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1. INTRODUZIONE
Ogniqualvolta viene lanciato sul mercato, introdotto in un posto di lavoro o inserito in
ambiente pubblico, un nuovo prodotto elettronico, un nuovo software informatico, o un
nuovo dispositivo computerizzato, gli utenti coinvolti, reagiscono spesso in modi che le
ricerche di mercato o i primi test non avevano previsto. Un fallimento, soprattutto
ripetuto, da parte dell’utenza, nell’usufuire di questo nuovo “servizio”, è indice che
l’intenzione di semplificare le vecchie procedure d’uso ha invece sortito l’effetto
opposto, complicando ancora di più questo processo.
E’ qual è la causa? Molto spesso non ce né una sola, ma molte, da andare a ricercare
nella moltitudine di fattori che intervengono quando un utente interagisce con
l’interfaccia fisica del servizio. Che tipo di utente lo sta usando? E’ congruente al target
d’utenza individuato dai produttori? Che succede nell’uso prolungato? Come
influenzano i fattori sociali? E’ semplice da usare per tutti i target di utenza?
Il principale scopo dell’invenzione delle tecnologie informatiche è fornire una “funzione
collaborativa e assistenziale” all’utente, in modo da aiutarlo a svolgere i suoi compiti,
raggiungere i suoi fini, interagire con gli altri, etc.
Dato che le tecnologie informatiche e delle comunicazione si dividono in tantissime
categorie diverse, a secondo del loro uso, in questa trattazione ci concentreremo tuttavia
a studiare solo una particolare tipologia, ovvero le “wearable technologies”. Con questo
termine intendiamo tutte quelle tecnologie portabili ed indossabili, modellate attorno al
corpo delle persone, che viene utilizzato come supporto “naturale” al loro
funzionamento. La rilevazione ed il monitoraggio di segnali endogeni ed esogeni al
corpo, anche di natura emozionale, permettono a queste tecnologie di diventare un
valido assistente per i bisogni dell’utente, ampliando anche la sue capacità sensoriali.
Questa ricerca ha nei suoi intenti sia quello di fornire una review sulle tipologie, le
caratteristiche, e le applicazioni di queste tecnologie, sia di valutare se alcuni dispositivi
indossabili oggetto di studio, possano essere accettati dai possibili utenti in diversi
ambiti e scenari ipotizzati come “compatibili all’uso”, e quali dimensioni psicologiche
siano maggiormente collegate a questa “scelta”.
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In letteratura l’accettazione od il rifiuto delle tecnologie viene comunemente identificato
con “l’intenzionalità all’uso” ad utilizzare un dispositivo elettronico.
Il Technology Acceptance Model (TAM) è stato scelto come punto di partenza in
questa ricerca; nel formulare le dimensioni del mio questionario, ho ritenuto di non
poter semplicemente fare un adattamento di questo modello, ma di dover solamente
prenderne come spunto alcune dimensioni e la struttura. Questa scelta è motivata dalle
peculiari differenze tra il mio oggetto di studio, e le tecnologie prevalentemente
indagate dagli altri studi con il TAM, che si focalizzano nell’interazione con tecnologie
software informatiche, dotate di certe caratteristiche e in grado di dare un certo tipo di
output che richiede un livello di complessità interattiva maggiore. La formulazione di
altre dimensioni, esterne al TAM è stata fatta tuttavia partendo da una ricerca
bibliografica a priori sulla materia.
Questa ricerca, intoltre si ispira direttamente ad alcune linee guide del progetto europeo
CEED’s, che mira a creare un sistema tecnologico avanzato che aiuti l’utente a gestire
ed elaborare, complessi set di dati. Per ulteriori specifiche fare riferimento al capitolo
1.2.
1.1. L’importanza della user’s technology acceptance
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno dimostrato, in ambito
aziendale, di avere il potenziale per incrementare le performance degli utenti, favorendo
così la corsa all’innovazione e alla ricerca di processi produttivi più economici ed
efficaci, in modo da implementare un numero sempre più vasto di tecnologie
informatiche. Questi cambiamenti hanno iniziato ad essere di grande importanza con
l'evolvere dei piani di gestione aziendali, che hanno incominciato a curare di più
l’aspetto di gestione del personale interno e della clientela e, soprattutto con il nascere
dell'informatica. Nell’ultimo decennio il focus si è inoltre concentrato, non tanto sulla
produzione materiale del prodotto/servizio, ma quanto a soddisfare i bisogni del cliente
in maniera da innescare un circolo virtuoso tra Azienda, Personale, Cliente e
Prodotto/Servizio.
