4
pubblicitarie utilizzano per persuadere i minori, il parallelismo tra i messaggi
pubblicitari e le favole, gli stereotipi, i pregiudizi e i luoghi comuni di cui si alimenta
la pubblicità e, infine, i suoi effetti sul comportamento dei minori e ancora più nello
specifico sul loro comportamento d’acquisto per vedere se effettivamente essa
realizza il suo obiettivo principe: la vendita dei prodotti reclamizzati.
Il terzo capitolo “La legislazione italiana” affronta l’intero sistema normativo italiano
sul rapporto tra tv e tutela dei minori. La nostra legislazione in tale materia si
suddivide in tre macroaree: la disciplina legislativa, l’autoregolamentazione e la co-
regolamentazione. Le leggi-cardine sono: la legge 6 agosto 1990, n.223 (la legge
Mammì), la legge 31 luglio 1997, n.249 (la legge Maccanico), la legge 3 maggio
2004, n.112 (la legge Gasparri) e il decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177 recante
il testo unico della radiotelevisione.
Per quanto concerne l’autoregolamentazione merita una particolare considerazione il
Codice di autoregolamentazione media e minori sottoscritto il 29 novembre 2002 da
parte di Rai, Mediaset, La7, Mtv Italia e dalle principali associazioni di emittenti
commerciali, la segnaletica televisiva e il Codice di autodisciplina della
comunicazione commerciale che è giunto alla sua 48ª edizione.
Le principali norme di co-regolamentazione, infine, sono contenute nella legge
Gasparri e nel testo unico della radiotelevisione.
Nel quarto e ultimo capitolo “La legislazione francese” viene illustrato il quadro
normativo francese in materia.
Nel Paese transalpino la legislazione si basa sulla legge-quadro sulla comunicazione
audiovisiva, la n.86-1067 del 30 settembre 1986 che ha subito successive modifiche
e su alcuni articoli presenti nel codice penale.
Davvero interessante è, in conclusione, il sistema della segnaletica televisiva
francese che suddivide i programmi in cinque categorie: I) adatti a qualsiasi tipo di
pubblico, II) vietati ai minori di 10 anni, III) vietati ai minori di 12 anni, IV) vietati ai
minori di 16 anni e V) vietati ai minori di 18 anni e utilizza diversi pittogrammi per
la loro segnalazione.
5
CAPITOLO I
I minori e la televisione
1.1 Il ruolo dei genitori
I genitori svolgono un ruolo chiave nel controllare ed indirizzare le abitudini di
fruizione televisiva e pubblicitaria dei loro figli1.
L’intervento genitoriale deve riguardare sia la fase di pre-visione televisiva, in cui è
bene preparare il minore a quello che si accinge a guardare, sia la fase di post-visione
per concettualizzare quello che si è visto e porre rimedio ad eventuali situazioni
critiche emerse durante la programmazione.
La televisione fornisce continui stimoli ai minori: il verificarsi di effetti narcotici o
passivizzanti è soltanto un indice del fatto che il contesto d’applicazione è tale,
ovvero la fruizione televisiva che si propone in famiglia.
Un errore da evitare è quello di far svolgere alla televisione il ruolo di baby-sitter:
anche se per molti genitori risulta la soluzione ideale per potersi riposare un po’ dopo
una giornata di fatica e di stress da lavoro, non fa altro che abbandonare il minore ad
un palinsesto che potrebbe essere foriero di rischi e potenziali danni per il suo
benessere fisico, psichico e morale.
I genitori, però, non devono attuare l’atteggiamento opposto, cioè quello di proibire
la visione della televisione o di censurare tutti i programmi che essi non ritengono
adatti. Tutto ciò potrebbe favorire il cosiddetto effetto boomerang, poiché della
televisione si parla tanto nel gruppo dei pari e quindi impedire al minore di guardarla
non porterebbe ad altro se non all’emarginazione dallo stesso. In questa fase i
genitori dovrebbero mettere in atto una vera e propria “dieta televisiva” 2 . Essi
devono analizzare attentamente le trasmissioni che guardano i loro figli: i più piccoli
1
L’articolo 34 del testo unico della radiotelevisione prevede al comma 6: “Il Ministro delle
Comunicazioni, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dispone la
realizzazione di campagne scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, nonché
di trasmissioni con le stesse finalità rivolte ai genitori, utilizzando a tale fine anche la diffusione sugli
stessi mezzi radiotelevisivi in orari di buon ascolto, con particolare riferimento alle trasmissioni
effettuate dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
2
Cfr Puggelli Francesca Romana, Spot generation. I bambini e la pubblicità, FrancoAngeli, Milano,
2002.
