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Capitolo 1
“TEORIE DI GRUPPO”
1.1 Premessa
La VII direttiva CEE, recepita nel nostro ordinamento, ha disciplinato il
bilancio consolidato dei gruppi aziendali, rendendo obbligatoria l’aggregazione in
un unico bilancio dei dati contenuti in quelli specifici delle imprese appartenenti
al gruppo.
Così, alla fine dell’esercizio, nei gruppi aziendali dovrà essere redatto un
bilancio che evidenzi la situazione attuale e la gestione passata del gruppo stesso.
Come accade per il bilancio d’esercizio, le informazioni contenute nel
bilancio consolidato devono soddisfare gli interessi espressi da numerosi soggetti
(stakeholders): innanzitutto vi sono gli azionisti della capogruppo interessati a
conoscere l’ammontare complessivo del capitale del gruppo, compreso l’apporto
delle affiliate; poi vi sono gli azionisti delle controllate; il personale dipendente; i
clienti; gli analisti finanziari che possono utilizzare questo documento soprattutto
per costruire i rapporti concernenti l’utile netto consolidato per azione, strumento
valido per effettuare comparazioni sul rendimento dei titoli azionari in gruppi
diversi; gli organi amministrativi della società madre interessati a tutte le
informazioni utili per investigare l’economicità della gestione di esercizio.
La funzione del bilancio consolidato è infatti, quella di indicare il risultato
economico e le variazioni intervenute nel patrimonio del gruppo, considerato
9
come un’unica entità economica formata dalla società madre e dalle affiliate 7.
Infatti, i bilanci delle singole unità operative che compongono il gruppo, che il
legislatore considera imprese autonome, non sono singolarmente sufficienti ad
offrire un adeguato modello della gestione del gruppo 8. In particolare la semplice
lettura congiunta o anche la mera aggregazione dei valori dei bilanci delle unità
di gruppo, non può evidenziare significativamente il reddito d’esercizio e il
capitale di funzionamento del gruppo. Si impone, quindi, la redazione di un
autonomo bilancio di gruppo che non deriva dalla semplice aggregazione dei
bilanci delle singole unità di gruppo;che non rappresenta un’ingenua somma di
valori della stessa specie (in tal caso si formerebbe un semplice bilancio
aggregato 9) ;che non coincide con il “bilancio combinato” 10, tipico dei gruppi
orizzontali11 ; ma che deriva dalla aggregazione ragionata delle sole voci dei
bilanci delle unità di gruppo che rappresentino rapporti esterni al gruppo, con
l’eliminazione dei valori riflettenti scambi interni, infragruppo12.
La rappresentazione del bilancio consolidato, quando nel gruppo sono
presenti partecipazioni non totalitarie 13, è differente a seconda che ci si riferisca
ad una teoria di gruppo piuttosto che ad un’altra.
7
Sulla natura e le funzioni del bilancio consolidato nella dottrina aziendalistica italiana
P.Pisoni, Gruppi aziendali e bilanci di gruppo, Milano, 1983, p. 187 e segg.; O.Paganelli, Il
Bilancio di gruppo. Significato economico e procedimenti di formazione, Azzoguidi, Bologna,
1978, p. 44; S.Terzani, Il Bilancio consolidato, Cedam, Padova, 1992, p. 64 e segg; P.E.
Cassandro, I gruppi aziendali, 5° edizione, Bari, 1965, p. 373 e segg.
8
Per un’analisi dei motivi di scarsa significatività dei singoli bilanci delle imprese di
gruppo, P.Mella, UTET,Contabilità e bilancio, p. 538.
9
Il bilancio aggregato è ottenuto mediante la mera somma aritmetica delle attività e
delle passività di tutte le società ed imprese legate da una relazione di controllo alla società
capogruppo e riguarda i gruppi di qualsiasi natura.
10
Il bilancio combinato è relativo ai gruppi in cui le imprese sono assoggettate ad una
direzione unitaria in forza di accordi fra società del gruppo, ma non del possesso di
partecipazioni da parte di una capogruppo e in cui manca la sostituzione delle partecipazioni
della controllante con le attività e le passività delle controllate e la rilevazione di “differenze di
consolidamento” attive e passive.
11
Sui gruppi orizzontali cfr. Pisoni, op. cit., p. 36.
12
Sul punto si veda E. D’Amico“Teorie di gruppo e tecniche contabili di formazione dei
bilanci consolidati”, Cedam, Padova, 1999, p. 271 e segg.
