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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi di laurea è di offrire un’a nalisi esaustiva del ruolo
giocato dalle immagini nella vita dell’uomo: il mec canismo di percezione,
le caratteristiche, la storia e la didattica costru ita attorno ad esse.
In particolare, per quanto concerne tale attività, verrà approfondito il
pensiero di Bruno Munari, artista e designer italia no, impegnato negli
anni Novanta nella progettazione di una metodologia d’insegnamento
dell’arte rivoluzionaria, riconosciuta oggi da tutt o il mondo con il nome di
“Metodo Bruno Munari®”.
Tale approccio innovativo ha rappresentato un impor tante salto di qualità
nel campo della didattica dell’arte, fino allora ca ratterizzata da una
metodi passivi e nozionistici per la trasmissione d elle conoscenze.
Il primo capitolo è dedicato all’analisi delle cara tteristiche che nascono
dal rapporto tra l’immagine e l’uomo, ovvero dalla percezione.
L’immagine è il frutto di un meccanismo percettivo dell’occhio. Tale
strumento sensoriale è dotato di particolari caratt eristiche anatomiche
che permettono la visione della luce. Quest’ultima compie un percorso che
inizia dalla rilevazione da parte di cellule nervos e fotosensibili poste
all’interno della retina, e termina con l’elaborazi one delle informazioni
visive convertite in impulsi elettrici, compiuta da l cervello.
L’uomo, attraverso la percezione dell’immagine, ric onosce la presenza
dell’altro ed è così stimolato all’interazione. L’a rte visiva trova il suo avvio
nell’impulso comunicativo innato presente in ogni i ndividuo.
La storia della comunicazione visiva nasce in epoca preistorica, momento
in cui l’uomo scopre la possibilità di poter produr re autonomamente
immagini grazie all’impiego di strumenti traccianti su supporti materici.
5
L’immagine si avvia così ad un lungo percorso stori co in cui viene
investita di diverse funzioni, oltre a quella comun icativa: la funzione
informativa-progettuale e la funzione espressiva.
Oggi possiamo analizzare le eredità lasciateci dall ’enorme produzione di
immagini che hanno assunto scopi differenti, a seco nda delle epoche e
delle culture: l’arte preistorica, classica, mediev ale e moderna.
Le immagini dell’arte antica assumono una funzione propagandistica; le
raffigurazioni servono per promuovere valori e idea li destinati ad
indottrinare e influenzare le società.
Nel Novecento l’immagine diviene il mezzo di comuni cazione di ogni
singolo artista; il destinatario dell’arte non è pi ù la società. L’arte diviene
un mezzo attraverso il quale l’artista può comunica re sé stesso,
imprimendo sulla tela la propria personalità, i tra tti inconsci e il vissuto
personale.
Inizialmente l’immagine di Bruno Munari è caratteri zzata dalla continua
ricerca del movimento, influenzata dalla corrente a vanguardistica italiana
del Futurismo. Il movimento si materializza nelle s ue prime opere
cinetiche, quali le famosissime “macchine inutili” e “concavo convesso” . E’
la prima volta nella storia dell’arte che l’opera e sce dalle raffigurazioni
grafiche bidimensionali, squarcia la tela, e divien e viva nell’ambiente
stesso.
Munari si è distinto per la sperimentazione di tecn iche nuove e di
materiali insoliti che hanno permesso la trasformaz ione dell’immagine in
movimento reale. La partecipazione del pubblico nel l’opera è totalizzante.
Quest’artista è una figura leonardesca ambigua ed e nigmatica. I critici
d’arte lo hanno attaccato ferocemente e, al tempo s tesso, amato
appassionatamente.
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Bruno Munari ha avuto un rapporto controverso con l ’arte: la passione
per quest’attività gli ha permesso l’elaborazione d i opere innovative, basti
pensare che è il primo nella produzione di opere ci netiche.
