6
INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce come sviluppo di una ricerca iniziata qualche anno fa in
occasione del tirocinio che ho svolto presso l‟Istituto di Linguistica Computazionale
(ILC) del CNR di Pisa. Il compito che mi era stato assegnato si inseriva all‟interno di
un progetto per la realizzazione di sistemi di filologia assistita da calcolatore, oggetto
del settore progettuale “Tecnologie per l‟analisi filologica di documenti di cultura”.
In tale occasione ho avuto modo di avvicinarmi ad ambiti di ricerca altamente
specializzati: in particolare, quelli che prevedono l‟impiego delle nuove tecnologie
per l‟editoria critica.
Accanto a questa esperienza, un altro contributo è venuto dalla mia partecipazione
alla riunione tecnica organizzata dal Direttore dell‟ILC, Prof. Andrea Bozzi, del
gruppo internazionale appartenente alla European Science Foundation Cost Action
ISO704, dal titolo “Interedition”
1
(marzo 2009); uno degli scopi di questo gruppo di
lavoro è la promozione dell‟interoperabilità degli strumenti e delle metodologie in
uso nel settore dell‟editoria digitale e la produzione di una roadmap per la
realizzazione di un‟infrastruttura digitale sovranazionale per le edizioni scientifiche e
la ricerca filologica.
Da questi contatti ho potuto prendere coscienza del fatto che, nonostante i rapporti
tra filologia e informatica abbiano ormai alle spalle una storia di teorizzazioni e
sperimentazioni più che trentennale, molte di queste metodologie costituiscono
1
http://www.interedition.eu/
7
ancora oggi un campo di indagine generalmente poco conosciuto al di fuori del
proprio contesto di produzione.
A partire dal lavoro pioneristico di padre Roberto Busa, le applicazioni in questo
settore, in Italia così come nel resto d‟Europa, sono andate moltiplicandosi secondo
direttive variamente articolate. Nel corso del tempo, in seguito all‟introduzione
dell‟informatica, si è reso sempre più indispensabile ridefinire le procedure della
critica testuale: le nuove tecnologie, infatti, hanno portato in molti casi non solo un
efficace supporto a metodi di lavoro saldamente codificati, ma anche lo sviluppo di
approcci diversi, in alcuni casi alternativi, rispetto ai metodi tradizionali. In quanto
tale, l‟informatica interveniva progressivamente in maniera diretta nel processo di
edizione, ponendo problemi spesso inediti, ma offrendo nuove interessanti soluzioni.
Da qui è nata, appunto, l‟idea di sviluppare un lavoro che, rielaborando ed
integrando quanto già avevo trattato nella tesi di laurea triennale, potesse dare conto
dei rapporti che intercorrono tra filologia e tecnologie informatiche, con particolare
attenzione alle possibilità ed agli sviluppi che queste ultime possono offrire al campo
della critica testuale.
Accanto ad una analisi generica, cui è dedicato il Capitolo I, è stata condotta una
ricerca puntuale (sul web, su riviste specialistiche e atti di convegni internazionali) al
fine di individuare i principali lavori dedicati allo sviluppo di nuove risorse per la
ricerca filologica attualmente presenti in ambito europeo, prendendo in esame
edizioni elettroniche, biblioteche ed archivi digitali e, più in generale, lavori e
progetti relativi al più complesso campo della filologia computazionale (come
software specifici per l‟analisi e l‟edizione di testi). I risultati di questa ricerca sono
presentati nel Capitolo II.
8
Un ulteriore contributo al presente lavoro è costituito da una sperimentazione
pratica, al fine di esemplificare concretamente il funzionamento di un sistema di
filologia computazionale. A questo scopo è stata realizzata l‟edizione critica del
Viage al Purgatory di Ramon de Perellos tenendo presente l‟applicazione
PinakesText, di cui ho potuto seguire da vicino gli sviluppi, poiché le informazioni
relative all‟apparato critico, alle note e alle informazioni bibliografiche sono state
strutturate in vista della pubblicazione on-line utilizzando questo programma.
