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CAPITOLO 1
LA TEORIA DEI GIOCHI
1.1 Brevi cenni storici
La teoria dei giochi è emersa recentemente offrendo una efficace alternativa ai
metodi convenzionali nell’analisi economica.
La sua nascita viene fissata con l’uscita del famoso libro di John von Neumann e Oskar
Morgenstern “THEORY OF GAMES AND ECONOMIC BEHAVIOR” (Princeton
University Press, 1944). Se confrontiamo questa data con quella della nascita ad esempio
della geometria o della fisica, ne concludiamo che stiamo parlando di una scienza
bambina, come la chiama Roberto Lucchetti
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Lucchetti dice che “essa ha in sé interessi e potenzialità straordinari sia perché ha
applicazioni notevoli, interessanti, nuove e quindi è una disciplina pratica; sia perché è
capace di proporre questioni profonde che si legano ad altre discipline”.
Ed infatti la teoria dei giochi è nata come un tentativo di dare risposta a problemi di
strategia militare, ma è stata poi utilizzata dalla psicologia, dalla sociologia, dalla biologia
e dall’economia.
Nella prima parte del libro di von Neumann e Morgenstern è presente una critica
alla teoria walrasiana dell’equilibrio economico generale perché colpevole di tenere in
considerazione l’influsso che le interazioni con gli altri individui hanno sulle decisioni di
ogni singolo individuo.
1.2 Cos’è la teoria dei giochi
La teoria dei giochi è quella parte della matematica applicata che si occupa dei
problemi di competizione, collaborazione e negoziato fra due o più agenti.
In particolare essa è quella disciplina che studia le decisioni degli agenti in condizioni di
interdipendenza strategica tali per cui le decisioni di un soggetto dipendono anche dalle
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Professore ordinario di Analisi Matematica al Politecnico di Milano, presso la facoltà di Ingegneria
con sede a Como. Autore di “Di duelli, scacchi e dilemmi. La teoria matematica dei giochi” (2008),
Mondatori Bruno.
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azioni degli altri soggetti e possono influire su risultati conseguibili dal rivale secondo un
meccanismo di retroazione.
La soluzione di moltissimi problemi pratici richiede spesso l’analisi di circostanze
dove vi sono due parti opposte e in cui il risultato di qualsiasi azione di una parte dipende
parzialmente dall’azione dell’altro.
Per rendere possibile l’analisi di queste “situazioni di conflitto” o di coordinamento,
tipiche dell’economia sono state sviluppate delle tecniche matematiche speciali che
derivano dalla teoria dei giochi e il suo scopo è quello di elaborare, secondo linee razionali,
le possibili azioni delle parti avverse.
A causa della presenza di molti fattori concomitanti, le situazioni di conflitto reali
sono estremamente complicate e difficili da esaminare quindi per rendere possibile
un’analisi è necessario poter trascurare i fattori secondari e costruire modelli formali
semplificati chiamati GIOCHI.
Un “gioco” è una situazione di interazione strategica dove vengono prese delle
decisioni strategiche in cui ciascun giocatore tiene conto delle azioni e delle reazioni di
ognuno degli altri (Colombo F. 2003)
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Gli esempi di giochi comprendono le imprese che competono l’una con l’altra
scegliendo i prezzi o un gruppo di consumatori che fanno offerte l’uno contro l’altro in
un’asta per un’opera d’arte. Per un’impresa oligopolista, che fa parte di un cartello, una
strategia consiste nel decidere che sanzioni adottare in caso di violazioni degli accordi e
l’azione indicata dalla strategia potrebbe essere quella di fissare un determinato prezzo.
Le decisioni strategiche danno luogo a payoff per i giocatori cioè esiti che generano
remunerazioni o profitti e nel caso degli oligopolisti sono appunto i profitti.
Un importante obiettivo della teoria dei giochi è determinare la strategia ottimale di
ogni giocatore. Una strategia è una regola o un piano d’azione per giocare il gioco. Nel
caso delle imprese che fissano il prezzo una strategia potrebbe essere questa: ”manterrò
alto il mio prezzo finchè i miei concorrenti fanno lo stesso, ma quando un concorrente
abbasserà il suo prezzo, io abbasserò il mio in misura ancora maggiore” (Katz M. L.,
Rosen H. S. 1996)
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In conclusione possiamo dire che la teoria dei giochi si fonda sull’analisi delle
strategie a disposizione di giocatori che sono “razionali” e che sono a conoscenza delle
regole di gioco.
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COLOMBO F. (2003).
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KATZ M.L. , ROSEN H.S. (1996).
