2
ho volutamente trascurato un certo filone
dell’antipsichiatria degli anni Sessanta-Settanta che negava
l’esistenza della malattia mentale, anche se con motivazioni
provocatorie. Invece, nella vastità dell’argomento trattato, ho
potuto approfondire lo studio di alcuni autori quali Ludwig
Binswanger, Michel Foucault e Franco Basaglia, tralasciando
lo studio di altri autori altrettanto significativi come
Sigmund Freud, Jacques Lacan, Karl Jaspers, Eugene
Minkowski, Georges Canguilhem. Sia ben chiaro che la
presente tesi, nonostante il suo titolo, non è che un rapido
sguardo rispetto all’enormità del tema in questione, rispetto
ai miei studi e letture sulla follia. Va da sé che questo scritto
è un buon pretesto; ero curioso di apprendere teorie e
pratiche istituzionali per capire una realtà che si comprende
principalmente vivendola; ero interiormente attratto da un
interrogativo costante : cosa spinge un operatore della follia
a diventare tale ? E così ho incontrato una lunga serie di
interrogativi ai quali non ho mai voluto fornire introduzioni,
a parte la presente, e quanto meno conclusioni. Uno in
particolare ha un risvolto politico e sociale : Franco Basaglia
scriveva nel 1967 il suo libro Che cos’è la psichiatria ? Oggi,
dopo quasi 40 anni, ci si chiede che cosa non è la psichiatria
? Quali sono i suoi limiti ? Quali sono i suoi ambiti di
competenza ? Cosa non può spiegare ? Perché, una volta
chiarita la distinzione freudiana tra psicosi e nevrosi, la
psicoanalisi ha avuto molta importanza nella letteratura,
3
nell’arte, nella storia del pensiero dell’uomo, ma non è mai
entrata in manicomio ?
Di fronte al coacervo dei linguaggi impliciti nel “problema”
della follia, come ad esempio il linguaggio filosofico,
giuridico, psicoanalitico, istituzionale e politico, ho ritenuto
di cruciale importanza soffermarmi sul caso Pierre Rivière,
individuato da Michel Foucault, e sul caso Roberto, scelto da
me sulla scia dell’effetto Foucault. Sono, poi, nel tempo,
ritornato inevitabilmente a Castiglione delle Stiviere per
cercare altre risposte, eventuali riscontri e incongruenze
dell’apparato teorico degli autori precedentemente citati,
nella realtà istituzionale dell’OPG.
Infine, ho intervistato alcuni operatori dell’OPG, sempre
disponibili e collaboranti. Né le domande né le riposte sono
state concordate, tutte le interviste sono state condotte senza
un registratore, ma trascrivendo direttamente le risposte, a
volte interrotte e intercalate da mie insistenti domande, con
la finalità di far parlare un linguaggio prezioso concernente
la realtà e verità della follia.
4
I – Dignità e pratica della follia
Dignità filosofica della follia
“Psichiatri francesi, d’ispirazione
più o meno marxista, hanno
cercato di dirlo della Storia della
follia, con un successo dubbio
d’altronde. Hanno cercato di dire
che era una favola”.
Michel Foucault
E’ possibile dare una definizione della follia ? E’ possibile
attribuire un significato chiaro ed un posto al termine follia
?
Leggendo gli scritti di coloro, in prevalenza psichiatri, che
hanno avuto esperienze dirette con i malati di mente, la
follia indica, tra le molte descrizioni che le si possono
attribuire, un’anomalia, una diversità, una deviazione al
modo ed allo statuto dell’attività principale dell’organo che
governa l’individuo : il cervello.
La diversità del malato di mente scaturisce da un suo
anormale apparato percettivo dell’ambiente, causato da un
mal funzionamento delle percezioni, che impediscono al
soggetto malato di distinguere il mondo immaginato da
quello reale.
5
Questa disfunzione dell’attività cerebrale rende il soggetto,
che soffre di tale anomalia, diverso nel collocare se stesso
all’interno del suo contesto e nella rete di relazioni che lo
interessano; una questione essenzialmente comprensibile in
relazione al rapporto tra l’individuo ed il mondo.
A partire dalla facoltà del cervello (qui sta il concetto
comunemente inteso ed accettato della follia) che permette la
comprensione e la conoscenza di tutto ciò che è esterno a
noi, è possibile costruire un modo di vivere fatto di forti
riconoscimenti di codici. Una condivisione tra esseri umani
abili a riconoscere gli stessi codici di vita, di comportamento
e di convivenza.