L’autore ha anche odiato e criticato l’arte e gli a rtisti. In particolare ha
individuato e detestato la figura dell’ artista-divo , ovvero colui che
produce opere esclusivamente per la fama e il guada gno.
L’arte deve essere un mezzo con il quale l’artista può aiutare la società ed
essa e non deve essere commercializzata in nome del la ricchezza o della
celebrità. Ecco allora che l’arte, ma soprattutto l ’artista ideale munariano,
è quello che aiuta il fornaio a progettare l’insegna per il suo negozio .
Altro punto critico per Bruno Munari è il pubblico dell’arte. Egli sostiene
che quest’ultimo non sia in grado di apprezzare l’a rte in quanto troppo
occupato nella nozionistica scolastica, offuscato d a una solida cultura
disneyana .
“Il più grande ostacolo alla comprensione di un’ope ra d’arte è quello di
voler capire” 1
, soleva dire Bruno Munari nella pagina introduttiva dei
“Teoremi sull’arte ”, la critica più piccola che sia stata mai fatta; piccola
solamente nella forma, perché composta da frasi sem plici, come fossero
degli aforismi provocatori.
E’ dal desiderio di voler eliminare questi uomini o cclusi dalle conoscenze
impresse da un sistema sbagliato di società, incapa ci di pensare
liberamente ed autonomamente, che Bruno Munari deci de di dedicarsi
alla formazione delle nuove generazioni. L’interess e dell’arte per bambini
nasce dalla volontà di donare ai futuri uomini adul ti una mente elastica
sviluppandone la creatività.
1
B. Munari, Teoremi sull’arte , Corraini Editore, Mantova 2003, p.3.
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Nel saggio degli anni Settanta, intitolato “ Fantasi a” 2
, l’artista spiega quale
differenza intercorra tra quelli che possono appari re come un medesimo
concetto: fantasia, creatività ed immaginazione.
La creatività, in particolare, è quell’attività com piuta dalla mente umana,
che riesce a “ pensare a ciò che prima non c’era” 3
, in modo da tale da
rendere il tutto realizzabile in modo essenziale e globale.
Il meccanismo che si innesca nell’uomo quando entra in opera la fantasia
e la creatività, è la produzione di relazioni tra l e conoscenze del mondo
esterno: caratteristiche materiche visive, tattili, sensoriali.
Lo sviluppo della creatività nell’uomo ha come cons eguenza la creazione
di soggetti creativi. Una persona creativa è quel s oggetto che riesce ad
individuare più facilmente le soluzioni migliori a problemi di vario
genere. Il soggetto creativo può aiutare la società .
Ecco come Bruno Munari vuole riparare all’errore co mpiuto dall’arte,
divenuta ormai solamente fabbrica di preziosi fetic ci d’èlite, cominciando
la sua personale rivoluzione dagli adulti di domani . Egli, infatti, afferma
che “ non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavora re sui bambini
perché ne crescano di migliori. E’ una strategia riv oluzionaria quella di
lavorare sui e con i bambini come futuri uomini” 4
.
Il designer, intenzionato a cambiare il mondo degli adulti, si dedica ad
opere destinate ai bambini per permettere lo svilup po del pensiero
creativo: i “ libri illeggibili ”, i “ prelibri ”, il “ gatto Meo ”, la “ scimmietta Zizì ”,
le “ costruzioni di legno in scatola ”, le “ proiezioni dirette ”, “l’ABC ”, il “ più e
meno ”, le “ maschere guardiamoci negli occhi ”, le “ rose nell’insalata ” e i
laboratori d’arte.
2
B. Munari, Fantasia , Editori Laterza, Bari 1977.
3
B. Munari, Fantasia , Editori Laterza, Bari 1977, p.13.
4
B. Restelli, Giocare con tatto. Per una educazione plurisensoria le secondo il metodo Bruno
Munari® , FrancoAngeli, Milano 2002, p.29.