I primi strumenti informatici, inseriti dalle prime aziende innovatrici, avevano sì il
pregio di incrementare l'efficienza dei processi produttivi, ma risultavano altresì
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scomode e incomprensibili ai dipendenti che vedevano stravolto il loro modo di fare e si
trovavano a confrontarsi con realtà di cui spesso non nè comprendeno il senso o la
funzione. I vantaggi dell’informatizzazione delle pratiche, sono stati infatti spesso
annullati dalla refrattarietà a cambiare le abitudini e il modo in cui si svolgono le
attività; questa opposizione può derivare da una preferenza, una ruotine o più
semplicemente dalla paura di non farcela a confrontarsi, ed interagire, con nuovi
metodologie e nuovi strumenti. Per questo, al giorno d'oggi, l'implementazione di una
tecnologia, viene considerata attuata, solo dopo un lungo processo che parte dalla fase
di test, passando per la formazione degli utenti, per arrivare, solo dopo un complicato
periodo ad integrarsi, ed essere accettata, nei processi produttivi, nelle pratiche e nelle
abitudini.
Ne conviene quindi che un prodotto/servizio che non è accettato dall'utente (per
molteplici motivi che saranno spiegati in questa trattazione) è un prodotto invenduto o
fallimentare; in questa ottica risulta così molto importante capire i quali fattori cognitivi
si attivano, e guidano, l'utente verso il processo interpretativo, che andrà a valutare
l'effettiva utilità dell'artefatto, e quindi la sua adozione; o viceversa, la sua inutilità, e il
rifiuto di usarla. La bassa adozione d'uso è infatti ancora una delle maggiori barriere
nell'implementazione delle IT (Information Technologies) nelle organizzazioni, come
affermano inoltre Venkatesh & Bala, (2008):
“A causa della crescente complessità delle Information Technologies, e della loro
centralità nelle operazioni organizzative e nei processi di decisione manageriali (e.g.,
enterprise resource planning, supply chain management, customer relationship
management systems), questo assetto sta diventando sempre più critico. Ci sono
numerosi esempi di fallimenti di implementazione delle IT’s che hanno portato ad
enormi perdite finanziarie”
La diffusione di massa dei computer sul posto di lavoro ha ad esempio, sottolineato
l’importanza dei sistemi informatici computerizzati (CSI) nell’aumento delle prestazioni
e dell’efficienza; nei termini dello sviluppo del decision-making (Robey, 1981) e della
gestione delle informazioni. Da un punto di vista sociale, alcuni studi (Kramer, 1979 e
Laudon, 1974 in Robey, 1981) mostrano anche come questi sistemi informatici
favoriscano anche lo status quo, rafforzando o proteggendo la struttura sociale esistente.
Un analisi trasversale su 8 organizzazioni diverse (Robey, 1981), ci mostra come
l’introduzione di un nuovo software o un nuovo dispositivo apre nuove dinamiche su
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vari livelli, ovvero variabili di cui bisogna tener conto per una implementazione di
successo, ovvero:
System Design Process: Riguarda il grado al quale il progettista e l’utente finale
hanno collaborato allo sviluppo della tecnologia
Variabili organizzative: Riguarda i fattori critici relativi alla performance del
management aziendale, quindi l’assegnazione dei compiti, il controllo della
performance, etc...
Il Sistema Computerizzato: Ovvero le caratteristiche ed i vantaggi che il sistema
propone, più a livello funzionale che tecnico.
La valutazione dell’utente sull’impatto che il sistema avrà sui compiti: Ovvero
il grado al quale il sistema soddisfa i bisogni dell’utente e del compito, la
facilità d’uso, i bisogni di addestramento, il modo con cui il sistema ha
cambiato le modalità di approccio al compito.
Le relazioni interpersonali: Cioè l’impatto dell’uso del sistema sulle relazioni
interpersonali all’interno del luogo di lavoro e con altri dipartimenti.
Lo User Acceptance Testing nasce specificatamente per risolvere queste problematiche,
in quanto pùo fornire informazioni utili sulla probabilità di successo del sistema nella
fase iniziale di sviluppo, dove tali informazioni hanno un maggior valore (Davis, 1985).