Tale sistema, realizzato congiuntamente dall‟ILC-CNR di Pisa e dalla Fondazione
Rinascimento Digitale di Firenze in collaborazione con il Dipartimento di Sistemi e
Informatica dell‟Università di Firenze, si è dimostrato uno strumento particolarmente
adatto al nostro scopo. Il programma, infatti, consente di gestire immagini, testo e
informazioni di tipo extratestuale e paratestuale (quali annotazioni, varianti, apparati,
ecc).
L‟applicazione, che è descritta dettagliatamente nel Capitolo III, consente di
organizzare le informazioni testuali secondo diversi livelli: nel caso dell‟opera di
Perellos è stato quindi possibile strutturare i dati secondo i diversi campi previsti dal
programma, distinguendo cioè tra annotazioni al testo base, varianti linguistiche,
note, scelte editoriali. Il sistema, inoltre, è flessibile al punto da prevedere in futuro
un ulteriore livello relativo alle annotazioni semantiche, organizzate secondo
categorie di appartenenza: all‟interno dell‟opera sarà quindi possibile evidenziare i
riferimenti ai luoghi e ai personaggi storici menzionati dall‟autore.
L‟opera di Perellos è stata scelta poiché presenta aspetti linguistici e storico-
culturali particolarmente interessanti, che possono essere pienamente evidenziati
proprio grazie alle potenzialità di PinakesText; il testo, infatti, è tramandato da tre
9
testimoni redatti negli idiomi catalano e occitano che rendono notevolmente ricca
l‟analisi dal punto di vista della dialettologia storica. L‟autore, inoltre, nel corso della
narrazione del suo viaggio menziona diversi personaggi storici e si sofferma a
descrivere gli usi e i costumi delle popolazioni che incontra.
La parte dedicata all‟edizione del testo è articolata in due capitoli distinti: il
Capitolo IV presenta un‟introduzione storico-letteraria al testo e alla sua tradizione
documentaria, evidenziando i rapporti che legano il Viage di Perellos alla tradizione
letteraria relativa alla leggenda del Purgatorio di San Patrizio. Nel Capitolo V è
proposta l‟edizione del testo, preceduta dai criteri seguiti per la sua produzione,
dall‟analisi della lingua dei codici e da un loro confronto.
Seguono l‟edizione la Tabella delle Annotazioni e delle Varianti, in cui sono
riportate le varianti del codice di Tolosa, annotazioni e note e, infine, l‟Appendice,
in cui è riportato il testo del codice di Tolosa e dell‟incunabolo catalano relativo al
foglio mancante nel codice di Auch.
10
CAPITOLO I
ASPETTI E PROBLEMI DI FILOLOGIA
COMPUTAZIONALE
1.1 Filologia e tecnologie informatiche: origini e definizioni
Un primo approccio di tipo „informatico‟ (intendendo con questo termine un metodo
di valutazione matematico-quantitativo) nel trattamento di dati testuali è da molti
individuato nel benedettino Dom Henri Quentin
2
il quale, pur senza l‟ausilio di un
elaboratore, teorizzò già nel 1926 un sistema di ricostruzione dell‟archetipo sulla
base di calcoli statistici applicati alla distribuzione delle varianti; su una linea simile
si è posto anche, successivamente, il lavoro di Greg
3
.
Tradizionalmente, il primo incontro tra le due discipline si fa risalire al 1946,
anno in cui il padre gesuita Roberto Busa lavorò ad un progetto di lessicalizzazione
sugli inni liturgici di S. Tommaso d‟Aquino utilizzando un calcolatore IBM
4
. In
seguito a questa esperienza, l‟uso di calcolatori divenne sempre più diffuso per la
2
H. Quentin, “Essais de critique textuelle (Ecdotique)”, Paris, Picard, 1926.
3
W. W. Greg, “The calculus of variants. An essay on textual criticism”, Clarendon Press,
Oxford, 1927.
