2
possibilità ed eventualmente sulle modalità con le quali può
essere realizzato il diritto del titolare, attraverso quei fenomeni
eterogenei con cui si promuovono iniziative dirette alla risolu-
zione dei conflitti, prima di iniziare una attività giurisdizionale
e, pertanto, senza pervenire alla pronuncia di un giudice
ordinario competente, evitando così le inutili perdite di tempo
e di denaro che sembrano ormai connaturate allo svolgimento
di un processo.
E proprio facendo riferimento all’insostenibilità dei costi e
della durata del giudizio civile in Italia, la Commissione giu-
stizia del Senato constatava che: “il processo civile è diventato
un mezzo per la perpetuazione dell’ingiustizia”1.
Ed invero l’accentuazione delle garanzie formali, che è
una caratteristica costante nell’evoluzione della giustizia mo-
derna, ha notevolmente accresciuto, in termini di costo e di
durata, la complessità del processo rendendolo uno strumento
inadatto per i tipi di controversie che richiedono interventi ra-
pidi. In particolare, riguardo alla giustizia civile, la conse-
1
Relazione alla Commissione giustizia del Senato, con la quale è stato il-
lustrato nella IX legislatura il disegno di legge delega per il nuovo c.p.c., pub-
blicata in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1986, p. 318 ss.
3
guenza più vistosa della crescente formalizzazione del proces-
so è la sua totale inidoneità alla soluzione delle liti minori2. Da
qui la necessità di trovare altre vie per la soluzione delle liti.
Costituiranno oggetto di questa indagine sia i “procedi-
menti rivolti a prevenire obbligatoriamente la lite in via conci-
liativa, sia quelli rivolti a “mediare” tra le parti contendenti
per prevenire la lite, sia quelli rivolti a concludere una transa-
zione tra le parti”3.
Sebbene a proposito di tali procedimenti si parli di tecni-
che di “giustizia informale” per sottolinearne la semplicità, o
di “procedimenti sommari” al fine di sottolinearne la rapidità,
o anche di procedimenti che agevolano “l’accesso alla giusti-
zia” per evidenziarne la ridotta onerosità o addirittura la gra-
tuità, le finalità che tali forme alternative di risoluzione delle
controversie perseguono sono in gran parte coincidenti.
“Giudicare bene, giudicare meglio”: questo è lo slogan
2
Cfr. DENTI, “I procedimenti non giudiziali di conciliazione come istitu-
zioni alternative”, in Riv. Dir. proc. civ., 1980, p. 410 ss.
3
Cfr. ALPA, “Riti alternativi e tecniche di risoluzione stragiudiziale delle
controversie. Diritto civile”, negli Atti del Convegno presso il Foro di Genova
12-13 aprile 1997, p. 1.
4
che sintetizza l’esigenza di ripristinare una tempistica ragio-
nevole per la definizione delle liti civili e l’esigenza “di recu-
perare alla giurisdizione la capacità di fissare delle regulae ju-
ris dotate di sufficiente stabilità”4. In questo modo le parti ed i
difensori possono orientarsi più facilmente, viene ridotta la ri-
levanza delle quaestiones juris e, di conseguenza, il processo
è rivolto alla quasi esclusiva risoluzione delle questioni di fat-
to controverse.
Si tratta infatti di prevenire la lite con tecniche semplifica-
te, e possibilmente contenute sia per quanto riguarda i tempi5
sia per ciò che concerne i costi.
Queste tecniche di risoluzione stragiudiziale delle contro-
versie hanno conosciuto, almeno fino ad ora, maggior succes-
so in altri Paesi, quali gli Stati Uniti d’America, ove i proce-
4
ROVELLI, “L’arbitrato e tentativo obbligatorio di conciliazione come
modelli alternativi al processo civile”, in Documenti Giustizia, 1998, n. 4-5,
784.
5
Nei tribunali i procedimenti in attesa - secondo il monitoraggio riferito al
’96, il più aggiornato fra quelli effettuati dal Ministero di grazia e giustizia -
sono quasi un milione e mezzo. Nel caso del tribunale di Genova sono previsti
3 anni per smaltire l’arretrato (procedimenti civili di cognizione ordinaria di
primo grado) nell’ipotesi che non vi siano più nuove cause. Nel caso del tribu-
nale di Savona gli anni aumentano a 5. Da Il Sole 24 Ore, 11maggio 1998, n.
127, p. 9.
