balneari si caratterizzarono
sempre di più come luoghi di socializzazione e di piacere oltre che come strumento di
popolarità e di autocelebrazione per gli imperatori e gli esponenti delle classi più elevate che
attraverso opere di costruzione, restauro o altri atti di evergetismo conquistavano il favore
popolare.
L’atmosfera prevalentemente materialista di questo periodo probabilmente incoraggiò
il gusto per il lusso e il piacere e di conseguenza si incrementò anche l’abitudine a frequentare
i bagni pubblici. Per questo alcuni stabilimenti sembra siano stati costruiti a fini di
investimento da persone di ceto più basso le quali potrebbero essere state stimolate ad imitare
il comportamento dell’ élite costruendo stabilimenti termali che offrivano un ritorno
economico.
Un ulteriore e più diretto fattore che ha contribuito alla popolarità dei bagni è stato
l’aumento della popolazione della città: un maggior numero di persone comportava una
maggiore domanda di servizi pubblici (compresi i bagni) e quindi una maggiore possibilità di
profitto nella loro fornitura.
Questa crescita dell’attrattività dei bagni non presuppone che tutti i bagni siano stati
di lusso (nel periodo repubblicano in particolare i bagni sembrano essere stati piuttosto
funzionali) ma stare a casa era meno preferibile che andare nel Balnea locale.
L’eterogeneità della vita urbana giocò un ruolo importante insieme all’abitudine di
fare tutto in comunità e quindi questi fattori rinforzarono un aspetto che in principio era
semplicemente una scelta pratica.
Molti dei nuovi arrivati in città provenivano dal mediterraneo orientale, dove, sotto
l’influenza greca il bagno è stato a lungo un’importante istituzione.
Un caso a parte rappresentano le terme di acque curative il cui successo derivava dalla
stretta correlazione tra pratiche termali e salute e alla convinzione propria dei romani che il
benessere fisico e psichico di una persona dovessero essere strettamente correlati tra loro
(Mens sana in corpore sano).
Un ultimo fattore che avrebbe beneficiato alla diffusione dei bagni è stato il
miglioramento della tecnologia delle costruzioni. In particolare il cemento (opus
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caementicium) è stato utilizzato per creare strutture sempre più grandi e più complesse. Il
miglioramento delle tecniche di volteggio ha aiutato ad accrescere la fiducia verso il
calcestruzzo, ha permesso spazi interni più ampi, con coperture senza supporti interni.
I bagni piccoli e grandi coesistono per tutta la durata dell’impero romano e la
differenza primaria tra i balnea e le terme sembra consistere nella proprietà e nelle
dimensioni: i balnea sono piccoli stabilimenti, posseduti da privati ed adatti per stare in un
contesto cittadino, spesso dividendo le mura con altri edifici, le terme sono, quasi senza
eccezione, possedute dallo stato o dalla città; esse occupano vaste aree, spesso numerosi
edifici, e spesso a Roma, stanno da sole in mezzo ad un parco. Sebbene non ci siano regole
rigide su quando un bagno deve essere chiamato balneum e quando terme, è significativo che
il catalogo regionale del IV secolo indichi la distinzione nominando una per una le 11 terme
di Roma e dando solo il numero complessivo per i balnea. Un’iscrizione dei primi anni del III
secolo, ritrovata nel centro Italia, illustra la distinzione nei termini più chiari: sotto l’impero la
comunità prospera ed è capace di costruire terme per rimpiazzare i balnea che sono vecchi e
fuori uso. Molte comunità, sotto le condizioni favorevoli dell’impero, aspirano a trasformare i
loro piccoli e fatiscenti bagni in piacevoli terme. A giudicare dalle antiche fonti letterarie ed
epigrammatiche, comunque, sembra che la differenza tra bagni e terme abbia suscitato una
certa confusione ed intercambiabilità anche a quei tempi. C’è anche una certa confusione su
quando i bagni siano pubblici e quando privati; tale confusione esiste perché non è
sufficientemente chiara la differenza tra il significato sociale e quello legale di questi termini.
Dal punto di vista degli utenti molti bagni, sia balnea che terme, sono pubblici perché essi
sono aperti a tutti e il loro uso non è riservato ad un gruppo speciale o ad una classe, quindi in
questa breve trattazione il termine ‘bagni pubblici’ sarà usato tenendo conto del significato
sociale e non della proprietà così come i termini ‘bagni’ e ‘ terme’ saranno intercambiabili.
Ho anche cercato di esaminare una certa ambiguità morale insita nella pratica termale;
i bagni comprendevano atti elaborati di autocongratulazione tramite i quali i romani da una
parte si ricompensavano per il loro successo e dall’altra creavano un nuovo tipo di mondo
politico, il prodotto di un’unione imperfetta tra cultura popolare ed elitismo tradizionale; essi
sono luoghi di doppia mediazione: tra padroni e servi e tra il vecchio e il nuovo.