Il sapere medico studia l’intera struttura deviata dai sensi e
dei sensi e la specializzazione di questo sapere ha assunto il
nome di psichiatria. Una disciplina che studia le attività
cerebrali dell’individuo, una medicina finalizzata alla cura
ma non ancora purtroppo alla totale guarigione delle forme
più gravi. Un sapere specializzato che si preoccupa di
analizzare e curare le carenze, le distorsioni delle facoltà
sensoriali.
Il soggetto tradizionale della psichiatria, l’unità di studio, è
il malato di mente, che come avviene in tutte le altre
specializzazioni del campo medico assume la parte del
paziente, oggetto del suindicato sapere psichiatrico. Quindi il
malato di mente, utente di un servizio, assume un ruolo
identico ad un malato di cuore o ad un malato di fegato ; con
6
un’ulteriore semplice differenza, però, che gli organi vitali
quali il cuore ed il fegato non dirigono le azioni del corpo,
prerogativa del cervello, e non hanno alcuna partecipazione
nel riconoscimento dei codici. Ne consegue che gli studiosi
specializzati nello studio della psiche siano interpellati ed
ascoltati attentamente per fenomeni che non concernono
solo la deficienza mentale e i problemi sociali che essa causa,
ma anche gli aspetti legati alle azioni ed al comportamento
dell’individuo nel contesto sociale, nel mondo.
Gli ultimi sviluppi della scienza psichiatrica mostrano
sempre più una condotta univoca degli psichiatri nella
descrizione e studio del comportamento dell’individuo nelle
società attuali. E’ piuttosto frequente, inoltre, notare la
richiesta continua ai nuovi protagonisti dello scenario
culturale ed anche politico, gli psichiatri, di giudizi e di
valutazioni di fenomeni sociali emergenti e riguardanti le
società, quali l’insofferenza adolescenziale, le droghe, la
violenza, le reti telematiche, i rapporti affettivi tra uomo e
donna, le sessualità ed i rapporti omo ed eterosessuali. La
lista è lunga e ricca.
“Quello dei sentimenti”, per fare un esempio relativo agli
ampi confini del sapere medico, “non è un campo di
pertinenza dei cardiologi, ma degli psichiatri: fino a prova
contraria, nel cuore non esistono strutture per l’affettività.
Eppure si rilevano ancora grosse resistenze ad ammetterlo;
c’è tutto un vocabolario che ha a che fare con il cuore: sono
7
di uso comune verbalizzazioni del tipo “hai un cuore duro”
(cioè insensibile), “mi si spezza il cuore”, a indicare il
massimo grado della sofferenza”
1
.
A tal proposito è significativo menzionare l’intendimento di
Vittorino Andreoli, uno dei più importanti e noti psichiatri
italiani, come membro nel 1999 della Commissione di studi,
promossa dallo Stato Maggiore dell’esercito italiano, relativi
al problema del nonnismo
2
. E’ giustificata questa estensione
delle competenze mediche alla sfera decisionale politica su
un fenomeno sociale ? A prescindere dalla composizione
degli altri membri della Commissione di studi in questione,
rispetto alla problematica della violenza del nonnismo è
plausibilmente più indicato uno psichiatra ad un cardiologo;
ma quanto lo è maggiormente a confronto con un sociologo,
un filosofo, un politico ?
Le risposte non vanno cercate solo nella notorietà del
personaggio, ma nella considerazione che il sapere medico
ottiene nello spazio pubblico.
Ora, le precedenti generali definizioni della follia sono
elaborate da un sistema di pensiero razionale, sensato,
normale, orientato. Esso è fautore di un codice di
comprensione rivolto ad individui dotati del medesimo
apparato di pensiero, capace di configurare il concetto di
follia nelle persone.
1
V.ANDREOLI, Istruzioni per essere normali. Comprendere le follie quotidiane per dare armonia alla
propria vita, Rizzoli, Milano, 1999, pagine 67-68.
2
V. ANDREOLI, Cronaca dei sentimenti, Rizzoli, Milano, 2000, pagina 261
8
Possiamo dire che c’è funzionalità tra la struttura che
sostiene e l’elemento sostenuto. L’universo dell’individuo
malato nella psiche si comprende da un differente universo
sano che, con gli occhi del sapere medico, vede il folle in un
rapporto tra il soggetto ed il mondo. Insomma, è facile
intuire i lineamenti, ma non la sostanza, non l’essere, di un
mondo esterno al nostro modo di pensare orientato. Così
comprendiamo una molteplicità di diversità, oggigiorno, che
non ci appartengono, anche se non le conosciamo
interamente.