Riprendendo la definizione dell’International Software Testing Qualification Boards
(ISTQB) questo viene definito come:
“Il testing formale condotto rispettando i bisogni dell’utente, le richieste, e i processi
di business, per determinare se il sistema soddisfa, oppure no, i criteri di accettazione,
e mette in condizione l’utente, i clienti o altre entità autorizzate, di determinare se poter
accettare o no il sistema” http://www.astqb.org/educational-resources/glossary.php#def
Per le ragioni sopra citate, si nota quindi come sia di primaria importanza coinvolgere
l’utente anche durante il processo di design del sistema, in modo da soddisfare le sue
necessità ed aumentare le motivazioni ad usare il prodotto aventi caratteristiche che lui
stesso ha validato come utili.
“Se un sistema è progettato ... gli utenti hanno un influenza significativa sulle
caratteristiche e delle capacità che devono essere incluse nel sistema. (Davis, 1989)
...le caratteristiche del sistema hanno –in risposta- effetto su quanto un utente sia
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motivato ad usare il sistema, che a sua volta avrò un effetto sul loro attuale uso o non
uso del sistema” (Davis, 1985)
Il processo consiste nel presentare ad una popolazione target una serie di tecnologie
alternative (attraverso la prova diretta o strumenti alternativi come dei filmati) e
registrare la motivazione ad usare il sistema nel contesto del nuovo lavoro: basandosi
su queste misurazioni si potrà prevedere il grado di possibile accettazione dell’utente
(Davis, 1985). Questi dati, se positivi, potranno poi essere usati:
dai designers per configurarsi uno schema cognitivo ad altra priorità,
permettendo così di concentrarsi sugli aspetti che maggiormente richiedono la
sua attenzione;
dagli implementatori che saranno in grado di identificare le possibili
problematiche già in una fase iniziale, limitando così le inevitabili perdite
(economiche e temporali), conseguenti all’introduzione di un nuovo sistema.
L’importanza di queste queste questioni, cresciuta di pari passo con l’importanza delle
tecnologie dell’informazioni e della comunicazione, è vissuta con particolare enfasi
nella implementazione dell’innovazione nelle organizzazioni ed nel soddisfacimento dei
bisogni dell’utenza, anche per quanto riguarda la parte del marketing. Abbiamo quindi
assistito negli anni, ad esempio, a fasi di testing del prodotto sempre più lunghe ed
accurate, e sempre più comprendenti la voce del consumatore; la fase che nel modello
teorico del Marketing Mix (5 P’s) ha il nome di Product, che ha come focus principale
quello di far combaciare le caratteristiche del prodotto alle aspettative e i bisogni del
cliente. Negli ultimi decenni l’attenzione si è quindi concentrata, non tanto sulla
produzione materiale del prodotto/servizio, ma quanto a soddisfare i bisogni del cliente
in maniera da innescare un circolo virtuoso tra quest’ultimo e l’azienda.
L’acceptance di una tecnologia non si riferisce quindi solo alle problematiche che
sorgono in campo aziendale, ma estende il suo significato all’ambito commerciale, dove
gli scopi dell’utenza non condividono un carattere collettivo ma hanno un’impronta
fortemente individuale, quindi in qualche modo ancora più specifica. Un consumatore
può infatti dare maggior valore ad aspetti e preferenze personali, come può essere il
colore dell’interfaccia, che in ambito aziendale possono passare in secondo piano in
comparazione ad altri aspetti. Ad esempio uno studio commerciale di Dong-Hee (2009)
sull’accettazione di un cellulare usato come “portafoglio elettronico” ha mostrato come
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i modelli classici di accettazione tecnologica (TAM & UTAUT) non possano spiegare
completamente il numero e dell’impatto delle variabili che intervengono
nell’accettazione di un dispositivo in diversi contesti d’uso. Nel caso specifico le
preoccupazioni principali del consumatore era focalizzate sulle dimensioni della
sicurezza (nel fare acquisti con questo dispositivo) e nella fiducia (verso i gestori del
servizio) a fornire i propri dati sensibili, quali passwords e numeri di conto bancario.
Uno “User Acceptance Testing” ottimale, deve quindi, pur partendo da basi teoriche
valide, adattare i propri obbiettivi di ricerca e validarli in relazione alle caratteristiche
uniche dello scenario: Utente, Dispositivo o Software, Contesto Sociale e Ambientale
sono fattori che devono essere tenuti singolarmente in considerazione, per essere in
grado di fare tutti i distinguo del caso.
