5
Contestualmente anche il mercato del lavoro subisce dei mutamenti:
l’incontro tra domanda e offerta avviene spesso in modo veloce ed efficace,
attraverso la Rete Internet, specialmente nella ricerca di profili elevati.
In generale comunque le tecnologie telematiche determinano da un lato la
nascita di nuove figure professionali, dall’altro la riconversione (a nuovi
saperi e linguaggi) di profili già esistenti. Questo è particolarmente evidente
in tre settori specifici: finanziario/economico, editoria elettronica e
telecomunicazioni. Nei contratti di lavoro afferenti alle aree citate, si
sottolinea infatti il ruolo chiave che la formazione professionale ricopre nei
processi di riqualificazione professionale e nell’ottica dell’ educazione
permanente.
L’analisi che ci apprestiamo a svolgere non può quindi non rendere ragione
dei motivi che hanno determinato il successo delle tecnologie telematiche,
dei cambiamenti nel mondo del lavoro e dei paradigmi educativi più idonei
a spiegare l’avanzare del processo tecnologico.
6
PARTE I - NUOVI SCENARI:
FORMAZIONE E LAVORO NELLA
SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE
7
1 - SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE, LAVORO,
FORMAZIONE
1.1- Scenario Attuale
Le società contemporanee vengono spesso definite dell’informazione o del
sapere. Si vuole indicare con questo termine il fatto che l’economia dei
paesi industrializzati si fonda per gran parte sulla produzione, elaborazione
e distribuzione di un sapere “codificato”. Giuseppe Longo ha osservato che
“A partire dalla fine del novecento si è via via riconosciuto che accanto al
mondo dell’energia e della materia esiste il mondo dell’informazione, retto
da leggi diverse e talora sorprendenti
2
”. Il XX secolo, è stato dominato dalla
terza rivoluzione industriale. La prima rivoluzione industriale, tra la fine del
XVIII e l’inizio del XIX fu possibile anche grazie all’utilizzo dell’energia
prodotta dal vapore, che sostituì la forza-lavoro umana o naturale nel
movimento delle merci e nella produzione industriale. Con la seconda
rivoluzione industriale, che si colloca a partire dalla seconda metà del XIX,
al carbone si affiancarono l’elettricità, il motore a scoppio che utilizzava il
petrolio come combustibile e le scoperte in campo chimico, biologico.
Infine la terza rivoluzione industriale, iniziata a partire dalla fine della
seconda guerra mondiale, è quella che contraddistingue la nostra società
caratterizzata da macchine a controllo numerico, computer avanzati e
sofisticati programmi di elaborazione dell’informazione; in questo contesto
si attua il passaggio da un economia di prodotti ad una di servizi.
Toffler parla in questo senso di terza “onda” nella storia dell’uomo dopo il
passaggio all’agricoltura che l’uomo compì nel neolitico e la successiva
rivoluzione industriale
3
.
2
Longo G. (1998), Il nuovo Golem, Bari, Laterza, p. 31.
3
Toffler A. (1987), La terza ondata, Milano, Sperling & Kupfer, p. 75.
8
L’ elaborazione e gestione delle informazioni, è stata resa possibile dalla
diffusione di calcolatori sempre più piccoli dai costi contenuti e con elevate
capacità di memoria. Nel 1948 venne costruito il primo calcolatore
moderno (ENIAC) che permise di abbandonare le ingombranti e lente
valvole termoioniche. Nello stesso anno con la scoperta del transistor i
componenti dell’elaboratore diventano sempre più ridotti. Oggi si parla di
nanotecnologie per indicare “l’insieme di quegli approcci sperimentali che
consentono di costruire oggetti, dispositivi, materiali che hanno le
dimensioni del miliardesimo di metro”
4
.
A partire dagli anni ottanta si assiste al passaggio da sistemi operativi a
caratteri (Unix, DOS) nei quali era l’operatore a dover digitare il comando
che voleva eseguire (dir, format) a sistemi operativi a icone, nel quale le
operazioni possono essere svolte direttamente premendo un immagine sullo
schermo. Tali immagini ricordano oggetti vicino all’esperienza
dell’utilizzatore (icone del cestino, della scrivania). Un’ interfaccia uomo-
macchina “amichevole” ha reso possibile l’uso del computer anche da parte
di utenti meno esperti che hanno potuto avvicinare questa nuova realtà
senza particolari problemi.