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Nasce negli anni Ottanta il Metodo Bruno Munari® , utilizzato dallo stesso
artista nella progettazione di laboratori che preve dono la costruzione di
spazi dedicati ai bambini; in questi ambienti essi possono esplorare i
materiali, sperimentare tecniche artistiche e strum enti in modo
autonomo. L’operatore dei laboratori propone attivi tà artistiche
caratterizzate da approcci ludici che utilizzano le azioni-gioco , ovvero
dimostrazioni pratiche di come si può operare senza alcuna imposizione
del sé.
I laboratori sono creati per essere il mezzo attrav erso il quale il bambino
può ampliare le sue conoscenze del mondo circostant e grazie
all’esperienza attiva di tutto ciò che è presente a ll’interno di questi: dalle
caratteristiche dei materiali agli strumenti utiliz zati, dalle caratteristiche
tattili alle caratteristiche visive, e così via. Il laboratorio è pensato come
un luogo di scoperta.
Durante gli anni Novanta il Metodo Bruno Munari® è stato applicato, oltre
che all’interno dei laboratori stessi, anche all’in terno di musei, biblioteche
e scuole da parte di operatori e di insegnanti che hanno organizzato
attività in pieno stile munariano.
Il Metodo Bruno Munari® , applicato dai docenti delle scuole statali, trova
molti punti di incontro per quanto concerne la meto dologia didattica
promossa all’interno delle Indicazioni per il Curricolo, documento diffuso
nel 2007 dal Ministero della Pubblica Istruzione . Analizzando entrambe le
posizioni si possono individuare chiaramente i punt i di assoluta
condivisione: la promozione della creatività , dell’approccio laboratoriale e
della plurisensorialità .
Altri esempi di applicazione della metodologia muna riana si trovano nella
creazione di strutture laboratoriali stabili, nate in tutto il territorio
nazionale. Considerando in particolare la Regione A utonoma Friuli
Venezia Giulia, essa offre un laboratorio d’arte permanente: il MiniMu ,
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parco dei bambini , con sede a Trieste presso il parco di San Giovann i. Tale
struttura opera sul territorio provinciale utilizza ndo il pensiero
munariano, reso il punto focale delle attività prop oste al suo interno.
Il MiniMu offre l’opportunità di osservare l’applic azione reale del Metodo
Bruno Munari® .
In conclusione considerando il cambiamento che la d idattica dell’arte ha
subito durante il corso degli anni Novanta, ovvero il passaggio da una
concezione di didattica classica, trasmissiva, pass iva, fatta di lezioni
frontali e di studi nozionistici, ed in seguito all ’analisi del pensiero e delle
esperienze artistiche innovative in campo metodolog ico/didattico
proposte da Bruno Munari, possiamo affermare con si curezza che il
contributo di tale autore ha rappresentato una tapp a fondamentale per
tali cambiamenti.
“Le rivoluzioni vanno fatte senza che nessuno se ne accorga.”
Bruno Munari
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1. Teoria dell’immagine
1.1 L’occhio e la percezione visiva
L’immagine è stato il mezzo grazie al quale l’uomo ha potuto esplorare il
mondo circostante, grazie ad uno specifico strument o deputato alla
percezione visiva: l’occhio.
L’occhio fa parte degli organi sensoriali, un grupp o di strumenti di cui è
dotato il corpo umano, grazie alla quale il soggett o è in grado di
raccogliere le informazioni provenienti dal mondo e sterno: le immagini,
gli odori, i gusti, i suoni e le caratteristiche ta ttili.
La visione rappresenta il 70% delle percezioni che l'uomo riceve dal
mondo esterno.
L'occhio, grazie alla sua particolare struttura ana tomica, garantisce la
visione trasformando la luce che lo colpisce in inf ormazioni che arrivano
al cervello convertite in impulsi elettrici.
Quando fissiamo un oggetto la luce riflessa nei nos tri occhi attraversa una
serie di lenti quali la cornea, il cristallino ed i l corpo vitreo, e va ad
"impressionare" la retina (vedi allegati fotografici, figura 1, p. 96) .