In questa ottica, risulta così molto importante capire quali processi cognitivi si attivino
nell’ambito di questa interazione tra uomo e macchina: valutazione, elaborazione e
interpretazione degli stimoli, credenze, motivazioni, etc… sono tutti fattori che guidano
l’utente attraverso un intricato processo di scelta, spesso prolungato nel tempo, che si
conclude con l’adozione o il rifiuto di una tecnologia. Prendere una decisione significa
infatti mettere in gioco consistenti risorse cognitive per valutare le caratteristiche del
sistema, selezionare le varie alternative, e decidere, attraverso le credenze pregresse,
l’atteggiamento (di cui viene dimostrata la correlazione nel paradigma di Fishbein) e le
percezioni del momento, se il software o il disposivo sia effettivamente utile e/o
implementabile nel contesto d’uso rispetto alle varie alternative che ci si prefigura. Il
processo di testing serve quindi da un lato a “illuminare” lo sviluppatore e
l’implementatore sulle possibili problematiche dell’utenza, dall’altro ad incrementare la
consapevolezza dell’utente sulle alternative mentali che stanno alla base del processo di
scelta.
La User –Technology- Acceptance,specificatamente, rappresenta il costrutto alla base
del processo di adozione di una nuova tecnologia basato sull’impatto che le variabili
interne (e.g. self-confidence) ed esterne (e.g. caratteristiche del sistema) al soggetto,
hanno sulla motivazione e sulla intenzionalità dell’utente finale ad accettare l’uso di un
sistema o di un artefatto tecnologico. Questo costrutto nasce nella campo di ricerca del
MIS (Managment Information System), che dal 1967 indaga i fattori critici che
influenzano lo sviluppo e l’implementazione di sistemi informatici, attraverso lo
sviluppo di appositi strumenti in grado di misurare le corrispondenti variabili in gioco.
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In questa trattazione il focus non sarà tanto sul processo di testing a lungo termine ma
sulle reazioni e percezioni iniziale ai dispositivi presentati, basati su informazioni
veicolate tramite video, una breve prova, e manipolazioni su vari scenari d’uso.
Coerentemente con le considerazioni di Davis (1985) per il quale:
“...dimostrare ai potenziali utenti le capacità dei nuovi sistemi in una breve sessione
sperimentale rende a loro possibile formare un giudizio sull’applicabilità del sistema ai
loro lavori, e crearsi generali risposte motivazionali”
La User Acceptance verrà misurata attraverso il costrutto più frequentemente utilizzato
nelle ricerche precedenti ovvero quello dell’intenzionalità all’uso, nell’ambito dello
studio socio-cognitivo del comportamento. Le basi teoriche che hanno guidato alla
costruzione dei vari modelli di accettazione tecnologica gettano infatti profonde radici
nelle teorie dell'azione ragionata (Ajzen e Fishbein, 1980), e del comportamento
pianificato (Ajzen, 1991), e al modo in cui spiegano la formazione degli atteggiamenti e
delle intenzioni. La performance di una persona in uno specifico comportamento è
determinata infatti dalla sua intenzione di attuarlo; intenzione che è strettamente
collegata alle atteggiamenti e alle norme personali dell'individuo. (Ajzen & Fishbein,
1980).
L'intenzione, intesa come rappresentazione cognitiva della "prontezza" della persona ad
effettuare quel dato comportamento, risulta quindi il miglior predittore del
comportamento effettivo. L'atteggiamento verso un comportamento, viene definito
invece come un semplice sentimento (positivo o negativo) sul compiere una certa
azione, formata quindi dalle sue credenze e valutazioni salienti; mentre le norme
soggettive si riferiscono alla percezione su come la maggior parte delle persone,
importanti per l'individuo, giudicherebbero l'attuazione del comportamento in questione.
Specificatamente, Warshaw and Davis (1985) definiscono l'intenzione:
“Il grado al quale una persona ha formulato piano coscienti per compiere o non
compiere futuri comportamenti”
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Figura 1. Venkatesh et al. (2002)
1.2. Il progetto CEEDs
Il progetto CEEDs (Collective Experience of Empathic Data Sets) nasce nel Settembre
2010, finanziato dall’ente europeo del CORDIS (Community Research and
Development Information Service).
“Esso combina ricerche scientifiche di base, innovazione tecnologica e metodi di
ricerca ad alto impatto sull’utente, per sviluppare un sistema di realtà virtuale con lo
scopo di potenziare le abilità umane, di processare l’informazione, e sperimentare e
comprendere,vasti e complessi data sets...”