13
Percentuale di partecipazione inferiore al 100% del capitale sociale della partecipata.
10
Infatti a ciascuna teoria si associa una particolare tecnica di consolidamento
e quindi un differente capitale e reddito di gruppo.
Le teorie di gruppo derivano dalle più note teorie contabili che nascono con
la stessa ragioneria.
1.1.2 Le teorie contabili
Come appena detto, le teorie contabili nascono con la stessa ragioneria in
seguito ad un processo di sistematizzazione avvenuto nel tempo grazie al
contributo di Autori come Zappa. Infatti negli anni compresi tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si assiste, nei testi anglosassoni di
accounting theory, ad una formalizzazione di queste teorie che di fatto già
esistevano nella prassi contabile e professionale14.
Si fa riferimento sia alla teoria della proprietà (proprietary theory), sia alla
teoria dell’entità (entity theory), da cui si sono sviluppate le teorie di gruppo cui
ci si riferisce per la formazione del bilancio.
Nella seguente trattazione si esaminerà dapprima la teoria contabile della
proprietà, poi si evidenzieranno aspetti peculiari della teoria contabile dell’entità,
ed infine si presenterà un confronto tra le due teorie contabili ponendo in primo
piano le principali differenze riscontrate nello studio delle suddette teorie.
14
La prima teoria che viene formalizzata è la teoria della proprietà la cui
sistematizzazione può essere ricondotta a C.H. SPRAGUE (Philosophy of accounts, New York,
1907), H.R. HATFIELD (Modern accounting, D. Appleton & Co, New York, 1927) e R.B.
KESTER (Accounting theory and practice, Ronald Press Co., New York, 1917).
11
1.1.3 La teoria contabile della proprietà
La teoria contabile della proprietà o proprietary theory è stata formalizzata
all’inizio del 1900 e si è sviluppata conseguentemente alla presenza di una serie
di peculiarità ambientali e organizzative dell’ambiente economico-aziendale degli
anni che vanno dall’inizio del 1500 alla fine del 1800.
Prima di allora l’attività commerciale era identificata nella persona del
mercante e quindi il processo contabile era del tipo propietor-oriented, cioè i
sistemi contabili avevano l’obiettivo di evidenziare la ricchezza posseduta dal
mercante proprietario dell’azienda.
Quando, invece, cominciano a svilupparsi imprese costituite in “sole
proprietorship” (aziende individuali) e in “partnership” (società di persone),
caratterizzate dalla mancanza di separazione tra proprietà e management e dal
ricorso all’indebitamento bancario anziché al mercato azionario, il processo
contabile subisce un primo riadattamento in relazione all’evoluzione
dell’ambiente esterno.
Tuttavia l’oggetto delle rilevazioni contabili rimane sempre la ricchezza del
proprietario con la possibilità, però, di identificarlo non solo con una singola
persona, ma anche con un gruppo di persone.
Per cui il proprietario considerato o come singolo o come gruppo rimane al
centro del processo contabile, ed è il possessore di attività e risponde delle
passività15.
15
“Le attività non sono beni dell’azienda, ma appartengono al suo proprietario; le
passività sono obblighi del proprietario. Il capitale dell’azienda è la ricchezza del proprietario”.
E. Vigano “L’Economia aziendale e la ragioneria. Evoluzione-prospettive internazionali”,
Cedam; Padova, 1996, p. 131.
12
Ne deriva che l’equazione fondamentale che sintetizza l’approccio di tipo
proprietary è:
Assets – Liabilities = Proprietorship
dove:
ξ Assets sono le attività possedute dal proprietario
ξ Liabilities sono le passività del proprietario
ξ Proprietorship è il patrimonio o la ricchezza del proprietario
che si contrappone a quella precedente cioè:
Assets = Liabilities 16
in cui non si distingueva tra passività (Liabilities) e netto (owners’equity o
proprietorship).
Da ciò si evince quindi che è lo STATO PATRIMONIALE il documento di
maggiore interesse che evidenzia la variazione di ricchezza del proprietario
mentre il CONTO ECONOMICO che rappresenta in modo dettagliato il risultato
d’esercizio, calcolato come differenza tra i costi e i ricavi, perde d’importanza
poiché tale risultato è considerato come variazione del netto in due esercizi e
perciò meglio evidenziato nello stato patrimoniale 17 .