4
R. Busa, “Index Thomisticus: Sancti Thomae Aquinatis operum omnium indices et
concordantiae”; “Rapida e meccanica composizione e pubblicazione di indici e concordanze
di parole mediante macchine elettrocontabili”, in «Aevum», 25/6, 1951; “Rapidissima
composizione di indici e concordanze di parole mediante schede perforate”, in “La
documentazione in Italia”, Atti del XVIII Congresso mondiale di documentazione, Roma,
1952.
11
realizzazione di concordanze e indici, tanto che nel 1965 lo strumento informatico fu
utilizzato dall‟Accademia della Crusca per la compilazione del “Vocabolario Storico
della Lingua Italiana” e per il “Tesoro della Lingua Italiana delle Origini”. Pochi
anni dopo (1968), Jacques Froger pubblicò quello che è considerato il primo testo
teorico riguardo al rapporto tra filologia e informatica, “La critique des textes et son
automatisation”
5
, in cui si sottolineava come il calcolatore fosse esclusivamente uno
strumento al servizio del filologo e non un suo sostituto, e come i risultati delle
operazioni meccaniche da esso eseguite dovessero sempre e comunque essere
interpretati. A partire dagli anni ‟60 in poi il panorama si ampliò con i primi tentativi
di comparazione e analisi dei testimoni assistita da computer: un contributo di grande
importanza fu quello di Gian Piero Zarri, il cui lavoro fu incentrato su un programma
di collazione automatica di testi; Zarri applicò le sue teorie al codice G del “Catulli
Veronensis Liber”
6
. Lavori significativi in questo campo furono sviluppati anche da
Dearing, Froger e Dees
7
.
Nel 1978 si tenne a Parigi il convegno internazionale “La pratique des
ordinateurs dans la critique des textes”, considerato un punto di svolta per le
discipline informatico-filologiche: in tale sede vennero presentati studi sulla
5
Dom Jacques Froger, “La critique des textes et son automatisation”, Dunod, Paris, 1968.
6
G.P. Zarri, “Linguistica algoritmica e meccanizzazione della collatio codicum”, in «Lingua
e Stile», III, 1968, “Some experiments on automated textual criticism”, in «Literary and
Linguistic Computing», V, 1977.
7
V. A. Dearing, “A manual of textual analysis”, University of California Press, Berkeley and
Los Angeles, 1959, “Principles and practice of textual analysis”, University of California
Press, Berkeley and Los Angeles, 1974; J. Froger, “La critique des textes et son
automatisation”, cit; A. Dees, “Considérations théoriques sur la tradition manuscrite du Lai
de l‟Ombre”, in «Neophilologus», 60, 1976.
12
classificazione dei manoscritti e sulle applicazioni pratiche del calcolatore alla critica
del testo.
Non è possibile qui ripercorrere in modo dettagliato ed esaustivo tutti i momenti
dell‟incontro tra filologia e informatica ma, in linea generale, si possono individuare
due fasi principali nel trattamento automatico dei testi. In un primo momento, il
computer viene inteso come macchina utile per l‟automazione di consolidate
procedure di indagine testuale (produzione di concordanze, indici, frequenze,
secondo chiavi di lettura variamente articolate), impiegato, dunque, all‟interno di un
assetto epistemico dato. Successivamente, viene visto come generatore di problemi
inediti, utilizzato in un assetto epistemico nuovo e determinato dall‟uso stesso
dell‟informatica. Già nel 1976, Cesare Segre, rifacendosi a Dom Jacques Froger,
rilevava un limite di conservatività teorica:
“si ha insomma l‟impressione che il valore euristico del ricorso alla teoria sia
stato sottovalutato o comunque ridotto […] i procedimenti della critica testuale sono
esposti in forma tradizionale”
8
Non sfuggiva che l‟uso dell‟informatica, prima ancora di fornire risposte
meccaniche, poneva domande teoriche alla filologia. L‟introduzione delle nuove
tecnologie nella critica testuale ha determinato, infatti, un acceso dibattito circa le
procedure di questa disciplina, imponendo l‟esigenza di nuove riflessioni
metodologiche per ridefinire ed esplicitare l‟approccio filologico al testo e alla sua
tradizione documentaria.