In questo stesso ambito, la follia occupa uno spazio unico,
esemplare, perché aggredisce l’insieme di elementi genetici
che generano il sistema di pensiero.
Credo che per abbandonare il mondo della follia, per
avvicinare un discorso sulla follia, sia necessaria l’equazione
tra mondo e sistema di pensiero. Il mondo è il sistema di
pensiero perché da esso viene creato. L’interrogativo
contingente è se un mondo malato possa avere autonomia
dal sistema di pensiero che lo ha generato e al quale è legato
da un cordone ombelicale. E’ possibile quindi studiare ed
argomentare il sistema di pensiero nello statuto medesimo,
nella sua possibilità di anomalia ? Ma, ancora più cruciale, ai
fini di questa tesi, è il seguente interrogativo : la follia ha
“dignità e diritto di cittadinanza filosofica”
3
?
3
J.DERRIDA, Cogito e storia della follia in “La scrittura e la differenza”, Einaudi, Torino,1999, pagina
40. Titolo originale « Cogito et histoire de la folie in L’écriture et la difference », Editions du Seuil, 1967
9
La follia ha avuto cittadinanza filosofica a partire da un
momento preciso, cronologicamente situato intorno agli inizi
degli anni Sessanta, in Francia. Michel Foucault pubblicò la
sua tesi di dottorato, discussa presso l’Università Sorbona di
Parigi, intitolata “Storia della follia”
4
. Un testo che fissò un
punto di partenza per la nascita e lo sviluppo di una lunga
diatriba nel contesto filosofico francese. Inoltre, va
sottolineato che, successivamente, l’autore si impegnò nella
stesura di altri scritti riguardanti la follia, pubblicò il
resoconto, intitolato “ Io, Pierre Rivière avendo sgozzato mia
madre, mia sorella e mio fratello…”, di un triplice omicidio
realmente accaduto nella Francia del secolo precedente.
Pubblicò una serie di lezioni, intitolate “Gli anormali”,
svoltesi al Collège de France, l’istituzione accademica più
prestigiosa dello Stato francese, dove insegnava “Storia dei
sistemi di pensiero”. E poi Malattia mentale e psicologia,
Nascita della clinica, e reso disponibile alle stampe solo
recentemente, nel 2003, Il potere psichiatrico.
Foucault introdusse un vero e proprio cavallo di Troia
nell’ambiente culturale francese con il libro Storia della
follia: analizzò il problema della follia da un punto di vista
dettagliatamente storico (come se, prima di allora, nel
pensiero filosofico la realtà storica empirica non avesse
considerazione), relativo alla storia dell’internamento dei
4
M. FOUCAULT, Storia della follia nell’età classica, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1999.
Titolo originale « Folie et déraison. Histoire de la folie à l’age classique », Plon, Paris, 1961.
10
matti, degli infelici e della follia, dall’avvento dell’età
classica.
Essenzialmente, Foucault elaborò il contenuto di Storia della
follia in modo doppiamente rivoluzionario : innanzitutto
trattò un argomento non comune per le usuali tematiche
filosofiche e, secondariamente, considerò la follia come un
insieme di fatti cronologicamente determinati, una storia
appunto, che, a partire dal diciassettesimo secolo, costituì il
grande fenomeno dell’internamento.
La palese intenzione dell’autore fu quella di spostare
l’oggetto dell’interesse filosofico dalle idee, in questo caso la
follia, alle pratiche, ricostruendo la storia di un reale,
dicendo la verità, “decifrando uno strato di realtà in modo
tale che emergano le linee di forza e le linee di fragilità ; i
punti di resistenza ed i punti d’attacco possibili, le vie
tracciate e le scorciatoie.
E’ una realtà di lotte possibili che cerco di far apparire….E’
questa polemizzazione del reale l’effetto di verità che voglio
produrre”
5
.
L’approccio filosofico di Michel Foucault consiste proprio
nell’attualizzare attraverso la storia tematiche per fornire ai
lettori, a lui contemporanei, una riflessione sul presente dei
fatti.