La retina è formata da strutture chiamate coni e ba stoncelli, fotorecettori
sensibili al colore e al movimento, attivati dalla luce. La luce innesca delle
particolari reazioni fotochimiche che trasmettono i nformazioni al
cervello utilizzando il nervo ottico come un cavo b iologico.
Il cervello elabora ed utilizza le informazioni vis ive per interagire con
l’ambiente circostante.
Quest’organo di senso deve il suo funzionamento all a luce, senza la quale
non vi sarebbe alcuna recezione visiva.
Per la visualizzazione dell’immagine, è fondamental e che quest’ultima sia
posta all’interno del campo visivo.
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Il campo visivo è lo spazio che si forma attorno a noi in ogni istante in cui
il soggetto pone un’immagine al centro della sua at tenzione. Il nostro
corpo occupa un punto fisso nello spazio, dal quale s’irradia la percezione
del suo intorno; dagli occhi comincia il processo d i percezione visiva.
L’occhio umano compie numerosissimi ed impercettibi li movimenti. A tali
movimenti si sommano quelli del capo e del corpo ch e trasformano
continuamente il mondo che ci circonda. La coscienz a visiva costruisce
continuamente la percezione dell’esterno.
Durante l’atto di percezione attraverso le immagini , si creano delle
correlazioni fondamentali tra diverse dimensioni de lla visione. La
dimensione spaziale entra in relazione con la dimen sione cinestetica; il
campo visivo e i movimenti del corpo nello spazio s ono correlati. In
assenza di una delle due dimensioni l’uomo dovrebbe trovare ulteriori
meccanismi di adattamento.
Il rapporto tra la spazialità e la cinestetica impl ica la nascita di una terza
dimensione, detta temporale. Se lo sguardo di un so ggetto è focalizzato su
un’immagine e, in seguito ad un movimento del capo il punto focale
cambia, le immagini percepite mutano improvvisament e creando una
sequenza temporale delle immagini percepite; si for ma un’immagine
precedente ad un’altra e cioè una dimensione tempor ale.
Le relazioni che si creano continuamente tra questi tre aspetti impliciti
alla visione entrano a far parte di quei processi i nconsci compiuti dal
corpo umano per vivere e sopravvivere nel mondo.
La percezione si forma in virtù di queste important i relazioni che
interagiscono e sono integrate con le informazioni acquisite dagli altri
organi sensoriali.
Mediante l’interazione dei sensi, l’immagine collab ora con altre
informazioni elaborate dal cervello, permettendo l’ adattamento
dell’uomo all’ambiente circostante.
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“I nostri primi maestri di filosofia sono i nostri piedi, le nostre mani, i nostri
occhi.” 5
Le zone dell’occhio indispensabili per la creazione della visione nitida
dell’immagine all’interno del campo visivo sono tre : la prima zona
corrisponde alla fovea , dietro all’iride. La fovea è la zona più nitida d ella
visione, detta di massima acuità visiva. Quando un’ immagine è focalizzata
viene posta dal soggetto esattamente all’altezza di quest’ultima.
La seconda zona è detta macula , e si estende attorno alla fovea, ricca di
coni e bastoncelli fotorecettori, sensibili all’int ensità della luce e ai colori.
La terza zona è quella della visione periferica , composta esclusivamente
da bastoncelli che si irradiano dalla macula verso l’esterno. Questa zona
permette di avere una visione d’insieme che si este nde in orizzontale e in
verticale con una graduale perdita di definizione d elle forme. Ad ogni
immagine che viene focalizzata corrisponde la perdi ta di definizione
progressiva verso la zona circostante ad essa.
La relazione tra occhio e cervello umano gioca un r uolo fondamentale nel
processo di percezione dell’immagine. Se l’uomo per cepisse le
informazioni visive senza elaborarle diverrebbe una macchina
fotografica.