Le applicazioni dell‟informatica alla filologia si sono sviluppate secondo direttive
varie ed articolate: produzione, già ricordata, di indici e concordanze, impiego di
8
Segre: 1979, p.55.
13
immagini digitali
9
, produzione di archivi e biblioteche digitali
10
, di ipertesti ed
edizioni elettroniche, software complessi per l‟analisi e l‟edizione dei testi.
Ovviamente, ognuno di questi strumenti comporta mutamenti, benefici, problemi
diversi, che cercheremo di analizzare in questo capitolo.
È bene sottolineare fin da ora, però, che quando si parla di filologia
computazionale si intende propriamente solo l‟insieme di attività relative allo
sviluppo di programmi in grado di favorire l‟interazione fra l‟editore critico e il
calcolatore
11
e non il supporto (digitale invece che cartaceo) sul quale vengono
rappresentati i lavori editoriali.
9
Le immagini digitali non saranno oggetto specifico di trattazione in questo capitolo;
ricordiamo però come il loro impiego abbia consentito in molti casi, attraverso strumenti
altamente sofisticati, di migliorare la visualizzazione di documenti cartacei o pergamenacei,
arrivando a permettere anche l‟individuazione di elementi difficilmente visibili ad occhio
nudo. Risultati eccellenti sono stati raggiunti dalla scansione digitale multi spettrale dei
palinsesti; l‟Italia è in questo senso all‟avanguardia: una società italiana di Parma ha
realizzato uno scanner specializzato per questo tipo di immagini (cf.
www.fotoscientificarecord.com/index2.html). Numerosi lavori sono stati condotti con
l‟ausilio di queste tecnologie; si veda a riguardo: Broia, Cicioni: 2004.
10
Quello di archivi e biblioteche digitali è un tema largamente studiato e dibattuto: ci
limitiamo a ricordare in questa sede i progetti pionieristici delle biblioteche inglesi, francesi
e della Repubblica Ceca, per i quali si rimanda ai relativi rapporti specifici, rispettivamente
disponibili ai siti: www.cpa.ed.ac.uk/reports/follett; http://gallica.bnf.fr;
www.nkp.cz/_en/index.php.3. Segnaliamo inoltre: F. Tomasi: 2003; Shassan: 2004; Knoll:
2004; Muñiz Muñiz: 2004; De Nigro: 2004; Mastidoro: 2004.
11
Bozzi: 2006, p. 217. L‟espressione „computational philology‟ venne usata per la prima
volta nel 1968 in un documento preparatorio contenente un curriculum di studi sulla
linguistica computazionale, all‟interno del più vasto campo della Computer Science (Kuno e
Oettinger, “Computational Linguistics in a Ph.D. Computer Science Program”, in «Comm.
ACM», vol. 11, n.12, dicembre 1968, p. 835). Per una definizione più articolata si veda
Bozzi: 1993, pp. 33-49.
14
1.2 L‟edizione elettronica
Con il termine „edizione elettronica‟ ci si riferisce ad un diverso supporto per
l‟edizione critica di un testo, che non è più cartaceo bensì informatico, ottenuto cioè
tramite l‟utilizzo di sistemi ipertestuali
12
e multimediali. Questo tipo di edizione
concerne propriamente il tipo di rappresentazione dei dati editoriali, piuttosto che il
loro processo di produzione. In questo senso, un‟edizione elettronica potrebbe
definirsi come un grande archivio di dati
13
, comunque in grado, grazie alle sue
caratteristiche, di facilitare il lavoro di analisi testuale.
