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CAPITOLO 1
LE TECNOLOGIE A MEMBRANA
Considerazioni generali
I processi a membrana hanno trovato largo impiego in una serie di applicazioni a partire
dagli anni ‘70, quando si è affermata la dissalazione delle acque marine e salmastre
mediante osmosi inversa, a seguito dell’invenzione delle membrane asimmetriche per
merito di Löeb e Sourirajan (Coulson J.M., Richardson J.F, 2002).
In molti settori produttivi le tecnologie a membrana possono validamente sostituire le
tecniche di separazione tradizionali o integrarsi con esse in processi ibridi. I vantaggi
sono legati a minori consumi energetici, minore uso di sostanze chimiche, minore
produzione di reflui, maggiore compattezza degli impianti. Membrane possono essere
combinate a reattori o bioreattori aumentandone la resa. È ampiamente riconosciuto che
le membrane possono contribuire significativamente all’intensificazione della
miniaturizzazione dei processi, per uno sviluppo sostenibile, meno energivoro e più
rispettoso dell’ambiente.
Fra le applicazioni consolidate, oltre alla già citata osmosi inversa, si richiama la
nanofiltrazione, l’ultrafiltrazione, la microfiltrazione, la separazione di miscele gassose,
mentre sono in rapido sviluppo i contattori a membrana. (Reed B.W., 1985)
Rientrano fra i processi a membrana la dialisi, che ha applicazione essenzialmente in
ambito medico, e l’elettrodialisi per la demineralizzazione di miscele liquide.
Recentemente le membrane hanno trovato applicazione anche nel settore della
depurazione acque di scarico di processi industriali, nonché per la depurazione degli
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scarichi civili e urbani come conseguenza di limiti maggiormente restrittivi in materia di
scarico.
Nella fase applicativa iniziale lo sviluppo dei processi di depurazione si è incentrato su
processi biologici (fanghi attivi) e fisici (sedimentazione), ma l’accoppiamento di un
processo a membrana ha permesso di ottenere reflui depurati di qualità migliore e
facilmente riutilizzabili nonché di contenere l’ingombro degli impianti, in altre parole
aumentarne la potenzialità.
In questo capitolo è presentata la tecnologia delle membrane, limitando la descrizione
allo specifico ambito del trattamento dei reflui, descrivendone il principio di
funzionamento e i fenomeni legati a esso.
Definizione
La membrana può essere definita come una barriera sottile a permeabilità selettiva
interposta tra due fasi (Fig. 1.1), in modo che, sotto l’azione di una forza motrice
(differenza di pressione, differenza di concentrazione, differenza di temperatura,
potenziale elettrico) si abbia un flusso diverso per i vari componenti attraverso la
membrana.
Figura 1.1 - Schematizzazione di una membrana selettiva
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Nelle versioni più comuni la forza motrice è rappresentata da una differenza di
pressione, per cui si parla di processi a membrana del tipo “Pressure - Driven”.
Il compito principale di una membrana è quindi quello di agire da barriera selettiva,
permettendo il passaggio di certi componenti di una miscela e trattenendone altri; il
trasferimento si attua ad opera della pressione idraulica applicata; la cosiddetta
pressione transmembrana, che “forza” il solvente, o comunque le specie permeabili,
attraverso la membrana, mentre altre specie vengono trattenute. L’alimentazione è così
divisa in due correnti: un retentato, ricco delle specie trattenute, e un permeato,
impoverito di tali specie (Fig. 1.2).
Nell’ambito dei processi di separazione a membrana “Pressure - Driven” per miscele
liquide si individua una classificazione in base alle dimensioni delle particelle trattenute
e al range di pressione applicato come segue:
Microfiltrazione (MF),
Ultrafiltrazione (UF),
Nanofiltrazione (NF),
Osmosi Inversa (OI).
Le membrane da MF e UF sono porose e il meccanismo di separazione è del tipo
“setaccio”, l’elemento caratterizzante la membrana è il diametro dei pori.
Nella microfiltrazione le “specie” trattenute sono i solidi sospesi di dimensione
dell’ordine del micrometro, comprese le cellule batteriche (orientativamente fra 0,1 e 10
m) , per questo un’applicazione tipica è il trattamento delle acque reflue.
Figura 1.2 – Correnti influenti/effluenti
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Nell’ultrafiltrazione, le particelle trattenute hanno la dimensione delle macromolecole
(tipicamente le proteine).
La pressione transmembrana in questo processo è superiore a quella della MF; minori
sono infatti le dimensioni delle particelle trattenute, maggiori sono i costi energetici
richiesti per mantenere il livello di gradiente di pressione adeguato.
Nei processi da osmosi inversa le specie trattenute sono gli ioni e la membrana non va
più considerata come un mezzo poroso ma denso; le pressioni in gioco sono elevate (30
÷ 80 bar) in seguito alle alte pressioni osmotiche che si contrappongono alla “forza
motrice” per la presenza di soluti a basso peso molecolare.