5
M.FOUCAULT, Poteri e strategie, l’assoggettamento dei corpi e l’elemento sfuggente, a cura di Pier
Dalla Vigna, Associazione Culturale Mimesis, Milano, 1994, pagine 39,40.
11
Alessandro Fontana definisce questo talento come una
capacità artistica di “diagonalizzare” l’attualità attraverso la
storia
6
. Un’operazione che rende difficile l’inserimento del
pensatore francese in una categoria particolare; è molto
facile incontrare una duplice figura del ruolo attribuito a
Foucault : filosofo e storico, anche se la sua formazione
scolastica giovanile fu di natura psicologica. Ottenne nel
giugno del 1952 il diploma di psicopatologia all’Institut de
Psychologie di Parigi, nell’ottobre dell’anno precedente
divenne assistente Supérieure di psicologia all’Ecole Normale
Supérieure
7
, dove nel corso degli anni le sue lezioni furono
frequentate da Paul Veyne, Jacques Derrida, Jean-Claude
Passeron, Gérard Genette e Maurice Pinguet.
Quanto alla natura filosofica nella formazione giovanile,
Foucault ebbe modo di dichiarare che : “Tutto il mio divenire
filosofico è stato determinato dalla lettura di Heidegger. Ma
riconosco che l’ha spuntata Nietzsche”
8
. Anche Salvatore
Natoli, docente di filosofia teoretica, sostiene che : “La
direzione di pensiero di Foucault, anche se è debitrice del
pensiero di Heidegger, è tutt’altro che heideggeriana”
9
.
6
M.FOUCAULT, Gli anormali. Corso al Collège de France (1974-1975), Feltrinelli, Milano, 2000,
pagina 9. Titolo originale « Les anormaux. Cours au Collège de France. 1974-1975 », Seuil/Gallimard,
1999.
7
M.FOUCAULT, Archivio Foucault. 1. 1961-1970. Follia, scrittura, discorso. Interventi, colloqui,
interviste. , a cura di Judith Revel, Feltrinelli, Milano, 1996, pagina 29. Titolo originale “Dits et écrits”,
Editions Gallimard, 1994
8
P. DI VITTORIO, Foucault e Basaglia, l’incontro tra genealogie e movimenti di base, Ombre Corte
Edizioni, Verona, 1999, pagina 39.
9
S.NATOLI, La verità in gioco, Scritti su Foucault, Feltrinelli, Milano, 2005, pagina 69.
12
“Per Foucault il processo del controllo disciplinare si basa
sul bisogno profondo di mettere in moto il potere. E qui
diventa evidente il suo debito nei confronti di Nietzsche.
Come Nietzsche, Foucault è convinto che il bisogno di
imporre una struttura al nostro comportamento derivi da
una volontà di potenza che esiste a prescindere dai significati
che adoperiamo per giustificare o spiegare quell’imposizione.
In questo processo viene negata ogni corrispondenza diretta
tra il conoscere e il fare. Sia Foucault sia Nietzsche mettono
tra parentesi i significati attribuiti all’attività umana per
porre invece in risalto le connessioni tra le varie tecniche
impiegate per dar loro realtà. Foucault segue Nietzsche
anche nel ricostruire queste connessioni con metodo
genealogico anziché storico. Come Foucault spiega in un
saggio su Nietzsche, lo storico delle idee cerca di dar conto di
un punto di vista teorico indagandone le fonti
intellettuali…Foucault è, si potrebbe dire, un demolitore di
sistemi intellettuali coerenti : ma il suo metodo non è
l’attacco diretto che contrappone argomento ad argomento,
bensì quello di una decostruzione della loro linea
genealogica, portata avanti con tale rigore e tale profondità
che ogni loro pretesa di nobiltà viene definitivamente
smascherata come fraudolenta”
10
.
10
M.FOUCAULT, Michel Foucault, Tecnologie del sé, a cura di Luther H.Martin. Huck Gutman e
Patrick H.Hutton, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, pagina 122-123. Titolo originale : Technologies of
the Self : A Seminar with Michel Foucault, The University of Massachusetts Press, Amherst, 1988.
13
Foucault definisce tutti i suoi scritti come “frammenti
filosofici all’interno di cantieri storici”, ed ancora precisa che
“i miei libri non sono né trattati di filosofia, né studi
storici”
11
. Dichiara, durante un intervista rilasciata in
Giappone nel 1970, che : “all’inizio avete detto che sono un
filosofo : la cosa mi imbarazza e vorrei cominciare da qui. Se
questa parola mi mette a disagio è perché non mi considero
un filosofo. Non è falsa modestia…oggi la filosofia non è che
un mestiere da professore universitario. Da Hegel in poi, la
filosofia viene insegnata da universitari, la cui funzione
consiste meno nel praticare la filosofia che,
nell’insegnarla...la filosofia probabilmente ha già perduto il
suo ruolo, la sua funzione e la sua autonomia.”
