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INTRODUZIONE
Questa tesi nasce dall’interesse ad approfondire la tematica
dell’agorafobia e allo stesso tempo dall’esigenza di andare al di là di un
lavoro meramente compilativo, considerato che su questo disturbo è già
stato scritto moltissimo.
Sulla base di queste due finalità, il mio lavoro si è concentrato su un
ambito che negli ultimi anni si sta progressivamente diffondendo: quello
dei forum on-line dedicati a specifiche problematiche. Più precisamente,
mi sono focalizzata sulle Teorie psicologiche ingenue relative
all’agorafobia, quali emergono dalle discussioni spontanee tra persone
con questo disturbo nei forum on-line.
L’Agorafobia è un disturbo i cui criteri diagnostici, secondo il DSM-IV,
sono:
- Ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe
difficile (o imbarazzante) allontanarsi o nei quali potrebbe non
essere disponibile aiuto nel caso di un Attacco di Panico
inaspettato o sensibile alla situazione o di sintomi tipo panico. I
timori agorafobici riguardano tipicamente situazioni caratteristiche
che includono essere fuori casa da soli; essere in mezzo alla folla
o in coda; essere su un ponte e il viaggiare in autobus, treno o
automobile.
- Le situazioni vengono evitate (per es., gli spostamenti vengono
ridotti) oppure sopportate con molto disagio o con l’ansia di avere
un Attacco di Panico o sintomi tipo panico, o viene richiesta la
presenza di un compagno.
- L’ansia o l’evitamento fobico non sono meglio giustificabili da un
disturbo mentale di altro tipo, come Fobia Sociale, Fobia Specifica,
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Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo Post-traumatico da
Stress o Disturbo d’Ansia di Separazione.
La cornice teorica di partenza della mia tesi è stata il Modello relativo
alle teorie psicologiche ingenue sulla sofferenza psichica proposto da R.
Lorenzini e S. Sassaroli, che hanno individuato le principali dimensioni
delle teorie ingenue del paziente da indagare all’inizio di un percorso
terapeutico (soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale).
Sulla base di questo quadro teorico di partenza, gli obiettivi del mio
lavoro sono stati due:
- esaminare fino a che punto le dimensioni, e quindi la struttura,
del modello di partenza trovassero riscontro nel materiale
qualitativo rilevabile nei forum on-line
- nell’eventualità in cui i dati qualitativi rilevabili nei forum non
fossero completamente inscrivibili nel modello di partenza,
proporre un’adeguata integrazione di quest’ultimo con ulteriori
categorie concettuali, giungendo così alla proposta di un modello
“integrato”, in parte nuovo, per l’esame delle teorie psicologiche
ingenue sull’agorafobia
Questi obiettivi specifici costituiscono il mezzo attraverso il quale ho
cercato di soddisfare gli scopi più generali e più ampi di questo lavoro,
che sono due:
- fornire uno spunto per eventuali analisi successive e per
l’eventuale costruzione di questionari e interviste standardizzati
- esaminare fino a che punto le discussioni spontanee (ossia non
guidate da moderatori/intervistatori) nei forum on-line possano
essere considerate come fonti di dati utili:
o sia per lo studio delle teorie psicologiche ingenue sui
disturbi psicologici
3
o sia per la generazione di ipotesi da testare in veri e propri
studi sperimentali su specifici disturbi psicologici
Non si tratta quindi né di un lavoro meramente compilativo né di uno
studio prettamente sperimentale, ma di un’indagine di tipo osservativo-
esplorativo, con lo scopo di fornire una base di partenza per ulteriori
analisi.
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CAP. 1
IL MODELLO DELLA MENTE DI R. LORENZINI E
S. SASSAROLI
R. Lorenzini e S. Sassaroli hanno proposto un modello della mente allo
scopo di fornire premesse esplicite e razionali, fondate su semplici ma
salde basi teoriche, che giustifichino le loro strategie di intervento
terapeutico cognitivo-comportamentale.
1
Il loro modello si basa, oltre che sulla pratica clinica, sulla Teoria dei
costrutti personali di G. Kelly,
2
sul Modello cibernetico del finalismo
comportamentale di B. Wiener e A. Rosenblueth,
3
rielaborato in Italia da
D. Parisi e C. Castelfranchi
4
nel loro modello della “scopistica” e
applicato da M. Miceli e C. Castelfranchi
5
a diversi aspetti psicologici.
Il modello parte dall’assunto che il sistema cognitivo funziona in base al
principio della massimizzazione della capacità predittiva. Per poter
massimizzare la propria capacità predittiva, ogni individuo produce
azioni e rappresentazioni. Le rappresentazioni appartengono a due
grandi categorie:
- SCOPI: suddivisibili in scopi strumentali e scopi terminali. Questi
ultimi consistono in costruzioni del Sé che forniscono una
1
LORENZINI, 2000.