6
sono più vulnerabili agli effetti negativi del mezzo televisivo. E’ fondamentale,
inoltre, che i genitori conoscano la programmazione per evitare che i minori siano
attratti da programmi inadatti a loro3.
Ai minori bisogna far capire che guardare la televisione è soltanto una delle possibili
opzioni fra le quali essi possono liberamente scegliere. Il tempo di visione televisiva
non dovrebbe mai superare le due ore al giorno. Troppa televisione, infatti, toglie del
tempo ad altre attività a cui il minore deve dedicarsi, come la lettura, lo studio e il
gioco con gli amici.
E’ necessario, inoltre, un serrato controllo ambientale: la televisione non va tenuta
nelle camere dei bambini, perché ciò aumenterebbe la sua fruizione. Durante i pranzi
il televisore andrebbe spento, ma questa pratica fatica ad imporsi nelle famiglie
italiane.
La fase più importante dell’intervento genitoriale sui consumi televisivi dei propri
figli è quella della co-visione4, cioè essi devono accompagnare i piccoli alla visione
delle trasmissioni televisive.
Questo comportamento ha una triplice funzione positiva: per prima cosa aiuta i
minori a decodificare i messaggi e a comprendere determinati aspetti verbali, inoltre
dimostra ai piccoli l’attenzione e il tempo che i genitori dedicano loro e, infine,
consente ai genitori di controllare la reazione dei loro figli di fronte a certe immagini
e a certe situazioni, consentendo loro di calibrare la visione dei programmi sulla
sensibilità dei loro figli.
3
A tal fine particolarmente preziosa per i genitori può essere la segnaletica televisiva che utilizzando
tre colori diversi (verde, giallo e rosso) indica quali programmi possono essere visti dai minori anche
da soli (colore verde), quali dai minori accompagnati da un adulto o da un genitore (colore giallo) e,
infine, quali altri non possono assolutamente essere guardati dai minori (colore rosso).
4
La Rai si è data, nel 1995, una “Carta dell’informazione e della programmazione a garanzia degli
utenti e degli operatori del servizio pubblico” in cui, in materia di bambini e televisione, viene
raccomandato che “l’esposizione alla televisione non sia prolungata e incontrollata ma,
possibilmente, sempre indirizzata e mediata da qualche adulto”.
7
1.2 La televisione e lo sviluppo cognitivo del minore
Lo sviluppo umano è caratterizzato dal susseguirsi di differenti fasi. Ogni fase è
caratterizzata da ben definiti atteggiamenti cognitivi e comportamentali. Tutti gli
individui attraversano le fasi in un ordine cronologico abbastanza fisso, anche se
alcuni fattori genetici e ambientali accelerano o rallentano il passaggio da una fase ad
un’altra. Jean Piaget ha elaborato una teoria delle fasi psicologiche idonea ad
analizzare il rapporto tra televisione e minori. Egli sostiene che il minore abbia un
ruolo decisamente attivo nello sviluppo della conoscenza, in quanto costruisce il suo
pensiero adattandolo alla realtà circostante5.
Piaget ha identificato quattro fasi evolutive6, ognuna delle quali si distingue per lo
sviluppo di diverse strutture mentali:
fase sensomotoria: dalla nascita ai due anni;
fase preoperatoria: dai due ai sei anni;
fase operatoria concreta: dai sette agli undici anni;
fase operatoria formale: dai dodici anni in poi.
Nel primo stadio il minore passa dall’applicare i riflessi e modificarli secondo la
situazione all’attuare strategie complesse che sono frutto della comparsa delle
rappresentazioni: l’infante conosce il mondo televisivo per mezzo di azioni come
toccare lo schermo quando vede uno dei suoi pupazzi preferiti o premere
continuamente il tasto di accensione del televisore.
Nel secondo stadio, quello preoperatorio, il minore familiarizza con il linguaggio. In
questo periodo, però, si manifesta nel bambino un egocentrismo intellettuale, poiché
egli considera reale e vero soltanto il suo punto di vista. Egli discute delle esperienze
televisive anche al di là dell’immediata fruizione del mezzo.
Tra i cinque e i sette anni il minore raggiunge la fase operatoria concreta. A quest’età
il piccolo sviluppa la logica induttiva che gli consente di partire dalla sua esperienza
personale per poi giungere ad un principio generale.
5
Cfr Piaget J., La naissance de l’intelligence chez l’enfant, Delachaux e Niestlè, Parigi, 1936, trad.it.