Le ragioni dell’attuale successo di calcolatori sono da attribuirsi anche alla
convergenza e alla personalizzazione. Tradizionalmente la possibilità di
integrare codici comunicativi provenienti da apparati diversi (radio,
televisione, stampa) è sempre stata di difficile realizzazione. Oggi invece le
informazione di qualsiasi genere esse siano (suoni, immagini, filmati)
possono essere tradotte nel linguaggio binario (lunghe catene di 0 e 1) con il
quale il computer lavora. La convergenza permette dunque il trasferimento,
verso il formato digitale, di tipologie di informazioni solitamente legate a
media differenti, in modo che queste possono essere conservate, integrate e
ritoccate.
4
http://www.mediamente.rai.it/home/tv2rete/mm9899/99052428/990527.htm
9
La personalizzazione di computer moderni (ossia la possibilità di dare
un’impronta individuale al rapporto utente-computer) li rende più vicini al
suo utilizzatore contribuendo ad accrescere l’interazione uomo-macchina.
Alcuni studiosi parlano in questo senso di personal media per indicare “uno
strumento di comunicazione pienamente multimediale, interattivo e
personale interconnesso ad altri in tempo reale
5
”. Già oggi gli utenti, infatti,
personalizzano il proprio sistema operativo con sfondi, colori, icone e
musiche in funzione del proprio gusto estetico; è possibile inoltre svolgere
una stessa operazione in più modi tutti ugualmente validi. Prima ancora di
affermarsi in campo informatico, la personalizzazione e
l’individualizzazione dei contenuti si è diffusa nella trasmissione video. E’
ormai tramontata da tempo l’idea della trasmissione di tipo broadcasting,
ossa diffusa e uguale per tutti. Oggi il proliferare di canali satellitari o via
cavo permette all’utenza di costruirsi un proprio personale palinsesto. Dalla
televisione generalista degli anni sessanta si è passati alla fase della
specializzazione degli anni novanta, in cui nascono canali dedicati
all’informazione settoriale. L’evoluzione di questo modello è l’
“Informazione on Demand” in cui il destinatario della comunicazione può
attivamente scegliere come e quando ricevere l’informazione. Anche nel
mondo della Rete, le tecnologie trasformano la comunicazione cosiddetta
“push” in cui un centro emette dei contenuti identici ad una platea di utenti,
ad una modalità di tipo “pull” in cui l’utente tira a se (personalizza) le
informazioni che più interessano. Nicholas Negroponte scriveva nel 1995
“Attualmente i modelli economici dei media sono basati esclusivamente su
concetto di “spingere” le informazioni e gli spettatori verso il pubblico.
Domani si baseranno invece sull’idea di ”tirare”. Saremo cioè voi e io a
entrare nella Rete per cercare qualcosa, come oggi facciamo in una libreria
o in un negozio di video casette.[…] La tecnologia digitale cambierà la
natura dei mass media, nel senso che da una situazione in cui i bit vengono
5
Chiaversio A., Lemmi L. (1996), Personal Media, Milano, Gerini Studio, p.149.
10
“sospinti” verso l’utente, si passerà a una in cui sarà quest’ultimo (o il suo
computer) a tirarli a sé
6
”.
Tra le ragioni del successo dei computer c’è poi il fatto che le informazioni
oltre a poter essere elaborate possono essere scambiate. La disciplina che si
occupa di indagare come ciò avviene è la telematica sviluppatasi negli
ultimi cinquanta anni; essa ha contribuito notevolmente alla crescita e alla
diffusione dei computer. Le capacità di un calcolatore cosiddetto stand-
alone ossia non collegato vengono potenziate dalla possibilità di
interfacciarsi con altre macchine in rete tra di loro. In questo contesto i
computer possono scambiarsi informazioni, condividere unità periferiche
(scanner, stampanti) o far girare programmi modulari. Diversi computer
collegati tra di loro costituiscono una rete , in cui ciascun nodo viene
chiamato host. La comunicazione tra gli host computer, è resa possibile
dalla condivisione di protocolli comuni.
Una delle prime reti fu realizzate in ambito militare. Dopo la seconda
guerra mondiale il progetto ARPANET doveva rendere possibile la
comunicazione tra diversi nodi, anche nel caso in cui uno di essi fosse reso
inutilizzabile da malfunzionamenti casuali o deliberati (attacchi nemici).