2
KELLY, 1955.
3
Rosenblueth A., Wiener N., Bigelow J., “Behaviour, purpouse and teleology”, in
Buckley W. (a cura di), Modern System Research for the Behavioural Scientist,
Chicago, 1968 (cit. da Lorenzini, 2000, p. 12).
4
Parisi D., Castelfranchi C., “Appunti di scopistica”, in Conte R., Miceli M. (a cura di),
Esplorare la vita quotidiana, Roma, 1984 (cit. da Lorenzini, 2000, p. 12).
5
Miceli M., Castelfranchi C., “A cognitive approach to values”, Journal for the Theory
of Social Behaviour” 19 (1989), pp. 169 – 193; Miceli M., Castelfranchi C., Le difese
della mente, Roma, 1995; Miceli M., Castelfranchi C., La cognizione del valore, Milano,
1992 (cit. da Lorenzini, 2000, p. 12).
5
maggiore capacità predittiva e quindi un maggior controllo delle
situazioni. Gli scopi sono alla base della valutazione degli eventi e
delle emozioni che conseguono a tali valutazioni. Le emozioni che
un individuo prova di fronte a una situazione, evento ecc.
dipendono dagli scopi che egli si prefigge e quindi dal grado in cui
il fallimento o la realizzazione di una previsione contribuisce
all’avvicinamento o al raggiungimento di uno scopo dell’individuo.
La scelta di quale scopo perseguire in un determinato momento
dipende da due variabili: il confronto tra situazione percepita e
situazione desiderata e la valutazione della probabilità di
raggiungere quel determinato scopo.
- CREDENZE: sono sistemi di “pregiudizi” che si formano attraverso
l’esperienza individuale e che generano previsioni. Le credenze
che esprimono valutazioni positive o negative su un certo stato
assumono una funzione motivante, orientando e influenzando il
comportamento.
La mente ha quindi il compito di regolare il comportamento per
raggiungere degli scopi. Il comportamento è regolato finalisticamente e
ogni azione è tesa a produrre una modificazione della situazione attuale
in un’altra considerata preferibile.
Nella psicopatologia risultano inceppati due meccanismi fondamentali,
che in condizioni normali permettono all’individuo di assumere
comportamenti flessibili e adattivi:
- il meccanismo che consente di effettuare un bilancio tra bisogno
percepito e perseguibilità dello scopo, e quindi di scegliere, tra
vari scopi, quello da perseguire in un dato momento
- il meccanismo di aggiornamento e modifica delle credenze sulla
base delle invalidazioni ricevute
La psicoterapia modifica il sistema degli scopi dell’individuo, perché
lavora sulle credenze che li sostengono.
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L’invalidazione di una credenza avviene normalmente attraverso
esperienze reali e concrete. Ogni credenza ha, tuttavia, una potenziale
resistenza al cambiamento, derivante dall’interazione tra due variabili:
la centralità della credenza nel sistema cognitivo dell’individuo e il grado
di certezza con cui l’individuo sostiene quella determinata credenza.
I principali motivi per cui nella patologia il normale processo di modifica
delle credenze in seguito a un’invalidazione è inceppato sono tre:
- POVERTÀ DEL SISTEMA: sistemi cognitivi che funzionano con
poche credenze, poco sofisticate e molto generalizzate presentano
difficoltà a generare nuove credenze o ad apprenderle dall’esterno
- AUTOMATISMI: consistono in comportamenti che, inizialmente
appresi per un determinato scopo e quindi adattivi, continuano ad
essere messi in atto in modo ripetitivo pur avendo ormai perso il
loro scopo originario
- INERZIA AL CAMBIAMENTO DELLE CREDENZE CENTRALI PER
ASSENZA DI ALTERNATIVE COSTRUITE: In questo caso, una
credenza centrale del sistema cognitivo impedisce che uno scopo
sia raggiunto, ma anche che sia abbandonato, “intrappolando”
l’individuo, che rimane come “immobilizzato”.
La psicopatologia viene quindi concepita, nell’ambito di questo modello,
come blocco del cambiamento, dovuto all’inceppamento dei due
meccanismi di scelta degli scopi e di aggiornamento e modifica delle
credenze.
Come già detto, secondo questo modello il sistema cognitivo funziona in
base al principio della massimizzazione della capacità predittiva. Questo
spiega per quale motivo esso faccia spesso fatica ad accettare
l’invalidazione di una credenza attraverso esperienze reali.