Il tipo di supporto comporta, ovviamente, rilevanti modifiche nella modalità di
scrittura e soprattutto di diffusione della conoscenza. Oltre all‟estrema facilità con
cui è possibile manipolare variamente blocchi di testo, il supporto elettronico
possiede molte altre caratteristiche che hanno un‟influenza diretta sull‟edizione dei
testi; prima fra tutte, la possibilità di conservare e consultare enormi quantità di dati
in spazi e costi molto ridotti; inoltre, tramite la conversione in Hyper Text Markup
12
„Ipertesto‟ è un termine coniato da Ted Nelson nel 1965 per indicare un documento in cui
alcuni elementi (chiamati collegamenti ipertestuali o link) fanno riferimento o permettono di
accedere ad altre parti del testo o ad altri documenti; più precisamente un ipertesto può
essere definito come una struttura informativa costituita da un insieme di testi leggibili con
l‟ausilio di un‟interfaccia elettronica, per mezzo di collegamenti ipertestuali che
costituiscono una rete di informazioni, disposte secondo vari criteri. Caratteristica principale
dell‟ipertesto è l‟organizzazione non lineare delle informazioni: il lettore può accedervi
infatti scegliendo diversi percorsi; cf. T. Nelson, “Literary Machines”, Sausalito, CA,
Mindful Press, 1982. La teoria degli ipertesti costituisce un campo di studio vastissimo; i
testi che trattano di questo tema sono numerosi, ci limitiamo a indicare qui, oltre alla
bibliografia di G.P. Landow (cf. nota 15), alcuni contributi italiani: G. di Tonto: 2003;
Cadioli: 1998; Gigliozzi: 1997; Rovelli: 1994.
13
Shillingsburg: 1978.
15
Language (HTML)
14
, tutto il lavoro dell‟edizione può essere fruibile direttamente
dalla rete, ed essere quindi simultaneamente accessibile ad un gran numero di
persone, anche da diversi luoghi. La tecnologia ipertestuale consente poi una
comparazione autonoma tramite collegamenti immediati tra le varie parti del testo e
la scelta di diversi percorsi di lettura da parte dell‟utente.
Se consideriamo che le edizioni critiche e genetiche lavorano solitamente su una
grande quantità di dati, che sono il prodotto di un gruppo di ricercatori e studiosi che
spesso collaborano a distanza e che, infine, si presentano come strumenti di ricerca
dotti ed esaustivi, è facile comprendere quanto il supporto elettronico possa
rappresentare uno strumento estremamente utile ed efficace per la realizzazione e la
pubblicazione di un lavoro di ricerca. L‟edizione elettronica in rete è in grado di
creare uno spazio virtuale nel quale possano confluire le ricerche di una vasta
comunità di studiosi, dove i risultati di tali ricerche siano immediatamente
disponibili, e dove sia possibile effettuare costantemente scambi e aggiornamenti.
La rappresentazione elettronica del lavoro critico-editoriale, inoltre, risulta un
importante mezzo per conoscerne in modo esteso i dettagli e i contorni; grazie alla
possibilità di disporre di uno spazio pressoché illimitato, è possibile affiancare ai
componenti tradizionali di un‟edizione (come introduzione, indici, note, ecc.) anche
altre sezioni che difficilmente potrebbero essere integrate su supporto cartaceo, come
riproduzioni in facsimile e trascrizione completa di tutti i testimoni dell‟opera in
questione, piuttosto che immagini o filmati relativi ai temi trattati. In questo modo, è
più facile per l‟utente accedere a tutti gli elementi che hanno contribuito alla
14
HTML è un linguaggio usato per descrivere i documenti ipertestuali disponibili nel Web;
non è un linguaggio di programmazione, ma un linguaggio di mark-up: descrive cioè il
contenuto, testuale e non, di un documento.
16
realizzazione del lavoro editoriale, e poter quindi valutare, attraverso un maggior
numero di fattori, la validità del risultato proposto.