Il tradizionale modello telefonico non era adatto a questo scopo,
presupponeva infatti un nodo concentratore che a livello gerarchico
comandava tutti gli altri. Si pensò perciò ad un sistema di rete nel quale
ogni nodo fosse autonomo e poteva continuare a funzionare anche gli altri
fossero stati danneggiati. In questo contesto le informazioni venivano
smembrate in più parti (pacchetti) e ciascuna poteva seguire il proprio
percorso per giungere alla meta, dove sarebbero state ricomposte. I
protocolli di comunicazione furono studiati dai ricercatori delle prime
università che la rete ARPANET collegava. Lo spirito pioneristico e
sperimentale del progetto era già evidente nei cosiddetti RCF (Request For
Comment) ossia la richiesta di commenti e osservazioni, agli standard di
rete che venivano progressivamente adottati. Nel 1973 fu sperimentato il
6
Negroponte N., (1995), Essere Digitali, Milano, Sperling & Kupfer, p. 117.
11
protocollo di comunicazione, tra i nodi, scoperto da Vinton Cerf e Bob
Kahn: il TCP/IP. All’inizio degli anni ottanta le università americane
collegate in rete, aumentarono notevolmente e nel 1983 fu decisa le
separazione tra la rete militare ARPANET, soppressa a partire dal 1989, e
quella “civile” che univa i principali centri di ricerca: nasceva Internet. La
nuova rete fu potenziata in modo da collegare anche le università europee.
Proprio in Europa (1991) Tim Berners-Lee , presso i laboratori del CERN
di Ginevra sperimentava un sistema per pubblicare documenti testuali sui
nodi della rete, poi battezzato WWW (World Wide Web). Nel WWW (o
famigliarmente web) la lettura non avviene in maniera sequenziale ma per
mezzo dei rimandi presenti in un testo: i link; nascono in questo modo dei
prodotti ipertestuali o ipermediali se vengono armonizzati all’interno della
pagine web, suoni, immagini e filmati. Una tra le ragioni dell’esplosione del
WWW è la facilità con il quale è possibile costruire pagine web attraverso il
linguaggio di programmazione HTML (hyper text markup language)
supportato dal protocollo HTTP (HyperText Transport Protocol).
All’HTML si sono affiancati oggi il DHTML (Dynamic) il Java e i
programmi come Flash, tutti tendono a migliorare le prestazioni del primo
HTML introducendo animazioni e nuovi effetti visivi.
Le potenzialità di Internet non risiedono solo nella possibilità di navigare
tra l’infinito numero di siti, che la rete mette a disposizione. Fin dalle
nascita infatti si sono sviluppati alcuni servizi, implementati da particolari
software, che permettono di svolgere funzioni altrettanto importanti, quali
inviare e ricevere i messaggi di posta elettronica, partecipare a discussioni
in modalità sincrona (chat) o asincrona (maling list, newsgroup).
Lo sviluppo attuale delle reti telematiche si deve ad un diverso modo di
intendere la fruizione delle informazioni e la possibilità di comunicare.
Per il fatto stesso che non esiste in Rete una figura o un apparato che
comanda tutti gli altri gli utenti possono mettere in comune le proprio
informazioni e le proprie risorse. Pierre Lévy parla in questo senso della
“fioritura di un intelligenza collettiva del genere umano”, per indicare il
12
fatto che, grazie agli strumenti messi a disposizione dalla Rete (email, chat,
newsgroup, documenti web) è possibile attivare una comunicazione
interattiva e cooperativa: “L’intelligenza è distribuita dovunque c’è
umanità, e questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere
valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola
in sinergia. Oggi due persone distanti sanno due cose complementari, per il
tramite della nuove tecnologie possono davvero entrare in comunicazione
l’una con l’altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai
più generale, per grandi linee, è in fondo questa l’intelligenza collettiva
7
”.
1.2 - Metamorfosi del lavoro.
La società dell’informazione accelera alcuni cambiamenti nel mondo del
lavoro, verificatisi già prima dell’avvento di Internet. In particolare si
osservano delle modificazioni nei modi di intendere i contenuti, i tempi e i
rapporti di lavoro. Si afferma inoltre, parallelamente a quanto accade in
ambito educativo, il modello della cooperazione nel lavoro.
Per quanto riguarda i contenuti si registra una diminuzione dei lavori
manuali e logoranti, in particolare per quelle categorie professionale come
le “tute blu” che avevano fatto della manualità il loro simbolo. Al lavoro
diretto manuale, subentra quello indiretto di sorveglianza e controllo:
“meno maschile-rigido-esecutivo-performativo, e più femminile-fluido-
cognitivo-relazionale
8
”
Parallelamente il lavoro diventa più intellettuale, vengono incentivate le
capacità di diagnosi (problem setting) e risoluzione di problemi (problem
solving).