12
Anche rispetto alla psicologia Foucault si definisce
filosoficamente un profano, egli non la critica come forma
scientifica, ma secondo lui “c’è stata una specie di sonno
antropologico nel quale la filosofia e le scienze dell’uomo si
sono in un certo senso affascinate e addormentate le une con
le altre, e che bisogna svegliarsi da questo sonno
antropologico, come un tempo ci si svegliava dal sonno
dogmatico”
13
.
11
M.FOUCAULT, Poteri e strategie, l’assoggettamento dei corpi e l’elemento sfuggente, op. cit., pagina
69.
12
M.FOUCAULT, Archivio Foucault. 1. 1961-1970. Follia, scrittura, discorso. Interventi, colloqui,
interviste, op.cit., pagina 263.
13
M.FOUCAULT, Archivio Foucault. 1 1961-1970. Follia, scrittura, discorso. Interventi, colloqui,
interviste, op.cit., pagina 109.
14
Non solo nella classificazione delle sue opere e del suo
pensiero si ha questa incertezza valutativa, ma anche e
soprattutto nella lettura dei testi. Non appena il lettore trova
una “via tracciata” e pensa di aver individuato il nucleo
dell’intero argomento, ecco che spunta una direzione
sconosciuta e diversa, una nuova tappa che azzera il novero
delle certezze acquisite fino a quel punto, senza ancora
chiarire al lettore il panorama generale dell’opera. O conduce
ad una conclusione particolare che a volte può essere in
contrasto con un assunto precedente e ci si accorge che era
una “scorciatoia”. Certo non è il caso di Storia della follia
che, nelle quasi seicento pagine di testo delineanti
l’evoluzione di tanti internamenti, racchiude la speculazione
filosofica in tre pagine, nell’apertura del secondo capitolo : il
grande internamento.
A torto o a ragione si può considerare questa parte del
secondo capitolo come cruciale e rappresentativa dell’intera
opera, ma è da qui che ha avuto inizio, come vedremo in
seguito, l’attacco alla plausibilità della cittadinanza filosofica
della follia.
Si potrebbe definire la natura dello stile di Foucault come
una strategia sospesa tra il dettaglio, tipico dell’agire della
ricostruzione storica, ed il pensiero speculativo,
caratteristico della filosofia. Insomma, la lettura di questi
testi rifiuta una chiave di comprensione univoca, ma ogni
“punto d’attacco” offre un elemento di riflessione.
15
La commissione parigina dei professori della Sorbona che
esaminò Storia della follia ebbe un’impressione ambivalente
nel valutarla, perché da una parte apprezzò la profondità
letteraria, l’intelligenza delle intuizioni, la personalità,
l’originalità, dall’altra si inquietò per la tesi di fondo, per la
considerazione della follia come invenzione storica del
potere, come prodotto di un’etica sociale
14
.
Niente di più facile, quindi, che attribuire ad una prima
lettura del testo una veste “antipsichiatrica”, rifacendosi ad
una ben nota corrente della psichiatria sviluppatasi alla fine
degli anni ‘60
15
partire dal sapere medico attorno all’origine
della malattia mentale come elemento del contesto sociale.
Alla luce delle precedenti considerazioni, risulta più
convincente il giudizio che Foucault stesso dà al suo scritto,
che non l’interpretazione data al testo dagli “psichiatri
francesi, d’ispirazione più o meno marxista,” che “hanno
cercato di dirlo della Storia della follia, con un successo
dubbio d’altronde. Hanno cercato di dire che era una
favola”
16
.
La ricerca di una verità, almeno una, o di una battaglia
possibile, non è stata accettata dall’intellighenzia marxista
francese dell’epoca, verso la quale sembrava rivolta Storia
della follia .
14
F.BARANI, Michel Foucault, diritto, potere, follia, ETS, Pisa, 2000, pagina 132.
15
Cfr. c’è più avanti una breve trattazione dell’”antipsichiatria”, a pag. 92.
16
M.FOUCAULT, Poteri e strategie, op.cit., pagina 39.