5
dimenti cui si è accennato sono indicati con l’acrostico anglo-
fono, da ora in avanti “A.D.R.” (Alternative Dispute Resolu-
tion), l'Inghilterra, la Francia, ed anche, seppure in misura in-
feriore, la Spagna e la Svizzera.
In altri Paesi, quali la Germania6, alla crescente domanda
di giustizia è stata data una risposta essenzialmente giurisdi-
zionale. La ricerca di soluzioni conciliative (sia al di fuori che
all’interno del processo) si colloca in una prospettiva di com-
plementarità e con una funzione di “filtro” rispetto
all’esercizio della giurisdizione contenziosa.
Diversamente, un altro gruppo di Paesi sembra orientato
verso modelli di tutela differenziata extraprocessuale, che si
traducono nell’introduzione di modalità alternative e differen-
ziate in funzione della tipologia delle controversie o delle qua-
lità soggettive dei contendenti (banche, assicurazioni, teleco-
municazioni ecc.) con una parcellizzazione che può rasentare
forme di giustizia “corporativa”. Ovviamente la “rinuncia” al-
la tutela giurisdizionale presuppone una manifestazione di vo-
6
Relazione allo schema di disegno di legge 30/06/1995 n. 2814/c, “Dispo-
sizioni della conciliazione in sede contenziosa, non contenziosa e stragiudizia-
le”.
6
lontà delle parti, ma tale rinuncia è fortemente incoraggiata
dalla tendenziale gratuità e dalla celerità del procedimento al-
ternativo. Esempio emblematico di tale modello sono il Regno
Unito e, per taluni aspetti, i Paesi Bassi.
Spagna e Portogallo, pur avendo recentemente optato per
forme di tutela alternative rispetto alla giurisdizione, vanno
tenuti in autonoma considerazione per due ordini di motivi:
innanzitutto per il prevalente ricorso ad organismi arbitrali, ivi
istituiti con natura pubblicistica; in secondo luogo, mentre nel
Regno Unito la gestione di un certo settore del contenzioso è
stata sostanzialmente delegata alle categorie sociali, nella pe-
nisola iberica l’evoluzione è stata promossa, guidata e finan-
ziata dalle pubbliche autorità.
Un modello originale è infine quello scandinavo, basato
su un sistema di vasi comunicanti fra procedure giurisdizionali
e procedimenti para-giurisdizionali in settori specifici quali le
controversie in materia di consumo; in base a tale modello il
procedimento paragiurisdizionale precede e condiziona la pro-
cedura eventuale innanzi al giudice ordinario che è tenuto ad
acquisire la decisione dell’organo paragiurisdizionale nel caso
7
in cui questa sia impugnata.
Particolare attenzione sarà quindi riservata ai profili di di-
ritto comparato, nel capitolo secondo di questa ricerca, ove
verranno illustrati i procedimenti alternativi di risoluzione an-
te causam delle controversie.
Nel nostro Paese la diffusione di forme e tecniche di riso-
luzione stragiudiziale delle controversie ha incontrato nume-
rosi ostacoli riconducibili a diversi fattori, quali:
1) la concezione dell’amministrazione della giustizia che si
incentra sul ruolo del giudice togato7;
2) la preoccupazione che al di fuori del giudizio ordinario
non siano rispettate le garanzie giurisdizionali ed il mito
dell’unità della giurisdizione che fa valutare con estrema
diffidenza qualunque tentativo di erosione del monopolio
attribuito ai giudici statali8;
7
Tale concezione porta il legislatore a vedere il processo (che si conclude
con sentenza resa “in nome del popolo italiano”) come il principale ed unico
procedimento idoneo a risolvere le contese private. In questa ottica si compren-
de la locuzione “la sacralità del processo” utilizzata da ZENO-ZENCOVICH,
in Il Sole 24 Ore 11 maggio 1998, n. 127, p. 9.
8
Cfr. CHIARLONI, “La conciliazione stragiudiziale come mezzo alterna-
tivo di risoluzione delle dispute”, in Riv. dir. proc. 1996, p. 699.
8
3) il timore che l’organizzazione tecnica e finanziaria delle
A.D.R. non sia adeguata alle esigenze che esse intendono
soddisfare;
4) l’abitudine dei contendenti a rivolgersi ad organi giurisdi-
zionali in virtù di una tradizione culturale che ha posto il
processo in primo piano quale forma istituzionalizzata di
risoluzione delle controversie;
5) la lentezza delle riforme operate dal legislatore al fine di
favorire il ricorso a forme alternative di risoluzione delle
controversie9;
6) l’assenza o la marginalità di strumenti alternativi non pro-
cessuali efficienti ed affidabili.