Cambiano i tempi del lavoro, diventa sempre meno possibile permanere per
tutta la vita in una stessa realtà organizzativa e svolgere una stessa
professione. I mestieri e le specializzazioni nascono e muoiono più in fretta.
7
Lévy P. (1996), L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano,
Feltrinelli.
8
Accornero A. (1997), Era il secolo del lavoro, Bologna, Il Mulino, p.110.
13
Ai soggetti viene richiesta sempre più la capacità di apprendere
dall’organizzazione e con l’organizzazione in un esercizio di formazione
permanente che perdura tutto il corso dell’esistenza (lifelong learning). La
scuola, nella sua funzione educativa iniziale, è chiamata a trasmettere, non
tanto un patrimonio di conoscenze che ha più probabilità di invecchiare,
quanto un apparato mentale flessibile e disponibile ad “apprendere
dall’esperienza”.
La società dell’informazione supera la tradizionale concezione sequenziale
dell' istruzione, secondo la quale "prima si studia, poi, conclusi gli studi, si
lavora", e mette in luce la necessità di prefigurare "ritorni" nel sistema
formativo dopo periodi di lavoro e nel corso della vita. Momenti formativi
più prettamente teorici entrano nel mondo del lavoro e viceversa nelle
istituzioni educative “classiche” viene incentivata la manualità e la pratica.
Contestualmente alla maggiore flessibilità richiesta in ambito formativo,
anche i tempi di produzione diventano meno standardizzati e più
personalizzati. Attraverso il telelavoro è possibile per esempio, lavorare da
casa nei giorni festivi e riposarsi in quelli feriali, in funzione delle proprie
esigenze e necessità. Mentre un tempo il lavoro era per la maggior parte
della popolazione, concentrato in un preciso arco della giornata, oggi tende
a “spalmarsi” nel corso delle ventiquattr’ore: in questo contesto sempre più
persone lavorano di notte, nei week-end o in orari e secondo calendari non
tradizionali “Gli orari e i calendari lavorativi – settimanali, mensili, annui –
vengono smontati e rimontati sia per collocazione sia per durata, ponendo
fine ad assetti uniformi e generalizzati, di cui in fondo soffrivamo per i
“sincronismi sociali” cui davano luogo, e il cui emblema era la congestione
urbana in certe ore della giornata
9
”.
I rapporti di lavoro diventano meno gerarchici e più cooperativi , si
stempera la tradizionale separazione tra direzione ed esecuzione dei lavoro.
Ai nuovi lavoratori, in virtù del fatto che le competenze e i rispettivi
compiti non sono così definiti, viene richiesto di sapere lavorare in gruppo e
9
Accornero A., Op. Cit, p.120.
14
di far tesoro dell’esperienza altrui. Rosensthiehl parla in questo senso di
“talento combinatorio” per indicare la capacità di saper svolgere diverse
operazioni e controllare più variabili contemporaneamente. Il “talento
combinatorio” che “si manifesta quando si tenta di combinare in tutti i
modi possibili degli elementi semplici dati in un numero finito” è l’esatto
contrario del “talento analitico segmentale e ripetitivo che è invece
sinonimo di spreco
10
”.
1.3 - Nuove esigenze formative: razionalizzazione individualizzazione del
processo educativo
A partire dalla fin della seconda guerra mondiale, anche la pratica educativa
ha risentito fortemente dei cambiamenti del sapere. I paesi occidentali,
appartenenti al blocco liberale e industrializzato, hanno conosciuto un
incremento della scolarizzazione che ha rapidamente interessato la
popolazione intera, portando il tasso di analfabetismo prossimo allo zero.
Parallelamente alla crescente domanda di istruzione è andata sempre più
maturando la necessità di una razionalizzazione pedagogica. In ambito
educativo ci si è resi sempre più conto che di fronte alla scarsezza di risorse
naturali occorreva sopperire con l’incentivazione delle energie intellettuali.
Accanto alla razionalizzazione è emersa l’esigenza di individualizzare il
processo educativo, ossia la consapevolezza che deve essere lo studente ad
autoritmare il proprio processo di autoapprendimento. E’ venuta meno in
ultima istanza, la pedagogia funzionalista durkhemiana secondo cui scopo
dell’educazione è “innalzare l’individuo al di sopra di se stesso
conformandolo all’ideale espresso dalla coscienza collettiva e sistemandolo,
di conseguenza, nel ruolo più adatto al mantenimento dell’ordine
complessivo”
11
. Per il sociologo francese dunque, compito della scuola era
10
Margiotta U. (1997) (a cura di), Pensare in rete, Bologna, CLUEB, p.58.
