In uno scenario siffatto, il mondo del lavoro e della produzione, che è il settore della vita
sociale che maggiormente e più rapidamente recepisce il progresso tecnologico, è stato
investito da un’ondata innovativa senza precedenti.
Dal punto di vista storico, si può dire che tale processo abbia vissuto varie fasi. Anzi si può
parlare di una ininterrotta rivoluzione industriale, scandita in quattro fasi.
Questi i momenti fondamentali di tale cammino:
™ nel 1784, James Watt inventa la macchina a vapore, “agente generale della grande
industria” che permetterà la trasformazione della originaria manifattura nella moderna
fabbrica capitalistica (prima rivoluzione industriale);
™ nel 1885, Frederick Taylor enuncia i principi generali del suo Scientific Engineers e, nel
1913, Henry Ford realizza la prima trasferta rigida nei suoi stabilimenti automobilistici
(seconda rivoluzione industriale, con l’organizzazione tayloristica del lavoro e la fabbrica
fordista standardizzata e di grande serie);
™ nel 1948, Robert Weiner pubblica la prima edizione dell’opera “Cybernetics”. Si
sviluppa la teoria dell’informazione e la scienza dell’autoregolazione, relativa alla capacità
delle macchine di autocontrollare la propria attività (terza rivoluzione industriale);
™ la quarta fase della rivoluzione industriale è iniziata nella seconda metà degli anni ’70
come “rivoluzione microelettronica”, per poi proseguire con la “rivoluzione informatica”,
dagli anni ’80 in poi. Questa fase è condotta all’insegna dell’elettronica, che consentendo
l’utilizzazione dei microprocessori, ha permesso lo sviluppo di discipline quali l’informatica,
la telematica e la robotica. Apice di questo processo si è raggiunto con Internet e le
tecnologie ad esso ricollegate.
Ormai la “Rivoluzione informatica” è entrata in un processo evolutivo particolarmente
accelerato, ed ha investito tutti gli aspetti dei tradizionali processi di produzione: il sistema
produttivo in senso stretto, le tecniche di organizzazione dell’attività lavorativa, la qualità
del lavoro ossia la professionalità e le condizioni di vita materiali e morali dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, l’occupazione di manodopera e la distribuzione della stessa.
La “ristrutturazione informatica” ha automatizzato le operazioni dalle più semplici alle più
complesse, ed ha, di conseguenza, trasformato la configurazione classica della fabbrica e
dell’ufficio; ha qualificato ed ha dequalificato; ha liberato manodopera; ha ridimensionato
ed ha disarticolato la grande industria; ha flessibilizzato la produzione ed il mercato; ha
dilatato l’attività terziaria.
In relazione al sistema produttivo, la tecnologia informatica veniva presentata sotto il
duplice aspetto di “tecnologia di produzione”, applicata cioè direttamente al processo di
lavoro operativo, e di “tecnologia di gestione”, utilizzata per l’elaborazione delle decisioni,
la direzione del lavoro altrui e la risoluzione dei problemi. Il suo valore è da ricondurre,
dunque, alla maggiore efficienza dei macchinari adoperati come strumenti di lavoro, da un
lato, ed alla più completa e rapida interazione tra i processi decisionali e quelli operativi da
cui deriva un notevole miglioramento qualitativo nella gestione delle risorse umane.
Accanto a queste potenzialità, bisogna tenere presente anche altre caratteristiche delle
tecnologie informatiche: l’idoneità ad essere utilizzate in un ampio spettro di attività quali la
gestione, il calcolo scientifico, la produzione, l’ufficio, e ad investire tutti i settori produttivi;
il progresso rapidissimo delle loro applicazioni e, di conseguenza, la riduzione progressiva
dei loro costi; la flessibilità, intesa come capacità di adattarsi facilmente ed in breve tempo
ai cambiamenti o alle trasformazioni dei prodotti, richiesti dal mercato, e al mutamento nei
ritmi e nelle condizioni di produzione.
Ecco che risulta trasformata profondamente sia l’organizzazione del lavoro, sia la
struttura tipica dell’impresa.
E’ cambiato il modo di lavorare e di produrre negli uffici e nelle fabbriche.
Nei primi, prende sempre più piede l’ office automation, ovvero l’automazione del
tradizionale lavoro impiegatizio mediante l’adozione di sofisticati meccanismi di
immagazzinamento, trattamento e trasmissione delle informazioni.
Nelle seconde, si diffondono il modello automatico di produzione (costituito dai robot e
dalle macchine a controllo numerico che eseguono fabbricazioni di precisione) ed i sistemi
computerizzati di progettazione, pianificazione e controllo.
E’ cambiato anche il modello classico di concentrazione della produzione ed il rapporto tra
grandi e piccole imprese. Le prime recuperano competitività grazie alla razionalizzazione
del sistema organizzativo e agli incrementi di produttività; le seconde acquistano nuovi
spazi grazie alla fruibilità di tecnologie avanzate che prima erano di esclusivo patrimonio
dei grandi complessi industriali.