La NF si colloca tra UF e OI e la caratteristica fondamentale è la dipendenza della
reiezione dalla valenza degli ioni, essendo elevata per ioni polivalenti e limitata per ioni
monovalenti; la pressione operativa è sensibilmente inferiore all’OI (tipicamente 10 ÷
20 bar), si impone quindi in quelle applicazioni in cui non è richiesta una
demineralizzazione completa, ma solo l’eliminazione di alcuni ioni.
I costi energetici associati alla forza motrice applicata, aumentano con le dimensioni
delle particelle trattenute, in quanto, ovviamente, si riduce la dimensione dei pori della
membrana (Tab. 1.1).
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Processo
Retentato
Gradiente di
pressione (bar)
Dimensioni
caratteristiche
dei pori (m)
Osmosi inversa
Composti a basso
P.M., ioni
30 - 80 10
-9
– 10
-10
Nanofiltrazione Proteine, virus 10 - 30 10
-9
– 10
-8
Ultrafiltrazione
Macromolecole,
colloidi, virus
2 – 5 10
-8
– 10
-7
Microfiltrazione
Solidi sospesi,
batteri, emulsioni
1 - 2 10
-7
– 10
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Tabella 1.1 - Classificazione processi a membrana "Pressure - Driven"
Caratteristiche
La struttura delle membrane per la filtrazione sotto gradiente di pressione è tipicamente
rigida, uniforme e continua con dimensioni dei pori accuratamente controllate durante il
processo di produzione (Cheryan M., 1998).
Nella MF e nell’UF la separazione avviene con un meccanismo simile a quello dei
setacci, e l’entità delle particelle trattenute dipende dalla dimensione caratteristica dei
pori.
La selettività di un sistema filtrante è definita come la capacità di separare
efficacemente una miscela da uno più componenti, la caratteristica principale di una
membrana è costituita dalla capacità di realizzare una separazione “permeato-selettiva”
(Reed B. W., 1985).
La performance di un filtro a membrana è caratterizzata dal MWCO (Molecolar Weight
Cut-Off), in altre parole il peso molecolare al di sopra del quale si ha reiezione superiore
al 90%.
Il parametro è ovviamente una indicazione di massima, poiché la reiezione, oltre che dal
peso molecolare, può essere influenzata da altri fattori, ad esempio la forma della
molecola.
AUMENTO COSTI ENERGETICI
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La distinzione dei sistemi di filtrazione a membrana poggia su differenti caratteristiche
quali la natura del materiale (organica o inorganica), struttura geometrica e distribuzione
dei pori.
In accordo con la loro struttura, possono essere classificate in:
isotrope o simmetriche: le quali presentano pori di dimensioni uguali sui due
lati,
anisotrope o asimmetriche: le quali dimensioni dei pori, cambiano passando da
una superficie all’altra.
Le membrane asimmetriche sono caratterizzate da uno skin sottile, che costituisce lo
strato attivo, sulla superficie della membrana, mentre gli strati al di sotto sono
caratterizzati da elevata porosità e hanno lo scopo di supportare lo strato attivo. La
separazione avviene ancora una volta sulla superficie, ma in virtù di questa particolare
struttura, le particelle trattenute non possono penetrare nel corpo principale della
membrana.
Materiali
Il principale obiettivo del materiale delle membrane è di fornire alla membrana una
ragionevole resistenza meccanica (ed anche inerzia chimica e termica) permettendo al
contempo il mantenimento di un’alta permeabilità e alto grado di selettività.
Queste due ultime caratteristiche, permeabilità e selettività, sono in contrasto fra loro
infatti spesso se abbiamo elevata permeabilità, abbiamo bassa selettività e viceversa.
La resistenza complessiva della membrana è data dal suo spessore, in definitiva quindi
il materiale utilizzato deve garantire una barriera caratterizzata da un sottile strato di
materiale, con una ristretta e specifica gamma di dimensione dei pori e un’alta densità
superficiale dei pori.
Attualmente, le membrane sono costituite, principalmente, da materiale organico-
polimerico, o inorganico (ad esempio materiali ceramici), per cui i principali metodi di
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preparazione delle membrane per uso commerciale sono: inversione di fase, processo
termico, stretching, sinterizzazione (Lonsdale H.K., 1987).