La nascita dell’intelligenza nel fanciullo, La Nuova Italia, Firenze, 1968 e anche Piaget J., La
construction du réel chez l’enfant, Delachaux e Niestlé, Parigi, 1937, trad.it. La costruzione del reale
nel bambino, La Nuova Italia, Firenze, 1973.
6
Cfr Piaget J., Six études de psychologie, Edition Gonthier, Ginevra, 1964, trad.it. Lo sviluppo
mentale del bambino e altri studi di psicologia, Einaudi, Torino, 1967.
8
Inoltre egli si pone tantissime domande: vuole affinare i suoi concetti per mezzo del
perfezionamento del linguaggio. Il minore, quindi, raggiunge la maturità necessaria
per strutturarsi una visione oggettiva del mondo che lo circonda.
Questo mutamento mentale gli permette di capire gran parte delle convenzioni che
necessitano di riempire i vuoti televisivi (per esempio quando il regista di un film
organizza due scene successive nel seguente modo: nella prima il guidatore perde il
controllo dell’automobile e nella seconda lo si rivede in un letto di ospedale).
Infine, a partire dall’età di dodici anni, si entra nella fase operatoria formale.
Il preadolescente sviluppa capacità di pensiero logico-astratto che prescindono
dall’unico e solo collegamento al mondo concreto.
I giovani recepiscono il contenuto televisivo da un punto di vista cognitivo maturo,
del tutto similare a quello degli adulti, anche se le loro esperienze di vita, le loro
emozioni e i loro interessi sono ancora profondamente diversi.
A conclusione di questa trattazione è utile proporre uno schema riassuntivo7 della
teoria delle fasi psicologiche di Jean Piaget:
7
Cfr Puggelli Francesca Romana, Spot generation. I bambini e la pubblicità, FrancoAngeli, Milano,
2002, pag.23.
CARATTERISTICHE ACQUISIZIONI ETA’
FA
SE
SE
NS
OM
O
TO
RI
A
I sensi e le capacità motorie
sono usati per conoscere il
mondo. Si parte dai riflessi e si
arriva alla coordinazione
sensomotoria
Il bambino impara che un
oggetto esiste anche se non è
presente e comincia a ricordare
e immaginare, ponendo le basi
per le rappresentazioni mentali
0-2
FA
SE
PR
EO
PE
RA
TO
RI
A
Il minore inizia a sviluppare il
pensiero simbolico, che
comprende il linguaggio, ma si
tratta di un pensiero
prevalentemente egocentrico
Inizia a svilupparsi
l’immaginazione e lentamente
si abbandona la prospettiva
egocentrica, per integrare altri
punti di vista
2-6
9
1.3 Gli effetti della tv sui minori
La visione della televisione non lascia indifferenti i suoi telespettatori, a maggior
ragione se essi sono minori. Infatti sono tanti i comportamenti indotti dal piccolo
schermo: vedere un film o un programma violento potrebbe indurre ad un
comportamento violento, guardare uno spot pubblicitario solleciterà all’acquisto del
prodotto reclamizzato.
La violenza è sempre più presente nei programmi delle tv commerciali, perché essa
supera facilmente le barriere linguistiche ed è molto eccitante8. Quasi tutti i generi
televisivi, come film di guerra, polizieschi, western, documentari, notiziari, cartoni
animati, eventi sportivi, spot pubblicitari e video musicali includono, più o meno
volontariamente, situazioni potenzialmente dannose per il benessere dei più piccoli.
Anche la violenza verbale9 non va assolutamente sottaciuta: molte commedie, molti
talk show e molti programmi di intrattenimento sono disseminati di elementi di
8
Cfr Pastacaldi P. e Rossi B., Vorrei essere trasmesso. Cosa dicono i bambini della televisione, Salani,
Milano, 1999.
9
La delibera n.165/06/CSP dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che contiene l’atto di
indirizzo sul rispetto dei diritti fondamentali della persona, della dignità personale e del corretto
sviluppo fisico, psichico e morale dei minori nei programmi di intrattenimento dispone al punto 2: “I
programmi in questione dovranno rispettare criteri di correttezza del linguaggio e del comportamento
dei partecipanti, evitando il ricorso a volgarità gratuite, turpiloquio, rappresentazione di violenza
fisica e verbale, allusioni o rappresentazioni di natura sessuale tali da offendere la dignità umana o
la sensibilità dei minori”.