L‟avvento di queste tecnologie è ancora più rilevante se considerato in relazione a
quegli orientamenti della critica testuale che vedono l‟essenza di un‟opera letteraria
in un insieme di documenti e versioni che rappresentano i diversi stadi della volontà
autoriale; l‟edizione elettronica si presenta come un‟efficace risposta tecnica a questa
visione teorica, in quanto permette di rappresentare simultaneamente molteplici
versioni di un testo. Nel settore della filologia d‟autore, sono stati realizzati numerosi
progetti di ricerca
15
.
1.3 Qualche riflessione su ipertesti ed edizioni elettroniche
Da tempo si moltiplicano gli scritti circa il passaggio in corso dall‟età della stampa
all‟”età dell‟ipertesto” e la conseguente trasformazione dei modelli culturali; viene
spesso ricostruita, a posteriori, una linea teorica sulla quale, accanto a Barthes,
Derrida, Foucault, sono affiancati i nomi dei protagonisti di quello spazio culturale
definito poststrutturalismo o postmodernismo. In questa direzione, si è andata
sviluppando una linea di pensiero che ha evidenziato come la tecnologia ipertestuale
sia destinata a cambiare radicalmente i modelli culturali e la trasmissione del sapere,
15
La metodologia ipertestuale applicata alle varianti d‟autore si fa risalire a T. Bender,
“Literary Texts in Electronic Storage: the editorial potential”, in «Computer and the
Humanities», X, 1976; si veda anche: L. Hay, “Genetic Editing. Past and future: a few
reflections by a user”, in «Poétique», LXII, 1986; H.W. Gabler, “Computer aided critical
editing of Ulysses”, in «Bulletin of the Association for Literary and Linguistic Computing»,
VIII, 1980.
17
in particolare la critica letteraria. A partire dall‟esaltazione delle nuove modalità
della lettura ipertestuale, questa linea teorica ha posto l‟accento sulla facoltà del
lettore di costruire in maniera autonoma un proprio percorso tra i testi, libero dai
legami di sequenzialità del libro a stampa, fino a postulare la fine prossima delle
edizioni di tipo tradizionale o del libro a stampa stesso
16
.
Senza voler qui negare gli indiscutibili vantaggi apportati dall‟impiego di ipertesti
ed edizioni elettroniche, che abbiamo brevemente evidenziato nel precedente
paragrafo, è tuttavia opportuno fare qualche considerazione, forse più cauta, circa le
reali possibilità di questi strumenti, in particolare per quando riguarda proprio il
lavoro filologico. Innanzitutto, è opportuno sottolineare che l‟ipertesto permette sì
una navigazione libera tra vari documenti, presenti in quantità sicuramente maggiore
di quanto non consentirebbe un‟edizione a stampa, ma rimane comunque una
struttura limitata, circoscritta cioè ai documenti che vi sono inseriti; la presenza di un
certo numero di materiali, per quanto ricca e varia, presuppone in ogni caso una
scelta preliminare degli stessi, nonché dei loro possibili collegamenti
17
. Come già
notava Segre
18
, l‟esaustività di uno spoglio dipende dall‟operatore e non è mai
assoluta; i dati che vengono forniti sono la totalità di quelli immessi nel computer,
non sempre di quelli reperibili. Per non incorrere nel rischio di confondere il non
16
Cf. in particolare: G. P. Landow, “Hypertext – Hyper/Text/Theory”, John Hopkins
University Press, Baltimora, 1995; “Ipertesto. Il future della scrittura”, trad. it. a cura di B.
Bassi, Baskerville, Bologna, 1993; “L‟ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria”,
trad. it. a cura di P. Ferri, Mondadori, Milano, 1998; J.D. Bolter, “Lo spazio dello scrivere.
Computer, ipertesti e storia della scrittura”, trad. it. A cura di M. Groppo e I. Grazzani, Vita
e Pensiero, Milano, 1993.