Materiale Vantaggi Svantaggi
TiO
2
/ ZrO
2
Ottima resistenza termica,
ottima resistenza meccanica
Applicazioni limitate a
microfiltrazione
Polisulfone
Sterilizzazione con vapore,
resistenza al pH
Bassa stabilità meccanica e
chimica
Polipropilene Resistenza chimica
Richiede trattamento
superficiale per garantire
carattere idrofilo
Poliammide
Ottima inerzia chimica,
ottima stabilità termica
Sensibile al cloro
Tabella 1.2. Materiali per le membrane nei processi di filtrazione
I materiali generalmente utilizzati compatibilmente alle tecniche di fabbricazione
variano dalla ceramica (diossido di titanio e di zirconio) a composti polimerici idrofobi
come polipropilene (PP), e polisulfone (PS), a polimeri idrofili.
Le membrane inorganiche derivano da processi di sinterizzazione di polveri finissime,
dove le alte temperature e le alte pressioni in gioco tendono a etichettare il processo
come dispendioso, diversamente le membrane polimeriche derivano da lavorazioni di
estrusione in presenza di agenti chimici, per promuovere la formazione di pori. Il costo,
ad oggi, è ridotto di un fattore dieci rispetto alle membrane ceramiche.
I materiali polimerici microporosi hanno però dei limiti di permeabilità, isoporosità,
dimensione dei pori e la resistenza meccanica strutturale. La resistenza chimica e
termica sono inoltre ridotte.
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Geometrie e configurazioni
La geometria dei moduli a membrana, cioè il modo in cui le membrane sono assemblate
per formare il modulo di filtrazione è una caratteristica estremamente importante nel
determinare le performance complessive del processo.
Il termine modulo è adottato per descrivere l’unità completa comprendente: le
membrane, le sezioni di ingresso dell’alimentazione e di uscita del permeato, nonché
una struttura complessiva di supporto.
Un modulo ideale deve essere progettato sulla base delle seguenti caratteristiche :
alto grado di turbolenza per favorire i meccanismi di trasferimento di materia,
basso dispendio energetico per unità di volume del retentato prodotto,
alta area superficiale su volume occupato (packing density),
forma adeguata per facilitare la pulizia,
design che permetta la modularizzazione,
basso costo del materiale per unità di superficie.
Non è possibile progettare un modulo che abbia tutte le peculiarità sopra elencate, ad
esempio la promozione della turbolenza comporta un aumento di consumo energetico;
la pulizia meccanica della membrana è ostacolata da strutture complesse che per contro
forniscono un’elevata area superficiale.
Costruire un modulo ad alta area superficiale e ridotti ingombri comportano, infatti,
l’inevitabile formazione di unità con canali di flusso stretti che influenzano
negativamente la turbolenza e la pulizia.
Attualmente sono disponibili le seguenti configurazioni geometriche (Fig. 1.3) nei
processi a membrana:
geometria piana (Plate & Frame)
a fibre cave (Hollow Fiber),
capillare ,
avvolgimento a spirale (Spiral Wound).
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I moduli a geometria piana consentono operazioni di pulizia e sostituzione membrane ,
sono utilizzati su piccola scala quando si ha a che fare con soluzioni viscose e torbide,
principalmente per micro e ultrafiltrazione, più raramente nell’osmosi inversa.
Le membrane tubolari sono usate per osmosi inversa di soluzioni contenenti solidi
sospesi, tipicamente nel settore alimentare, esse consentono infatti un’elevata
turbolenza.
Le membrane capillari, con diametro dell’ordine del millimetro, sono utilizzate per
micro e ultrafiltrazione di soluzioni relativamente limpide. L’espressione ”fibra cava”
(dall’inglese, Hollow Fiber) viene a volte usata come sinonimo di capillare, in realtà
esse hanno diametri inferiori (dell’ordine del decimo di millimetro). Sono usate
nell’osmosi inversa, separazione di gas, pervaporazione e contattori a membrana,
ovviamente richiedono un’adeguata prefiltrazione dell’alimentazione.
Figura 1.3 - Esempi di configurazioni per le membrane (in senso orario dall'alto
a sinistra): plate & frame, a fibre cave, a spirale avvolta, tubolare e capillare
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La configurazione a spirale è tipica per moduli di osmosi inversa, nanofiltrazione ed
anche di ultrafiltrazione di soluzioni limpide. I moduli sono stati concepiti per realizzare
alte densità di impacchettamento, e quindi ingombri ridotti, quali sono richiesti per
applicazioni su larga scala, ad esempio nei grandi impianti di dissalazione. Moduli a
spirale sono anche usati nella separazione di gas e nella pervaporazione (Tab. 1.3).
Configurazione
Packing
density
(m
2
/m
3
)
Costi Applicazione
Moduli piani/
Plate & frame
100 – 400 Alti OI, UF, MF
Fibre cave 8.000 – 10.000 Bassi
OI, per
vaporazione,
separazione di
gas
Capillare 600 – 1.200 Bassi UF, MF
Spirale 500 – 1.200 Bassi
OI, UF,
pervaporazione,
separazione di
gas
Tabella 1.3 - Configurazioni membrane e packing density