Negli ultimi anni tuttavia la situazione sembra mutare.
La dottrina10 più recente e più accreditata, infatti, ha mes-
9
Le statistiche comparate indicano gli italiani come un popolo litigioso.
Influiscono su tale atteggiamento i fattori antropologici legati ai valori forti in-
dividuali e familiari propri delle civiltà mediterranee rispetto a quelli comunita-
ri dominanti nelle civiltà a matrice germanica. La conclusione è, però, curiosa e
poco consolante: i responsabili del dissesto non sarebbero i governi, le strutture
o le mancate riforme della giustizia ma bensì i cittadini stessi incapaci di risol-
vere le liti da sé. Da Il Sole 24 Ore 11 maggio 1998 n. 127, p. 9.
10
Cfr. CAPPELLETTI, “Il giudice di pace nella prospettiva del movimen-
to per l’accesso alla giustizia”, in Scritti in onore di Elio Fazzalari, Milano,
1993, 608 ss.
9
so in luce l’importanza di tecniche intese a rendere la giustizia
più accessibile mediante la creazione di forme alternative di
soluzione dei conflitti e la semplificazione delle procedure, in-
tendendo per semplificazione, non l’attenuazione di quelle
formalità che spesso riflettono e rinforzano garanzie di impar-
zialità, ma piuttosto la sostituzione della giustizia contenziosa
con quella “coesistenziale”, basata cioè su forme di mediazio-
ne e soprattutto di conciliazione. Per giustizia “coesistenziale”
si intende la giustizia che, con riferimento a situazioni, sempre
più frequenti, in cui i soggetti sono legati da rapporti per loro
stessa natura durevoli11, ricerca, più che un torto o una ragio-
ne, la possibilità di permanenza del rapporto, ponendo atten-
zione non al singolo fatto ma piuttosto all’intera situazione
nella quale l’episodio contenzioso si è inserito12. La giustizia
11
Cfr. CAPPELLETTI, op. cit., p. 610: “... hanno assunto crescente rilievo
quelle che i sociologi chiamano le total institutions, le istituzioni integrali, nel
senso che noi, in quanto membri di svariate comunità economiche, culturali,
sociali, siamo costretti a svolgere in esse una parte notevole della nostra vita ed
attività: fabbriche, uffici, scuole, quartieri edilizi, ecc. La fuga da siffatte istitu-
zioni non è possibile, o per lo meno comporterebbe costi troppo elevati ...”
12
“La Giustizia che ha riguardo all’intera situazione complessa nella quale
l’episodio isolato si inserisce”, viene chiamata da Nader situational justice.
NADER, “The Direction of Law and the Developmente of extra-judicial Pro-
cesses in Nationa State Societies”, in P.H. GULLIVER, ed., Cross Examina-
tions, Essay in Memory of Max Gluckman, Leiden Brill, 1978, pp. 78-86.
10
coesistenziale, invero, rivolgendosi a conflitti tra parti legate
da rapporti durevoli e complessi, considera la lite come una
tensione che deve, nei limiti del possibile, essere “curata”
piuttosto che risolta mediante l’intervento della giustizia con-
tenziosa sicuramente più onerosa sia in termini economici che
di durata: questo sembra far riemergere quella vecchia tenta-
zione di volontarizzazione della giustizia.
Per ritornare alla situazione normativa attuale, vi sono sta-
te ultimamente alcune importanti innovazioni legislative, quali
la riforma del processo civile13 e l’istituzione del giudice di
pace, che, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbero
consentire una maggiore rapidità nei giudizi e conseguente-
mente assicurare una giustizia migliore.
Si sono moltiplicate inoltre le iniziative assunte
nell’ambito dell’autonomia privata delle parti, per assicurare
ai singoli un giudizio, una valutazione preventiva, una compo-
13
Dopo quarant’anni dall’entrata in vigore del Codice di procedura civile,
si è avvertita l’esigenza di un intervento legislativo diretto a mutare il “volto”
del processo civile, adeguandolo alla realtà sociale progressivamente cambiata.
L’auspicata riforma del processo civile è stata attuata con la legge 26 novembre
1990, n. 353 ed entrata in vigore il 30 aprile 1995. Il 1° maggio 1995 è entrata
in vigore la legge 21 novembre 1991, n. 374 istitutiva del giudice di pace.