CARATTERISTICHE ACQUISIZIONI ETA’
FA
SE
O
PE
RA
TO
RI
A
CO
NC
RE
TA
Per aiutarsi a comprendere la
realtà, il minore inizia a usare
le operazioni logiche
Vengono appresi i concetti di
conservazione, di numero e di
classificazione, applicando alla
realtà le abilità logiche
7-11
FA
SE
O
PE
RA
TO
RI
A
FO
RM
AL
E
L’adolescente inizia a
sviluppare la capacità di
pensare a concetti astratti o
ipotetici
Diventano possibili molte
risposte alla stessa domanda,
per cui si realizza un forte
interesse per etica, politica e per
i problemi sociali
12+
10
coercizione. La stragrande maggioranza dei minori, fin dalla tenera età, assiste più o
meno consapevolmente a immagini violente e dal forte impatto emotivo 10 .
Ovviamente la violenza è declinata in modi dissimili all’interno dei generi televisivi.
I film sono sicuramente molto realistici e propongono scene più brutali. I programmi
per bambini 11 , invece, cercano di contestualizzare le scene socialmente più
pericolose in situazioni umoristiche.
Tra violenza televisiva e comportamenti aggressivi dei minori esiste una relazione
bidirezionale o meglio circolare. I minori più violenti prediligono in tv la visione di
programmi altrettanto brutali. Ma accade anche il contrario. Infatti gli spettacoli
violenti non fanno altro che stimolare gli spettatori, nel nostro caso i bambini, ad un
comportamento identico verso i loro coetanei. Uno stesso livello di violenza di un
programma televisivo può portare a risultati diametralmente opposti in due diversi
minori, perché il loro stato emozionale durante la visione non era uguale. Anche il
genere sessuale è indice di un differente apprezzamento della coercizione mediatica.
Le donne sono più restie al gradimento della violenza rispetto ai maschi. Inoltre
mostrano più spesso sentimenti di angoscia, terrore o paura12. Anche il retroterra
familiare incide nei gusti dei minori. I minori allevati in famiglie non violente
guardano pochissimi programmi brutali, invece la situazione opposta si verifica in
quelle famiglie dove non c’è controllo genitoriale su quello che i piccoli vedono in tv.
Gli effetti della televisione sui minori non sono solo negativi, anzi la sua visione può
inculcare nei più giovani sentimenti nobili quali la generosità, la cooperazione, il
rinvio della soddisfazione immediata e l’integrazione sociale dei bambini più timidi13.
10
L’art.7 del Contratto nazionale di servizio tra il Ministero delle Comunicazioni e la Rai –
Radiotelevisione italiana S.p.A., in vigore fino al 31 dicembre 2009, riguarda la programmazione
televisiva per i minori. Al comma 2 si prevede: “Nella fascia oraria compresa tra le ore 7 e le 22.30,
dedicata a una visione familiare, vanno realizzati programmi riguardanti tutti i generi televisivi, che
tengano conto delle esigenze e della sensibilità dell’infanzia e dell’adolescenza, evitando la messa in
onda di programmi contenenti scene di violenza gratuita o episodi che possano creare in loro
angoscia, terrore o turbamento”.
11
Nel Codice di autoregolamentazione media e minori sottoscritto il 29 novembre 2002, le emittenti
firmatarie si impegnano a “dedicare nei propri palinsesti una fascia protetta di programmazione, tra
le ore 16.00 e le ore 19.00, idonea ai minori con un controllo particolare sia sulla programmazione
sia sui promo, i trailer e la pubblicità trasmessi”.
12
Cfr Lemish D., I bambini e la tv, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2008.
13
La Convenzione ONU del 1989 riconosce il valore positivo dei mass media come strumento di
diffusione della cultura per l’infanzia, incoraggiandoli a divulgare informazioni e materiali adatti e
utili all’infanzia. Nell’art.17 della medesima Convenzione si precisa che “gli Stati che ne fanno parte
incoraggiano i mass media a divulgare informazioni e materiali che hanno un’utilità sociale e
culturale per il fanciullo”.
11
Oggi i minori sono ormai diventati parte del mercato pubblicitario. I pubblicitari
prendono di mira anche i baby telespettatori di pochi mesi, spingendo i genitori ad
acquistare prodotti per la prima infanzia.
Le agenzie pubblicitarie utilizzano specifiche tattiche per invogliare i minori a
scegliere l’articolo da loro reclamizzato e non un altro. Esse sono: l’offerta di premi e
doni in abbinamento al prodotto ed anche la presenza di personaggi famosi negli spot
pubblicitari.