11
Chiosso G. (1995), “Modelli sociopedagogici e teorie della scuola nella cultura educativa
contemporanea”, in Chiosso G. (a cura di), La pedagogia tra scuola ed extrascuola, Torino,
Tirrenia Stampatori, p.114.
15
quello di trasmettere all’individuo il senso dell’ethos collettivo anche a
costo di intervenire in un profondo modellaggio della personalità
“l’educazione è l’azione esercita dalla generazioni adulte su quelle che non
sono ancora mature per la vita sociale. Essa ha per fine di suscitare e
sviluppare nel bambino un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali
che reclamano da lui sia la società politica nel suo insieme, sia l’ambiente
particolare al quale è destinato
12
”. Razionalizzazione e individualizzazione
del processo educativo sono i due elementi ritrovabili nelle principali
correnti pedagogiche contemporanee: comportamentismo, teorie curriculari,
cognitivismo.
Il comportamentismo o behaviorismo si sviluppa a partire dagli anni
cinquanta sulla base delle indicazione fornite dallo psicologo americano
Watson (1878-1958), il quale nell’ articolo “Psycology as the Behaviorist
views it” del 1913, auspicava lo studio del comportamento senza
considerare l’interiorità dell’individuo, evitando così di cadere nelle “sabbie
mobili dell’introspezione”. Si tratta perciò di un’analisi basata interamente
sull’osservazione, tutto ciò che accade nella “black box” (mente) non è
importante. Risulta invece rilevante perché osservabile e misurabile la
risposta agli stimoli che un individuo riceve (S -> R). Tutte le componenti
specifiche dell’esistenza (linguaggio, sentimenti, coscienza) sarebbero
apprese. Gli studi di Watson si rifanno alle intuizioni del riflessologo
Pavlov (1849-1958), il quale attraverso numerosi esperimenti, aveva
enunciato il concetto di condizionamento classico, mediante il quale si
stabilisce un associazione tra uno stimolo e un riflesso non appreso. Pavlov
enunciò anche le leggi che sottostanno al condizionamento classico:
generalizzazione che consiste nell’estendere ad altri stimoli le risposte
ottenute con uno stimolo che ha provocato il condizionamento; la
discriminazione per cui le risposte condizionate vengono suscitate solo da
stimoli particolari; ordine superiore in cui uno stimolo neutro se associato
ad uno stimolo che già provoca il riflesso condizionato, proprio perché
12
Durkheim E. (1973), Educazione come socializzazione, Firenze, La Nuova Italia, p.40.
16
viene associato ad un’altro stimolo provoca a sua volta la risposta
condizionata.
Con Skinner il comportamentismo conosce un ulteriore evoluzione. Lo
psicologo americano introduce il concetto di condizionamento operante
secondo cui l’apprendimento sarà tanto più efficace quanto più l’individuo
è rinforzato o ricompensato dall’esito di una risposta esatta; in questo caso
si rafforza il legame stimolo-risposta e conseguentemente aumenta la
probabilità che quando verrà nuovamente presentato lo stimolo il soggetto,
fornirà la risposta desiderata. Esistono diversi tipi di rinforzo: continuo se il
rinforzo è elargito ogni qual volta viene fornita una particolare risposta; a
rapporto fisso quando il rinforzo è elargito sistematicamente dopo un certo
numero di tentativi; parziale quando il rinforzo è concesso senza regolarità;
rinforzo negativo quando si ha l’annullamento di uno stimolo diverso in
seguito all’emissione di particolari risposte da parte del soggetto
13
.
Tutto il processo educativo può essere esemplificato dal meccanismo
stimolo- risposta “L’insegnamento altro non è che l’organizzazione di
contingenze di rinforzo in grado di accelerare l’apprendimento
14
”.
Applicando queste idee alla didattica Skinner elabora il concetto di
istruzione programmata. Gli elementi di questo modello pedagogico sono
quattro: un argomento deve essere articolato in parti secondo un ordine
logico; il passaggio da un parte alla successiva deve essere modesto;
l’alunno deve poter verificare subito l’esattezza o meno delle proprie
risposte; la risposta positiva deve agire da rinforzo. Nell’istruzione
programmata è importante che l’errore sia ridotto al minimo, secondo lo
schema logico:
13
Peri G. (1991), Lineamenti di psicologia dell’età evolutiva, Milano, ISU.