Il processo di ricomposizione dell’immagine avviene grazie alla visione
periferica. Tale processo sintetizza e crea collega menti logici tra i punti
focalizzati e punti di visione periferica distorti e sfocati.
La visione può essere definita contemporaneamente s elettiva e ultra-
stimolo.
5
Jean-Jacques Rousseau, Emilio o Dell'educazione, Armando Editore, Roma 1997.
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La visione si definisce selettiva in quanto opera una continua scelta nella
messa a fuoco di piani o di profondità di campo dif ferenti; se un soggetto
mette a fuoco un’immagine in primo piano, lo sfondo appare sfocato e,
viceversa, se il soggetto modifica la messa a fuoco , ponendo lo sfondo
come immagine principale, la figura in primo piano appare sfocata. Ogni
qualvolta un soggetto mette a fuoco un’immagine com pie una scelta che
esclude la messa a fuoco e la percezione di altre i mmagini.
Perché la vista risulti nitida occorre che i bulbi oculari si muovano
continuamente permettendo all’asse visivo di cadere direttamente sulle
immagini che si vogliono focalizzare. L’occhio perl ustra l’ambiente
circostante, spostandosi continuamente da un punto all’altro,
raccogliendo informazioni che danno la visione niti da della forma
osservata. I fulminei movimenti oculari ricompongon o l’immagine
globale, la quale non è mai simultaneamente rilevab ile nella sua integrità.
Ciò che il soggetto percepisce come immagine comple ta, non è altro che il
prodotto della ricomposizione dei numerosi scrutame nti locali e parziali
compiuti dall’occhio da parte del cervello; ecco co me la dimensione
temporale delle immagini gioca un ruolo fondamental e nell’atto della
ricostruzione logica dell’immagine.
La visione è definita inoltre ultra-stimolo. Tale c aratteristica permette
all’uomo di completare le parti dell’immagine che n on vengono percepite
perché fuori dal campo visivo; attività che richied e un maggior sforzo
produttivo, anziché recettivo, estendendo il campo visivo a quello
retrostante alla direzione dello sguardo.
“ l’occhio umano non può vedere dietro, tuttavia eg li non pensa che il mondo che
gli sta dietro sia nero o vuoto. Il cervello riempi e questo spazio non visto, ed egli
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tende a vedere il mondo come continuo intorno a sé. L’occhio umano esige
completezza.” 6
1.2. La nascita della comunicazione visiva
Grazie alla percezione delle immagini l’uomo ha cos truito delle
rappresentazioni mentali di esse esternandole con l ’atto rappresentativo.
La rappresentazione grafica ha acquisito lungo le v arie epoche diverse
funzioni aventi un unico obiettivo: comunicare.
La rappresentazione è sempre stata presente nella v ita espressiva e
comunicativa dell’uomo fin dall’inizio dei tempi.
Innanzitutto è bene chiarire che il linguaggio graf ico nasce dalla relazione
che si instaura tra percezione fisiologica dell’imm agine e
rappresentazione intenzionale di essa, avente funzi one comunicativa; il
prodotto ottenuto, cioè la raffigurazione grafica, viene percepita da un
secondo soggetto, la cui mente rielabora l’immagine creando connessioni
con quelle immagazzinate in precedenza. In questo m odo il messaggio
comunicativo rappresentato intenzionalmente soddisf a la funzione di
trasmissione di un messaggio tra due soggetti.
La comunicazione intenzionale attraverso le immagin i non è un processo
che l’uomo ha acquisito con facilità, anzi, è stato un processo molto
complesso raggiunto grazie al susseguirsi di tappe fondamentali di
sperimentazione del gesto che da vita al segno.
Gli studi recenti sulla nascita del linguaggio graf ico concordano nel
suddividere il paleolitico, l’era della pietra, in tre periodi che
corrispondono alle tre tappe fondamentali dell’ evoluzione iconografica
preistorica.
6
C.G. Muellere, M. Rudolph, Luce e visione , Mondadori, Milano 1968, pp. 15-16.