Determinate categorie di prodotti, come gli alcolici, non possono essere
pubblicizzate nella fascia protetta (dalle ore 16.00 alle ore 19.00), ma sono
abbondantemente reclamizzate in altri orari nei quali, comunque, non è affatto
assicurata la non visione da parte dei minori14. Tutto ciò potrebbe avere ripercussioni
assolutamente negative, seducendo i non bevitori ad avvicinarsi al consumo di
prodotti alcolici. Un effetto deleterio causato dalla pubblicità è quello di stimolare il
conflitto tra genitori e figli. Infatti le insistenti richieste dei minori scatenano litigi e
discussioni.
Essi richiedono determinati prodotti che sono stati adeguatamente pubblicizzati in
televisione15.
La pubblicità contribuisce al senso di soddisfazione o di insoddisfazione del minore.
Questo sentimento può essere causato dalla capacità o dall’incapacità di comprare
tutto ciò che viene pubblicizzato e che i minori credono di fondamentale importanza
e dalla delusione che scaturisce quando quei prodotti che i genitori hanno acquistato
loro non corrispondono a quanto promesso dalla campagna pubblicitaria (felicità,
popolarità, bellezza e successo).
Spesso i genitori non cedono alle pretese dei figli che, per questo motivo,
manifestano acuti sentimenti di insoddisfazione, tristezza, ira e frustrazione16.
14
L’art.22 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale è interamente dedicato alle
bevande alcoliche. In esso si dice che la comunicazione commerciale deve evitare di “incoraggiare un
uso eccessivo e incontrollato delle bevande alcoliche” e soprattutto non deve “rivolgersi o fare
riferimento, anche indiretto, ai minori e rappresentare questi ultimi intenti al consumo di alcol”.
15
La direttiva 2007/65/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 all’articolo
3 sexies, paragrafo 1, lettera g dispone: “Le comunicazioni commerciali audiovisive non devono
arrecare pregiudizio fisico o morale ai minori. Non devono esortare pertanto i minori ad acquistare o
locare un prodotto o un servizio sfruttando la loro inesperienza o credulità, né li devono incoraggiare
a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare i beni o i servizi pubblicizzati, né devono sfruttare la
particolare fiducia che i minori ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altre persone, né
mostrare senza motivo minori che si trovano in situazioni pericolose”.
16
Cfr Mauri C., Come i bambini influenzano gli acquisti, Utet Università, Torino, 1996.
12
Infine il sesso17 è il terzo ed ultimo ambito al centro del dibattito educativo e morale
riguardo agli effetti della televisione sui minori.
Gli atteggiamenti verso la sessualità umana mutano enormemente, poiché sono legati
ai tabù, alle mitologie, alle inibizioni, alle pratiche culturali e alle convinzioni morali
e religiose.
Quasi sempre la prima educazione alla sessualità la forniscono i media, anni prima
che i bambini acquisiscano la maturità fisica, sociale ed emotiva necessaria per
essere sessualmente attivi18.
I principali agenti di socializzazione, invece, reprimono qualsiasi discorso di
argomento sessuale o ne parlano molto superficialmente.
Spesso, però, la televisione tratta questo tema fuorviando i più piccoli, in quanto il
sesso televisivo avviene quasi sempre al di fuori dell’ambito coniugale ed è
intrecciato alla violenza19.
Le implicazioni negative delle relazioni sessuali, come una gravidanza indesiderata,
la sofferenza psicologica o le malattie a trasmissione sessuale, non vengono quasi
mai affrontate ed analizzate.
Come avviene per la violenza, il legame tra sessualità televisiva e comportamento dei
minori è bidirezionale: con la maturazione fisica, i giovani sono maggiormente
attratti dai programmi con contenuti sessuali, li ricercano e li guardano di più e ne
sono più influenzati.
Differenze significative si riscontrano tra maschi e femmine.
Le ragazze sono meno affascinate e suggestionate dal sesso televisivo e lo associano
alle emozioni, all’amore romantico e alle relazioni stabili. I ragazzi, invece,
collegano il sesso al piacere, al divertimento e alla gratificazione fisica.
17
L’art.3 comma 4 della legge 30 maggio 1995, n.203 dispone: “La trasmissione televisiva di opere a
soggetto e film prodotti per la televisione che contengano immagini di sesso o di violenza tali da poter
incidere negativamente sulla sensibilità dei minori è ammessa solo nella fascia oraria fra le 23 e le
7”.
18
Cfr Metastasio R., La scatola magica. I bambini e la tv, Carocci, Roma, 2002.
19
E’ bene, però, sottolineare che il Codice di autoregolamentazione media e minori del 29 novembre
2002 ripone grande attenzione nel cercare di evitare, soprattutto nei programmi di informazione, “la
trasmissione di immagini di violenza o di sesso che non siano effettivamente necessarie alla
comprensione delle notizie”.