14
Peri G. (1991), Op. Cit., p. 129
1 2 3 4
17
Per cui l’alunno non ha alternative di scelta e procede solo nella misura in
cui la risposta è esatta. Skinner rifiuta esplicitamente le tecniche di
programmazione a scelta multipla di Pressey o quelle a risposte ramificate
di Crowder, perché considerate poco efficienti e dispersive nel processo di
apprendimento.
A partire dagli anni sessanta si assiste allo sviluppo della pedagogia
curriculare in cui confluiscono i contributi di autori diversi come Bloom,
Gagnè, Guilford tutti denunciano una pratica educativa che presta scarsa
attenzione alla conoscenza dei processi di apprendimento, degli obiettivi
educativi, dei metodi di riscontro e valutazione, dell’organizzazione dei
contenuti. L’analisi di Bloom analizza le caratteristiche umane
dell’apprendimento individuando alcuni elementi chiave quali: le
componenti cognitive di ingresso (“apprendimenti prerequisiti che si
ritengono necessari per l’esecuzione del compito o dei compiti che è o che
sono oggetto di insegnamento”), le caratteristiche affettive di ingresso
(motivazioni dello studente nei confronti dell’apprendimento) e la qualità
dell’istruzione (“grado di adeguatezza degli stimoli, dell’esercizio e del
rinforzo dell’apprendimento ai bisogni dell’allievo”). Gagnè prende in
considerazione le caratteristiche dell’individuo e le condizioni
dell’apprendimento. Egli rileva otto diverse situazioni di apprendimento da
lui considerate come “otto insiemi di condizioni sotto le quali si producono
dei cambiamenti nelle capacità del soggetto dell’apprendimento
15
”. Tra i
vari tipi di apprendimento Gagnè cita: l’apprendimento di segnali, di cui un
esempio tipico sono i riflesso condizionati come risposte emotive;
apprendimento stimolo-risposta detto anche apprendimento operante;
concatenazione motoria e concatenazione verbale, rispettivamente
associazione di gesti meccanici (es. aprire una porta) e sequenze verbali (es.
il nome di un oggetto); apprendimento di discriminazioni ossia capacità di
dare una stessa risposta a oggetti o stimoli appartenenti ad una stessa
15
http://hal9000.cisi.unito.it/wf/DIPARTIMEN/Scienze_de/FAR/Gruppi-di-
/Tecnologie/primo.doc_cvt.htm
18
classe; apprendimento di concetti definiti o regole che hanno a che fare
specificatamente con la situazione scolastica e infine soluzione di problemi,
ossia applicazioni di regole già note per risolvere problemi nuovi.
Gli studi di Gagnè, che prestano maggiore attenzione all’individuo,
orientano la ricerca verso il cognitivismo, la corrente di pensiero che in
opposizione al riduzionismo fisiologicista comportamentista considera la
mente come attiva elaboratrice dell’informazione. Bruner, uno dei
principali esponenti del cognitivismo, criticò in particolare le degenerazioni
che aveva prodotto il modello pedagogico deweyano, dando eccessiva
importanza all’attività spontanea del fanciullo e dimenticando gli obiettivi e
i fini dell’educazione. Lo studioso americano rileva come nel processo di
apprendimento non è tanto importante l’assimilazione di contenuti, quanto
l’acquisizione di abilità e metodologie di apprendimento. Assume dunque
rilevanza, il categorizzare come capacità di ordinare e dominare la caoticità
dell’esperienza: “categorizzare è render equivalenti cose distinguibilmente
differenti, aggruppare gli oggetti, gli eventi e la gente attorno a noi in classi
e rispondere ad essi nei termini della loro appartenenza ad una classe,
anziché della loro singolarità
16
”. Il processo di categorizzazione ha inizio
nel momento stesso della percezione, contrariaramente a quanto riteneva
Piaget, ed è influenzato dal contesto culturale.
La didattica epistemocentrica bruneriana sottolinea quattro aspetti del
rapporto educativo: scelta delle esperienze che motivano un individuo ad
apprendere; strutturare le discipline di apprendimento in modo da favorire
la comprensione; sviluppare la processualità, ossia la gradualità nella
spiegazione ed infine fornire il rinforzo, il feedback, indicare ricompense e
punizioni.
16
Bruner J. (1969), Il pensiero, Roma, Armando, p.75.