11
sizione conciliativa o paragiudiziale, come accade per
l’attività delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e
Agricoltura (da ora in avanti chiamate per brevità, Camere di
Commercio) in materia di controversie tra imprese e consuma-
tori, per l’attività delle Camere di consultazione istituite pres-
so le Corti d’appello, per il procedimento di conciliazione e
d’arbitrato messo a disposizione in via sperimentale dalla Te-
lecom per le controversie con gli utenti riguardanti il servizio,
l’Ombudsman per la soluzione delle dispute tra banche e
clienti, ed infine per le intese tra associazioni di consumatori e
associazioni di imprenditori con riguardo a specifici settori14.
Nonostante il favore per un sistema di amministrazione
della giustizia in cui i riti alternativi possano conoscere una
maggiore diffusione, occorre evidenziare anche le perplessità
avanzate da una parte della dottrina, in ordine alle caratteristi-
che di tali riti15.
Si sottolinea infatti che le ADR, concepite come strumenti
per facilitare la negoziazione e il dialogo degli interessati, non
14
Cfr. CHIARLONI, op. cit., p. 699; ALPA, op. cit., p. 2.
15
Cfr. ALPA, op. cit., p. 7.
12
costituiscono una autentica panacea in quanto finiscono per
“operare” in una realtà complessa caratterizzata da un’elevata
litigiosità; inoltre la deregulation a cui conducono, può pro-
durre risultati nocivi se tali riti alternativi operano tra parti e-
conomicamente e socialmente diseguali; non solo, ma la “de-
formalizzazione” a cui esse si ispirano può impedire
l’applicazione dei valori costituzionali16, se le ADR preven-
gono ogni intervento del giudice togato17. Per tali motivi, ri-
sulta di primaria importanza la previsione di garanzie proces-
suali tali da consentire:
A) la conoscibilità del procedimento da parte di tutti gli inte-
ressati
18
;
16
TROCKER, “Il diritto costituzionale di azione e il fattore tempo”, in
Processo civile e Costituzione, Milano, 1974, 225 ss. L’Autore ritiene che il
problema consista “nella individuazione dei limiti specifici cui possa essere su-
bordinata la garanzia di azione. Si tratta di vedere se l’obbligo del preventivo
ricorso in via amministrativa sia configurabile come modalità di esercizio del
diritto di azione, ex art. 24 Cost., p. 239.
17
Cfr. CHIARLONI, “Nuovi modelli processuali”, in Riv. dir. civ., 1993,
31 ss.
18
Cfr. ALPA, op. cit., p. 4, ove si legge: “il procedimento deve essere
conoscibile preventivamente da parte di tutti gli interessati; un procedimento i
cui contenuti e i cui effetti fossero noti solo alla parte più forte o alla parte che
sostiene finanziariamente il sistema alternativo, non assicurerebbe le garanzie
minimali di tutela”.
13
B) maggior speditezza e semplicità del rito alternativo rispet-
to al rito ordinario19;
C) la possibilità di partecipare al procedimento e di compari-
re nel medesimo, unitamente alla possibilità di difendersi
e farsi assistere, di dedurre prove e di impugnare il prov-
vedimento conclusivo che deve essere comunque motiva-
to:
D) la gratuità o perlomeno il modesto costo del procedimen-
to.
Un altro aspetto rilevante nella trattazione dei riti alterna-
tivi concerne le loro differenti funzioni20 e pertanto possono
prevedersi ADR operanti prima che insorga una controversia e
19
Cfr. CHIARLONI, “La conciliazione giudiziale ...”, cit., p. 695: “La
moderna società complessa non può accontentarsi dei modi tramandati di am-
ministrare la giustizia, applicando il diritto dato, ovvero creandolo nei prece-
denti, ad opera di giudici tradizionali in un contesto processuale altamente for-
malizzato che richiede la mediazione di specialisti costosi. Occorre battere altre
strade, più veloci, più economiche, più semplici, più vicine ai bisogni e, perché
no, anche ai modi di sentire dei cittadini (o meglio, di alcune categorie di citta-
dini) coinvolti in una causa civile”. Nello stesso senso CAPPONI, “Il tentativo
di conciliazione obbligatorio in funzione deflattiva del contenzioso infortunisti-
co”, in Doc. giust., 1996, n. 7, p. 1487. Osserva peraltro, l’Autore che “la fase
amministrativa non può risolversi in un generico ‘parcheggio’ di contenzioso in
attesa di esame da parte del giudice competente”.
20
I vantaggi delle ADR sono stati recentemente esaminati anche nella pro-
spettiva della allocazione economicamente efficiente delle risorse SHAVELL,
“ADR, an Economic analysis” in 24 j leg. Stud., 1995, p. 1 e ss.