In questo studio mi sono soffermata sulle implicazioni sociali che il fenomeno della
balneazione ha avuto nella società romana, infatti l’accettazione dei grandi bagni imperiali
provocò un profondo mutamento nella mentalità dell’epoca e suscitò non poche discussioni
sulle implicazioni morali e sociali. Le generazioni ipercritiche verso i crescenti confort
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materiali e verso i bagni in generale appartengono ai primi decenni dell’impero e in
particolare mi sono fatta guidare da Seneca e dalla sua famosissima LXXXVI lettera a Lucilio
che compendia mirabilmente tutte le obbiezioni che erano proprie specialmente degli
intellettuali.
Un caso a parte rappresentano le terme di acque curative il cui successo derivava dalla
stretta correlazione tra pratiche termali e salute e alla convinzione propria dei romani che il
benessere fisico e psichico di una persona dovessero essere strettamente correlati tra loro
(Mens sana in corpore sano)
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CAPITOLO I
I CENTRI TERMALI
1. Le origini: dalla Grecia a Roma
Le origini delle terme, che tanta importanza hanno avuto nella vita dei Romani, sono
sicuramente da far risalire alla civiltà greca. Già nei testi omerici, che riflettono almeno in
parte le caratteristiche della società micenea, si parlava del bagno freddo nei fiumi o nel mare
come di un’usanza abituale.
Documentate da Omero
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sono sia le abluzioni parziali (le mani prima dei pasti e i
piedi) sia il bagno completo che era offerto di consuetudine agli ospiti come mezzo, oltre che
di pulizia, anche di ristoro; veniva praticato in una stanza apposita e quando l’ospite era
entrato nella vasca, l’acqua gli veniva versata a doccia sulla testa e sulle spalle da donne, in
genere schiave, ma anche dalle figlie del padrone di casa o dalla padrona stessa
2
.
In epoca arcaica i bagni nei ginnasi hanno avuto un ruolo importante nelle città del
mondo greco, come naturale conseguenza della diffusione dell’atletismo e per il gusto
derivante dal bagno di pulizia dopo gli esercizi fisici. Questi bagni all’inizio si
caratterizzavano per la loro estrema semplicità, almeno fino al V secolo a.C., quando
iniziarono ad essere presenti delle stanze apposite e delle vasche più comode e si cominciò a
praticare anche il bagno di vapore per depurare in profondità la pelle attraverso un’intensa
sudorazione. Platone ci informa che i bagni nei ginnasi sono bagni freddi, eccetto quelli
riservati ai vecchi, ai malati e ai contadini stanchi per le fatiche dei campi:
Dovunque, in simili luoghi, è opportuno che i giovani costruiscano ginnasi per sé
e per gli anziani, fornendoli di bagni caldi per i vecchi, e li provvedano
largamente di legna da ardere ben secca; ciò servirà anche agli ammalati e a
coloro che sono prostrati nei corpi, stanchi dalle fatiche del lavoro dei campi; essi
1
Omero, Odissea, VI, 96: “Fatto il bagno e untesi copiosamente con l’olio, esse presero il pasto sulla sponda del
fiume”, in riferimento a Nausicaa e alle sue ancelle.
2
Omero, Odissea, IV, 252.
7
accoglieranno bene questo servizio, e accogliere questo è molto superiore alle
cure di un medico non del tutto abile
3
.
In epoca ellenistica abbiamo testimonianze archeologiche di bagni pubblici che di
norma appartenevano a ricchi privati i quali ne cedevano la gestione e l’amministrazione
4
. In
base a testimonianze letterarie si può dedurre che in questo periodo gli stabilimenti si
diffusero nelle grandi città, avevano una clientela estremamente varia e diventarono dei veri e
propri centri sociali, luoghi di conversazione e piacere per tutte le classi sociali
5
. Ciò che in
generale distingueva i bagni pubblici da quelli dei ginnasi era la presenza di sistemi di
riscaldamento; nella tarda età ellenistica era frequente nei complessi termali greci un impianto
di riscaldamento sotterraneo (ipocausto)
6
.
Di derivazione ellenica, dunque, l’uso del bagno venne progressivamente assorbito
dalla tradizione romana, anche se in un’ottica assolutamente originale.
A Roma, anticamente nelle abitazioni private veniva allestito soltanto un angolo per le
abluzioni, la la(va)trina, un locale angusto, disposto accanto alla cucina che serviva per i
lavaggi personali. La trasformazione di questo squallido ambiente in un balneum con vani
appropriati e una superficie considerevole (all’inizio il 2% sull’area totale della casa, che poi
arriva fino al 10% per dimore che coprono anche una superficie di 2.000 mq) avvenne in un
periodo abbastanza avanzato dell’età repubblicana. Il bagno caldo per immersione, che nella
cultura greca era diffuso già nel III secolo a.C., cominciò ad essere praticato nell’Italia
centrale alla fine del II secolo a.C. e si affermò con l’arrivo degli impianti a ipocausto
7
.
