Capitolo 1 Introduzione al costrutto di temperamento 1.1 Il temperamento Con il termine “temperamento” si intende lo stile comportamentale di un
individuo, o il modo in cui il suo comportamento si esprime. Questo stile fa
la sua comparsa molto presto nella vita della persona, ha una base
biologica, e sembra che abbia aspetti di stabilità nel tempo e attraverso le
situazioni.
Sebbene il concetto di temperamento, in una forma a noi familiare, faccia
seguito agli scritti di Galeno risalenti al II secolo a.C., lo studio scientifico
sull'influenza del temperamento nello sviluppo del bambino in realtà è
iniziato da poco più di 50 anni con le prime ricerche di Thomas e Chess
(Thomas e Chess, 1956)
Se consideriamo il fatto che si tratta di storia recente, non deve
sorprendere che ancora non esista una teoria esaustiva del temperamento
in grado di fornire una visione d'insieme che tenga conto dei vari punti di
vista presenti in letteratura sull'argomento; tuttavia Bates (1989) fornì una
definizione su cui esiste un generale accordo:
“Il temperamento è dato dalle differenze individuali nelle tendenze
comportamentali che affondano le loro radici nella biologia, che sono
presenti all'inizio della vita e che sono relativamente stabili sia in situazioni
che in tempi diversi”.
Le tre grandi aree della personalità umana in cui si manifestano queste
caratteristiche sono:
1. Emozioni: in particolare, la predominanza di emozioni positive o
negative in individui diversi; la regolazione della risposta emotiva
alla novità; le risposte emotive di fronte a persone sconosciute (si
pensi alla timidezza, che è un aspetto temperamentale); le risposte
emotive agli stati fisiologici interni come dolore, stress, fame o
sonno.
2. Attenzione: in particolare, l'orientamento e la regolazione
dell'attenzione; le differenze individuali nel mantenimento del focus
dell'attenzione.
3. Attività motoria: in particolare, vigorosità del movimento; frequenza
dell'attività motoria; capacità di modulare l'attività stessa.
Esiste un generale accordo anche sui seguenti concetti:
1. Il temperamento non è una cosa o una serie di cose, ma un
costrutto ipotetico su come si organizzano una complessa serie di
processi.
2. I processi che chiamiamo “temperamento” si riferiscono al modo in
cui il comportamento è espresso, indipendentemente dal contenuto
e dalle motivazioni del comportamento.
Riportando la distinzione operata da Thomas e Chess (1977), il termine
temperamento si riferisce al “come” e non al “che cosa” o al “perché”. Per
esempio, il neonato che piange , in sé per sé , non è un aspetto del
temperamento. Sono, invece, aspetti che interessano il temperamento
l'intensità o la frequenza del pianto; o anche la facilità o la difficoltà con cui
l'infante si lascia consolare.
1.2 Evoluzione storica del costrutto di temperamento Il temperamento è un aspetto della personalità alquanto trascurato dalla
psicologia moderna. Non c'è molto accordo tra gli psicologi su che cosa
debba intendersi per temperamento e su come esso si distingua dal
carattere. Tuttavia, il concetto di temperamento è uno dei più antichi nella
storia della psicologia e non sembra affatto il caso di accantonarlo, poiché
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esso consente di raggiungere risultati non trascurabili nella comprensione
delle differenze individuali.
Ma le moderne teorie non possono mai prescindere da quelle antecedenti,
anche quando esse vengano considerate obsolete. Ogni nuova teoria,
specie per quanto riguarda le scienze umane, affonda le proprie radici nel
passato: prende le mosse da studi, osservazioni, esperimenti, idee,
pensieri filosofici e finisce per rappresentarne un'evoluzione, un
approfondimento o anche, non di rado, una rivoluzione. Non può essere
quindi neanche iniziato un discorso sul costrutto di temperamento e sulle
tecniche di valutazione senza aver prima almeno accennato brevemente a
come esso si sia evoluto nel corso della storia.
1.2.1 I primi tentativi di dare una spiegazione alle differenze
individuali L'idea che l'ambiente agisca su costituenti interni all'uomo nella
costruzione della personalità viene da molto lontano. Risale ai filosofi e
naturalisti dell'antica Grecia, che, a partire dall'ipotesi di un modello
quadripartito degli elementi, gettarono le basi per la formulazione e l'avvio
di un programma di ricerca sperimentale: quello relativo allo studio delle
radici biologico-sociali della personalità.
Quali sono gli elementi fisico-biologici costituenti le persone e le cose? Si
domandò Empedocle (450 a. C.). Esiste una legge e un ordine che
governa questo apparente disordine di caratteristiche di personalità? Si
domandò Ippocrate (400 a. C.). Fu a partire da questi interrogativi che i
“fisici” dell'antichità, agli esordi della cultura pre-scientifica, aprirono il
capitolo della ricerca di un modello psico-biologico per la comprensione
delle differenze di personalità, secondo una prospettiva prevalentemente
materialistica.