...Mettendo insieme un team di influenti esperti in psicologia, informatica, ingegneria,
matematica ed altre discipline chiave, CEEDs costruirà le fondamenta per gli sviluppi
chiave nelle future tecnologie collaborative – dove l’utente umano è parte essenziale ed
integrata del sistema.”
http://ceeds-project.eu/ceeds-objectives/aboutceeds/
Per fare questo, il progetto propone una soluzione divisa in due parti:
La creazione di un avanzato sistema di realtà virtuale, che renda possibile vivere
l’esperienza di ambienti semplici, quali uffici, case o paesaggi
Utilizzare il potere e il potenziale dei processi mentali inconsci, dei quali solo
una piccola parte raggiunge la coscienza. Gli imput sensoriali associati ai
processi mentali sono importanti, in quanto ottimi indicatori nel segnalare il
significato soggettivo associato ad un comportamento.
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Specificatamente al secondo punto, gli strumenti per rilevare questi imput sono stati
individuati in una serie di tecnologie comunamente denominate “Wearable
Technology”,caratterizzate dal fatto di essere appunto “indossabili” dall’utente.
Nello statuto del CEEDS (http://ceeds-project.eu/ceeds-objectives/about-ceeds/) si
afferma che:
“Il progetto CEEDs ha come obiettivo principale sviluppare e implementare una nuova
tecnologia convergente (in cui confluiscono vari metodi e dispositivi) di realtà sintetica
per l’esplorazione di enormi datasets che sfrutti fattori sia
impliciti/inconsapevoli/involontarii che espliciti/consapevoli/volontarii per ottimizzare
la scoperta, la creatività e la comprensione”
In relazione a questa trattazione abbiamo fatto riferimento a 2 obiettivi specifici,
presenti nello statuto del CEEDs:
Lo sviluppo di un nuovo sistema wearable integrato con capacità sensoriali
e di attuazione, un interfaccia Body Machine (BMI), che fornirà una
moltitudine di interfaccie implicite ed esplicite al Ceeds Engine. Questo
sistema multimodale fornirà un’alta capacità bi-direzionale tra i sistemi CEEDs
e gli utenti. La funzionalità del sistema BMI sarà aumentata da interface vocali
e fisiologiche.
Sviluppare e testare metodi per le esperienze confluenti, collettive ed
individuali, nel contesto della scoperta. Le predizioni teoriche del paradigma
CEEDs saranno testate sotto condizioni variabili. Il CEEDs svilupperà e
validerà nuovi metodi per il design, il controllo, il trasferimento e la validazione
di sistemi confluenti.
Due aspetti quindi consideriamo fondamentali per implementare questi dispositivi
nell’ambito del processo:
L’accettazione d’uso tecnologica di questi dispositivi.
La disponibilità a mostrare gli indici fisiologici, misurati dai diversi dispositivi,
In questo la ricerca si propone di misurare l’accettazione di 3 diversi dispositivi lungo
vari contesti d’uso in cui si differenzia la tipologia del campione.
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2. BACKGROUND TEORICO
La ricerca affonda le sue radici in 4 quadri concettuali:
I Modelli Teorici dell’Accettazione Tecnologica
Ubiquitous Computing & Everyaware
Il Physiological Computing
L’Affective Computing
2.1. Technology Acceptance Models
I primi ricercatori a trovare evidenza empirica, Schultz & Levin (1975, in Green 2005),
svilupparono un questionario per misurare le problematiche tipiche nella gestione di un
sistema di informazione e trovarono che la dimensione della performance percepita era
altamente correlata con l’uso self-predicted di un modello decisionale. Uno dei primi
ricercatori a delineare un collegamento significativo tra atteggiamento dell’utente (o
percezione) e uso effettivo del sistema, è stato Robey (1979, in Green 2005) che
conducendo uno studio su un sistema automatizzato del reparto vendite in una industria
manifatturiera ha notato come alcune specifici atteggiamenti correlavano positivamente
con l’uso di un sistema informativo computerizzato. Utilizzando il questionario
precedentemente sviluppato da Schultz & Levin (1975) ha sviluppato un modello
dell’aspettativa che mostrava come il determinante diretto dell’uso del sistema era una
valutazione cognitiva di vari fattori da parte dell’utente.