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“Razionali” significa che hanno preferenze “coerenti” (transitive) sugli esiti finali
del processo decisionale e che hanno l’obiettivo di “massimizzare” queste preferenze.
Essendo coinvolti più decisori, l’esito finale è determinato dalle scelte operate da tutti
quelli coinvolti nella situazione. Il problema delle preferenze sugli esiti induce una
riflessione sulla cosiddetta teoria dell’utilità.
Secondo l’economia politica classica (Smith, Ricardo, Marx), l’utilità coincide con
una proprietà fisica dei beni. In una seconda fase, a partire da Bentham, l’utilità è intesa
come una caratteristica intrinseca dei soggetti, ne misura in qualche modo il “benessere” o
la “soddisfazione” in relazione a certi consumi: l’utilità è una funzione definita
sull’insieme dei beni (o degli esiti del gioco). Si parla infatti di “funzione di utilità”.
Ogni individuo ha una “sua” funzione di utilità sull’insieme dei beni.
E’ importante conoscere le funzioni di utilità quando si descrive un gioco perché
alla fine del gioco ci sono esiti possibili rappresentati da “premi” che possono essere dei
premi in denaro, o semplicemente la soddisfazione di aver battuto l’avversario in un gioco
di carte e il dispiacere dovuto alla sconfitta, o altro ancora.
Quindi, per stabilire quali sono gli obiettivi nel giocare dobbiamo saper quantificare in
qualche modo gli esiti del gioco. Potremmo anche desiderare la sconfitta se l’ obiettivo è
far felice il nostro avversario, o desiderare il pareggio se siamo dei perfetti egualitari. Se
per qualcuno fare del bene è soddisfacente, questo è ciò che guida le sue azioni e deve
essere implicito nella sua funzione di utilità.
Non importa “quali” sono gli obiettivi, ciò che conta è soltanto che siano quantificabili.
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1.3 Applicazioni della teoria dei giochi
Anche se non ce ne rendiamo conto la teoria dei giochi viene utilizzata ogni giorno
dal singolo soggetto, infatti la vita è piena di decisioni da prendere. Quale carriera
scegliere, come educare un figlio, chi sposare, la compravendita di una casa, le scelte
politiche, la regolamentazione di mercati oligopolisti, sono solo alcuni esempi di decisioni
che si prendono nell’arco di una vita.
Uno dei contributi fondamentali della teoria dei giochi è stata la comprensione della
complessità delle situazioni di interazione strategica, nonché un’analisi del ruolo che hanno
vari parametri nel determinare il risultato finale. Ormai la teoria dei giochi ha una certa
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capacità di suggerire come si possa intervenire in una data situazione qualora si voglia
ottenere un certo tipo di risultati.
L’esempio classico è data dall’analisi che è stata fatta sui vari meccanismi d’asta, ma si
può citare la comprensione del ruolo di aspetti come l’impazienza o l’avversione al rischio.
La teoria dei giochi ha avuto molteplici applicazioni, ma le più importanti sono quelle
sull’economia e sulla filosofia.
1) Applicazione in economia
L’economia è la scienza che si occupa dell’allocazione di risorse scarse fra usi
alternativi. Se le risorse sono scarse è perché ci sono più persone che le desiderano
rispetto a quelle che le possono ottenere, quindi ci sono tutti gli elementi per poter
parlare di gioco.
L’approccio economico si basa sull’ipotesi che le persone agiscono in modo
razionale nelle scelte economiche, se è così la teoria neoclassica potrebbe essere
intesa come un ramo della teoria dei giochi. Ma non è così, perché la teoria
neoclassica assume la cosiddetta “ipotesi di comportamento atomistico” secondo la
quale gli agenti economici pensano, decidono e agiscono individualmente gli uni
agli altri. La teoria dei giochi, al contrario si occupa delle interazioni fra gli
individui, cioè le decisioni di un individuo dipendono dalle decisioni degli altri
individui, e queste ultime dipendono dalla sua.
La teoria dei giochi, dunque, si concentra sugli intrecci degli individui, sui loro
conflitti, sulle loro alleanze.
2) Applicazioni in filosofia sociale
I teorici della teoria dei giochi sono in grado di dimostrare che anche la persona
più egoista può essere spinta a cooperare con gli altri e di avere legami a lungo
termine, in questo caso si parla di giochi ripetuti, ossia quelli in cui i giocatori si
affrontano numerose volte nel tempo. Una volta scoperto gli equilibri multipli resta
difficile studiare la filosofia sociale senza la teoria dei giochi. Infatti, è proprio
attraverso essa che è possibile arrivare ad una nuova interpretazione dei concetti di
Istituzione e di Stato.