17
Cadioli: 1999, pp.191-200.
18
Segre: 1999, pp. 11-17.
18
registrato con il non esistente, occorre non escludere dall‟attenzione quanto, assente
nel computer, esiste nella realtà.
Un‟altra considerazione riguarda l‟impiego delle immagini digitali dei manoscritti
e delle trascrizioni (diplomatiche o interpretative) della tradizione documentaria di
un testo, fornite in modo più o meno completo in molte edizioni: ancora una volta,
queste costituiscono un importantissimo vantaggio per lo studio dei testi,
consentendo un facile e immediato accesso a documenti spesso rari, dislocati in
diverse sedi, la cui consultazione diretta richiede un dispendioso impegno di costi e
tempo; altrettanto importante è, tuttavia, ricordare che ogni trascrizione contiene
sempre un certo grado di soggettività e che il lavoro filologico necessita comunque
dell‟autopsia dei manoscritti, con tutto il carico di dati che il codice può fornire sulla
propria storia, fondamentali se l‟attività ecdotica, come hanno evidenziato
Wilamowitz e Pasquali
19
, è soprattutto un impegno storiografico.
Se da una parte, infine, ipertesto ed edizione elettronica si presentano come
strumenti estremamente duttili per il lavoro di ricerca o come supporto alla didattica,
credo che si possa affermare con una certa obiettività che questi non sono un mezzo
altrettanto valido per la lettura
20
; è facile immaginare, infatti, la difficoltà di un
utente, magari al primo contatto con una determinata opera, nel districarsi fra una
quantità così rilevante di materiali e contributi.
19
Cf. U. Von Wilamowitz, “Storia della filologia classica”, Einaudi, Torino, 1967; G.
Pasquali, “Storia della tradizione e critica del testo”, Firenze, Le Lettere, 1988.
20
Ne dà un primo esempio, fra gli altri, John Lavagnino, quando, in uno scritto pubblicato
sulla rivista della «Society for Textual Scholarship», afferma che “they [gli ipertesti] are
meant for study, not for reading”; Lavagnino: 1995, pp. 109-124.
19
Con queste osservazioni non si vuole in nessun modo negare in toto la validità
delle edizioni elettroniche in quanto strumenti per la filologia; tuttavia, soprattutto
davanti al proliferare di iniziative volte in questo senso, molte delle quali realizzate
senza il dovuto rigore scientifico che si richiede ad ogni lavoro di ricerca, può essere
utile tenere presente delle considerazioni che ne evidenzino anche i limiti. In questo
senso, è fondamentale il ruolo dell‟autore (o degli autori) dell‟edizione elettronica
stessa, figura che deve rispondere esplicitamente della selezione e della qualità dei
materiali presentati, come avviene del resto per ogni edizione di tipo tradizionale.
1.4 La codifica: una questione vitale per il filologo?
Uno dei principali problemi imposti dall‟impiego dell‟informatica nel campo della
critica testuale è quello della rappresentazione dei dati. Nel momento in cui si decide
di lavorare su dati testuali con l‟ausilio di un computer, e delegare ad esso una serie
di operazioni, è necessario che tali dati vengano „tradotti‟ dal linguaggio naturale ad
un linguaggio comprensibile da parte della macchina, attraverso la definizione di un
codice condiviso che consenta di scambiare informazioni senza perdita.
Il primo codice con il quale l‟utente della macchina trasmette informazioni al
computer è il codice ASCII (American Standard Code for Information
Interchange)
21
, la tavola più comune di corrispondenza tra il codice binario (0, 1),
21
Il codice ASCII è un sistema di codifica dei caratteri a 7 bit comunemente utilizzato nei
calcolatori, proposto dall'ingegnere dell'IBM Bob Bemer nel 1961 e successivamente
accettato come standard dall'ISO (ISO 646). Per non confonderlo con le estensioni a 8 bit
proposte successivamente, questo codice viene talvolta riferito come US-ASCII. Alla