Empedocle può essere considerato il precursore filosofico di questa
ricerca: pose le basi di una catalogazione degli elementi secondo il
Modello Quadripartito su cui si baseranno le successive elaborazioni
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ippocratiche. Postulò che Acqua, Aria, Terra e Fuoco fossero gli enti
originari indifferenziati e inalterabili da cui derivano tutte le cose.
Empedocle sosteneva che la realtà che ci circonda, caratterizzata dalla
mutevolezza, è composta da elementi immutabili, da lui nominati “radici”.
Ogni radice possiede una coppia di attributi: il fuoco è caldo e secco;
l'acqua fredda e umida; la terra fredda e secca; l'aria calda e umida.
L'unione di tali radici determina la nascita delle cose, la loro separazione
ne determina la morte. Si tratta perciò di apparenti nascite e apparenti
morti, dal momento che l'Essere (le radici) non si crea e non si distrugge,
ma è soltanto in continua trasformazione. L'aggregazione e la
disgregazione delle radici sono determinate dalle due forze cosmiche e
divine, Amore e Discordia (o Odio), secondo un processo ciclico eterno.
Ippocrate tentò di applicare tale teoria alla natura umana, definendo
l'esistenza di 4 umori: Bile Nera, Bile Gialla, Sangue e Flegma. L'acqua
corrisponderebbe alla flegma che ha sede nella testa, la terra
corrisponderebbe alla bile nera che ha sede nella milza, il fuoco alla bile
gialla (detta anche collera) che ha sede nel fegato, l'aria al sangue la cui
sede è il cuore. Il buon funzionamento dell'organismo dipenderebbe
dall'equilibrio degli elementi, per cui il prevalere dell'uno o dell'altro
causerebbe una malattia dell'uno o dell'altro tipo. La Teoria Umorale
concepita da Ippocrate rappresenta il più antico tentativo, nel mondo
occidentale, di ipotizzare una spiegazione eziologica dell'insorgenza delle
malattie, superando la concezione superstiziosa, magica o religiosa. Oltre
ad essere una teoria eziologica, la Teoria Umorale è una teoria della
personalità in quanto la predisposizione all'eccesso di uno dei quattro
umori definirebbe un carattere, un temperamento e, insieme, una
costituzione fisica detta complessione:
● il flemmatico: grasso, lento, pigro e sciocco;
● il melanconico: magro, debole, pallido, avaro, triste;
● il collerico: magro, asciutto, di bel colore, irascibile, permaloso,
furbo, generoso e superbo;
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● il sanguigno: rubicondo, gioviale, allegro, goloso e dedito a una
sessualità giocosa.
L'infinita possibilità che gli elementi hanno di combinarsi fra loro genera gli
infiniti caratteri, inoltre questi umori sono soggetti a prevalere o a diminuire
a seconda dei momenti della giornata, delle stagioni e delle età della vita.
Galeno (160 a. C.) ampliò e tentò di corroborare tale teoria attraverso
studi scientifici. Egli sosteneva che principio fondamentale di vita era
pneuma (aria, alito, spirito), corrispondente al sangue, pertanto il cuore,
essendone la sede, doveva essere la sede della vita e dello spirito (ciò
che più tardi si chiamerà anima).
1.2.2 Il contributo europeo La tipologia ipotizzata da Galeno è rimasta praticamente inalterata fino ai
tempi di Wundt (1902), venendo a incrociarsi con alcune teorie
fisiognomiche e con la frenologia.
Uno dei ricercatori che rilanciò l'interesse per le differenze temperamentali
fu Pavlov. Nel 1903 egli annunciò la sua teoria del riflesso condizionato in
cui sintetizzò le scoperte effettuate in anni di esperimenti con i cani.
Pavlov studiò il temperamento in termini di differenze fra vari tipi di
sistema nervoso, in particolare per quanto riguarda alcune proprietà come
la forza, la mobilità e l'equilibrio nei processi di inibizione ed eccitazione
all'interno del sistema nervoso centrale (SNC). Nei suoi esperimenti con i
cani provocò varie situazioni di conflitto tra segnali che annunciavano
l'inizio del pasto e altri che ne annunciavano la sospensione o la fine. La
manipolazione sperimentale di questi stimoli rinforzanti o punitivi non poté
dar luogo alla formulazione di una legge generale, ma costituì una spinta
per le future ricerche sulle differenze di temperamento nell'uomo, proprio a
partire dall'evidenza delle differenze individuali dei cani.
Alle stesse condizioni di conflitto o frustrazione si notavano infatti notevoli
differenze nelle loro risposte: alcuni reagivano bene, mantenendo la loro
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