14
ADR introdotte successivamente alla emersione della stessa.
Nel primo caso si possono avere due differenti ipotesi:
1) Le parti si accordano per sottoporre le eventuali future
controversie ad uno dei metodi di ADR disponibili.
2) Le parti attendono l’insorgere della controversia e solo
successivamente si accordano per risolverla mediante
ADR21.
Le parti, dunque, per poter concludere un accordo, sia es-
so preventivo oppure successivo all’insorgere di una contro-
versia, devono essere informate sul costo dell’accordo, sul co-
sto delle ADR e sulle procedure utilizzabili.
Qualora stia per insorgere una controversia, le parti do-
vranno considerare i rischi relativi all’esito della causa e con-
seguentemente valutare la convenienza di una conciliazione
anteriore alla causa stessa, considerare l’opportunità di tentare
una conciliazione successivamente o affidarsi ad una tecnica
di ADR, o rivolgersi direttamente al giudice.
Nel presente lavoro l’attenzione si incentra principalmente
sull’istituto conciliativo obbligatorio da esperirsi prima di adi-
21
Cfr. ALPA, op. cit., p. 4.
15
re il giudice ordinario, ossia preventivo.
L’attività conciliativa22 deve essere inserita in un quadro
classificatorio per la sua particolare adattabilità e per la sua
multiforme configurazione che può assumere all’interno del
procedimento civile.
Secondo l’indirizzo dottrinale probabilmente più condivi-
so23, l’atto conciliativo deriva da un meccanismo procedurale
che predispone al contatto tra le parti in una sede istituzionale,
all’ordinato dispiegarsi tra di loro di uno scambio orientato
verso il componimento della controversia, al quale presiede e
partecipa, anche attivamente, l’organo mediatore. Infine, è
prevista la realizzazione di attività indirizzate ad attribuire
all’atto terminale, nel quale si sostanzia l’accordo, un carattere
di regolarità formale e di stabilità, cui, in alcune ipotesi, si
correla il conferimento di una speciale efficacia giuridica, os-
sia l’efficacia di titolo esecutivo.
22
CARRATO, “Le attività conciliative nel contenzioso civile”, in Teoria e
pratica del diritto sez. I (67), Milano, 1993, p. 27 ss.
23
ROSSI, “Conciliazione: 1) Diritto processuale civile”, in Enc. giur.
Treccani, 1988, 2.
16
1.1 Applicazione delle ADR in Italia
Per quanto concerne l’esperienza italiana nel settore delle
ADR, occorre scindere le ipotesi già previste in via legislativa
dalle iniziative assunte in via privata.
Tra le prime vanno annoverate le ipotesi di conciliazione
obbligatoria previste in materia di rapporti agrari (Legge 3
maggio 1982, n. 203, art. 46), di rapporti di lavoro privato (art.
410 cpc novellato dal decreto legislativo 80/98 art. 36), di rap-
porti di pubblico impiego (art. 69 decreto legislativo 29/93
novellato dall’art. 31 del decreto legislativo 80/98), di licen-
ziamenti individuali (art. 5 legge 108/1990), di rapporti locati-
zi (legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 44 abrogato dall’art. 89
legge 26 novembre 1990, n. 353) e per ultimo in materia di
subfornitura nelle attività produttive (legge 18 giugno 1998, n.
192, art. 10).
Tra le seconde si devono segnalare:
1) l’attività della Camera di conciliazione istituita presso la
Corte d’Appello di Roma;
17
2) l’attività della Camera arbitrale presso la Camera di Com-
mercio di Milano e di Torino;
3) l’attività delle Camere arbitrali e di conciliazione presso le
altre Camere di commercio;
4) le iniziative dell’Unioncamere;
5) le iniziative dell’Istituto per la diffusione della cultura ar-
bitrale (Isdaci);
6) il ruolo degli organismi di autodisciplina;
7) le iniziative assunte in alcuni settori dell’economia, quali
l’arbitrato in materia di assicurazioni e l’Ombudsman ban-
cario;
8) l’attuazione della disciplina di recepimento della direttiva
comunitaria in materia di clausole vessatorie nei contratti
con il consumatore.
Sia le iniziative in tema di conciliazione obbligatoria pre-
viste in via legislativa, sia le iniziative private volte a favorire
la conciliazione stragiudiziale dei contrapposti interessi delle
parti, saranno oggetto di un’attenzione specifica nel prosieguo
della presente ricerca.