Sul piano interno, l’innovazione tecnologica produce effetti contraddittori
sull’occupazione, sulla professionalità e sulla salute dei lavoratori.
In tutti questi campi, certamente, bisogna rilevare delle conseguenze positive, come la
nascita di nuovi settori produttivi e, quindi, di nuove occasioni di lavoro, l’arricchimento
professionale di alcune mansioni ed il miglioramento delle condizioni di vita sui luoghi di
lavoro dovuto alla diminuzione della nocività ambientale; ma a questi si accompagnano
effetti di segno opposto, come la disoccupazione dovuta all’automazione di alcune fasi del
processo produttivo, la perdita di contenuto qualificante per molte mansioni di carattere
tecnico, l’emersione di patologie da lavoro informatico.
Ambivalenza, quindi, delle nuove tecnologie sotto il profilo degli effetti sul mondo del
lavoro e straordinaria coesistenza di vecchio e nuovo, di valenze contrastanti e
contraddittorie, di elementi che inducono al pessimismo e di altri che lasciano quasi
intravedere una società in cui l’uomo è veramente liberato dalla schiavitù del lavoro.
E’ importante valutare anche l’impatto che Internet ha avuto sul mondo del lavoro. Impatto
che va al di là delle imprese della Rete, le quali, dopotutto, rappresentano una quota in
crescita, ma pur sempre minoritaria, dell’occupazione.
In effetti Internet ha conosciuto, negli ultimissimi anni, una penetrazione incredibile nelle
aziende di qualsiasi settore.
Sono state enormi le trasformazioni determinate dall’avvento di Internet:
Solo per citarne alcune:
• la proliferazione delle nuove professioni;
• la nascita di nuove competenze;
• lo sviluppo di nuove forme di ricerca del lavoro;
• il mutamento della tradizionale divisione tra generi;
• la trasformazione dei modi di organizzare, concepire e tutelare il lavoro.
Questo scenario multiforme costituisce il nuovo punto di riferimento del diritto del lavoro.
Va fatta una premessa: il diritto del lavoro risponde alla “sfida tecnologica”,
sostanzialmente in due modi:
a) creando nuove leggi che abbiano un contenuto determinato dalle istanze delle
nuove tecnologie. Legislazione che viene emanata sia a livello nazionale (ad esempio,
l’art. 24 della L. 93/1983 che, in analogia all’art. 4 della L. 300/1970, vieta, nel pubblico
impiego, l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature, salvo che nei casi in cui
«siano richiesti da esigenze organizzative e di produttività ovvero dalla sicurezza del
lavoro, sentiti gli organismi rappresentativi dei dipendenti»), che internazionale (ad
esempio, la direttiva CEE n. 270/1990 relativa «alle prescrizioni minime in materia di
sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di
videoterminali»);
b) modificando l’interpretazione di norme già esistenti al fine di adattarle al nuovo
contesto funzionale (ad esempio, le interpretazioni degli artt. 4 e 13 della L. 300/1970).
Ora, secondo l’opinione di molti studiosi, il diritto del lavoro è rimasto «spiazzato»
dall’avvento delle nuove tecnologie informatiche; la legislazione del lavoro sarebbe
«obsoleta» e «scarsa e tradiva la consapevolezza della trasformazione in atto».
La svolta tecnologica di questi ultimi anni, caratterizzata da una rapidissima, estesa e
sempre crescente applicazione nei processi produttivi dell’informatica e delle tecnologie ad
essa collegate, sembra aver messo in crisi gli operatori del diritto del lavoro.
Sicuramente, mentre gli studiosi di diritto del lavoro, in passato, potevano avvalersi di un
approccio “mediato” ai problemi posti dalle innovazioni tecniche, oggi la velocità con cui si
espandono ed evolvono le nuove tecnologie non consente un immediato e pronto
inquadramento dei problemi da essi indotti nelle categorie elaborate dagli studi socio-
economici ed i giuslavoristi si trovano a dover affrontare direttamente e senza l’ausilio di
esaurienti analisi sociologiche ed economiche le problematiche ed i conflitti scaturenti
dallo sviluppo tecnologico.
Se si guarda alla normativa vigente, inoltre, si constata che si tratta di una normativa
costruita lentamente, a misura di una grande/media realtà industriale, di una separazione
tra ufficio e fabbrica, di un’organizzazione del lavoro articolata su “posti”, di una
professionalità riferita a “mestieri” o “mansioni”, di una forza lavoro relativamente
omogenea all’interno della sua duplice componente impiegatizia ed operaia.
Se si guarda alla disciplina del rapporto di lavoro, essa continua ad essere costituita da
una larga base garantista sottratta ad una congrua flessibilizzazione.