Con il I sec. a.C., nei distretti più lussuosi del centro e del suburbio, cominciarono a
comparire in grande stile gli impianti termali; da questo periodo in poi le persone di un certo
livello non poterono più fare a meno di terme private per poter disporre, tutto per sé, di uno
dei grandi piaceri della vita e poter andare incontro, oltre che ad esigenze salutari ed
igieniche, a nuovi gusti e raffinatezze ed anche ad una migliore considerazione di sé.
Questi complessi termali venivano ricoperti di marmi preziosi, dotati di raffinati
mosaici in pasta di vetro, forniti di bacili d’argento.
Le soluzioni utilizzate per la distribuzione dei bagni negli spazi domestici erano
essenzialmente due: o erano sistemati vicino alla cucina, oppure accanto ai saloni per le feste
e i banchetti. Nel primo caso si trattava di impianti modesti, tendenti a risparmiare l’acqua e il
3
Platone, Leggi, VI, 761 c-d.
4
PASQUINUCCI 1993, p. 11.
5
Teofrasto, Caratteri, IV, 16.
6
GINOUVES 1962, p. 205.
7
DE LAINE 1989, pp. 111-125.
8
fuoco che servivano anche la cucina, formati da uno spogliatoio e da un caldario. Nel secondo
caso si avevano più locali che comunicavano con il giardino porticato dove, ad imitazione dei
ginnasi greci, si potevano svolgere attività culturali, fare passeggiate o prendere bagni di
sole
8
.
Molto poco si sa sugli impianti pubblici a Roma nel II sec. a.C. o prima. Da
testimonianze letterarie (ad esempio Plauto
9
fa diversi riferimenti a terme pubbliche e in tre
occasioni nomina i balneatores, personale addetto alla conduzione degli impianti termali)
pare abbastanza sicuro che nel II secolo a.C. le terme pubbliche facessero parte del panorama
cittadino e delle abitudini degli abitanti. Tutti quelli che non potevano permettersi un bagno
privato, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, pagando pochi assi potevano
usufruire degli impianti pubblici. Nella tarda repubblica l’afflusso agli impianti collettivi era
abbastanza intenso e diversi fiutarono i vantaggi economici che si potevano trarre dalla
riscossione degli ingressi o dall’affitto degli stabilimenti. Gli investimenti immobiliari urbani
cominciarono a comprendere quindi gli edifici termali
10
.
L’abitudine di recarsi ai bagni fu sempre più popolare e le terme diventarono sinonimo
stesso della piacevolezza della vita cittadina. Tale pratica doveva essere facilitata dalle
elargizioni verso il popolo fatte dai magistrati o dai cittadini più facoltosi
11
.
8
PAPI 1999 p. 702-703.
9
Plauto, Truculento, 322-330: DIN. Piscis ego credo, qui usque dum vivont lavant, / minus diu lavare quam haec
lavat Phronesium. / si proinde amentur, mulieres diu quam lavant, / omnes amantes balneatores sient. / AST.
Non quis parumper durare opperirier? / DIN. Quin hercle lassus iam sum durando miser: / mihi quoque prae
lassitudine opus est <ut> lavem./ sed obsecro hercle, Astaphium, <i> intro ac nuntia / me adesse, ut properet
suade, iam ut satis laverit. (“DINIARCO. Io credo che manco i pesci, che finché campano si fanno il bagno, se
lo facciano così lungo come se lo fa Fronesio. Se per fare all’amore le donne ci impiegassero lo stesso tempo che
ci mettono per farsi il bagno, tutti gli amanti dovrebbero trasformarsi in bagnini. ASTAFIO. Ma non sei capace
di resistere ad aspettare un momentino? DINIARCO. All’anima se non mi sono sfinito a resistere, povero me!
Ormai sono così stanco che mi ci vorrebbe proprio un bagno, pure a me. Ma ti supplico, per carità, Astafio, va’
dentro e annunciale che ci sono io; vedi di farle capire che è ora che si sbrighi dato che di bagno se ne è fatto
proprio abbastanza”). Cf. anche Asinaria, 357: «e in balineas iturust, inde hue veniet postea» (“Sta per andare
nei bagni, quindi qui verrà in seguito”); Mere. 125: «Numquam edepol omnes balineae mihi hanc lassitudinem
eximent» (“Giammai tutti i bagni mi toglieranno questa stanchezza); Persa, 90: «Lautum credo e balineis iam ad
futurum» (“Credo che ormai mi asterrò dai bagni); Poen., 976: «Numnam in balineis circumductustpallio?»
(“Forse nei bagni è avvolto in un manto?); Rud., 383: «Sein tu? Etiam qui it lavatum in balineas, cum ibi
sedulosua vestimenta servai-» (“Anche lui va a lavarsi nei bagni, ho conservato accuratamente i suoi vestiti”),
Trin., 406: «Comessum, expotum, exu<notum, elotum in balineis» (“Nelle terme si mangia, si beve, ci si veste, ci
si lava”).
10
PAPI 1999, p. 721.
11
Per alcuni esempi di queste pretiche evergetiche si rimanda al cap. II di queste dissertazione.