La teoria dei giochi ha esteso la sua area di influenza ben oltre l’economia, infatti è
utilizzata nelle scienze politiche, scienze giuridiche, sociologia, antropologia, psicologia,
ma anche in biologia, medicina, intelligenza artificiale, logica-matematica ed altro.
Inoltre, la teoria dei giochi è stata utilizzata per risolvere il problema di scegliere adeguati
meccanismi d’asta: clamorosi sono stati i successi nel caso delle aste USA per
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l’allocazione di banda da dedicare ai cellulari di seconda generazione, e in GB per quelli di
terza generazione, UMTS.
Non meno significativi sono stati i contributi dati allo studio dei mercati oligopolisti, con
annesse indicazioni per quanto riguarda le politiche da adottare in un’ottica di
regolamentazione di questi mercati.
Altro aspetto importante è stata la modellizzazione accurata e miglior comprensione del
ruolo delle asimmetrie informative, dei vincoli che queste impongono e di come si possono
affrontare, ad esempio il ruolo dei segnali, degli incentivi, della reputazione.
Ed infine la teoria dei giochi viene utilizzata anche in microbiologia per analizzare dati da
microarray e determinare, con strumenti dei giochi cooperativi, la rilevanza dei vari geni
nell’insorgenza di specifiche malattie.
Per concludere, la teoria dei giochi è una teoria rilevante, utile e consolidata. Nonostante
questo, però, essa è in grado di dare ricette facili da applicare questo perché ha un difficile
contesto applicativo. Ne consegue che esistono numerose questioni aperte sia sul fronte
applicativo che teorico, il che la rende una disciplina affascinante.
1.4 Classificazione dei giochi
La distinzione più importante tra i giochi è quella che separa i giochi cooperativi
dai giochi non cooperativi.
I giochi cooperativi sono giochi in cui si assume che i giocatori possano parlarsi e stipulare
accordi vincolanti.
I giochi non cooperativi invece, sono quelli in cui ciascun giocatore deve effettuare la
propria scelta strategica da solo, senza poter comunicare con gli altri giocatori.
Inoltre, tali giochi si dividono in giochi non cooperativi di:
- coordinamento cioè giochi in cui i giocatori hanno un interesse comune, quindi c’è
assenza di conflitto. Un esempio è dato dalle regole del traffico dove ogni
automobilista segue la propria direzione senza intralciare quella dell’altro, anche
senza scambio di informazioni tra i due;
- cooperazione cioè giochi in cui c’è un interesse conflittuale. Un esempio è dato dal
dilemma del prigioniero.
Entrambi i giochi (cooperativi e non cooperativi) iniziano con la descrizione delle regole
del gioco ma ciò che le differenzia è il tipo di concetto di soluzione impiegato.
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La teoria dei giochi cooperativi è assiomatica, ricorre frequentemente alla Pareto-
ottimalità
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In economia, i giochi cooperativi sono utilizzati per formalizzare la contrattazione e
permettono di dividere i guadagni derivanti dalla cooperazione attraverso pagamenti
collaterali, cioè trasferimenti che mutano i pagamenti stabili.
E’ possibile classificare i giochi non cooperativi in relazione:
- alla natura dei payoff, ed avremo:
a) giochi a somma costante, cioè i payoff complessivi a
disposizione degli agenti non varia al variare delle loro scelte: il
guadagno di uno è la perdita dell’altro.
b) giochi a somma variabile: i payoff complessivi a disposizione
degli agenti variano al variare delle scelte;
- alla natura e alla disponibilità delle informazioni. Infatti avremo:
a) giochi ad informazione perfetta: ogni giocatore , in ogni istante, è
interamente a conoscenza dell’intera sequenza di mosse effettuate da lui
e dagli altri fino a quel momento;
b) giochi ad informazione simmetrica: nessuno dei giocatori dispone di
informazioni di cui non siano in possesso anche tutti gli altri;
c) giochi ad informazione completa: gli elementi che caratterizzano tali
giochi sono di comune conoscenza tra tutti i giocatori;
d) giochi ad informazione incompleta: gli elementi che caratterizzano tali
giochi non sono di conoscenza da tutti i giocatori.
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Una combinazione di strategia è un ottimo paretiano se non esiste nessun’altra combinazione tale
che valga almeno una disuguaglianza stretta. Adottare congiuntamente una strategia che non è un ottimo
paretiano significa ridurre l’utilità di qualcuno senza aumentare l’utilità di nessuno. Giocare congiuntamente
un ottimo paretiano significa evitare di sprecare utilità.