La disciplina del rapporto di lavoro sembra, dunque, obsoleta riguardo alla situazione
costituita dalla gestione di una nuova organizzazione della produzione e del lavoro,
informatizzata ed automatizzata, altamente dinamica e flessibile, con tutta una diversa
problematica in tema di occupazione, subordinazione, vigilanza, professionalità, tempo ed
ambiente di lavoro.
A tal proposto, sono da approfondire le conseguenze dell’impatto delle nuove tecnologie
informatiche sull’occupazione.
E’ vero che i cambiamenti imposti dalla introduzione di nuove tecnologie in azienda
provocano la cosiddetta “disoccupazione tecnologica”. E’ anche vero, però, che
l’introduzione massiccia di nuove tecnologie favorisce, come già detto, un “cambiamento
profondo della struttura organizzativa delle imprese che tendono ad essere sempre meno
«burocratiche» e sempre più «flessibili».
La trasformazione della struttura organizzativa dell’impresa si riflette, a sua volta, su vari
istituti del diritto del lavoro, o rivalutandoli (si veda, per esempio, il lavoro a domicilio
soprattutto nella forma del telelavoro o e-work), o rendendo necessaria l’introduzione di
nuove tipologie contrattuali (ad esempio, i contratti di collaborazione coordinata e
continuativa, il lavoro interinale, il job sharing, ).
La vasta diffusione di terminali da tavolo collegati ad un computer centrale offre possibilità
di decentralizzazione del lavoro impensabili in passato, facendo conoscere al lavoro a
domicilio inattese rinascite. Il telelavoro offre, peraltro, notevoli vantaggi all’impresa (che
riduce le spese generali connesse all’uso di uffici centrali) al lavoratore (si può pensare
alle lavoratrici madri che con il lavoro a domicilio possono, più facilmente, conciliare il
lavoro con il ruolo di madre) ed alla collettività ( il “cottage elettronico” offre diminuzione
del traffico e, quindi, dell’inquinamento).
Naturalmente, l’introduzione di nuove tecnologie cambia la situazione anche di chi è già
occupato sotto vari aspetti: comporta, per molti, un processo di dequalificazione; rende
possibile un controllo capillare sui dipendenti; crea nuovi disturbi alla salute dei lavoratori.
Quindi è vero che, nonostante il legislatore ed il sindacato siano in grave ritardo rispetto
all’arrivo dell’innovazione tecnologica, ciò non significa che essa non abbia già avuto un
impatto sulla normativa giuslavoristica esistente, determinando nella stessa dei “punti di
sofferenza” causati dalla difficoltà a sussumere al suo interno situazioni assolutamente
nuove nelle quali si ripresentano, tuttavia, le più elementari necessità di tutela del lavoro
dipendente e le storiche esigenze di salvaguardia dei valori fondamentali delle persone
implicate nel rapporto di lavoro.
Si prospetta un ampio campo di indagine e di intervento. E’ necessario rilevare e
sistematizzare i nuovi bisogni di tutela giuridica della classe lavoratrice; verificare il grado
di adeguatezza, rispetto a queste esigenze, delle disposizioni e delle tecniche di tutela
presenti nell’ordinamento; pensare con coerenza le innovazioni istituzionali in grado di
reggere al confronto con i mutamenti in atto.
Sarebbe, naturalmente, impensabile affrontare qui tutti i temi ed i problemi posti dai
processi di trasformazione in atto.
In questo lavoro si cercherà di approfondire solo alcune delle problematiche
giuslavoristiche derivanti dall’avvento delle tecnologie informatiche.
Innanzitutto si cercherà di approfondire la tematica relativa alla tutela della riservatezza
del lavoratore, in relazione alle potenzialità lesive delle nuove tecnologie.
L’introduzione di nuove tecnologie informatiche, rendendo possibile diverse forme di
“controllo a distanza” dell’attività dei dipendenti, ha conferito nuova attualità al dibattito
sull’art. 4 della Legge 300/1970. Inoltre va analizzata l’incidenza della nuova Legge sulla
Privacy nei luoghi di lavoro.
Inoltre, costituirà oggetto di indagine il tema della sicurezza e della salute dei lavoratori
addetti ai videoterminali. L’evoluzione delle tecniche automatizzate favorisce il decremento
di alcuni infortuni tradizionali, ma accresce il rischio delle cosiddette «patologie
aspecifiche» (stress psicologici, disturbi visivi, aumento del rischio di aborti, ecc.). Si darà
uno sguardo a quella che è la normativa vigente in tale materia.
Si torna così alla premessa iniziale di questo capitolo. Cercheremo di valutare in che modo
il diritto del lavoro ha risposto ai cambiamenti tecnologici, quali norme siano state
emanate, e quali interpretazioni siano prevalse in dottrina ed in giurisprudenza.
In ogni caso accetteremo che «i tempi di cambiamento del diritto del lavoro sono
necessariamente lunghi».