“L’impianto teorico, fin qui illustrato, (quello relativo alla teoria della
proprietà) pare però essere coerente con attività economiche organizzate sotto il
profilo giuridico in forma di azienda individuale (sole proprietorship) o di società
di persone (partnership) in quanto la confusione tra elementi patrimoniali
16
I. Fischer ,The nature of capital and incombe, Mac Millau, New York, 1906, p. 69 e
segg.
17
“Il rendiconto reddituale assume importanza secondaria ed è destinato a fornire
solamente la sottospecificazione di un determinato flusso di reddito, già rilevato in via
comparativa da due Stati patrimoniali successivi”. (S.Zambon, Entità e proprietà nei bilanci
d’esercizio, p. 92 e p. 98).
13
dell’impresa e dei suoi proprietari è fatto insieme giuridico ed economico”18. Per
cui quando all’inizio del 1900, cominciarono a svilupparsi forme organizzative
più complesse e articolate, come le società di capitali, vari Autori cominciarono
ad ampliare il concetto di proprietor19 considerandolo, in una visione ampia,
come il possessore di azioni indipendentemente dalla tipologia e dai diritti
derivanti da quest’ultime e, in modo ancora più ampio, come tutti i finanziatori
dell’azienda: visione quest’ultima origine di quella che sarà la “teoria dell’entità”
che, come si vedrà meglio nel prosieguo, nasce dall’esigenza di informare una
serie di persone all’interno e all’esterno dell’impresa come finanziatori, fornitori,
sindacati, oltre che i proprietari stessi.
18
S.Zambon, Entità e proprietà nei bilanci d’esercizio, Cedam, Padova, 1996, p. 94.
19
Non poteva essere modificato il destinatario dell’informazione contabile (user) in
quanto si sarebbe assistito ad un cambiamento di teoria. Infatti le teorie contabili si distinguono
proprio in relazione al diverso utilizzatore dell’informazione contabile.
14
1.1.4 La teoria contabile dell’entità
L’Entity theory, come si è detto, nasce dall’esigenza di sviluppare un
sistema informativo capace di informare una pluralità di soggetti in qualche modo
interessati all’impresa (stakeholders) 20.
Essa si sviluppa nella prima metà del 1900 con non poche difficoltà visto il
proliferare di varie correnti di pensiero (e quindi diverse teorie dell’entità) in
merito al legame esistente tra impresa e proprietari 21 .
Nel prosieguo, però, si farà solo riferimento all’approccio classico della
teoria in esame, così come individuato nell’accounting literature.
La teoria dell’entità comincia ad essere applicata prima in Italia intorno al
1838 e solo più tardi in Inghilterra (1869) e in America (1873) dove si assiste alla
creazione delle prime “GIANT CORPORATION” (grandi corporazioni) in cui
sono presenti nuovi soggetti interessati all’impresa. Oltre agli azionisti, infatti ci
sono i creditori interessati principalmente alla capacità dell’impresa di creare
20
Gli stakeholders sono definiti come tutti i soggetti, interni ed esterni ad un’azienda,
interessati a qualsiasi titolo all’andamento della stessa. Tale categoria di soggetti è molto più
ampia rispetto a quella rappresentata dagli shareholders, cioè dagli azionisti. G. Zanda, T.
Onesti, Appunti delle lezioni di ragioneria generale, Adriatica Editrice Salentina, Lecce, 1997.
Gli attori del sistema competitivo e gli altri attori sociali potrebbero anche considerarsi
come parte di un unico insieme, quello dei detentori di interessi convergenti nell’impresa
(stakeholders), stanti i collegamenti che fra di essi si stabiliscono in virtù del particolare
rapporto che ciascuno di essi ha con l’impresa, che in vario modo e misura incide sulle vicende
e sui destini della stessa e che spetta al management gestire. Coda V., L’orientamento
strategico d’impresa, UTET, Torino, 1988, p. 18.
I cosiddetti stakeholders sono le diverse categorie di soggetti che, a vario titolo,
risultano interessati alle vicende aziendali, perché con l’azienda intrattengono rapporti e dalla
gestione aziendale traggono delle aspettative: azionisti, dipendenti, fornitori, banche, fisco,
clienti, istituzioni, ecc. Ferrero G., Lezioni di economia aziendale, Giappichelli Editore, Torino,
1996, p. 63.
21
Per un approfondito esame sui diversi approcci entity S.Zambon, “Entità e proprietà
nei bilanci d’esercizio”, p. 129.