2.1.1. Innovation Diffusion Theory
“La diffusione è il processo attraverso il quale un’innovazione, è comunicata lungo il
tempo attraverso certi canali, tra i membri di un sistema sociale.” (Rogers, 1983 in
Green, 2005)
Le di 5 parole chiave che spiegano questo modello sono:
L’innovazione: percepita dal potenziale “Adopter”, dal punto di vista dei suoi
attributi con vantaggi e svantaggi relativi, della complessità della comprensione
all’uso, della compatibilità con le routines e gli scopi dell’utente, della
osservabilità dei risultati ottenuti grazie all’innovazione e alla testabilità, ovvero
il grado al quale un innovazione possa essere “messa alla prova” prima di essere
implementata.
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L”Adopter” e il suo grado di “innovatività” o attitudine al nuovo
Il sistema sociale: in termini di struttura sociale, opinione pubblica e pressione
sociale.
Il processo di adozione: Quindi gli stadi di consapevolezza che precedono (e
susseguono) l’implementazione effettiva del prodotto (consapevolezza,
decisione, etc...)
Il sistema di diffusione: con cui gli agenti o fautori del cambiamento, cercano di
diffondere l’idea o il prodotto atttraverso gli opinion leaders più radicati nel
network sociale.
Nel 1983, Rogers ha spiegato il processo di diffusione dell’innovazione come regolato
da processi di riduzione dell’incertezza, da parte dei potenziali utenti verso
l’innovazione tecnologica. Il ragionamento alla base, sta nel processo di confronto tra il
nuovo e il vecchio, in cui vengono considerate le opportunità e gli ostacoli che
l’innovazione propone. Questa incertezza viene così ridotta tramite la ricerca attiva di
nuove informazioni, generalmente rivolgendosi ad opinion leaders che si crede degni di
fiducia. Dopo aver esaminato svariate ricerche sull’argomento sempre Roger (1983 in
Green, 2005) afferma che l’adozione di nuove tecnologie dipende da questi 5 aspetti
dell’innovazione:
Relative Advantages: il grado con cui un’innovazione è percepita come
migliorativa rispetto al prodotto che viene offerto al momento.
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Compatibilità: Il grado al quale un’innovazione è percepita come compatibile
con le abitudini e le pratiche dei potenziali utenti.
Complessità: Il grado di difficoltà, relativa all’uso, percepita.
Osservabilità: Il grado con cui i risultati di un’innovazione sono visibili a tutti
Testabilità: Il grado con cui un’innovazione può essere testata a priori
Nel campo delle ICT (information and communication technologies), Moore &
Benbasat (1991) sulla scia del lavoro di Rogers, hanno introdotto ulteriori 3
caratteristiche, prima non meglio specificate, ovvero l’immagine (derivata dall’uso e
collegata ad un miglioramento del proprio status sociale), la dimostrabilità dei risultati e
la visibilità dell’innovazione nel contesto di adozione. Gli autori ci avvertono però che
le definizioni sono relative all’innovazione in sè, e non alla percezione di usare
effettivamente il sistema.
2.1.2. Theory of Reasoned Action
N.B. Questo modello e il successivo non sono stati sviluppati per indagare
specificatamente l’accettazione tecnologica, tuttavia è giusto includerli perchè
rappresentano la base di partenza delle moderne teorie.
Formulata da Fishbein & Ajzen nel 1975 questo modello teorico è uno dei capisaldi
delle teorie sull’azione sociale e individuale, in particolare su come le credenze e le
attitudini personali contribuiscano fortemente a “costruire” l’intenzione e così il
comportamento. In particolare si teorizza che l’intenzione “comportamentale” di
effettuare il comportamento sia funzione di di due fattori: L’atteggiamento verso il
comportamento e le norme soggettive. L’atteggiamento è definita come “una personale
sensazione di favorevolezza o sfavorevolezza verso quel comportamento” (Ajben &
Fishbein, 1980 in Chang, 1998) mentre la norma soggettiva come “la percezione che la
maggior parte delle persone che sono importanti per me pensavo che dovrei o non
dovrei eseguire il comportamento in questione“ (Ajben & Fishbein, 1980 in Chang,
1998).
Il nucleo di questo ragionamento si basa sull’assunzione verificata che le persone
facciano uso sistematico delle informazioni in loro possesso, per decidere quale
percorso d’azione intraprendere, utilizzando “schemi mentali interpretativi” o credenze,