L’invalidazione di una credenza, infatti, comporta una drastica riduzione
del grado di certezza di una determinata credenza, e quindi della sua
capacità predittiva. Di fronte a un’invalidazione, il sistema cognitivo può
dunque reagire principalmente in due modi:
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- accettare la temporanea riduzione della capacità predittiva e
sostituire o modificare la credenza in vista di una capacità
predittiva maggiore
- cercare di annullare o ridurre l’effetto dell’invalidazione, per
mantenere la capacità predittiva che rimane, invece di cercare di
aumentarla, rischiando però di ridurla ulteriormente precipitando
in un caos previsionale
Secondo Lorenzini e Sassaroli, la maggiore o minore disponibilità del
sistema ad accettare le invalidazioni dipende dallo “stile di conoscenza”
individuale. Lo stile di conoscenza che aumenta più degli altri le
probabilità di incontrare invalidazioni e di modificare le credenze è lo
“STILE DI ESPLORAZIONE” di Sé e dell’ambiente. Altri tre stili di
conoscenza, invece, predispongono alla patologia:
- STILE “ELUSIONE”: consiste in una restrizione del campo
d’attenzione in modo da escludere l’invalidazione. Può avvenire
attraverso tre diversi meccanismi: scotomizzazione (distogliere
l’attenzione dall’evento che invalida la credenza), rimozione
(conoscenze e credenze acquisite nel passato vengono riposte in
una memoria di difficile accesso, in modo da non poter essere
oggetto né di attenzione né di consapevolezza), evitamento
(vengono evitati luoghi e situazioni in cui l’invalidazione si è
precedentemente verificata o in cui ha più possibilità di verificarsi
in futuro).
- STILE “IMMUNIZZAZIONE”: attraverso processi inferenziali,
vengono modificati i nessi tra la credenza invalidata e le credenze
ad essa connesse, in modo da “isolare” l’invalidazione e limitarne
gli effetti.
- STILE “OSTILITÀ”: ha lo scopo di ridurre il grado di certezza
dell’invalidazione e quindi il suo impatto sulle credenze bersaglio.
Questo processo viene effettuato intervenendo sulla fonte
dell’invalidazione, che è di solito una fonte sociale, attraverso due
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meccanismi: manipolandola con la minaccia o la seduzione, per
ottenere una smentita dell’invalidazione stessa; diminuendo la sua
credibilità, ad esempio attribuendole intenzionalità negativa o
incompetenza.
Riprendendo a questo punto la Teoria dell’attaccamento di J. Bowlby e
la successiva rielaborazione di M. Ainsworth, i due autori sostengono
che lo stile di conoscenza di un individuo è direttamente correlato con la
storia d’attaccamento vissuta e quindi con il relativo stile
d’attaccamento acquisito:
- attaccamento sicuro > stile esplorazione
- attaccamento insicuro-evitante > stile immunizzazione
- attaccamento insicuro-resistente/ambivalente > stile elusione
- attaccamento disorientato/disorganizzato > stile ostilità
La psicopatologia può essere quindi definita da tre criteri fondamentali:
- presenza di un comportamento coatto, ripetuto nel tempo e senza
alternative
- sofferenza del sistema stesso che produce il sintomo; il sintomo
viene vissuto dalla persona come egodistonico, contrario alla sua
volontà, incongruente con il suo modo di essere e assolutamente
diverso dal suo ideale
- il comportamento è disfunzionale all’adattamento, e soprattutto
alla sopravvivenza individuale e all’adattamento sociale, con
conseguente perdita, alla lunga, del patrimonio genetico del
soggetto
La “molla” che spinge il soggetto a cercare un aiuto terapeutico è
costituita in genere dal cosiddetto “problema secondario”, ossia
dall’ulteriore problema che l’individuo si crea per il fatto stesso di avere
il “problema primario” (ossia il sintomo). Il “problema secondario” nasce
proprio per il fatto che il sintomo viene vissuto come egodistonico,
estraneo, fastidioso, non voluto, non parte del Sé e di cui liberarsi.
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La crescita della conoscenza deriva dunque dalla capacità del sistema
cognitivo (e quindi della persona) di tollerare un certo grado di
incertezza, dovuto all’invalidazione di una credenza sulla base di
esperienze reali e concrete che la smentiscono.
Nella patologia, il sistema cognitivo non tollera quest’incertezza e mette
in atto, invece, un tentativo di controllo assoluto su alcuni aspetti del Sé
(nelle fobie, nelle ossessioni-compulsioni, nei disturbi del
comportamento alimentare), degli altri (nei disturbi di personalità
narcisistico, borderline, antisociale, istrionico) e dell’ambiente (nei
disturbi psicotici).
L’essenza della patologia è quindi il blocco del processo di cambiamento
e l’essenza della terapia è la rimozione degli ostacoli che impediscono il
cambiamento. Ciò avviene attraverso l’identificazione delle credenze
disfunzionali e la loro rimozione o modificazione mediante la creazione
di credenze alternative. Questo processo aumenta i gradi di libertà del
sistema cognitivo.